I tre tipi di assoluzione - Loescher Editore

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T. 1. 5. 1. Kafka. Il processo. Franz KaFKa. I tre tipi di assoluzione. TESTO. 151. Il pittore aveva tirato la seggiola più vicino al letto e proseguì abbassando la ...
21. il processo, di franz kafka

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T R A M A / 4 Della angosciosa situazione di K. approfitta il vicedirettore, che gli sottrae un importante cliente. Prima di uscire dalla banca, quest’ultimo passa però ancora una volta dal suo ufficio per informarlo dell’esito dell’incontro e per dargli un consiglio sul suo processo: K. farebbe bene a chiedere aiuto a un certo Titorelli, un pittore che lavora per il tribunale. K. lascia immediatamente l’ufficio e le persone che lo attendono da ore per recarsi da Titorelli, mentre il vicedirettore si offre anche in questo caso di sostituirlo, in modo da poter frugare tra le sue carte. Il pittore, incaricato di fare i ritratti dei giudici, vive in una sudicia stanzina in un palazzo di un rione popolare della città. Egli ha ereditato il suo lavoro dal padre e fin da piccolo ha vissuto negli ambienti del tribunale: per questo può aiutare K. grazie alle sue importanti relazioni. Prima di tutto però deve sapere che tipo di assoluzione egli desideri: l’assoluzione vera, l’assoluzione apparente o il rinvio?

Franz Kafka

Il pittore aveva tirato la seggiola più vicino al letto e proseguì abbassando la voce: «Ho dimenticato di chiederle, in primo luogo, che specie di assoluzione desidera. Ci sono tre possibilità, l’assoluzione vera, l’assoluzione apparente e il rinvio. L’assoluzione vera è naturalmente la cosa migliore, solo che su questo tipo di soluzione non ho la minima influenza. A mio parere non esiste una singola persona che abbia influenza sull’assoluzione vera. Pare che qui decida solo l’innocenza dell’imputato. Poiché lei è innocente, potrebbe davvero fare affidamento solo sulla sua innocenza. Ma allora non ha bisogno di me né di qualsiasi altro aiuto […]. Nella legge, che d’altronde non ho letto, da una parte ovviamente sta scritto che l’innocente viene assolto, ma dall’altra non sta scritto che i giudici possono essere influenzati. Ebbene, io ho fatto proprio l’esperienza contraria. Non 10 conosco nessuna assoluzione reale, ma so di molti casi in cui si è esercitata un’influenza. Certo è possibile che in tutti quelli a me noti non ci fosse innocenza. Ma non le pare improbabile? Su tanti casi, non una sola innocenza? Già da bambino ascoltavo attento mio padre quando a casa raccontava dei processi, anche i giudici che venivano nel suo studio raccontavano del tribunale, nel nostro ambiente non si parla d’altro; non appena ho avuto io stesso la possibilità di andare al tribunale ne ho sempre approfittato, ho ascoltato innumerevoli processi nelle loro fasi salienti e, per quanto c’è di visibile li ho seguiti, ebbene – devo ammetterlo – non ho mai conosciuto una sola assoluzione vera». «Neanche un’assoluzione, dunque», disse K. come se parlasse a sé e alle sue speranze. «Ma questo conferma l’idea che già mi sono fatta del tribunale. Tutto inutile dunque, anche da questa parte. Un solo boia potrebbe sostituire l’intero tribunale». «Non deve generaliz20 zare», disse il pittore scontento, «ho parlato solo delle mie esperienze». «Mi pare che basti», disse K., «o ha sentito di assoluzioni avvenute in passato?». «Assoluzioni devono pure esserci state», rispose il pittore. «Solo è molto difficile appurarlo. Le sentenze definitive del tribunale non vengono pubblicate, non sono accessibili nemmeno ai giudici, di conseguenza intorno ai vecchi casi giudiziari si sono conservate solo leggende. Queste, comunque, e addirittura nella maggior parte, parlano di assoluzioni vere, ci si può credere, ma non è possibile provarle. Eppure non sono proprio da trascurare, una qualche verità la contengono di certo, e poi sono bellissime, io stesso ho dipinto alcuni quadri che hanno queste leggende per soggetto». «Non bastano le leggende a farmi cambiare avviso», disse K., «non ci si può appellare a queste leggende davanti al tribunale, no?». Il pittore Letteratura Terzo Millennio © Loescher Editore, Torino

