Che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo della finanza

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PARTE UNDICESIMA. TEMI SPECIALI DI FINANZA AZIENDALE. Che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo della finanza. Principi di finanza aziendale 6 /ed.
Principi di finanza aziendale 6/ed Richard A. Brealey, Stewart C. Myers, Franklin Allen, Sandro Sandri Copyright © 2011 - The McGraw-Hill Companies srl

CAPITOLO PARTE UNDICESIMA

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TEMI SPECIALI DI FINANZA AZIENDALE

Che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo della finanza

Abbiamo avuto modo di esprimere le nostre idee ed è giunto il momento di concludere. Lasciateci finire con

alcune riflessioni su che cosa sappiamo e su che cosa non sappiamo della finanza.

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34.1

Parte 11 • Temi speciali di finanza aziendale

Che cosa sappiamo: le sette idee più importanti della finanza Che cosa rispondereste se vi fosse chiesto di elencare le sette idee più importanti della finanza? Di seguito vi offriamo la nostra lista.

34.1.1

Valore attuale netto

Quando volete sapere il prezzo di un’auto usata, guardate i valori del mercato dell’usato. Allo stesso modo, quando desiderate conoscere il valore di un flusso di cassa futuro, osservate i valori quotati nei mercati finanziari, dove vengono scambiati diritti su flussi di cassa futuri. (Ricordatevi che i ben pagati banchieri d’affari non sono altro che commercianti di flussi di cassa di seconda mano.) Perciò, se desiderate conoscere il valore di un flusso di cassa futuro, potete fare riferimento ai prezzi quotati nel mercato dei capitali. Se potete acquistare per i vostri azionisti dei flussi di cassa a un prezzo inferiore a quello quotato nel mercato dei capitali, potete aumentare il valore del loro investimento. Questa è la semplice idea sulla quale si fonda il concetto di valore attuale netto (VAN). Quando calcoliamo il VAN di un progetto di investimento, ci stiamo semplicemente chiedendo se vale più di quello che costa. Stimiamo cioè il suo valore calcolando quale dovrebbe essere il prezzo di un ipotetico diritto sul flusso di cassa del progetto se questo diritto venisse offerto separatamente agli investitori e scambiato nel mercato dei capitali. Questo è il motivo per il quale calcoliamo il VAN attualizzando i flussi di cassa futuri al costo opportunità del capitale, cioè al tasso di rendimento atteso offerto da titoli che hanno lo stesso grado di rischio del progetto. Nei mercati finanziari efficienti tutte le attività che presentano il medesimo grado di rischio sono quotate in maniera tale da offrire lo stesso rendimento atteso. Attualizzando i flussi di cassa al costo opportunità del capitale, calcoliamo il prezzo al quale gli investitori nel progetto possono aspettarsi di guadagnare quel tasso di rendimento. Come molte buone idee, la regola del VAN è “ovvia quando ci si pensa’’. Ma riflettete sull’importanza di questa idea. La regola del VAN consente a migliaia di azionisti, con differenti livelli di ricchezza e propensione al rischio, di partecipare alla stessa impresa e di delegarne la gestione a manager professionisti dando loro un unico semplice ordine: “Massimizzare il valore attuale’’.

34.1.2

Capital asset pricing model

Alcuni sostengono che la finanza moderna sia riconducibile sostanzialmente al capital asset pricing model. Questo è falso. Se il capital asset pricing model non fosse stato inventato, i nostri consigli ai manager finanziari sarebbero essenzialmente gli stessi. La novità significativa che rende attraente il modello è che ci fornisce un modo gestibile per pensare al rendimento richiesto di un investimento rischioso. È un’altra idea semplice e affascinante. Ci sono due tipi di rischio: quello diversificabile e quello non diversificabile. Potete misurare il rischio non diversificabile, o del mercato, di un investimento tramite il grado con cui il valore dell’investimento è influenzato da una variazione nel valore aggregato di tutte le attività esistenti nell’economia. Questa misura è chiamata beta dell’investimento. Il solo rischio di cui gli investitori si preoccupano è quello non diversificabile. Questo è il motivo per il quale il rendimento richiesto di un’attività è direttamente proporzionale al suo beta. Molti ritengono che alcune delle ipotesi alla base del modello siano troppo forti o si preoccupano delle difficoltà di stima del beta di un singolo progetto. Hanno ragione. Fra 10 o 20 anni avremo probabilmente teorie molto migliori di quelle a disposizione oggi. Ma saremo estremamente sorpresi se queste nuove teorie non insisteranno sulla distinzione cruciale fra rischio diversificabile e non diversificabile, che dopotutto è la principale idea alla base del capital asset pricing model.

