Alessandro e l'Egitto - Aracne editrice

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Con la vittoria di Isso Alessandro si è aperto la strada verso le capi- tali dell' impero ... Vite parallele: Alessandro e Cesare, Milano 2000, p. 5. 3 Questo è il ...
Laila Ohanian

Alessandro e l’Egitto Analisi delle fonti storiche, archeologiche ed epigrafiche

ARACNE

Copyright © MMVIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065

ISBN

978–88–548–1661–9

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I edizione: marzo 2008

Indice Premessa Introduzione

12 15

I. Le fonti I. Le fonti classiche 2. Lastra con iscrizione di Somtutefnakht

17 19 21

II. Le testimonianze archeologiche I. La titolatura faraonica 2. I monumenti 2.1. Il tempio di Karnak 2.2. Il tempio di Luxor 2.3. el-Ashmunein 2.4. Il tempio di Kasr el-Megysbeh 3. La statuaria di Alessandro in Egitto

25 27 30 31 40 45 47 58

III. La fondazione di Alessandria

69

IV. La visita al tempio di Amon a Siwa V. La monetazione

77 91

VI. Alessandro e Dioniso

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VII. Conclusioni I. L’orientalismo di Alessandro 2. La filiazione divina 3. La proskynesis 4. Gli onori divini 5. Origine dell’epiteto aníketos 6. L’ultimo desiderio

117 119 121 122 125 128 129

Elenco delle sigle Bibliografia

133 135

Premessa Il presente lavoro non nasce con l’ambizione di fornire un quadro esauriente delle imprese compiute da Alessandro il Grande durante la sua brevissima, quanto straordinaria avventura sino ai confini del mondo. Sono infatti innumerevoli le biografie di eminenti studiosi, sia antichi che moderni, sia grecisti che orientalisti che – spesso a fatica – hanno delineato la fisionomia di un personaggio i cui lineamenti, ben presto, furono avvolti dal manto della leggenda e del mito. In queste pagine si presterà particolare attenzione alla conquista macedone dell’Egitto, avvenuta nel 332 a.C. Si tenterà di analizzare, con l’ausilio delle fonti classiche, archeologiche ed epigrafiche, il rapporto che si è venuto ad instaurare tra il novello faraone e la terra che lo ha acclamato come liberatore dal giogo persiano. Saranno innanzitutto esaminate le due tappe fondamentali del suo breve soggiorno egiziano, rispettivamente: la fondazione di Alessandria, la prima, nonché la più gloriosa, di una serie di città che porteranno il suo nome, e la visita al santuario di Amon presso l’oasi di Siwa. Verrà inoltre analizzata la sua titolatura faraonica, ossia i cinque nomi che compongono il protocollo regale, che ogni sovrano assumeva con l’ascesa al trono, attestata, a livello epigrafico, dai vari monumenti dislocati in territorio egiziano, che vengono ascritti al Macedone. Si cercherà, infine, di spiegare, da un punto di vista prettamente egittologico, gli atteggiamenti che caratterizzano gli ultimi anni di Alessandro: quella sorta di “imbarbarimento” che porterà alla rottura con il suo esercito. Laila Ohanian Roma, gennaio 2008

Introduzione «Mio re» domanda il generale notando l’eccessiva generosità del sovrano nel distribuire terre e doni ai suoi amici «che cosa lascerai per te?» «La speranza»1. In poco più di un decennio, dal 334 al 323 a.C., Alessandro, il giovane sovrano dei Macedoni, passando per il Granico, Isso e Gaugamela si impadronisce dell’immenso impero Persiano e conduce il suo esercito fin sulle ignote rive dell’Indo, cambiando la faccia del mondo. Ma l’impresa termina con la sua morte e l’impero da lui costruito si divide, vittima dell’ambizione dei suoi generali. Il suo breve regno segna una rottura nella storia del Mediterraneo orientale e dei paesi del Vicino e Medio Oriente; una frattura che è allo stesso tempo politica (con la nascita delle monarchie ellenistiche) e culturale (con lo sviluppo di nuove forme di pensiero e di sincretismi religiosi)2. Con la vittoria di Isso Alessandro si è aperto la strada verso le capitali dell’impero Persiano; ma egli non insegue subito il nemico fuggitivo, preferendo prima assicurarsi il pieno controllo delle regioni costiere del Mediterraneo3. È a conoscenza infatti della scarsa forza d’urto della flotta federale greca, nonché del limite imposto dal mare alla sua potente macchina bellica. Di fatto, molto probabilmente, vuole coprirsi le spalle prima di muovere con il suo esercito verso le regioni interne dell’Asia. Al fine di neutralizzare da terra le basi navali persiane punta verso la Fenicia, assediando una dopo l’altra le città di Tiro, Sidone e Gaza, espugnandole e garantendosi il controllo dei loro porti4. Particolarmente duro è l’assedio di Tiro, che riconosce la sovranità di Alessandro, ma oppone un netto rifiuto al suo ingresso in

