contemporaneo, i cui libri stanno avendo un grande successo. La sua notorietà a
livello nazionale arriva nel 2001 quando pubblica il romanzo Io non ho paura, ...
INDICE
INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 2 1. VITA E OPERE DI NICCOLÒ AMMANITI ....................................................................... 4 2. TRAMA ................................................................................................................................. 8 2.1. Ti prendo e ti porto via .................................................................................................... 8 2.2. Io non ho paura ............................................................................................................. 12 3. ANALISI .............................................................................................................................. 15 3.1. Ti prendo e ti porto via .................................................................................................. 15 3.1.1. Ambiente ................................................................................................................ 15 3.1.2. Personaggi e narratore ............................................................................................ 15 3.1.3. Temi ....................................................................................................................... 18 3.1.4. Struttura e tecniche narrative.................................................................................. 20 3.1.5. Linguaggio ............................................................................................................. 22 3.2. Io non ho paura ............................................................................................................. 24 3.2.1. Ambiente ................................................................................................................ 24 3.2.2. Personaggi e narratore ............................................................................................ 25 3.2.3. Temi ....................................................................................................................... 28 3.2.4. Struttura e tecniche narrative.................................................................................. 30 3.2.5. Linguaggio ............................................................................................................. 30 4. CONCLUSIONE E CONFRONTO TRA LE DUE OPERE ............................................... 33 5. BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................. 35
INTRODUZIONE L’argomento della presente tesi di laurea deriva dall’idea di presentare uno scrittore italiano contemporaneo, i cui libri stanno avendo un grande successo. La sua notorietà a livello nazionale arriva nel 2001 quando pubblica il romanzo Io non ho paura, l’unica opera di Niccolò Ammaniti tradotta nella lingua ceca (dalla traduttrice Alice Flemrová),1 e da cui è stato tratto nel 2003 l’omonimo film di Gabriele Salvatores.2 Niccolò Ammaniti esordisce come scrittore negli anni novanta, al momento in cui la letteratura postmoderna viene molto discussa. È il periodo del velocissimo sviluppo delle tecnologie informatiche che influenza la società italiana, il periodo dei tentativi innovatori dalle diverse avanguardie in cui ogni esperimento è possibile e la letteratura sembra assorbire le tendenze moderne, come le tematiche narrative, la struttura caotica, l’uso del gergo. Nell’ottobre 1996, la casa editrice Einaudi pubblica l’antologia di racconti Gioventù cannibale3 di Daniele Brolli, con sottotitolo La prima antologia italiana dell’orrore estremo, in cui vengono presentati undici giovani scrittori, tra quali anche il nostro scrittore Niccolò Ammaniti. La produzione di quest’ultimi si può definire letteratura pulp o splatterpunk “dove splatter sta per lo schizzo di sangue e punk per la scelta di un antagonismo radicale”4 che prende l’ispirazione dal cinema, dai fumetti di orrore, dai video-clips, dai videogiochi e dai cartoni animati. Tuttavia è evidente che ogni generazione di autori è diversa dalle altre. Tra le prime opere di Niccolò Ammaniti si trovano romanzi di tipo cannibale, pieni di ribellione ed effetti esagerati, mentre in quelle più recenti si nota che il suo stile letterario si è evoluto. Lo scopo della presente tesi è far conoscere ai lettori della Repubblica Ceca uno degli scrittori più letti attualmente in Italia, presentare due dei suoi romanzi più conosciuti Ti prendo e ti porto via e Io non ho paura, analizzare le scelte stilistiche e tematiche dell’autore esaminandone l’evoluzione, dall’immoderatezza allo stile più moderato. Il primo capitolo riassume cronologicamente i dati biografici dell’autore, da cui possiamo apprendere le informazioni più importanti della sua vita privata e di quella letteraria. Il secondo capitolo è dedicato alla esposizione della trama dei due libri Ti prendo e ti porto via e Io non ho paura. 1
FLEMROVÁ, Alice, Já se nebojím, Praha, Havran, 2005. Gabriele Salvatores è un regista e sceneggiatore italiano. Ammaniti ha partecipato insieme al regista alla sceneggiatura. 3 Il nome è stato tratto dal titolo della rivista Cannibale del ’77 di Andrea Pazienza. 4 BROLLI, Daniele, Gioventù cannibale. La prima antologia italiana dell’orrore estremo, Torino, Einaudi, 1996, p. IX.