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Capitolo 34

34.1.3

• Che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo della finanza

Efficienza dei mercati finanziari

La terza idea fondamentale è che i prezzi dei titoli riflettono in modo accurato le informazioni conosciute e rispondono rapidamente alle nuove informazioni appena vengono divulgate. La teoria dell’efficienza del mercato ha tre versioni, corrispondenti a diverse definizioni di “informazioni disponibili’’. La forma debole (o “teoria del percorso casuale”) afferma che i prezzi riflettono tutte le informazioni esistenti nei prezzi passati. La forma semiforte afferma invece che i prezzi riflettono tutte le informazioni pubbliche disponibili. La forma forte sostiene infine che i prezzi riflettono tutte le informazioni acquisibili. Non fraintendete l’idea di efficienza del mercato. Non dice che non esistono imposte e costi di transazione; non dice nemmeno che non esistono persone intelligenti e persone stupide. Semplicemente, dice che la concorrenza nel mercato dei capitali è molto forte, non esistono macchine da soldi e i prezzi dei titoli riflettono il valore reale delle attività sottostanti. A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, l’ipotesi dell’efficienza del mercato è stata testata numerose volte. Nel 2010, dopo quarant’anni di lavoro, questi test hanno scoperto dozzine di anomalie significative dal punto di vista statistico. Purtroppo, queste scoperte non si sono tradotte in dozzine di semplici modi per fare denaro. I rendimenti superiori a quelli di mercato sono difficili da afferrare. Solo pochi gestori di fondi comuni, per esempio, sono in grado di ottenere rendimenti superiori a quelli di mercato per qualche anno consecutivo, e oltretutto solo per piccoli ammontari.1 Gli statistici possono battere il mercato, per gli investitori reali è molto più difficile.

34.1.4

Additività del valore e legge di conservazione del valore

Il principio dell’additività del valore afferma che il valore dell’intero è uguale alla somma dei valori delle parti. A volte, è chiamato legge di conservazione del valore. Quando valutiamo un progetto che produce una serie di flussi di cassa, ipotizziamo sempre che i valori siano sommabili. In altre parole, ipotizziamo: VA (progetto) = VA (C1) + VA (C2) + ... + VA (Ct) + ... = =

Ct C1 C2 + + ... + + ... 2 1 + r (1 + r ) (1 + r )t

Allo stesso modo, ipotizziamo che la somma dei valori attuali dei progetti A e B sia uguale al valore attuale di un progetto congiunto AB.2 Ma l’additività del valore significa anche che non potete creare valore mettendo insieme due imprese, a meno che non aumentiate il flusso di cassa totale. In altre parole, non ci sono benefici nelle fusioni effettuate all’unico scopo di diversificare.

34.1.5

Teoria della struttura finanziaria

Se la regola vale in termini additivi, vale anche in termini sottrattivi.3 Quindi, le decisioni finanziarie che semplicemente dividono gli stessi flussi di cassa in diverso modo cambiano solo la confezione di un uguale prodotto: non aumentano il valore globale di un’im-

1 Si veda, per esempio, Kosowski, R., Timmerman, A., Werners, R. e White, H., “Can Mutual Fund ‘Stars’ Really Pick Stocks? New Evidence from a Bootstrap Analysis”, in Journal of Finance, 61, pp. 2551-2595, dicembre 2006. 2 Cioè, se: VA (A)=VA [C1 (A)]+VA [C2 (A)]+...+VA [Ct (A)]+... VA (B)=VA [C1 (B)]+VA [C2 (B)]+...+VA [Ct (B)]+... e se, in ciascun periodo t, Ct (AB)=Ct (A)+Ct (B), allora: VA (AB)=VA (A)+VA (B) 3 Se partite da un flusso di cassa Ct (AB) e lo dividete in due parti, Ct (A) e Ct (B), il valore totale non cambia. Cioè, VA [Ct (A)]+VA [Ct (B)]=VA [Ct (AB)]. Si veda la nota 2.

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Parte 11 • Temi speciali di finanza aziendale presa. Questa è l’idea fondamentale della famosa proposizione I di Modigliani e Miller. A parità delle altre condizioni, i cambiamenti nella struttura finanziaria non influenzano il valore. Fino a quando i flussi di cassa totali generati dalle attività di un’impresa non sono modificati dai cambiamenti nella struttura finanziaria, il valore di un’impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria. Il valore di una torta non dipende dal modo in cui viene tagliata. Naturalmente, la proposizione di Modigliani e Miller non è La Risposta, ma ci dice dove cercare i motivi per cui le decisioni sulla struttura finanziaria potrebbero essere importanti. Le imposte sono una possibilità. L’indebitamento procura all’impresa un beneficio fiscale degli interessi e questo beneficio fiscale potrebbe più che compensare ogni eventuale imposta aggiuntiva che l’investitore deve pagare sull’interesse percepito. Inoltre, un livello elevato di indebitamento potrebbe stimolare i manager a lavorare di più. Ma il debito ha i suoi inconvenienti nel caso in cui conduca al rischio di un costoso dissesto finanziario.

34.1.6

Teoria delle opzioni

Nei discorsi di tutti i giorni, usiamo spesso la parola opzione come sinonimo di scelta o alternativa. Così, per esempio, diciamo che qualcuno ha un certo numero di opzioni intendendo dire che ha un certo numero di possibilità. In finanza, un’opzione si riferisce specificatamente all’opportunità di operare in futuro sulla base di condizioni stabilite oggi. I manager migliori sanno che spesso conviene pagare oggi per un’opzione che consenta l’acquisto o la vendita di un’attività domani. Se le opzioni sono così importanti, il manager finanziario deve sapere come valutarle. Gli esperti di finanza conoscono da molto tempo le variabili rilevanti, il prezzo di esercizio e la scadenza dell’opzione, il rischio dell’attività sottostante e il tasso di interesse. Ma furono Black e Scholes che per primi mostrarono come tutto ciò potesse essere messo insieme in un’unica utile formula. La formula di Black e Scholes è stata sviluppata per semplici opzioni call. Non si applica direttamente alle opzioni più complicate che spesso incontriamo in finanza. Ma le idee fondamentali di Black e Scholes, per esempio il metodo di valutazione basato sull’indifferenza al rischio implicito nella loro formula, funzionano anche nei casi in cui la formula non può essere applicata. La valutazione delle opzioni reali, descritta nel Capitolo 23, può richiedere il trattamento di nuovi dati, ma non l’applicazione di nuovi concetti.