1

Plutarco, Vita di Alessandro, 15. C. Mossé, Alessandro Magno-la realtà e il mito, Bari 2003, p. VI. 3 H. Hauben, The Expansion of Macedonian Sea-Power under Alexander the Great, in «Ancient Society» 7, 1976, pp. 79-105. 4 F.M. Abel, Alexandre le Grand en Syrie et en Palestine, in «Revue Biblique» 43, 1934, pp. 528-545. 2

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città, dove intende fare offerte al dio Melqart, assimilato all’Eracle ellenico5. Dopo la resa di Gaza6, la strada che conduce all’Egitto è libera: pochi giorni di marcia e il condottiero arriva a Pelusio; la città viene posta sotto il controllo di una guarnigione e quindi, passando per Eliopoli raggiunge Menfi senza colpo ferire7. Non era passato nemmeno un decennio da quando Artaserse III aveva conquistato l’Egitto. Questa seconda dominazione persiana ha termine con la conquista di Alessandro. Arrivato a Menfi, dove reca delle offerte al dio Api e alle altre divinità locali, viene incoronato faraone con tutte le cerimonie previste dall’antico rituale8. Il passaggio di potere dalle mani dei Persiani alle mani dei Greci si verifica all’insegna della continuità9, in un paese che ha ormai perduto definitivamente la sua autonomia.

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D. van Berchem, Sanctuaires d’Hércule–Melqart, in «Syria» 44, 1967, pp. 73 ss.; E. Will, Au sanctuaire d’Héraclès à Tyr, in «Berytus» 10, 1952-1953, pp. 1 ss. 6 L. Spina, Se un giorno d’assedio un condottiero (Alessandro a Gaza), in «Lexis» 4, 1989, pp. 43-69. 7 A. Mastrocinque, Alessandro a Menfi, in Zu Alexander dem Grossen. Festschrift G. Wirth, 1987, I, pp. 289-307. 8 Pseudo-Callistene, I. 33, «giunse a Menfi e gli Egizi lo fecero sedere sul trono di Efesto (assimilato al dio Ptah) come re d’Egitto»; vedi anche S.M. Burstein, Pharaoh Alexander: a Scholarly Myth, in «Ancient Society» 22, 1991, pp. 139-145. 9 ID., Alexander in Egypt: Continuity or Change?, in «Achaemenid History» 8, 1990, pp. 381-387.

I. Le fonti

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I. Le fonti classiche1 La ricostruzione delle imprese di Alessandro si può avvalere di numerose fonti, tanti sono gli storici che con maggiore o minore accuratezza hanno narrato le imprese del Macedone. Infatti, già al suo comparire sulla scena politica, e poi sempre di più con il passare del tempo, la figura di Alessandro si era imposta con una sorta di fascino particolare su amici e nemici, e l’eco delle sue gesta si era diffusa di gente in gente, di generazione in generazione, favorendo e incrementando il sorgere di opere di vario genere che ne trattarono le imprese e, soprattutto, innescando quasi un processo di mitizzazione, rendendo molto evanescenti i confini tra reale e fantastico2. Fin da quando Alessandro era ancora in vita erano state fatte due separate relazioni delle sue imprese: una registrazione degli avvenimenti di giorno in giorno, le Effemeridi o Diari3, e una storia curata da Callistene4, lo storico ufficiale della spedizione. Dopo la morte di Alessandro, molti dei suoi contemporanei scrissero delle storie sulle sue spedizioni. I più importanti fra questi furono Ari1