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rise: «No, non si può», disse. «Allora è inutile parlarne», disse K., per il momento voleva accettare tutte le opinioni del pittore, anche se le riteneva inverosimili e in contrasto con altre indicazioni. Non aveva tempo di fare una verifica di tutto quello che il pittore diceva o magari di confutarlo, era già tanto se riusciva a indurre il pittore ad aiutarlo, in qualunque modo, foss’anche non determinante. Perciò disse: «Lasciamo da parte allora l’assoluzione vera, lei aveva parlato di altre due possibilità». «L’assoluzione apparente e il rinvio. Non può che trattarsi di queste», disse il pittore. «Ma non vuole togliersi la giacca, prima che ne parliamo? Mi pare che lei abbia caldo». «Sì», disse K., che fino a quel momento aveva prestato attenzione solo alle spiegazioni del pittore ma, ora che era stato menzionato il caldo, cominciò a grondare sudore dalla fronte. «È quasi insopportabile». Il pittore annuì, come se capisse benissimo il disagio di K. «Non si potrebbe aprire la finestra?», chiese K. «No», disse il pittore. «È solo una lastra di vetro fissa, non la si può aprire». Ora K. si rese conto di avere sperato tutto il tempo che a un tratto il pittore, o lui, sarebbero andati alla finestra e l’avrebbero spalancata. Era disposto a inspirare a bocca aperta anche la nebbia. L’impressione di essere del tutto isolato dall’aria gli diede il capogiro. Diede un colpetto con la mano sul piumino che aveva accanto e disse con voce debole: «È scomodo e malsano». «Oh no», disse il pittore a difesa della sua finestra, «poiché non si può aprire, anche se è un vetro semplice, riesce a mantenere il calore meglio di una doppia finestra. Se però voglio cambiare l’aria, il che non è molto necessario perché l’aria passa dappertutto attraverso le fessure, posso aprire una delle mie porte, se non tutte e due». Un po’ rassicurato da questa spiegazione, K. si guardò attorno per cercare la seconda porta. Il pittore se ne accorse e disse: «È dietro di lei, ho dovuto metterci contro il letto». Solo allora K. vide la porticina nella parete. «È tutto troppo piccolo qui per uno studio», disse il pittore, come per parare una critica di K. «Mi sono dovuto sistemare alla meglio. Il letto davanti alla porta è certo in una pessima posizione. Il giudice che sto dipingendo adesso, per esempio, entra sempre dalla porta vicino al letto, e io gli ho anche dato una chiave di questa porta perché possa aspettarmi qui nello studio quando non sono in casa. Ma lui viene di solito alla mattina presto, mentre ancora dormo. Ogni volta che si apre la porta vicino al letto vengo naturalmente strappato dal sonno più profondo. Lei perderebbe ogni rispetto per i giudici se sentisse le imprecazioni con cui lo ricevo quando la mattina presto scavalca il mio letto. Gli potrei togliere la chiave, certo, ma sarebbe ancora peggio. Tutte le porte, qui, si possono scardinare con un minimo sforzo». Durante tutto questo discorso, K. rifletteva se togliersi la giacca, infine capì che se non lo faceva non avrebbe potuto rimanere più a lungo, perciò tolse la giacca, ma la mise sulle ginocchia per poterla infilare di nuovo qualora il colloquio fosse finito. Appena si fu tolta la giacca, una delle bambine1 gridò: «Si è già tolta la giacca!» e si sentì che tutte si accalcavano alle fessure per non perdere lo spettacolo. «Le bambine credono che io le faccia il ritratto», disse il pittore, «e che lei si spogli per questo». «Ah», disse K., poco divertito, perché non si sentiva molto meglio di prima, sebbene ora fosse in maniche di camicia. Chiese di malumore: «Come le ha chiamate le altre due possibilità?». Aveva dimenticato ancora una volta i termini. «L’assoluzione apparente e il rinvio», disse il pittore. «Sta a lei quale scegliere. L’una e l’altra si possono ottenere con il mio aiuto, certo, non senza sforzo, la differenza sotto questo aspetto è che l’assoluzione apparente richiede un impegno concentrato ma limitato nel tempo, il rinvio uno molto più leggero ma prolungato. Allora, cominciamo con l’assoluzione apparente. Se è questa che lei desidera, scrivo su un foglio una dichiarazione della sua innocenza. Il testo della dichiarazione mi è stato tramandato da mio padre