34.1.7

Teoria dell’agenzia

Un’impresa moderna è una squadra composta da diversi giocatori: il management, i dipendenti, gli azionisti e gli obbligazionisti. I componenti di questa squadra aziendale sono tenuti assieme da una serie di contratti formali e informali per fare sì che collaborino. Per lungo tempo gli economisti hanno dato per scontato che tutti i giocatori agissero per il bene comune, ma negli ultimi 20 anni i ricercatori hanno avuto molte più cose da dire sui possibili conflitti di interessi e su come le imprese cercano di risolverli. Queste problematiche vengono ricomprese nella teoria dell’agenzia. Considerate, per esempio, la relazione fra manager e azionisti. Gli azionisti (i principal) vogliono che i manager (gli agent) massimizzino il valore dell’impresa. Negli Stati Uniti, la proprietà delle maggiori imprese è ampiamente diffusa e nessun singolo azionista può controllare i manager o rimproverare quelli troppo pigri. Così, per incoraggiarli a mettercela tutta, si cerca di legare le loro remunerazioni al valore che hanno creato. Per quei manager che insistono nel trascurare gli interessi degli azionisti, c’è la minaccia che la loro impresa possa essere scalata con conseguente perdita del posto. In altri Paesi, è più probabile che le imprese siano possedute da pochi grandi azionisti e che dunque ci sia meno distanza fra la proprietà e il controllo. In Italia, per esempio, le famiglie sono in grado di controllare anche le imprese di grandi dimensioni. Possono dunque supervisionare i piani e le decisioni dei manager come se fossero insider. In com-

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Capitolo 34

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penso, le acquisizioni ostili sono molto rare e le strutture proprietarie rigide. Abbiamo discusso i problemi degli incentivi ai manager e del controllo delle imprese nei Capitoli 4, 13, 32 e 33. Non sono stati però gli unici luoghi in cui abbiamo parlato di problemi di agenzia. Per esempio, nei Capitoli 19 e 26 abbiamo osservato alcuni dei conflitti che sorgono fra azionisti e obbligazionisti, e abbiamo descritto come i contratti che regolano i grandi prestiti cerchino di anticipare, minimizzandoli, tali conflitti. Queste sette idee sono teorie geniali o semplice buonsenso? Chiamatele come volete; rimangono comunque i fondamenti del lavoro del manager finanziario. Se, leggendo questo libro, avete realmente compreso queste idee e sapete come applicarle, avete imparato molto.

34.2

Che cosa non sappiamo: dieci problemi non risolti della finanza

Dato che quello che non sappiamo è inesauribile, la lista di ciò che non conosciamo della finanza potrebbe essere infinita. Di seguito ci limiteremo a elencare e trattare brevemente dieci problemi non risolti che sembrano maturi per ricerche produttive.

34.2.1

Che cosa determina il rischio e il valore attuale di un progetto?

Un buon investimento è un investimento che ha un VAN positivo. Abbiamo parlato a lungo di come calcolare il VAN, ma abbiamo dato poche indicazioni su come trovare progetti con VAN positivo. Ma perché alcune imprese ottengono una rendita economica, mentre altre imprese nello stesso settore non vi riescono? Le rendite sono meri guadagni inaspettati o possono essere anticipate e pianificate? Da dove provengono e quanto durano prima che la concorrenza le distrugga? Sappiamo molto poco riguardo a ciascuna di queste importanti domande. Qui si inserisce una domanda collegata: perché alcune attività reali sono rischiose e altre relativamente sicure? Nel Paragrafo 11.3 abbiamo suggerito alcune ragioni per le differenze nei beta dei progetti, per esempio differenze di leva operativa o nel grado in cui i flussi di cassa di un progetto rispondono ai risultati dell’economia nazionale. Questi sono utili indizi, ma non esistono ancora procedure generalizzate per stimare il beta dei progetti. La valutazione del vero rischio di un progetto dipende quindi più dalla fortuna che dalla competenza.

34.2.2

Rischio e rendimento: abbiamo dimenticato qualcosa?

Nel 1848 John Stuart Mill scrisse: “Per fortuna non c’è nulla nelle leggi del valore che qualsiasi studioso di oggi o del futuro debba chiarire; la teoria è completa’’. Gli economisti oggi non sono così sicuri. Per esempio, il capital asset pricing model è un passo enorme verso la conoscenza degli effetti del rischio sul valore di un’attività, ma rimangono molti problemi irrisolti, alcuni statistici, altri teorici. Quelli statistici insorgono perché il capital asset pricing model a fatica prova o nega qualcosa in maniera definitiva. Sembra che i rendimenti medi delle azioni con bassi beta siano troppo alti (cioè, più alti di quelli previsti dal modello), e quelli delle azioni con alti beta troppo bassi; ma questo potrebbe essere un problema che dipende dalla maniera in cui i test sono condotti e non dal modello in se stesso.4 Abbiamo anche descritto il mistero scoperto da Fama e French: i rendimenti attesi appaiono essere correlati alla dimensione delle imprese e al rapporto valore di mercatovalore contabile delle azioni. Nessuno ne conosce il motivo. Forse queste variabili sono

4 Si veda Roll, R., “A Critique of the Asset Pricing Theory’s Tests; Part 1: On Past and Potential Testability of the Theory’’, in Journal of Financial Economics, 4, pp. 129-176, marzo 1977; per una critica della critica, si veda Mayers, D. e Rice, E.M., “Measuring Portfolio Performance and the Empirical Content of Asset Pricing Models’’, in Journal of Financial Economics, 7, pp. 3-28, marzo 1979.

