Vittorini, Uomini e no, p. 6. 2. Nel secondo caso, se si risponde negativamente,
basta che sia considerata solo la domanda esplicita; invece, se la risposta è.
SCHEDA – ASPETTI DELLA COMUNICAZIONE IMPLICITA. PER UN’APPLICAZIONE DEL MODELLO DI GRICE Inferire domande da altre domande Nei testi letterari emergono aspetti e strategie del dialogo che meritano attenzione, perché si presentano nella comunicazione quotidiana (caratterizzano cioè la lingua dell’uso comune. Fondamentali sono, in proposito, i lavori di Sorin Stati, fra i quali emerge la monografia Il dialogo, Liguori, Napoli 1982. La strategia che vorrei qui illustrare è quella delle domande implicite che vengono inferite da domande esplicite. È possibile riconoscere una serie di procedimenti, che, nella comunicazione in atto, possono contribuire a vario titolo a rafforzare il legame interpersonale e a segnalare la condivisione di uno sfondo conversazionale. Occorre anzitutto precisare che, nei testi «naturali», le domande si possono presentare in modo implicito: A -- Sarai stanco morto... / B -- No, no. Ho ancora energie da spendere. Come è evidente, l'interpretazione avviene entro il concreto atto comunicativo: secondo B, la sequenza di A «convoca», catalizza una domanda Sei stanco, non è vero?. La risposta è conseguenza di un'ipotesi interpretativa che B ha formulato a torto o a ragione («à tort ou à raison»: S. Stati, Le transphrastique, PUF, Paris 1990, p. 35). Ma sono più frequenti i casi che qui ci interessano: una domanda di verifica (in ingl. yes-no question) esplicita può lasciare inferire una domanda complementativa (wh-question) implicita, che l'interlocutore deve individuare per rispondere in modo appropriato. 1.
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Nel primo caso, la risposta -- sia essa affermativa oppure negativa -deve tener conto della domanda inferita; non si risponde in modo completo replicando con un semplice Sì o No: Stai via molto? [Æ Per quanto tempo stai via?] Sì, sto via per un mese. / No, torno dopodomani.
Come mostrano gli esempi che seguono, la profrase nella risposta (cioè il sì o il no) può essere omessa: «C'è ancora molta strada?» «Non molta, forse due ore e mezzo, anche tre forse, di questo passo. Forse per mezzogiorno ci siamo, effettivamente». Buzzati, Il deserto dei Tartari, p. 13 «Dove mi porti?» / «Ti porto dove dormo». / «È lontano?» / «In fondo a corso Sempione». Vittorini, Uomini e no, p. 6
2. Nel secondo caso, se si risponde negativamente, basta che sia considerata solo la domanda esplicita; invece, se la risposta è affermativa occorre tener conto della domanda implicita. La semplice replica Sì non costituisce risposta completa: Sei stato al cinema di recente? [Se sì Æ Che film hai visto?] No. / Sì, ho visto Avatar.
Rispondendo affermativamente, si può tralasciare la profrase Sì: Ma in fondo, al nord, si vedrà bene qualcosa?
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All'orizzonte di solito ci sono le nebbie - disse Morel [...] Ci sono le nebbie del nord che non lasciano vedere (Buzzati, Il deserto dei Tartari, p. 28) IL CAPOCOMICO (battendo le mani) Su, su cominciamo. Al Direttore di scena: Manca qualcuno? IL DIRETTORE DI SCENA Manca la Prima Attrice. IL CAPOCOMICO Al solito! Guarderà l'orologio (Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore, p. 26)
3. È possibile una strategia inversa: si risponde affermativamente alla domanda esplicita, mentre la risposta negativa deve tener conto della domanda complementativa implicita. Non è risposta completa la semplice replica No: Sei arrivato ieri? Æ [Se no, quando?] Sì. / No, sono qui dalla settimana scorsa.
Esempi: «Siete ebrei tutti e dieci?» «No, solo sei: io, le due donne, il giovane che sta sempre con la ragazza piccola, quello anziano che tu hai portato sulle code, e Pavel Jurevič, il più robusto di tutti [...]» (Primo Levi, Se non ora, quando?, p. 73
La risposta può tralasciare la profrase No: «Siete tedeschi?» «Siamo russi» risposero i due (Primo Levi, Se non ora, quando?, p. 32) «Di' loro che oggi non posso andare». «Andrai domani?»