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Il terzo capitolo costituisce la parte principale della tesi. In esso cerchiamo di riassumere i temi e lo stile letterario dell’autore, basandoci sull’analisi dei suoi due romanzi. Nei sottocapitoli presentiamo l’ambientazione, i tipi di personaggi, il narratore, i temi principali e secondari, la struttura, techniche narrative e il linguaggio dei testi esaminati.
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1. VITA E OPERE DI NICCOLÒ AMMANITI Niccolò Ammaniti nasce il 25 settembre nel 1966 a Roma in una famiglia colta, suo padre è un noto psicoanalista e un docente di Psicopatologia generale e dell’età evolutiva presso “La Sapienza” di Roma. Si iscrive alla facoltà di Scienze Biologiche all’università di Roma, ma non si laurea mai. Nel 1993 comincia a scrivere la sua tesi di laurea intitolata Rilascio di Acetilcolinesterasi in neuroblastoma che si trasforma nel corso della stesura, nel suo primo romanzo Branchie: “La tesi, dopo una decina di pagine, smetteva bruscamente di parlare di neuroni, sinapsi e neuromediatori e raccontava una storia di pesci e di fogne e di malvagi chirurghi estetici. Branchie nasce come un tumore (maligno?) di una tesi in biologia.”5
Con questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1994 in poche copie da Ediesse di Roma, comincia la carriera letteraria di Niccolò Ammaniti. Il libro viene ristampato nel 1997 da Einaudi e in questa edizione l’autore esegue piccole modifiche. Il protagonista Marco Donati, un ragazzo romano malato di tumore, si precipita in India e racconta una storia fantastica con tante avventure stravaganti e paradossali. Branchie è scritto con ironia ed è influenzato dalla passione dell’autore per videogiochi e fumetti. Nel 1999 è stato tratto dal libro l’omonimo film con la regia di Francesco Ranieri Martinotti6 in cui recitano Gianluca Grignani7 e Valentina Cervi,8 ma il film non ottiene un grande successo. Su iniziativa di suo padre Massimo pubblica nel 1995 un saggio di psicologia Nel nome del figlio, edito da Mondadori, che racconta dei problemi adolescenziali basandosi sul rapporto tra padre e figlio. Dopo il suo esordio Niccolò Ammaniti comincia a collaborare con vari giornali e diverse riviste tra cui Pulp, Tuttolibri, Musica, La bestia, Amica, Ciak, Micromega in cui scrive di viaggi, libri, cinema e altro.9 Per effetto del suo racconto Seratina, scritto insieme a Luisa Brancaccio10 e pubblicato nel 1996 nell’antologia Gioventù Cannibale curata da Daniele Brolli, si inquadra definitivamente nel gruppo dei giovani scrittori cannibali. L’autore stesso non è veramente contento di essere tacciato di cannibalismo, tuttavia continua nella sua attività letteraria scrivendo quello che gli piace. Nel 1996 esce Fango pubblicato da 5
AMMANITI, Niccolò, Branchie, Torino, Einaudi, 1997, p. V. Ranieri Martinotti è sceneggiatore, regista e produttore italiano. 7 Gianluca Grignani è soprattutto un cantante italiano. 8 Valentina Cervi è un’attrice italiana, figlia del regista Tonino Cervi e nipote del celebre Gino Cervi. 9 Pulp: Pulp magazine sono le riviste economiche di racconti. Tuttolibri: supplemento settimanale del quotidiano La Stampa, gli argomenti trattati sono narrativa, saggistica, poesia, musica, cinema, fotografia e arte. Musica: rivista mensile di cultura musicale e discografica. La bestia: è stato pubblicato l’unico numero dal titolo Narrative invaders! nel 1997. Amica: la più moderna rivista tra i mensili femminili. Ciak: rivista mensile dedicata al cinema. Micromega: rivista bimestrale di politica, cultura, scienza e filosofia. 10 Luisa Brancaccio, autrice di vari racconti, scrive anche per la radio e per il cinema. 6
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Mondadori, raccolta di racconti tra cui i più conosciuti sono L’ultimo capodanno dell’umanità, Ferro e Vivere e morire al Prenestino. Il comportamento dei suoi grotteschi eroi ci mostra un panorama delle perversioni umane che si possono ormai leggere in una qualsiasi cronaca nera o nei programmi televisivi; è una miscela dei più disperati generi, dal thriller all’horror, attraverso i quali l’autore desidera esprimere la propria disperazione per questo mondo che fa spettacolo delle tragedie umane, e introdurre – con l’ironia e la satira – un discorso di ribellione contro le strutture portanti della società