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Parte 11 • Temi speciali di finanza aziendale correlate a un’ulteriore variabile x, una misteriosa seconda variabile di misura del rischio che gli investitori razionalmente considerano nel valutare il prezzo delle azioni.5 Nel frattempo, il lavoro sta procedendo sul fronte teorico per abbandonare le semplici ipotesi sottostanti al capital asset pricing model. Ecco un esempio: supponete di amare il buon vino. Potrebbe essere per voi una scelta ragionevole comprare azioni di una prestigiosa azienda vinicola anche se ciò assorbe una larga parte della vostra ricchezza personale e vi lascia con un portafoglio relativamente non diversificato. Siete comunque coperti rispetto a un aumento del prezzo del buon vino: il vostro hobby vi costerà di più in un mercato di prezzi crescenti del vino, ma le azioni dell’azienda vinicola vi faranno corrispondentemente più ricchi. Quindi, state detenendo un portafoglio relativamente non diversificato per una buona ragione. Non dovremmo aspettarci che domandiate un premio per possedere questo rischio di portafoglio non diversificato. In generale, se due persone hanno gusti differenti, può essere giusto per loro detenere portafogli differenti. Potreste coprire i vostri bisogni di consumo con un investimento nel mercato del vino, mentre qualcun altro potrebbe invece comprare azioni di produttori di gelati. Il capital asset pricing model non è abbastanza ricco per trattare un mondo così vario. Ipotizza che tutti gli investitori abbiano gusti simili: l’obiettivo di copertura non è compreso e pertanto detengono lo stesso portafoglio di attività rischiose. Merton ha esteso il capital asset pricing model per comprendere la copertura del rischio.6 Se un numero sufficiente di investitori tenta di coprirsi dallo stesso rischio, il modello implica una relazione rischio-rendimento più complicata. Comunque, non è ancora chiaro chi si dovrebbe coprire e rispetto a che cosa, e dunque il modello rimane difficile da provare. Così il capital asset pricing model sopravvive non per una mancanza di concorrenza, ma per una sovrabbondanza. Ci sono troppe misure del rischio alternative e plausibili e finora non esiste alcun consenso sulla via da seguire se si abbandona il beta. Nel frattempo, dobbiamo riconoscere il capital asset pricing model per quello che è: un modo incompleto ma estremamente utile per correlare il rischio con il rendimento. Riconosciamo anche che il messaggio più basilare del modello, cioè che il rischio diversificabile non conta, è accettato da quasi tutti.

34.2.3

Esistono importanti eccezioni alla teoria dell’efficienza del mercato?

La teoria dei mercati efficienti è forte, ma nessuna teoria è perfetta e perciò devono esistere delle eccezioni. Alcune delle apparenti eccezioni possono essere semplicemente delle coincidenze, e più i ricercatori studiano le performance delle azioni, più è probabile che scoprano strane coincidenze. Per esempio, ci sono evidenze che i rendimenti nei giorni intorno a quelli di luna nuova siano stati circa il doppio di quelli nei periodi di luna piena.7 Sembra difficile credere che questa associazione statistica sia qualcosa di diverso da una relazione casuale, qualcosa di divertente da leggere, ma di nessuna importanza per investitori o manager finanziari seri. Non tutte le eccezioni però possono essere trascurate in modo così semplice. Abbiamo visto che le azioni di imprese che annunciano utili inaspettatamente alti continuano ad avere buoni risultati per un paio di mesi dopo l’annuncio. Alcuni studiosi credono che ciò significhi che il mercato azionario sia inefficiente e che gli investitori siano stati significativamente lenti a reagire agli annunci circa gli utili. Non possiamo aspettarci 5 Fama e French sottolineano che le piccole imprese, e le imprese con alti rapporti valori di mercato-valori contabili, sono anche imprese con bassa redditività. Queste imprese possono soffrire di più nei periodi di congiuntura negativa. Quindi, la dimensione e i rapporti valore di mercato-valore contabile possono essere delle misure indirette di rischio relativo al ciclo economico. Si veda Fama, E.F. e French, K.R., “Size and Book-to-Market Factors in Earnings and Returns”, in Journal of Finance, 50, pp. 131-155, marzo 1995. 6 Si veda Merton, R., “An Intertemporal Capital Asset Pricing Model’’, in Econometrica, 41, pp. 867-887, 1973. 7 Si veda Yuan, K., Zheng, L. e Zhu, Q., “Are Investors Moonstruck? Lunar Phases and Stock Returns”, in Journal of Empirical Finance, 13, pp. 1-23, gennaio 2006.