Una analisi approfondita delle fonti su Alessandro si trova in M.A. Levi, Introduzione ad Alessandro Magno, Milano 1977. 2 D. Magnino, a cura di, Plutarco. Vite parallele: Alessandro e Cesare, Milano 2000, p. 5. 3 Questo è il commento di N.G.L. Hammond: «I re macedoni, almeno dal tempo di Filippo, conservavano una documentazione scritta quotidiana, le Effemeridi, dei loro atti: ordini, corrispondenza, premonizioni ecc. Questi documenti erano tenuti da uno staff di segretari reali, uno dei quali, Eumene, greco di Cardia in Gallipoli, servì dapprima sotto Filippo e poi divenne segretario capo di Alessandro. Poiché il re era l’arbitro di tutti gli affari e il comandante di tutte le forze le sue Effemeridi erano in pratica i verbali di stato, e in tempo di guerra, il libro degli ordini e dei regolamenti del re. Era essenziale che questi documenti fossero precisi e accurati, completi e dettagliati. Come documenti di stato erano confidenziali, personali del re e non destinati alla pubblicazione e sicuramente stava al re consentirne la consultazione. Quando un re moriva, il suo “giornale” veniva presumibilmente chiuso e depositato a Pella (la capitale) o a Ege (la città dove i re venivano sepolti)», in Alessandro il Grande, Milano 2004, p. 1. 4 Callistene, nipote di Aristotele, originario di Olinto, divenne, probabilmente su raccomandazione dello zio, lo storico ufficiale della spedizione contro la Persia; nel 327 a.C. Callistene fu messo a morte per aver partecipato a una congiura. A questo punto la sua storia era arrivata al 331 o forse al 329 a.C., e fu pubblicata forse parzialmente prima del 327 e, in seguito, integralmente.

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stobulo5 e Tolomeo figlio di Lago6, che attinsero in gran parte da Callistene oltre che dalle Effemeridi, e Clitarco7. Tutte queste opere andarono perdute, tranne pochi frammenti8. Le uniche opere che ci sono pervenute per intero, o in parte, sono le opere di storici che scrissero qualche secolo dopo la morte di Alessandro. È proprio attraverso l’esame comparato dei loro scritti che possiamo ricostruire le imprese del Macedone; tali autori sono: Diodoro Siculo9, che riserva il XVII libro della sua Biblioteca Universale alle imprese del sovrano Macedone, offrendo un racconto non apologetico ma neanche ostile, Curzio Rufo10, autore di una Storia di Alessandro Magno in dieci libri, di cui però si sono perduti i primi due, Giustino11, epitomatore delle Storie Filippiche di Pompeo Trogo12, Plutarco13 e Arriano14, che compose in otto libri la Anabasi di Alessandro, l’opera storicamente più valida tra quante trattano del Macedone.

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Aristobulo, un focese che fu poi detto di Cassandrea perché qui aveva preso dimora dopo la fondazione della città nel 336, ingegnere o architetto, scrisse su Alessandro quando ormai era in età avanzata: il tono apologetico della sua opera probabilmente era volto a difendere la figura del Macedone dai suoi detrattori. 6 Tolomeo, figlio di Lago, generale di Alessandro, nel 304 a.C. si proclamò sovrano d’Egitto. Egli scrisse una storia di Alessandro che pubblicò in età avanzata, probabilmente verso il 285-283 a.C. 7 Clitarco di Colofone, storico greco, non aveva relazioni personali con il re e non partecipò alla spedizione di Alessandro, scrisse una narrazione molto colorita di essa; è opinione della critica che il testo di Clitarco sia servito di base alla cosiddetta “vulgata”, cioè a quel filone della tradizione su Alessandro che si manifesta attraverso Diodoro, Curzio Rufo e Giustino. 8 Gli scarsi frammenti tramandati sono stati raccolti e commentati da F. Jaboby, Die Fragmente der griechischen Historiker, Berlin 1923. 9 Diodoro Siculo, storico greco del I secolo a.C., scrisse una Storia Universale in quaranta libri. 10 Curzio Rufo dedicò, nel I secolo d.C., l’intera sua opera Historiarum Alexandri Magni Macedonis a descrivere la vita e le imprese del re macedone. 11 Giustino scrisse la sua opera in Roma, probabilmente intorno alla seconda metà del II secolo d.C. 12 Pompeo Trogo, in età augustea, scrisse una storia dell’impero macedone intitolata Historiae Philippicae, suddivisa in quarantaquattro libri. 13 Plutarco (46-120 d.C.) scrisse in greco, tra le altre biografie, quella di Alessandro. 14 Arriano (95-175 d.C.) scrisse in greco una Anabasi di Alessandro in otto libri; egli aveva inoltre esperienza militare e amministrativa. Promosso da Adriano governatore della Cappadocia, aveva sconfitto gli Alani che nel 135 d.C. avevano invaso la sua provincia, e aveva scritto trattati su due argomenti di particolare interesse per Alessandro: la tattica e la caccia.