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«Forse nemmeno domani. Andrò una volta o l'altra, ma tu non prendermi impegni. Andrò col treno» (Vittorini, Uomini e no, p. 192)
4. A volte, una domanda pone esplicitamente una constatazione, che di per sé è ovvia e dunque non giustifica l'appello a rispondere. Non si ha tuttavia una violazione della massima griceana di Pertinenza (Be relevant!), perché la risposta deve tener conto della richiesta implicita di spiegazione: Non hai fame? Æ Perché non hai fame? «Non bevi la tua birra con me? Già te ne vai?» «All'albergo c'è molto da fare» (Vittorini, Uomini e no, p. 193)
5. In questi tipi di domande, le repliche accettabili tengono conto della domanda implicita. L'inferenza è, per così dire, istituzionalizzata: gli interlocutori sono consapevoli di gestire la comunicazione avvalendosi di strategie previste nella prassi dialogica. Certe repliche sono inaccettabili in quanto non sono cooperative: replicando Sì alla domanda Hai visto qualcuno? non si rispetta una massima griceana di Quantità («il tuo contributo sia tanto informativo quanto è richiesto dallo scambio in corso»). In altri casi, la domanda pertinente deve essere inferita: Non mangi? Æ Perché non mangi?). Poiché l'interrogante presume che il proprio interlocutore conosca la strategia adottata, la replica non cooperativa è interpretata per lo più come polemica (rifiuto di cooperare: No, non mangio). Ma la violazione della massima può essere solo apparente: è possibile che la replica sia cooperativa, ma che richieda un'inferenza ulteriore: A: Hai incontrato qualcuno? B: Sì, certo (Æ «Puoi immaginarti chi»).
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L'ultimo tipo di domanda sopra considerato (Hai visto qualcuno?) è una tipica safe question: con essa non si pongono premesse (“presupposti” pragmatici) che il secondo locutore potrebbe smentire. È possibile una semplice risposta affermativa, che sollecita la domanda ulteriore Chi hai visto?, basata su un solido presupposto «hai visto qualcuno». Ma in uno scambio cooperativo di solito non è necessario che questa sia proferita: come abbiamo infatti visto, il secondo locutore è invitato a inferirla direttamente; così, alla eventuale risposta affermativa (che può anche essere sottintesa) segue direttamente la risposta alla domanda complementativa. Torniamo all’esempio dei Sei personaggi di Pirandello: IL CAPOCOMICO … Al Direttore di scena: Manca qualcuno? IL DIRETTORE DI SCENA Manca la Prima Attrice.
Con una domanda «sicura» il capocomico gestisce in modo appropriato la continuazione del dialogo e il direttore di scena replica anticipando una mossa successiva. Invece, avviando subito il dialogo con la domanda Chi manca?, il capocomico correrebbe il rischio che il destinatario non condivida la premessa “manca qualcuno”. In tal caso, Chi manca? è una domanda «rischiosa» (risky). Per casi simili, Gilles Fauconnier (Questions et actes indirects. «Langue Française», 52: 44-55) propone un’interessante analisi. Poniamo che il locuotore, proferendo Manca qualcuno? compia con essa una tipica safe question, che invita a inferirne una “rischiosa”. Per cogliere questa funzione della frase proferita, l'interlocutore tiene conto dell'azione di vari fattori. a. Vi è anzitutto un principio di interruzione: proferendo quella frase, si interroga su una premessa positiva di una domanda “rischiosa” (Chi
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manca?); come è subito evidente, la risposta positiva costituisce una situazione che permetterebbe di proferire Chi manca?. b. Ma colui che risponde conosce tale procedimento e abbrevia («interrompe») l'esecuzione del «rituale» reagendo non alla frase «letterale», ma alla richiesta successiva: il principio di interruzione è connesso con un principio di economia. c. Si ha pure un’anticipazione sociale. La frase Manca qualcuno? verte su una condizione che, se è soddisfatta, attiva la domanda implicita; l'interlocutore anticipa il proferimento di Chi manca? rispondendo fin da subito alla domanda inferita. La descrizione delle pratiche dialogiche sopra considerate mette in luce valori che hanno pertinenza all’interno di uno specifico quadro di riferimento culturale – nella fattispecie, quello della tradizione europea occidentale in senso ampio. In effetti, gli studiosi attenti alle dinamiche della comunicazione interculturale, pur muovendo da vari orientamenti teorici, sono concordi nell’osservare che i valori specifici di una cultura non si lasciano ridurre a “monolingual universals or static global comparisons” (Michael Clyne, Inter-cultural communication at work. Cultural values in discourse, University Press, Cambridge 1996 [1994], p. 196). Piuttosto, questi vanno compresi ed esplicitati all’interno della cultura in esame e ad essa vanno ricondotti: It is impossible for a human being to stude anything … from a totally extra-cultural point of view… We can find a point of view which is universal and culturalindependent, but we must look for such a point of view not outside all human cultures … but within our own culture, or within any other culture that we are intimately familiar with (Anna Wierzbicka, Cross-Cultural Pragmatics, de Gruyter, Berlin 1991, p. 9).
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A dire il vero, attraverso l’esperienza concreta della comunicazione tali valori possono essere individuati anche da un soggetto che non sia cresciuto in quella cultura, a patto che quest’ultimo sia disposto ad accogliere la diversità culturale e a farne esperienza. Ma per comprendere e sperimentare la diversità delle culture nella comunicazione sembra ragionevole porre come requisito una comprensione e una esperienza autentica della propria cultura specifica. A tale scopo può essere utile anche la descrizione delle domande implicite qui proposta. Opere letterarie citate Dino Buzzati. Il deserto dei Tartari. Milano: Mondadori 1989 [1940] Primo Levi. Se non ora, quando?. Torino: Einaudi 1982 Luigi Pirandello. Sei personaggi in cerca d'autore. Milano: Mondadori 1990 [1921] Elio Vittorini. Uomini e no. Milano: Mondadori 1996 [1945].
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