italiana contemporanea. Il libro Fango può essere considerato il suo primo grande capolavoro e lo fa conoscere al grande pubblico. Il regista Marco Risi11 nel 1998 ne trae il film L’ultimo capodanno con Monica Bellucci,12 ispirandosi al primo racconto e Niccolò Ammaniti partecipa alla sceneggiatura. La casa editrice Mondadori ripubblica immediatamente il singolo racconto con lo stesso titolo del film. Nel 1996 il Nostro fa anche l’esperienza come attore insieme alla sorella nel film Cresceranno i carciofi a Mimongo di Fulvio Ottaviano.13 Con il suo amico Aldo Nove, etichettato anch’egli dalla critica come scrittore cannibale, ed altri scrittori dà vita nel 1997 al movimento filosofico-letterario Nevroromaticismo, ispirato all’opera della cantante Greta Garbo. Niccolò Ammaniti intervista Aldo Nove per la rivista Liberal e insieme condividono e realizzano la trasmissione di Mtv Kitchen, condotta da Andrea Pezzi, conduttore che già precedentemente aveva ospitato il Nostro nel talk show Tokusho. Nel 1997 RadioRai trasmette un suo radiodramma del nome Anche il sole fa schifo. Dopo il successo di Fango scrive racconti in varie antologie: Alba tragica compare in Tutti i denti del mostro sono perfetti (Mondadori, 1997) a cura di Valerio Evangelisti che celebra il 45° anniversario della fondazione di Urania;14 un altro racconto, Enchanted Music & Light Records, nel manifesto contro la new age Il fagiano Jonathan Livingstone (Minimum Fax, 1998). Per l’autore Joe R. Landsdale, che ama e aprezza molto, scrive la postfazione al libro horror La notte del drive-in (Einaudi, 1998). Nel suo romanzo Ti prendo e ti porto via, pubblicato da Mondadori nel 1999, Niccolò Ammaniti sceglie per la prima volta un bambino come protagonista, abbandonando il mondo delle avventure virtuali, delle prostitute, dei mafiosi, dello showbusiness. Dimostra così di sapere scrivere un interessante romanzo ispirandosi a un piccolo ragazzo sfortunato, a un playboy fallito e a una discreta e solitaria insegnante; nasce un’appassionante storia d’amore 11
Marco Risi è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. Monica Bellucci è un’attrice e modella italiana. La sua popolarità comincia soprattutto con i ruoli nei film Matrix Reloaded e Matrix Revolutions e La passione di Cristo diretta da Mel Gibson. 13 Fulvio Ottaviano è un regista italiano che nel 1990 debutta al cinema dopo una forte esperienza a teatro. 14 Urania è una rivista mensile di fantascienza, edita da Mondadori, che raccoglie articoli e racconti.
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con elementi di giallo. Il presente romanzo di formazione è l’oggetto della tesi, e ne faremo un’analisi più dettagliata nei seguenti capitoli. Il regista Goran Paskaljevic15 si era proposto di realizzare un film ispirandosi alla canzone dal titolo Ti prendo e ti porto via, scritta nel 2001 da Vasco Rossi,16 ma il progetto non è stato realizzato. Dopo il successo con il romanzo Ti prendo e ti porto via svolge varie attività letterarie, pubblica in tre puntate il suo racconto Astuzia da chirurgo17 per la rivista telematica Caffè Europa e scrive il racconto breve A letto col nemico pubblicato presso Einaudi nella collana Stile libero. Nel 2000 esce il racconto L’amico di Jeffrey Dahmer è l’amico mio nella raccolta di racconti Italia odia della collana Supergiallo Mondadori curata da Daniele Brolli. Progetta e scrive la sceneggiatura di un serial in animazione digitale 3d per Internet per la casa di produzione americana MondoMedia, intitolato Gone Bad, da Ammaniti definito “una storia di zombi tra Merola, Leone e Sam Raimi”.18 Il cuore dei lettori viene conquistato soprattutto da Io non ho paura che diventa subito un best-seller, e che anch’esso è oggetto della presente tesi. In questo racconto il protagonista è un bambino di nove anni. Uscito nel 2001 per Einaudi Stile libero, si aggiudica il Premio Viareggio,19 ottiene un immenso numero di lettori, si traduce in varie lingue straniere e viene stampato più volte. Il libro porta al suo autore notorietà a livello nazionale. La maggior parte dei critici comincia ad aprezzarlo e a considerarlo un talento della prosa contemporanea. Durante l’intervista di Giulia Mozzato fatta per le pagine di Caffè letterario, alla domanda “perché sceglie di nuovo un eroe-bambino?” Niccolò Ammaniti risponde: “Io ho un problema con gli eroi in generale: non mi piacciono. Non amo l’eroe buono, positivo, nemmeno quello mitologico che incarna in sè la morale, la giustezza della vita. Gli unici che mi piacciano sono i bambini perchè sono inconsapevoli di esserlo e quindi possono “incarnare” un problema etico e nello stesso tempo risolverlo attraverso l’intuizione e il cuore. Per questo motivo mi interessava parlare dei più piccoli.”20