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N.G.L. Hammond15 osserva che Arriano, quando, a cinque secoli di distanza, decise di scrivere di Alessandro, aveva a disposizione tutte le storie precedenti che erano state pubblicate su di lui. È significativo che scelse di seguire i racconti di Tolomeo e di Aristobulo; riteneva infatti che entrambe le fonti fossero veritiere, sottolineando il fatto che Tolomeo e Aristobulo, a differenza di Clitarco ed altri, avevano partecipato entrambi alle campagne di Alessandro e che, poiché avevano iniziato a scrivere dopo la morte del re, erano liberi da eventuali pressioni dettate dalla presenza del sovrano. Secondo Arriano c’era inoltre un altro motivo per credere alla veridicità di Tolomeo - oltre al fatto che il Lagide aveva in suo possesso la salma di Alessandro e quindi le sue Effemeridi -16 e cioè che «per lui in quanto re sarebbe stato più infamante mentire che per chiunque altro»17. Numerose opere furono scritte in epoca ellenistica18: versioni fittizie di episodi già registrati, falsi colloqui tra Alessandro e altri, lettere spacciate per autentiche, citazioni fittizie presentate come tratte dal Diario di corte, nonché avventure strabilianti in luoghi lontani e fantastici: tutto ciò spuntò dal fertile terreno dell’immaginazione ellenistica e formò una parte degli ingredienti del cosiddetto Romanzo di Alessandro19.

2. Lastra con iscrizione di Somtutefnakht Un importante documento epigrafico testimonia gli eventi straordinari che sconvolsero l’Egitto nel IV secolo a.C.: si tratta della lastra con iscrizione di Somtutefnakht, rinvenuta a Pompei nel 1765, attual15

N.G.L. Hammond, op. cit., p. 4. FrGrHist., 117; vedi sopra, nota 3; N.G.L. Hammond, op. cit., p. 5. 17 Arriano, I, 2. 18 N.G.L. Hammond, op. cit., p. 3. 19 È il cosiddetto Pseudo-Callistene, un testo nato in ambiente alessandrino, falsamente attribuito a Callistene, nel corso del II secolo d.C., che considera, fra l’altro, Alessandro figlio del faraone Nectanebo; lo conosciamo soprattutto tradotto e adattato in latino da Giulio Valerio Polemio (verso il 338-340) col titolo Res Gestae Alexandri Macedonis, testo che doveva ispirare i diversi autori del Roman d’Alexandre nel Medio Evo. Possediamo numerose versioni orientali, abbastanza distanti dall’originale greco: armena, etiopica, ebraica, siriana. 16

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mente conservata al Museo Archeologico di Napoli20. La lettura dell’iscrizione ci presenta notizie biografiche di un medico, Somtutefnakht (“il dio Somtù vince”)21, il quale ringrazia il dio di Eracleopoli, Harsafe (assimilato a Eracle), per avergli conservato il favore del dinasta persiano dopo il rovesciamento della XXX dinastia indigena e di averlo tratto indenne dalla battaglia di Isso, dove egli si trovava sul fronte opposto a quello macedone: Tu (il dio Harsafe) mi desti accesso alla reggia a mio grado, mentre il dio perfetto (il faraone Nectanebo, della XXX dinastia) si compiaceva dei miei detti. Mi hai distinto tra milioni quando hai voltato la schiena all’Egitto, ponendo il mio amore nel cuore del principe dell’Asia (il Gran Re persiano) […] Tu mi hai protetto nella battaglia dei Greci, quando hai sconfitto l’Asia (a Isso), e hanno ucciso un milione vicino a me, senza che nessuno levasse il braccio contro di me22.

