Essaouira, il mito e l'oceano. Un viaggio in Marocco per conoscere due città
leggendarie, diverse e vicine, accomunate da un gusto per l'accoglienza che
parla ...
Marrakech e il rosso e il blu,
di GUIDO BAROSIO foto GUIDO BAROSIO e VALTER CARASSO
Marrakech: piazza Jemaa el Fna
Essaouira,
il mito e l’oceano
Un viaggio in Marocco per conoscere due città leggendarie, diverse e vicine, accomunate da un gusto per l’accoglienza che parla italiano e da una fierezza antica fatta di fortezze e vicoli segreti, piazze e riti esoterici, incanti resi preziosi dal sole e dal vento
«
Senza mai formulare il concetto, avevo basato il senso della mia presenza nel mondo sulla convinzione immediata che certe zone sulla superficie della terra racchiudevano più magia di altre. Se qualcuno mi avesse chiesto cosa intendessi per ‘magia’, avrei probabilmente definito il termine come un legame segreto tra il mondo della natura e la coscienza dell’uomo, una scambio nascosto ma diretto, che travalica il ragionamento. Come tutti i romantici avevo sempre avuto la vaga certezza che un giorno nella mia vita sarei giunto in un luogo magico, che svelandomi i suoi segreti mi avrebbe dato la saggezza e l’esta-
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si – forse perfino la morte». Questo scriveva Paul Bowles nel suo ‘Senza mai fermarsi’ parlando del Marocco, la terra che più di ogni altra seppe str egarlo. Con lui e prima di lui approdarono in questo antico regno africano – lontano e leggendario quanto geograficamente a portata di mano – generazioni di artisti e scrittori: pittori orientalisti ma anche innovatori come Matisse («Che luce soffusa, per niente simile alla Costa Azzurra, ma così decorativa! Come tutto è nuovo, difficile da rendere con il blu, il rosso, il giallo e il verde!»), autori come Tennessee Williams, Pierre Loti, Elias Canetti, René Caillié, Antoine de SaintExupéry e il recente nobel Le Clézio, registi come Orson Welles, poeti della beat generation e persino musicisti come Jimi Hendrix. Tutti attratti da una ‘nazione continente’ – reale crocevia tra Africa, Europa e Medio Oriente – fatta di montagne e immense spiagge, deserti e città fortificate, maestosità imperiali e medine serrate e misteriose come labirinti. Oggi, quando il paese si prepara a giocare con vigore la carta del turismo di massa (obiettivo dichiarato i dieci milioni di visitatori per anno), le principali otte r sono tre: il circuito classico delle città imperiali, l’emozionante scoperta dei deserti nel grande sud o itinerari ‘à la carte’ che privilegiano accostamenti trasversali e singole destinazioni. Tra queste ultime vince su tutte Marrakech, un tempo approdo carovaniero e adesso meta modaiola, ricca di relais di charme, nuove e fragorose discoteche, circuiti shopping e impeccabili centri benessere. Il nostro viaggio ve la propone in abbinamento con la vicina (cento chilometri per tre ore di auto) Essaouira: ventosa fortezza candida battuta dagli alisei, porto peschereccio animato da
migliaia di gabbiani, misteriosa culla della musica Gnaoua, già ‘scoperta’ ma ancora assorta nei suoi ritmi rilassati, patria dell’improbabile e musa ispiratrice per pittori naif, artisti di strada e poeti vagabondi. Ad Essaouira tutto ciò che non è bianco è blu, anzi profondo e inconfondibile ‘blu Mogador’, dal suo antico nome portoghese. Portoghesi sono anche i bastioni che la pr oteggono dal mare e dal vento, ma la sua storia è moltopiù antica. Fondata dai fenici che la battezzarono Migdol (‘torretta di guardia’), divenne nota per la preziosa porpora ottenuta dalle conchiglie di murice; con l’arrivo dei lusitani Mogador fu trasformata in fortezza e porto commerciale di fondamentale importanza; nei secoli seguenti il potere passò prima ai Saaditi e poi agli Alouiti, ma il suo signore più celebre fu Sidi Mohammed ben Adballah, che riprogettò la città con l’aiuto dell’ar chitetto francese (rapito