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Capitolo 34

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che gli investitori non commettano mai errori. Questo è ovvio. Ma se sono stati lenti a reagire nel passato, sarebbe interessante capire se imparano dagli errori e valuteranno le azioni in modo più efficiente nel futuro. Alcuni ricercatori credono che l’ipotesi di efficienza del mercato ignori importanti aspetti del comportamento umano. Per esempio, gli psicologi trovano che le persone tendano ad assegnare troppa enfasi agli eventi recenti quando prevedono il futuro. Se è così, dovremo trovare che gli investitori sono colpevoli di reagire eccessivamente alle nuove informazioni. Sarebbe interessante vedere se comportamenti simili sono in grado di aiutarci a capire quelle che appaiono essere anomalie. Durante il boom dei titoli “dotcom” negli ultimi anni Novanta del secolo scorso, il prezzo delle azioni salì a livelli astronomici. Il NASDAQ Composite Index crebbe del 580% dall’inizio del 1995 al marzo 2000, quindi diminuì di quasi l’80%. Simili violente oscillazioni non furono confinate agli Stati Uniti. Per esempio, il prezzo delle azioni quotate al Neuer Markt tedesco aumentò del 1600% nei tre anni successivi alla sua fondazione, avvenuta nel 1997, prima di subire un crollo del 95% nell’ottobre 2002. Ancora, l’indice del Nuovo Mercato italiano è calato dell’80.1% nel periodo 1999-2005. Nell’ultimo periodo, in conseguenza della crisi finanziaria globale, l’indice del mercato finanziario italiano FTSE MIB ha registrato un rendimento negativo dell’8.27% e del 48.84% negli anni 2007 e 2008, rispettivamente, per poi riprendersi leggermente nel corso del 2009 (+16.52%) e tornare in negativo nel corso dei primi 8 mesi del 2010 (–13.49%). Per capire l’eccezionalità della situazione, basti pensare che dalla metà di settembre 2008 (data del fallimento di Lehman Brothers) alla fine dello stesso anno, l’indice ha fatto registrare un rendimento pari a – 40.46% (in poco più di 100 giorni solari, corrispondenti a 74 giorni di Borsa aperta). Anche in altre circostanze i prezzi delle attività hanno raggiunto livelli insostenibili. Negli ultimi anni Ottanta si verificò un’impennata dei prezzi delle azioni e dei valori immobiliari giapponesi. A un certo punto, il terreno sul quale era edificato, nel centro di Tokyo, il Palazzo Imperiale aveva lo stesso valore di tutto il terreno della California o dell’intero Canada!8 Può darsi che persino movimenti estremi dei prezzi siano interpretabili mediante le tecniche standard di valutazione.9 Tuttavia, c’è chi sostiene che i prezzi delle azioni siano soggetti a bolle speculative, laddove gli investitori vengono risucchiati in un vortice di esuberanza irrazionale.10 Ora, questa considerazione può essere sufficiente a spiegare il comportamento di investitori sprovveduti, ma perché anche gli investitori professionali si fanno coinvolgere nel rialzo immotivato del valore delle azioni? Forse agirebbero più prudentemente se a repentaglio fosse il loro denaro, ma forse c’è qualcosa nel modo in cui la loro performance viene misurata e remunerata che li incoraggia a seguire il gregge.11 Tali questioni sono di grande importanza. In ogni caso, molti altri dati di ricerca devono essere acquisiti prima di ottenere una piena comprensione del motivo per cui i prezzi delle attività talvolta si trovino così fuori linea rispetto alle stime delle loro entrate future attualizzate.

34.2.4

Il management è una passività fuori bilancio?

I fondi chiusi sono imprese la cui sola attività è un portafoglio di azioni ordinarie. Si potrebbe pensare che se voi conosceste il valore di queste azioni, conoscereste anche il va-

8 Si veda Ziemba, W. e Schwartz, S., Invest Japan, Probus, Chicago, Illinois, 1992, p. 109. 9 Per esempio, Peter Garber ritiene che la “tulipanomania” dilagata nell’Olanda del XVII secolo non fosse dettata da pura follia. Si veda Garber, P., “Tulipmania”, in Journal of Political Economy, 97, pp. 535-560, 1989. 10 Si vedano: Kindleberger, C., Manias, Panics, and Crashes: A History of Financial Crises, Basic Books, New York, 1978; Shiller, R., Irrational Exuberance, Princeton University Press, Princeton, NJ, 2000. 11 I gestori di portafoglio possono pensare che, se il prezzo delle azioni continua a crescere, essi trarranno profitto da un incremento futuro del loro business; d’altra parte, se il prezzo delle azioni diminuisce, sono i clienti che subiranno delle perdite. Il peggio che può capitare ai manager è che dovranno cercarsi un nuovo lavoro. Si veda Allen, F., “Do Financial Institutions Matter?”, in Journal of Finance, 56, pp. 1165-1174, agosto 2001.