Questo passo è di importanza fondamentale per comprendere lo scenario politico-culturale locale all’interno del quale collocare l’arrivo dei Macedoni. Mentre generalmente si ritiene che Alessandro sia stato accolto dalla popolazione come il liberatore del paese dal giogo persiano, dal testo si evince che l’atteggiamento del ceto intellettuale egizio, molto probabilmente, continuava ad essere filopersiano.

20

Inv. n. 1035; O. Perdu, Le monument de Somtoutefnakht à Naples, in «Revue d’Egyptologie» 36, 1985, pp. 89-113. 21 A. Roccati, Lastra con iscrizione di Somtutefnakht, in Alessandro Magno. Storia e mito, Roma 1995, p. 269. 22 Ibid.

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Figura 1. Lastra con iscrizione di Somtutefnakht. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

24

Per quanto concerne, infine, il dominio di Alessandro in Egitto, dobbiamo fare una precisazione in merito alla durata del suo regno, connessa alla difficoltà nello stabilire con certezza l’arco di tempo del suo reame, otto o nove anni. Infatti, come afferma Gauthier23, non siamo in grado di fissare una sequenza cronologica esatta, non essendo a conoscenza del preciso momento storico a partire dal quale si iniziano a conteggiare gli anni di regno; come sostiene lo studioso, tre sono gli eventi da considerare: l’anno in cui avviene la conquista del paese (332), la data della fondazione di Alessandria (331), oppure l’anno della morte di Dario (330). L’unica certezza viene fornita dalla data nota più alta per i suoi monumenti, risalente al terzo anno di regno24. Un altro problema si pone in merito ad una eventuale spedizione del Macedone in Alto Egitto. Secondo Arriano, Alessandro non ebbe il tempo di visitare l’alta Valle del Nilo, dovendo prima chiudere la partita con Dario III, pertanto «inviò sotto buona scorta i Chii della cerchia di Apollonide alla città egiziana di Elefantina»25; allo stato attuale delle nostre conoscenze, non vi sono tracce di tale spedizione, in quanto nessuna struttura presso Elefantina ne ha conservato il ricordo. Curzio Rufo26, a tale riguardo, racconta: Egli aveva concepito il desiderio, giusto, se vogliamo, ma intempestivo, di visitare non solo l’interno dell’Egitto, ma anche l’Etiopia; ed era così avido di conoscere monumenti antichi, che sarebbe andato oltre il tropico del Cancro per vedere il famoso palazzo di Memnone e di Titone27. Ma la guerra imminente, nella quale rimaneva da compiere uno sforzo molto maggiore che nella precedente, non gli lasciò il tempo di fare quel viaggio turistico.

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H. Gauthier, Le livre des Rois d’Égypte. IV. De la XXVe Dynastie à la fin des Ptolémées, Cairo 1916, pp. 199-203. 24 Si tratta di un papiro demotico conservato al Museo del Louvre (E 2439). 25 Arriano, III, 2, 7. 26 Curzio Rufo, IV, 8. 27 Questi nomi si riallacciano alla leggenda di Laomedonte, uno dei fondatori di Troia, il cui figlio Titone era stato amato dalla dea Aurora. Il loro figlio Memnone fu re di Abido, non lontano da Tebe, nell’Alto Egitto, nella regione del Tropico del Cancro, che l’autore chiama «terminos solis».

II. Le testimonianze archeologiche

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I. La titolatura faraonica Nel 332 a.C. Alessandro conquista l’Egitto; seguiamo il racconto di Arriano1: Egli introdusse una guarnigione a Pelusio e, dopo aver ordinato agli uomini sulle navi di risalire il fiume fino alla città di Menfi, si diresse a Eliopoli, tenendo sulla destra il fiume Nilo, e impossessatosi per concessione degli abitanti delle località lungo il cammino, attraverso il deserto arrivò a Eliopoli; di là, varcato il corso d’acqua, venne a Menfi; e qui sacrificò agli altri dei e ad Api e organizzò una gara ginnica e musicale; per questa vennero i professionisti più rinomati dalla Grecia.