e fatto prigioniero) Théodore Cournut. Furono anni di grande splendore: il porto, protetto da 2000 soldati, era lo snodo privilegiato tra l’Europa e Timbuctu. Ogni giorno venivano imbarcate immense partite di sale, oro, avorio, piume di struzzo e spezie, mentre gli schiavi dell’impero sudanese edificavano una città così bella da meritarsi il nome di Essaouira, ‘ben disegnata’. Nel 1878, trent’anni prima dell’inizio della decadenza, il console britannico Charles Payton definiva con queste parole gli abitanti locali: «sono una razza forte e audace questi pescatori mori, dalla pelle abbronzata e coriacea, dagli arti muscolosi, e pur tuttavia non amano il duro lavoro… preferiscono fumare hascish in una baracca sudicia e puzzolente e nei bassifondi del quartiere moresco anziché vivere sulle acque
increspate del mare». Quasi una profezia, visto che la più recente fama della località è legata al movimento hippy di fine anni Sessanta, quando approdarono ad Essaouira Tennesse Willimas, Margaret Trudeau, Jimi Hendrix ed un numero imprecisato di figli dei fiori. L’unico che tenne duro nel tempo fu Cat Stevens, e ancora oggi Yusuf Islam (il suo nome da convertito) vi ritorna ogni estate. Mentre i discendenti degli schiavi sudanesi che riedificarono la città hanno dato vita alla confraternita Gnaoua, formata da mistici, guaritori e musicisti che, attraverso una musica dalle cadenze ipnotiche (eseguita con tamburi, nacchere di ferro ed una grande chitarra chiamata guimbri), evocano un mondo in cui gli spiriti sono rappresentati dai colori e i colori da una specifica sonorità. Ogni anno in giugno (per le date precise consultare www.festival-gnaoua.co.ma) si tiene la grande kermesse della confrater nita, con la partecipazione di oltre ventimila spettatori e musicisti da ogni parte del mondo in jam session gratuite dal formidabile impatto emotivo. Nel tempo i bastioni di Essaouira sono stati set ideale per pr oduzioni cinematografiche indimenticabili, da ‘Alexander’ di Oliver Stone a ‘Le crociate’ di Ridley Scott. Anche se la pellicola più celebr e r esterà il mitico ‘Otello’ di Orson Welles, girato integralmente in loco tra il 1949 e il 1950. Protetta dalle auto nel suo centro storico, prigioniera di un incanto fuori dal tempo, Essaouira esercita la stregoneria del bello incantando estimatori cosmopoliti che percorrono gli esoterici intrecci della Medina, indu-
Essaouira: in alto i bastioni della Sqala a sinistra piazza Moulay Hassan sotto, il mercato del pesce
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il viaggio torino magazine
In alto Nicole Pavlin A fianco i tetti di Essaouir a dal Riad Baladin Sotto il porto della ‘città del vento’
giano nei caffè di stile parigino della place Moulay Hassan, osservano gli squadroni di gabbiani volteggiare nel cielo dai bastioni della Skala, esplorano l’armata dei battelli da pesca – blu, serrata e compatta – nel grande porto protetto dalle mura. Spiegava Edmond Amran el-Maaleh: «Quando passeggiate sui bastioni della Sqala e guardate verso la città, verso il suo meraviglioso connubio con il mare, non tentate di forzarne l’enigma…».Una sorta di regia nascosta impone sovente la propria regola: si arriva ad Essaouira di passaggio, anche in giornata, e si resta inesorabilmente adescati. Il soggiorno si dilata per settimane e, qualche volta, per tutta la vita. Recentemente è accaduto a Nicole Pavlin, svizzera, giornalista e regista televisiva con quindici anni di carriera alle spalle. Una tappa di passaggio in quello che aveva già scelto come ultimo