Il romanzo è molto cinematografico e lo stesso autore non nega mai l’influenza del cinema sulla sua produzione letteraria. Nel 2003 il regista Gabriele Salvatores ne trae l’omonimo film di grande successo che è stato anche candidato all’Oscar. Niccolò Ammaniti ne scrive insieme
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Goran Paskaljevic è un regista serbo di successo, ha studiato presso l’academia cinematografica FAMU a Praga. 16 Vasco Rossi è un cantautore italiano, nella sua lunga carriera ha pubblicato 23 album, ha scritto più di 130 canzoni e numerosi testi e musiche per altri interpreti. 17 Disponibile sul sito della rivista Caffè Europa http://www.caffeeuropa.it/1to16/act_5385.htm 18 Disponibile sul sito ufficiale dello scrittore www.niccoloammaniti.com 19 È il premio letterario fondato nel 1929 nella città di Viareggio allo scopo di apprezzare le migliori opere della letteratura italiana. Attualmente è suddiviso in quattro sezioni: Opera prima, Narrativa, Poesia e Saggistica. 20 L’intervista a cura di Giulia Mozzato per Caffè letterario, 11/5/2001, disponibile sul sito http://www.wuz.it/archivio/cafeletterario.it/interviste/ammaniti.html
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a Francesca Marciano la sceneggiatura e ammette, nelle varie interviste, che l’idea originale era di scrivere, invece di un romanzo, la sceneggiatura per un film. “[…] La sceneggiatura l’ho scritta un anno fa. Nel caso di “Io non ho paura”, l’idea iniziale era quella di farne un film, prima di farne un romanzo. Ho fatto un romanzo perchè con questa storia poi mi sono trovato in difficoltà con l’editore. Stavo scrivendo un libro enorme e non riuscivo a finirlo e mi hanno detto “sbrigati perchè dobbiamo consegnarlo, bisogna uscire”. Insomma erano pure due anni che non facevo un libro e quindi ho detto: “Posso provare a utilizzare questa storia che era per un film per scriverne invece un libro”. Il libro è venuto bene, sono contento, perchè secondo me ha aggiunto delle cose a quello che era l’immaginario che mi ero costruito. Cioè tutta la parte psicologica, della fantasia del bambino, del suo mondo interno, delle sue paure, era qualcosa che non avevo neanche immaginato mentre pensavo al film. E allora a quel punto, quando mi hanno chiesto i diritti per farne un film, è stato molto facile scrivere la sceneggiatura perchè ce l’avevo completamente in testa, e l’ho seguita in maniera abbastanza pedante scrivendo il libro.”21
Ed infatti la pellicola segue pedestremente il romanzo. Susseguono le varie presentazioni di Io non ho paura attraverso tutta l’Italia e diverse interviste televisive e radiofoniche. Negli anni seguenti, Niccolò Ammaniti effettua molte iniziative: tiene lezioni presso scuole di scrittura, collabora a romanzi colletivi in rete, scrive varie prefazioni, postfazioni e quarte di copertina. Nella rivista Rolling Stone Italia esce il romanzo a puntate Il libro italiano dei morti che è diventato in seguito il soggetto della sceneggiatura per il film Il siero della vanità diretto dal regista Alex Infascelli. Insieme a Daniele Brolli scrive tre storie a fumetti – disegni sono di Davide Fabbri – intitolati Fa un po’ male (Einaudi, 2004) già uscite parzialmente a puntate su l’Unità.22 Partecipa alle antologie Il mio nome è nessuno – Global Novel (Einaudi, 2005) e Crimini (Einaudi, 2005). Il suo ultimo romanzo è Come Dio comanda pubblicato nel 2006 da Mondadori, nel 2007 vince il Premio Strega.23 Il 17 settembre 2006 ha sposato in località segreta l’attrice Lorenza Indovina.
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L’intervista a cura di Corrado Premuda per Fucine Mute Web Magazine di cultura, arte, scienza e spettacolo, 6/1/2003, disponibile sul sito http://www.fucine.com/print.php?url=archivio/fm48/niccolo_ammaniti.htm&id=783 22 L’Unità è il quotidiano della sinistra fondato il 12 febbraio 1924 da Antonio Gramsci. 23 Ogni anno viene assegnato il riconoscimento a un libro migliore pubblicato in Italia.