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Parte 11 • Temi speciali di finanza aziendale lore del fondo. In verità, ciò non è vero. Le azioni dei fondi chiusi spesso sono vendute a un valore significativamente inferiore a quello del loro portafoglio.12 Tutto ciò potrebbe essere non molto importante, se non per il fatto che potrebbe rappresentare la punta di un iceberg. Per esempio, le azioni delle banche sembrano essere vendute a un prezzo inferiore al valore di mercato delle loro attività nette; lo stesso vale anche per le azioni delle società immobiliari. Alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, il valore di mercato di molte grandi imprese petrolifere era inferiore al valore di mercato delle loro riserve. Gli analisti scherzavano dicendo che era più conveniente comprare il petrolio a Wall Street che nel Texas. Tutti questi sono casi speciali in cui era possibile confrontare il valore di mercato dell’intera impresa con i valori delle sue attività separate. Ma forse, se avessimo potuto osservare il valore delle parti delle altre imprese, avremmo potuto trovare che il valore del tutto era spesso inferiore alla somma dei valori delle parti. Ogni volta che le imprese calcolano il valore attuale netto di un progetto, implicitamente assumono che il valore dell’intero progetto sia semplicemente la somma dei valori del flusso di cassa di ciascun anno. In precedenza, ci siamo riferiti a questo concetto come alla legge di conservazione del valore. Se non possiamo fidarci di questa legge, la punta dell’iceberg potrebbe rivelarsi una patata bollente. Non riusciamo a capire perché i fondi chiusi vengano venduti a un prezzo inferiore a quello del valore di mercato delle loro attività. Una spiegazione è che il valore aggiunto dal management dell’impresa sia inferiore al suo costo. Questo è il motivo per cui suggeriamo che il management possa essere una passività non compresa in bilancio. Per esempio, una razionalizzazione che spieghi il valore inferiore delle azioni delle imprese petrolifere rispetto al valore delle loro riserve potrebbe indicare che gli investitori si attendevano che i profitti originati dall’estrazione del petrolio sarebbero stati distrutti in investimenti con VAN negativo e in eccessi burocratici. Il valore attuale delle opportunità di crescita (VAOC) era negativo! Non vogliamo ritrarre i manager come vampiri che succhiano i flussi di cassa di pertinenza degli azionisti. I manager impegnano il loro capitale umano nell’impresa e giustamente si aspettano un ragionevole ritorno finanziario dal loro investimento personale. Se gli investitori estraggono una quota troppo alta dei flussi di cassa dell’impresa, l’investimento personale è scoraggiato e la salute e la crescita di lungo periodo dell’impresa possono risentirne. In molte imprese, i manager e tutti i dipendenti investono insieme agli azionisti e ai creditori – capitale umano per chi lavora nell’impresa, capitale finanziario per gli investitori esterni. Finora conosciamo molto poco circa questo coinvestimento.

34.2.5

Come possiamo spiegare il successo dei nuovi titoli e dei nuovi mercati?

Negli ultimi trent’anni, le imprese e gli operatori hanno creato un enorme numero di nuovi titoli: opzioni, futures, opzioni su futures, obbligazioni senza cedola, indicizzate, con limite di tasso superiore, inferiore o con entrambi i limiti e obbligazioni droplock, obbligazioni a duplice denominazione valutaria o con opzioni valutarie ecc. La lista è infinita. In alcuni casi è facile spiegare il successo dei nuovi mercati o dei nuovi titoli; forse consentono agli investitori di coprirsi contro nuovi rischi o sono il prodotto di nuove leggi fiscali o di nuove regolamentazioni. A volte, un mercato si sviluppa a causa di una variazione nei costi di emissione o di negoziazione dei diversi tipi di titoli. Ma ci sono molte innovazioni di successo che non possono essere spiegate così facilmente. Stiamo veramente meglio essendo in grado di negoziare le opzioni su azioni come pure le azioni stesse? Perché le obbligazioni a tasso variabile sono diffuse nell’euromercato e non nel mercato interno statu-

12 Il numero dei fondi chiusi è relativamente piccolo. La maggior parte dei fondi comuni d’investimento è di tipo aperto. Ciò significa che sono sempre pronti a comprare o vendere nuove quote a un prezzo uguale alle attività nette per quota del fondo. Quindi, il prezzo di una quota di un fondo aperto è sempre uguale al valore delle sue attività nette.

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Capitolo 34

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nitense? Perché gli operatori continuano a inventare e a vendere con successo nuovi titoli complessi che mettono a dura prova la nostra capacità di valutarli? La verità è che non capiamo perché alcune innovazioni hanno successo e altre non riescono mai a decollare.

34.2.6

Come possiamo risolvere la controversia sui dividendi?

Abbiamo speso tutto il Capitolo 17 sulla politica di distribuzione dei dividendi senza essere in grado di risolvere la controversia. Molti pensano che i dividendi siano una buona cosa; altri credono che i dividendi siano una pessima cosa e che siano i riacquisti di azioni proprie a essere una buona cosa; altri ancora pensano che, ferme restando le scelte di investimento dell’impresa, le decisioni sulla distribuzione degli utili siano irrilevanti. Se dovessimo esprimere un parere, dichiareremmo di trovarci a metà strada fra queste posizioni, ma senza nessun dogmatismo. Non vogliamo sminuire le ricerche esistenti; piuttosto diciamo che devono essere approfondite. Se le ricerche future cambieranno la mente di qualcuno, è un’altra questione. Il problema è districarsi fra le numerose ragioni che possono fare sì che la politica dei dividendi sia rilevante. I tentativi che molti Governi (come in Italia) stanno facendo per equiparare l’aliquota di tassazione dei dividendi con quella dei capital gain possono fornire elementi utili a chiarire il ruolo che, nella controversia in oggetto, ha la variabile della tassazione. Negli ultimi anni, il modo in cui le imprese distribuiscono la loro liquidità è cambiato. Un numero crescente di imprese non paga alcun dividendo, mentre l’ammontare di azioni riacquistate sta rapidamente crescendo. Modifiche della legislazione fiscale potrebbero invertire questa tendenza. Ma, per esserne sicuri, abbiamo bisogno di capire meglio il modo in cui le imprese determinano le politiche di distribuzione degli utili e il modo in cui tali politiche influiscono sul loro valore.

34.2.7

Quali rischi dovrebbe affrontare un’impresa?

I direttori finanziari in fin dei conti gestiscono il rischio. Per esempio: • • • •

Quando un’impresa espande la produzione, i manager possono ridurre il rischio di fallimento costruendo opzioni in grado di modificare il mix produttivo o che consentano l’abbandono del progetto. Riducendo il debito, i manager possono dividere i rischi operativi su un equity più ampio. Nella maggior parte delle attività si stipula un’assicurazione contro una varietà di rischi specifici. I manager spesso utilizzano futures o altri derivati per coprirsi dalle variazioni avverse dei prezzi delle merci, dei tassi di interesse e dei tassi di cambio.