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reportage della carriera – «il mio lavoro mi aveva dato tutto, non sentivo più stimoli», racconta – si trasforma in un fatale e inesorabile innamoramento. Ma la decisione, per essere operativa, richiedeva un complice. Così nasce l’amicizia con Teo Musso, piemontese, personaggio dinamico e creativo che ha il suo regno a Piazzo in provincia di Cuneo, dove produce le leggendarie birre Baladin (in occitano ‘cantastorie’). Anche se definirlo ‘imprenditore’ suona come un concetto altamente riduttivo: Teo organizza mostre e circuiti gastronomici, ha ideato un associazione culturale e messo in piedi ‘Casa Baladin’, affascinante ‘ristorante birrario con camere’ (tutte le informazioni su www.birreria.com). Dicevamo amicizia, ma anche curiosa storia di destini incrociati, vista la precedente infatuazione dello stesso Musso per Essaouira: «Ci capitai quasi per caso dieci anni fa, dovevo starci un giorno e ci rimasi un mese. Con Nicole ci siamo tornati per realizzare un progetto, ma non sapevamo ancora né come né dove. Fondamentale fu la scoperta, ed il successivo acquisto, di una casa nella medina: un riad perfetto per essere destinato all’accoglienza». Il resto è storia recente, dopo mesi di restauro e lavori a maggio 2008 apre i battenti un piccolo gioiello, battezzato significativamente ‘Riad Baladin’. Il posto è uno di quei luoghi dell’anima che ogni viaggiatore sogna di ‘possedere’ nei propri pellegrinaggi: un palazzo quasi invisibile dall’esterno che si apre dopo aver varcato la massiccia porta in legno, cinque grandi stanze disposte su tre livelli e affacciate verso il cortile interno ‘abitabile’, ovunque pezzi d’artigianato, tappeti, candele,
quadri naif dei migliori artisti locali, e ancora letti a baldacchino in legno, comodi cuscini, angoli per la lettura ed una grande terrazza sul tetto per godersi la medina, il vento, i gabbiani e le golose colazioni del mattino. Al er sto pensa Nicole: padrona di casa impareggiabile organizza escursioni, propone itinerari a cavallo, fornisce consigli preziosi per shopping, ristorazione, spettacoli e ogni altra curiosità. Se abbiamo imparato a conoscere e ad amare risolutamente Essaouira nonostante i pochi gior ni a disposizione il merito è in gran parte suo. Lasciata la fortezza degli alisei con qualcosa in più di un pizzico di nostalgia – «C’è un certo castello, che io conosco, dove si sta bene essendovi rinchiusi… Bisogna morire piuttosto che consegnarne le chiavi… È Mogador in Africa», scriveva Paul Claudel – la seconda tappa del nostro viaggio ci porta a Marrakech: località leggendaria in suggestivo (quanto precario) equilibrio tra un passato tenacemente persistente ed un moderno difficile da contenere e misurare. Il confine scatta sulla strada, quando – tra campi e piccoli villaggi – le case cambiano colore: bianche e azzurre fino ad un certo punto, r osse e verdi nei pressi della ‘porta per l’Atlante’. Definire Marrakech ‘in rapida trasformazione’ è un eufemismo: nei secoli ‘mer cato perfetto’ e luogo di sogno tra i torridi deserti del sud e le vie verso il Mediterraneo, in seguito luogo di fuga per hippy e celebrità in vena di esotismo (Flaubert, Matisse, Orwell, Churchill, John Lennon, Paul McCartney , Mick Jagger, John Paul Getti jr., Cecil Beaton, Crosby, Stills e Nash, William Burroughs, Paul Bowles, Allen Ginsberg e, più recentemente, Jude Law, Sienna Miller e Hugh Grant) oggi la ‘città rossa’ viene visitata da quasi due milioni di turisti l’anno ed ha visto i prezzi delle case nella medina quintuplicare di valore in pochi lustri. La parola totem è ‘riad’: in berbero ‘casa’, nella sua accezione contemporanea ‘piccolo hotel di charme tra le mura della città vecchia’. Tra ufficiali e ‘informali’ di riad ce ne sono ormai quasi mille, per la maggior parte gestiti da stranieri, alcuni bellissimi e sontuosi, con piscina sul tetto e spa, formidabili per interni che sposano pezzi design al meglio dell’artigianato locale, in bella mostra sulle pagine patinate delle riviste di architettura di mezzo mondo; altri sono meno accattivanti e qualche volta deludenti; come sempre occorre saper scegliere. Centinaia di voli low cost che collegano ogni settimana Marrakech con i maggiori centri europei, ci sarebbe da pensare ad