1. bambine: si tratta di tre bambine che hanno accompagnato K. da Titorelli e che ora stanno osservando la scena dal corridoio con una curiosità morbosa. Anche loro – spiegherà il pittore – «sono del tribunale». Letteratura Terzo Millennio © Loescher Editore, Torino

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ed è inattaccabile. Con questa dichiarazione faccio poi un giro dai giudici che conosco. Incomincio ad esempio con il giudice che sto dipingendo, stasera quando viene per la posa gli presento la dichiarazione. Gli presento la dichiarazione, gli spiego che lei è innocente, e mi faccio garante della sua innocenza. E non è una garanzia puramente formale, ma effettiva e vincolante». Nelle occhiate del pittore c’era quasi un rimprovero che K. gli volesse addossare il peso di una simile garanzia. «Sarebbe molto gentile», disse K. «E il giudice le crederebbe, e malgrado ciò non mi darebbe l’assoluzione vera?». «Gliel’ho già detto», rispose il pittore. «Ma non è affatto sicuro che tutti mi crederebbero, qualche giudice pretenderà che io la conduca da loro. Allora lei dovrebbe una volta venire con me. Ma in questo caso la causa è già vinta a metà, tanto più che io prima le darei istruzioni precise sul contegno2 da tenere di fronte al giudice in questione. Va peggio con i giudici – capita anche questo – che mi respingono fin dal principio. A questi bisogna rinunciare, anche se non lascerò niente d’intentato, ma non ci perderemo niente, perché isolatamente i giudici non hanno potere decisionale. Quando poi avrò sulla dichiarazione un numero sufficiente di firme di giudici, vado con questa dichiarazione dal giudice che ha in mano il suo processo. Può darsi che io ottenga anche la sua firma, allora tutto procederà un po’ più in fretta del solito. Ma in generale, a questo punto, non ci sono più molti impedimenti, per l’imputato è il momento della massima fiducia. È strano ma vero, la gente in questo momento è più fiduciosa che dopo l’assoluzione. Ora non c’è bisogno di darsi tanto da fare. Nella dichiarazione, il giudice ha la garanzia di un gran numero di giudici, può darle tranquillamente l’assoluzione, e non c’è dubbio che lo farà, non senza avere espletato varie formalità, per fare un piacere a me e ad altri conoscenti. Lei comunque esce dal tribunale ed è libero». «E così sono libero», disse K. esitante. «Sì», disse il pittore, «ma libero solo in apparenza, o, per meglio dire, temporaneamente libero. I giudici di rango inferiore, di cui fanno parte quelli che conosco io, non hanno infatti il diritto di assolvere definitivamente, questo diritto ce l’ha solo il tribunale supremo al quale né lei né io né nessuno di noi tutti può assolutamente arrivare. Come si presentino lassù le cose non lo sappiamo, e nemmeno, sia detto per inciso, vogliamo saperlo. Fatto sta che i nostri giudici non hanno il grande diritto di liberare dall’accusa, hanno però di certo il diritto di sciogliere dall’accusa. Cioè, se lei viene assolto in questo modo, per il momento è sottratto all’accusa, ma questa continua a pendere sopra di lei e basta che arrivi un ordine superiore perché entri subito in vigore. Dal momento che sono in così buoni rapporti con il tribunale, sono anche in grado di dirle che nelle prescrizioni per le cancellerie del tribunale la differenza fra l’assoluzione vera e l’apparente vi compare come puramente formale. Nell’assoluzione vera gli atti processuali devono essere totalmente eliminati, scompaiono del tutto dal procedimento, non solo l’accusa ma anche il processo e persino la sentenza vengono distrutti, tutto viene distrutto. Nell’assoluzione apparente è diverso. Nel fascicolo degli atti non è avvenuto nessun cambiamento, tranne che è stato arricchito della dichiarazione d’innocenza, dell’assoluzione e della motivazione dell’assoluzione. Ma per il resto rimane nel procedimento, viene trasmesso, come richiede il movimento ininterrotto delle cancellerie, ai tribunali superiori, ritorna a quelli inferiori, secondo un moto pendolare con oscillazioni più o meno grandi, con arresti sporadici più o meno lunghi. Queste vie sono imprevedibili. Visto dal di fuori, si può talvolta avere l’impressione che tutto sia stato dimenticato, che gli atti siano andati persi e l’assoluzione sia piena. Ma chi è addentro non ci crede. Gli atti non vanno mai persi, il tribunale non conosce dimenticanza. Un bel