Tutte queste azioni riducono il rischio. Ma un minore rischio non è sempre la cosa migliore. L’obiettivo della gestione del rischio non è quello di ridurlo, ma quello di aggiungere valore. Ci piacerebbe potere fornire le linee guida per individuare quali scommesse l’impresa debba effettuare e quale sia il livello appropriato di rischio. In pratica, le decisioni di gestione del rischio interagiscono in maniera complicata. Per esempio, le imprese che sono coperte contro le fluttuazioni nel prezzo delle merci potrebbero permettersi di indebitarsi più di quelle che non lo sono. Coprirsi può avere senso, se consente all’impresa di trarre un vantaggio dai benefici fiscali degli interessi, a patto che i costi della copertura siano sufficientemente bassi. Come può un’impresa pianificare una strategia della gestione del rischio che nel suo complesso abbia senso?

34.2.8

Qual è il valore della liquidità?

Diversamente dai Buoni del Tesoro, il contante non paga interessi. D’altra parte, il contante è più liquido dei Buoni del Tesoro. Chi detiene contante deve pensare che questa li-

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Parte 11 • Temi speciali di finanza aziendale quidità addizionale bilanci la perdita di interessi. In equilibrio, il valore marginale della liquidità addizionale deve essere uguale al tasso di interesse dei Buoni del Tesoro. Ora, che cosa possiamo dire circa la detenzione di contante da parte delle imprese? È sbagliato ignorare i guadagni della liquidità e dire che il costo della sua detenzione è la perdita di interessi. Ciò significherebbe che il contante ha sempre un VAN negativo. È ugualmente ridicolo affermare che, poiché il valore marginale della liquidità è uguale alla perdita di interessi, non è importante quanto contante un’impresa possegga. Ciò significherebbe che il contante ha sempre un VAN uguale a zero. Sappiamo che il valore marginale della liquidità per il suo detentore diminuisce all’aumentare della sua entità. Non sappiamo però come valutare il servizio fornito dalla liquidità e quindi non sappiamo dire quanta ne sia sufficiente o quanto rapidamente dovrebbe essere raccolta. Per complicare ulteriormente le cose, notiamo che la liquidità può essere raccolta in breve tempo indebitandosi o emettendo nuovi titoli, come pure vendendo attività. Il manager finanziario con una linea di credito inutilizzata di € 10 milione può dormire tanto tranquillamente quanto quello che dispone di € 10 milione di titoli negoziabili. Nei nostri capitoli sul capitale circolante abbiamo in larga parte evitato di rispondere a queste domande presentando modelli troppo semplici e parlando genericamente di “adeguate” riserve di liquidità. Una migliore conoscenza del problema della liquidità potrebbe anche aiutarci a capire meglio il modo in cui i corporate bond sono valutati. Conosciamo parte della ragione per cui sono valutati meno dei titoli di Stato: le imprese hanno l’opzione di scappare dai loro debiti. Ma le differenze fra i prezzi dei corporate bond e dei titoli di Stato sono troppo grandi per essere spiegate solo dal rischio di insolvenza. Sembra probabile che la differenza di prezzo sia in parte dovuta alla minore liquidità dei corporate bond. Ma fino a quando non conosciamo come valutare la liquidità non possiamo dire niente di più. Gli investitori sembrano valutare la liquidità molto di più in certi momenti storici. Quando la liquidità improvvisamente si esaurisce, il prezzo delle attività diventa molto volatile. Questo è ciò che è avvenuto nel 1998 quando cadde in rovina LTCM (LongTerm Capital Management), un hedge fund di grandi dimensioni.13 Dalla sua costituzione, quattro anni prima, LTCM aveva generato alti rendimenti detenendo ampie posizioni in attività poco liquide quotate a prezzi bassi. L’investimento in tali attività era compensato dalla vendita di attività liquide. Di fatto, LTCM forniva liquidità agli altri investitori. Quando nel 1998 la Russia risultò essere insolvente, ci fu una corsa degli investitori per uscire dalle attività poco liquide. Con il diminuire del valore delle attività detenute da LTCM, le banche cominciarono a chiedere garanzie supplementari per i prestiti concessi al fondo. LTCM fu costretto a liquidare le sue posizioni in un mercato che era già a corto di liquidità. Alla fine, la Federal Bank di New York convinse un gruppo di investitori istituzionali a rilevare le posizioni di LTCM, ma non prima che si verificassero severi aggiustamenti nei prezzi delle attività.

34.2.9

Come possiamo spiegare le ondate delle fusioni e acquisizioni?

Nel 1968, nel punto più alto del fenomeno delle fusioni nel Dopoguerra, Joel Segall notava: “Non esiste una singola ipotesi che sia plausibile e generale e che possa spiegare gli attuali movimenti delle fusioni. Se è così, è corretto affermare che non conosciamo nulla circa le fusioni; non esistono utili generalizzazioni’’.14 Naturalmente, ci sono molte ragioni plausibili per le quali due imprese desiderano fondersi. Se analizzate una particolare fusione, è di solito possibile pensare a una ragione per la quale questa fusione ha un senso. Ma ciò ci lascia semplicemente con un’ipotesi particolare per ciascuna fusione. Ciò di cui abbiamo bisogno è un’ipotesi generale per spiegare le ondate di fusioni. Per esempio, alla fine degli anni Novanta del secolo scorso tutti sembravano 13 Gli hedge fund cercano di comprare titoli sottovalutati, vendendo allo scoperto quelli sopravvalutati. 14 Segall, J., “Merging for Fun and Profit”, in Industrial Management Review, 9, pp. 17-30, inverno 1968.