uno snaturamento progressivo e inevitabile ma non è così: l’anima della ‘città r ossa’ resiste e rivela una insopprimibile vitalità. Il merito è, allo stesso tempo, urbanistico e ambientale. Fin dai tempi del pr otettorato francese la medina, caotico e meraviglioso labirinto di vicoli, è stata pr otetta e preservata: la ‘nouvelle ville’ è cresciuta fuori, coi suoi palazzotti borghesi prima e col suo stile ‘metropolitano francese oggi’, tra caffè e boulevard, centri commerciali e auto fiammanti senza un filo di polvere. Mentre l’antico è ancora brillantemente presidiato dall’immenso souk coi suoi trafici, oggi come mille anni fa approdo per ogni sorta di mercanzia, dedalo di
IN MAROCCO CON IL TUCANO Da anni ‘Il Tucano viaggi ricerca di Willy Fassio’ è tr a gli operatori italiani che maggiormente hanno contribuito alla promozione turistica del Marocco . Ce lo conferma un grande catalogo dove ogni ipotesi di viaggio trova la propria soluzione. Si va dai viaggi classici e geo-etnografici alle proposte più esclusive: nuove tendenze, antico misticismo, glamour e benessere. Naturalmente è sempre garantita la migliore ospitalità: hotel, maison de c harme, dar e riad, con tutte le sistemazioni alber ghiere segnalate nel nostro reportage. Il catalogo del Tucano si può sfogliare ammirando una suggestiva raccolta di immagini sul paese (c he confermano la cura, anche editoriale, dell’operatore torinese), ma soprattutto valutando con attenzione le diverse opzioni proposte. Si può scegliere semplicemente una città, un weekend, un percorso di pochi giorni – ad esempio puntando su Marr akech ed Essaouira, magari in abbinamento – oppure optare per uno dei tanti itiner ari completi: ‘Le meraviglie del giardino di Allah’ (le città imperiali e le antic he medine), ‘Un sogno color ocr a’ (l’incanto del sud), ‘L’incantesimo vicino tra il mare e l’oceano’ (Tangeri e il mondo ar abo-andaluso), ‘Le antiche città imperiali e la costa atlantica’, ‘Imperi scolpiti nell’argilla e preziose città’ (mille casbah per unir e il deserto all’oceano), ‘Castelli di terr a, palazzi nel deserto’ (architettura di fiaba e aromi di spezie) e ‘Il Marocco racconta le sue leggende’ (le voci del deserto e l’incanto delle città). Il r esto è ‘alla carta’, con infinite possibilità di approfondimenti, escursioni e minitour. Assolutamente da non tr ascurare le proposte relative ai grandi eventi musicali: il soggiorno dedicato al festival della musica Gnaoua ad Essaouira e quello in occasione del festival di musica sacra a Fés. Il corrispondente locale per Il Tucano è Cobratours (www.cobratours-maroc.com), tour operator a gestione italiana guidato con passione e competenza da Melania e Michele; una realtà particolarmente qualificata sia per i cir cuiti più classici che per la scoperta e l’esplorazione dei deserti nel g rande sud. Volendo ripercorre il nostro viaggio ecco alcune referenze fondamentali. Ad Essaouira: Riad Baladin (9, rue Sidi Magdoul, tel. +212 224 730 94, www.riadbaladin.com); Restaurant Taros (place Moulay Hassan, www.taroscafe.com), ottimo per la vista dalla terrazza e la qualità dei sapori; Restaurant M’Riste Jouhar (6,rue Mohamed Diouri, tel. 024.785854), il nostro preferito in città per la sua eccellente ed originale cucina marocc hina ‘al femminile’; l’incantevole negozio di antiquariato e artigianato La fibule berber e (53, 51, rue Laattarine); lo spazio benessere, ideale per massaggi rilassanti, Mogador Zen (12, rue Sidi Magdoul, tel. 063.602857). A Marrakech: La Sultana ( 403, rue de la Casbah, tel. + 212 24 38 80 08,www.lasultanahotels.com); Riad Enija (9,Derb Mesfioui, tel. + 212 24 44 09 26 www.riadenija.com), raffinato ‘sogno design’ per il boutique hotel gestito da una cosmopolita coppia svedese; Marr akech Riads (www.marrakech-riads.net), un gruppo che propone 9 riad nella medina, un ristorante gastronomico (Dar Zellij) ed un salone da té/caffè letterario (Dar