Il dominio macedone dell’Egitto, secondo P. Briant, fu facilitato dall’odio «feroce» che una gran parte della popolazione nutriva per i Persiani; inoltre Alessandro si mostrò molto rispettoso della religione egizia, accattivandosi le simpatie del clero che lo riconobbe faraone2. In quel momento egli divenne il continuatore di quell’istituzione faraonica che non era solo un punto di riferimento per la politica della nazione, ma anche un elemento fondamentale negli equilibri che controllavano l’universo3. In quanto faraone, Alessandro, come poi i successivi sovrani Tolemaici, acquisì la tradizionale titolatura composta da cinque nomi: I. il nome di Horo, per mezzo del quale egli era la manifestazione vivente del dio; II. il nome di nbty, letteralmente “le Due Signore”, ovvero il nome che poneva in rapporto il sovrano con le dee dinastiche dell’Alto e del Basso Egitto;

1

Arriano, III, 1. P. Briant, Alessandro Magno, Napoli 1983, p. 16. 3 E. Ciampini, La titolatura faraonica di Alessandro, in Alessandro Magno. Storia e mito, op. cit., p. 266; S.M. Burstein, cit., 1991, pp. 139-145. 2

28

III. il nome di Horo d’oro, in rapporto con l’antica divinità celeste che si manifestava in questa forma di uccello; IV. il nome di nsw bit, letteralmente “Re dell’Alto e Basso Egitto”, o nome di incoronazione, collegato soprattutto a divinità solari (nel cartiglio); V. il nome di sa Ra, letteralmente “figlio [del dio] Ra”, corrispondente al nome personale del sovrano (anche questo nel cartiglio). Della titolatura di Alessandro abbiamo attestati solo tre dei cinque nomi, nelle seguenti forme4: I.

Horo:

a)

mk kmt

b) h̩q3 qn c) h̩q3 qn tkn g3swt IV.

nsw bit:

V.

sa Ra:

stp-n-Rǥ mrj-Jmn 3lksjndrs o jrgsjndrs

I. Il nome di Horo presenta tre varianti: a) colui che protegge l’Egitto, b) signore vittorioso, c) signore vittorioso che attacca le regioni desertiche/paesi stranieri.

4

E. Ciampini, op. cit., p. 267; H. Gauthier, op. cit., pp. 199-203; Jürgen von Beckerath, Handbuch der ägyptischen Königsnamen, Mainz am Rhein 1999, pp. 232-233.

29

IV. Re dell’Alto e Basso Egitto: colui che Ra ha scelto, che Amon ama. V. Figlio di Ra: Alessandro.

Figura 2. La titolatura faraonica di Alessandro il Grande e di suo figlio Alessandro IV (da E. Ciampini, 1995).

30

Per quanto concerne la titolatura faraonica di Alessandro, della quale, come abbiamo visto, si sono conservati solo tre nomi, è interessante osservare come il suo nome di Horo sia in funzione della sua politica; infatti, come avveniva per i sovrani precedenti, il protocollo reale del nuovo sovrano, alla cui formulazione erano preposti dei sacerdoti o dei funzionari, rappresentava, in un certo senso, una sorta di “cartello politico”, ovvero, le linee guida della politica adottata dal sovrano. Da questo punto di vista, la prima variante del nome di Horo, mk kmt (protettore dell’Egitto), potrebbe riferirsi alla sua vittoria contro i Persiani, che agli occhi della popolazione indigena apparivano come oppressori; e allo stesso modo anche le altre due varianti del nome di Horo, h̩q3 qn (signore vittorioso) e h̩q3 qn tkn 3swt (signore vittorioso che attacca le regioni desertiche/paesi stranieri), si potrebbero inquadrare nel contesto delle sue imprese belliche. Il cambiamento del nome di Horo, che nel caso specifico di Alessandro presenta tre varianti, potrebbe essere legato ad importanti avvenimenti storici; è per questo motivo, che nel tentativo di esaminare i monumenti ascritti al Macedone, documentati a livello epigrafico dalla presenza della sua titolatura, presteremo particolare attenzione al suo nome di Horo.

2. I monumenti Sotto il regno di Alessandro, continuando nel segno della tradizione faraonica, vengono eretti monumenti ed effettuati restauri presso edifici appartenuti a sovrani precedenti: 1. Karnak: - IV pilone5 - la “Stanza di Alessandro”, presso la “Sala delle Feste” di Thutmosi III6 5

G. Legrain, Rapport sur les travaux exécutés à Karnak, in «ASAE» 5, 1905, p. 42. P. Barguet, Le temple d’Amon-Rê à Karnak. Essai d’exégèse, in «RAPH» 21, 1962, pp. 186-197. 6