2. contegno: comportamento.

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giorno – nessuno se l’aspetta – un giudice qualunque prende in mano gli atti con più attenzione, si accorge che in quel caso l’accusa è ancora viva, e ordina l’arresto immediato. Qui ho ammesso che fra l’assoluzione apparente e il nuovo arresto passi molto tempo, questo è possibile, e conosco casi in cui è andata così, ma è altrettanto possibile che l’assolto torni a casa dal tribunale e già trovi ad aspettarlo gl’incaricati per arrestarlo di nuovo. Allora, naturalmente, è la fine dell’esistenza libera». «E il processo ricomincia da capo?», chiese K. quasi incredulo. «Certo», rispose il pittore, «il processo ricomincia da capo, ma c’è ancora la possibilità, esattamente come prima, di ottenere un’assoluzione apparente. Bisogna raccogliere di nuovo tutte le forze, non ci si deve arrendere». Le ultime parole il pittore le aveva dette forse in seguito all’impressione che K., un po’ abbattuto, gli aveva fatto. Come per prevenire una qualche rivelazione del pittore, K. chiese: «Ma ottenere una seconda assoluzione non è più difficile che ottenere la prima?». «Su questo punto», rispose il pittore, «non si può dire niente di preciso. Lei vuol dire che un secondo arresto influenzerebbe nella loro sentenza i giudici a svantaggio dell’imputato? No, questo no. I giudici hanno previsto questo arresto già al momento dell’assoluzione. Tale circostanza, dunque, non influisce. Ma la disposizione di spirito dei giudici e la loro valutazione giuridica del caso possono certo essere mutati per innumerevoli altri motivi, e gli sforzi intesi a ottenere la seconda assoluzione devono quindi venire adeguati alle mutate circostanze e in genere devono essere altrettanto energici quanto quelli che hanno preceduto la prima assoluzione». «Ma neppure questa seconda assoluzione, dunque, è definitiva», disse K. e voltò la testa come per respingere quegli argomenti. «Certo che no», disse il pittore, «alla seconda assoluzione segue il terzo arresto, alla terza assoluzione il quarto arresto, e così via. Questo è insito nel concetto stesso di assoluzione apparente». K. taceva. «È chiaro che l’assoluzione apparente non le pare vantaggiosa», disse il pittore, «forse le va meglio il rinvio. Devo spiegarle in che cosa consiste il rinvio?» K. annuì. Il pittore si era appoggiato comodamente indietro sulla seggiola, la camicia da notte era aperta, lui ci aveva infilato sotto una mano e si lisciava il petto e i fianchi. «Il rinvio», disse il pittore guardando un momento dinanzi a sé, come se cercasse una spiegazione perfettamente appropriata, «il rinvio consiste nel mantenere permanentemente il processo nella fase più bassa. Per ottenere questo, è necessario che l’imputato e chi lo appoggia, ma in specie chi lo appoggia, si mantengano in contatto personale ininterrotto con il tribunale. Lo ripeto, per questo non è necessario il dispendio di energie che richiede un’assoluzione apparente, ma è necessaria un’attenzione molto maggiore. Non si può mai perdere d’occhio il processo, ci si deve recare a intervalli regolari e inoltre in occasioni particolari dal giudice competente e si deve cercare di tenerselo buono con ogni mezzo; se non si conosce il giudice personalmente, bisogna arrivare a influire su di lui tramite giudici conosciuti, senza per questo sospendere gli incontri diretti. Se non si trascura niente a questo riguardo, si può prevedere con sufficiente certezza che il processo non supererà la prima fase. Non che il processo sia terminato, ma l’accusato è al sicuro da una condanna quasi come se fosse libero. Rispetto all’assoluzione apparente, il rinvio ha il vantaggio che l’avvenire dell’accusato è meno vago, è preservato dal terrore dell’arresto improvviso e non ha da temere, magari proprio in momenti in cui le altre circostanze gli sono meno favorevoli, di doversi assumere le fatiche e le agitazioni connesse con l’ottenimento dell’assoluzione apparente. Tuttavia, anche il rinvio ha per l’imputato alcuni svantaggi, che non sono da sottovalutare. Non penso al fatto che qui l’imputato non è mai libero, perché, in senso stretto, non lo è nemmeno con l’assoluzione apparente. Lo svantaggio è un altro. Il processo non può stagnare3