Chérifa); il raffinatissimo ristorante Stylia (43, rue Ksour, tel. 024 44 35 87, www.stylia-restaurant.com), collocato in una cornice da mille e una notte; infine , per una golosa pausa dedicata alla cucina italiana nel cuor e della ‘ville nouvelle’, il Casanova di Michele e Diego (221, avenue Yacoub El Mansour, Gueliz, tel 024 42 37 35). Per un’adeguata biblioteca di viaggio non mancate di consultar e, leggere e magari di portar vi appresso…: la guida ‘Marocco’ di EDT Lonely Planet, oltre cinquecento pagine di infor mazioni, itinerari, annotazioni storiche, percorsi culturali e suggerimenti; la tascabile e praticissima ‘Marrakech’ nella nuova collana di Edt Lonely Planet ‘incontri’; l’illustratissima e raffinata ‘Marocco’ nelle Guide Oro del Touring Club; eccellente dal punto di vista giornalistico e ricca di spunti non va assolutamente dimenticata ‘Marrakech, Essaouira e l’Alto Atlante’ delle guide Time Out; fondamentale ‘Le voci di Marrakech’ di Elias Canetti (edizioni Adelphi); il loco potrete acquistare ‘Essaouira de Bab en Bab’ (Essaouira di porta in porta), prezioso volumetto che vi porterà passo dopo passo - con cartine, immagini e disegni - per le vie della ‘città del vento’. Il Tucano – viaggi e ricerca a cura di Willy Fassio www.tucanoviaggi.com - Torino, piazza Solferino 16/a, tel. 011.5617061
Marrakech: scene dalla piazza Jemaa el Fna
viuzze, passaggi coperti, magazzini, bancarelle, negozi ed empori, tutto ad esporre e proporre spezie, tappeti, borse, specchi e pellami, spade, lampade, abiti, scarpe, monili, collane, oli essenziali e oggetti di ogni qualità e fattura: l’apoteosi del commercio tradizionale, l’università della trattativa. Le vie, le strade ed i palazzi sembrano inespugnabili e costruiti per questo, non ci sono più le car ovane ma lo spirito del luogo ha preservato tutto il resto. Nella medina di Marrakech ci si perde, anzi ‘ci si deve perdere’, perché il gusto sta lì, in questa continua esplorazione che diventa bighellonare indolente e stupefatto tra asini, carretti, odori di ogni sorta e continuo vociare. Non esiste mappa attendibile, ogni ricer ca – alla volta di un negozio o del proprio hotel – si conclude puntualmente con la richiesta di informazioni ai locali, ma anche loro, pur gentilissimi, non sanno quasi mai come raccapezzarsi. Tra
i tanti cambiamenti (in gran parte deleteri) del boom turistico, uno si fa particolarmente apprezzare: le nuove disposizioni del governo, come la presenza discreta ma costante della ‘brigade touristique’, tengono lontani i seccatori e oggi, contrariamente a dieci anni fa, non si viene quasi mai importunati e strattonati per ché ‘stranieri’, quindi acquirenti ideali per ogni possibile paccottiglia. Il luogo simbolo, il cr ocevia irrinunciabile, l’approdo ideale di una città-sortilegio resta la piazza Jemaa el Fna: disordinata, affollata in ogni ora, indomabile dalle autorità, disarmonica nelle sue forme eppure bellissima, babele di voci e di movimenti, tragicamente ripavimentata ma irr esistibilmente ruspante, questo spazio non ha geografia ma voci e si merita per acclamazione l’appellativo di ‘capolavoro del patrimonio orale e intangibile dell’umanità’ tributato dall’Unesco. Ci troverete ancora i cantastorie e gli imbonitori, gli incantatori di serpenti e i guaritori, i musicisti e gli ortolani, i venditori di spezie e qualche cialtrone lesti a proporvi ‘oggetti esclusivi’ o la foto con la scimmietta arrampicata sulle spalla: tutti allo stesso tempo comparse, orche-