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Capitolo 34

• Che cosa sappiamo e che cosa non sappiamo della finanza

volersi fondere. Poi, improvvisamente, nei primi anni del XXI secolo le operazioni di M&A sono passate di moda. Ma di nuovo, nel 2006-2007 le ondate di fusioni si sono ripresentate in modo imponente, specialmente nel caso di acquisizioni condotte da private equity partnership. Possiamo pensare ad altri esempi di mode finanziarie. Per esempio, di volta in volta si manifestano periodi molto caldi per le nuove emissioni, quando sembra esserci un’offerta insaziabile di offerte speculative sostenute da una domanda altrettanto insaziabile. Non capiamo perché quelle teste dure dei manager si comportino a volte come un gregge di pecore, ma la storia che segue può contenere un tentativo di spiegazione. Siamo prima di cena e Carlo sta cercando di decidere fra due ristoranti, il “Cavallo affamato” e la “Mangiatoia dorata”. Entrambi sono vuoti e, poiché sembra non esserci una particolare ragione per preferire l’uno all’altro, Carlo lancia una moneta e sceglie il “Cavallo affamato”. Poco tempo dopo, Carolina si ferma davanti ai due ristoranti. In una qualche misura preferisce la “Mangiatoria dorata”, ma, osservando Carlo dentro il “Cavallo affamato” mentre l’altro è vuoto, decide che Carlo forse conosce qualcosa che lei non sa e quindi la decisione razionale è imitare Carlo. Paolo è la terza persona che arriva. Vede che Carlo e Carolina hanno entrambi scelto il “Cavallo affamato” e, mettendo da parte il proprio giudizio, decide di seguire il flusso. E così accade per i successivi ospiti, che semplicemente guardano i tavoli pieni in un ristorante e quelli vuoti nell’altro e traggono le ovvie conclusioni. Ogni cliente si comporta in modo pienamente razionale confrontando il suo punto di vista con le preferenze rivelate dagli altri ospiti. Così, la popolarità del “Cavallo affamato” deve molto al lancio di moneta di Carlo. Se Carolina fossa stata la prima ad arrivare, forse il ristorante vincente sarebbe stato la “Mangiatoia dorata”. Gli economisti si riferiscono a simili comportamenti imitativi chiamandoli cascade.15 Rimane da capire come questa o altre teorie alternative possano aiutare a spiegare le mode finanziarie.

34.2.10

Come possiamo spiegare le differenze internazionali nelle architetture finanziarie?

Nel Capitolo 33 abbiamo mostrato come le architetture finanziarie differiscano a livello internazionale. Con questo vogliamo dire che ci sono importanti differenze a livello internazionale nella forma legale che viene data alle imprese, nei loro assetti proprietari e nelle fonti di finanziamento. Negli Stati Uniti e nella maggior parte dei Paesi di lingua inglese, le grandi imprese sono in genere strutturate nella forma delle public company con azioni negoziate in modo attivo, proprietà diffusa e accesso ai mercati finanziari relativamente facile. In altri Paesi, le strutture proprietarie sono spesso chiuse e i proprietari hanno più potere decisionale circa il modo in cui deve essere gestita l’impresa. Le banche spesso hanno un ruolo maggiore nel finanziamento delle imprese e nel controllo del loro andamento. Inoltre, in molti Paesi le imprese fanno parte di gruppi diversificati (le conglomerate) che possono allocare il capitale trasferendolo dalle imprese che ne hanno in eccedenza a quelle che ne sono carenti. Non capiamo pienamente perché queste differenze esistano, anche se suggeriamo che parte della risposta possa derivare da differenze nei sistemi legali e contabili. Abbiamo anche fatto affermazioni qualitative circa i vantaggi e gli svantaggi delle diverse strutture, ma i commentatori continuano a chiedersi quale architettura sia più efficiente. Alcuni temono che la preoccupazione dei manager statunitensi circa l’aumento della ricchezza degli azionisti porti a concentrarsi sui risultati di breve periodo. Altri sostengono che una relazione troppo “comoda” fra un’impresa e le sue fonti di capitale possa condurre a una mancanza di disciplina nei manager.

15 Per una introduzione alle “cascate”, si veda Bikhchandani, S., Hirschleifer, D. e Welch, I., “Learning from the Behavior of Others: Conformity, Fads, and Informational Cascades”, in Journal of Economics Perspectives, 12, pp. 151-170, estate 1998.

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34.3

Parte 11 • Temi speciali di finanza aziendale

Una parola finale Ciò conclude la nostra lista di problemi non risolti. Vi abbiamo fornito i dieci problemi principali nella nostra mente. Se ne esistono altri che trovate più interessanti e stimolanti, potete provare a costruire la vostra lista e cominciare a rifletterci sopra. Occorreranno anni perché i nostri dieci problemi vengano finalmente risolti e sostituiti da una nuova lista. Nel frattempo, vi invitiamo a studiare ulteriormente ciò che già conosciamo della finanza. Vi invitiamo anche ad applicare ciò che avete imparato leggendo questo libro. Adesso che abbiamo terminato, ci sentiamo molto vicini a Huckleberry Finn. Alla fine del suo libro egli afferma: Ora, non c’è più nulla da scrivere e ne sono veramente felice, perché se avessi saputo che problema fosse scrivere un libro, non l’avrei mai fatto, e sicuramente non lo farò mai più.