3. stagnare: restare fermo, senza sviluppi. Letteratura Terzo Millennio © Loescher Editore, Torino

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senza che ci siano dei motivi, anche solo apparenti. Nel processo si deve quindi avere almeno l’impressione che succeda qualcosa. Perciò, di tanto in tanto, si devono prendere svariati provvedimenti, l’imputato deve essere interrogato, si devono fare indagini, perquisizioni e così via. Bisogna, cioè, che il processo venga fatto continuamente circolare nell’ambito ristretto in cui è stato artificiosamente racchiuso. Questo comporta naturalmente certi fastidi per l’imputato, che lei però, anche in questo caso, non deve immaginare troppo gravi. È tutta pura esteriorità, gli interro160 gatori per esempio sono brevissimi, se capita di non avere tempo o voglia di andarci è possibile giustificarsi, con certi giudici si possono persino fissare di comune accordo le ordinanze con lungo anticipo, in sostanza si tratta solo che uno, dal momento che è imputato, si presenti ogni tanto dal proprio giudice». (da F. Kafka, Il processo, cap. 7, Avvocato - Industriale - Pittore, op. cit.)

ve rso l’esame Prima prova. A - Analisi del testo

1.2 Che cosa può fare Titorelli per K.? 2. A nal i s i 2.1 Che cosa dice il pittore sulle assoluzioni vere? Come interpreti il suo discorso? 2.2 Confronta l’ambiente in cui si svolge il colloquio con altre scene della vicenda di K. (ad esempio la prima udienza, narrata nel Testo 149). Che cosa hanno in comune questi luoghi? 2.3 Traccia un ritratto dei giudici come emerge dalle parole di Titorelli. Cita dal testo i passi significativi. 2.4 Spiega questa frase di Titorelli: «I giudici di rango inferiore, di cui fanno parte quelli che conosco io, non

2.5 In che senso il brano proposto potrebbe definirsi “umoristico”? Cita esempi specifici e confrontali con altri testi letti di Kafka. 3. I nte rpr e tazi one co mp lessiva e appro f ondimen t i

3.1 Fornisci un’interpretazione generale dell’incontro con Titorelli, soffermandoti in particolare sulla sua figura e sulla lunga spiegazione dei diversi tipi di assoluzione. Che tipo di giustizia vi viene rappresentata? 3.2 Confrontando la figura di Titorelli con quella dell’avvocato e di altri “aiutanti” minori di K., spiega il loro ruolo e il loro significato all’interno del romanzo.

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1.1 Sintetizza le caratteristiche delle tre assoluzioni.

hanno infatti il diritto di assolvere definitivamente, questo diritto ce l’ha solo il tribunale supremo al quale né lei né io né nessuno di noi tutti può assolutamente arrivare.»

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1. C om pre n s io n e

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