strali ed attori principali di uno spettacolo grandioso che va in scena quotidianamente dal mattino a notte fonda. Ma è verso l’imbrunire che la magia si fa più struggente; nell’heure bleu la grande spianata viene riallestita per il magico rito della ristorazione all’aperto: centinaia di bancarelle disposte a scacchiera accendono i pr opri fuochi e le lanterne da campeggio per ofrire té speziato allo zenzero, caffè al cardamomo, cous cous, zuppa di agnello, spiedini, merguez, pesce fritto, succo d’arancia, panini con uova e patate, teste di pecora e lumache bollite, spedini e kebab. Intontiti e curiosi si osserva, si sorride e si chiacchiera, si assaggia spendendo pochissimo e si partecipa al tripudio locale dello street food. Ma adesso è arrivata l’ora di seguire il consiglio di Elias Canetti, è lui a ricordarci che «per prendere confidenza con una città straniera è necessario disporre di un luogo appartato, un luogo su cui si può contare e dove si può restare soli quando la confusione delle voci nuove e incomprensibili diventa troppo grande». E qui si torna al concetto di riad. Noi ve ne raccontiamo due veramente speciali: il primo, che si
trova all’ingresso della Kasbah, proprio a fianco delle tombe Saadiane, mette in scena una ben organizzata versione contemporanea delle ‘Mille e una notte’; il secondo, nella quiete della Palmerie, a venti minuti d’auto dalla città vecchia, è un sogno moresco nato dalla fantasia e dalla professionalità di un team tutto italiano. Inaugurata nel 2004, La Sultana conquista il visitatore con le armi dello stupore: quasi invisibile all’ingresso, circondato com’è dalle voci e dal traffico del souk, è stato concepito collegando quattro diversi riad. Tra passaggi, scalinate e cortili ci si addentra in un labirinto sontuoso dove la luce, del giorno come nella notte, gioca con gli spazi ed un gusto per il lusso e l’esotico degno dei maggiori pittori orientalisti. Tutto concorre al sogno e alla fiaba: il brique glorificato come al tempo degli Almohadi, il cedro finemente lavorato, i marmi preziosi, il continuo gioco di sfuma-
Marrakech: la città vista dai tetti immagini del souk
il viaggio torino magazine Marrakech al tramonto
A destra: decori orientali e suggestioni da mille e una notte per La Sultana
ture delle piastrelle, le fontane, i lampadari, le scale, i tessuti, le finestre finemente traforate, ogni angolo, ogni oggetto racconta una storia, lascia immaginare una favola narrata da Sherazade. Ci sono solo undici stanze e dieci suite (tutte diverse, con suggestioni che spaziano dall’Africa all’India e al Medio Oriente) ma chilometri di corridoi, porticati e gallerie: ci si per de e ci si ritrova in continuazione, in un gioco di prospettive studiato nei minimi dettagli. La cucina è raffinatissima, la vista dalle terrazze sui tetti mozzafiato, ma il vero colpo di teatro è la spa: un sogno moresco organizzato attorno ad una piscina coperta bordata di colonne, sul fo ndo le fiamme di un grande caminetto giocano coi marmi delle volte. Di atmosfera diversa, ma non meno suggestivo, l’El Miria Palais, diretto con garbo e professionalità impeccabile dal veneziano Silvio Zanoni. Nel cuore del palmeto che si apre fuori dalle mura, l’edificio è una copia realistica dei palazzi moreschi di alta epoca, l’ideale per godersi lo charme di una dimora impostata sull’arte del ricever e senza allontanarsi tr oppo dalle suggestioni della medina (collegata ogni ora da una comoda navetta). In questo relais quello che maggiormente colpisce è l’equilibrio assoluto dell’insieme, come la cura quasi sorprendente per ogni particolare. Gli spazi sono ampi e rilassanti, gli arredi raccolgono il meglio dell’artigianato locale e appaiono disposti per valorizzare ogni singolo pezzo, la carta del ristorante propone una cucina marocchina di altissimo livello, le grandi stanze e le suite rasserenano per la scelta dei colori ed il grande comfort di ogni dettaglio, la spa interna completa un’offerta ricercata ed esclusiva, la piscina è un incanto che alla sera propone colori sempre diversi in sequenza quasi ipnotica. Essaouira e Marrakech, il rosso il blu, l’oceano e il mito, appunti di viaggio tra due città senza mai dimenticar e che – come sosteneva Michel Van der Yeught - «Non si impara a conoscere il Marocco, si può solo essere iniziati gradualmente…». I