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2. TRAMA 2.1. Ti prendo e ti porto via Il romanzo inizia con la scena svoltasi alla fine dell’anno scolastico, il 18 giugno 199… (così nel romanzo) nella scuola media Michelangelo Buonarroti. Fuori dal cancello della scuola ancora chiuso gli studenti aspettano con impazienza di poter veder i quadri con i risultati finali. Succede che solo Pietro Moroni, il ragazzo dodicenne vero protagonista del libro, è bocciato. Tutti gli altri dell’intera scuola sono invece promossi. Pietro aveva immaginato di trascorrere una bella e lunga vacanza con Gloria, la sua grande amica di cui è segretamente innamorato, ma ora tutto è perduto. La storia di Pietro bocciato si ferma qui per tornare indietro nel tempo. Vengono narrati i sei mesi precedenti la bocciatura. L’autore comincia con la presentazione del secondo protagonista di questo libro, un arrogante playboy di quarantaquattro anni, Graziano Biglia che il 9 dicembre ritorna al suo paese natale, Ischiano Scalo. Il piccolo paese con poche case accanto alla laguna piena di zanzare, si trova perso nella maremma tra Lazio e Toscana. Per capire perchè Graziano ha deciso di tornare, dopo due anni d’assenza, l’autore ritiene opportuno tornare ancora una volta indietro nel tempo (sette mesi prima) e fa un salto, dall’altra parte dell’Italia, sulla riviera romagnola, a pochi chilometri da Riccione. L’estate sta cominciando, Graziano gira per vari bar e ristoranti al mare esibendosi con la sua chitarra e godendosi una vita randagia dove sesso e droga non mancano mai. Quando incontra Erica Trettel, una avvenente cubista, in un ristorante economico sulla spiaggia, è amore a prima vista. Erica è perfetta, assomiglia a Demy Moore (sic!). Inizia così una storia d’amore tra i due, che finirà in un disastro. Infatti, mentre Graziano desidera di smettere con la vita randagia, sposare Erica, costruire una famiglia e aprire una jeanseria a Ischiano Scalo, la giovane Erica vede nel suo futuro una promettente carriera televisiva. Dopo alcuni mesi di convivenza a Roma, Graziano convince Erica a sposarlo e ad andare a vivere con lui a Ischiano Scalo. Il 9 dicembre Graziano arriva da solo al paese per annunciare alla mamma la notizia del suo imminente matrimonio; è convinto che Erica lo raggiungerà il giorno dopo come promesso. Ma la ragazza, invece, non arriverà mai. A questo punto il romanzo torna a Pietro. La sua è una famiglia povera e problematica: il padre ubriacone è violento e psicopatico, la madre nevrastenica. Oltre ai problemi con il padre autoritario, Pietro deve anche affrontare, spesso con terrore, alcuni compagni di scuola bulli e teppistelli che lo hanno preso di mira: Pierini, Bacci, Ronca. Solo grazie all’amicizia con Gloria, una ragazza bellisima e ricchissima, Pietro riesce a sopportare tante sofferenze e
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ingiustizie. Una sera, tornando a casa in bicicletta, Pietro incontra i tre bulli che lo fermano e lo costringono a mettere catena e lucchetto al cancello della scuola per impedire la riapertura il mattino seguente. Accortisi che Italo Miele, il bidello e custode della scuola, non è in casa, Pierini costringe gli altri, Pietro compreso, a penetrare all’interno dell’edificio attraverso una finestra. Nell’aula di educazione tecnica cominciano a distruggere l’apparecchiatura video didattica sbattendola a terra, poi imbrattano i muri con scritte volgari. Tutto quel vandalismo nasce dalla rabbia che Pierini prova nei confronti della professoressa d’italiano Flora Palmieri. Nel fattempo Italo torna alla scuola con Alima, una prostituta nigeriana, fa per aprire il cancello, ma lo trova serrato da una catena. Rimane immobile fuori del cancello non sapendo che fare. All’improviso sente un’esplosione dentro la scuola, pensa subito che all’interno siano entrati dei malavitosi di origine sarda che avevano già rubato a casa sua due anni prima. Sentendo ancora un botto, Italo si convince che si tratti proprio dei sardi venuti a rubare. Con certe difficoltà riesce ad entrare nella scuola stringendo tra le mani il fucile. Con la mente annebbiata dalla rabbia e dall’odio, deciso a farsi giustizia da sé, si dirige verso l’aula dalla quale provengono dei rumori. Ma i ragazzi lo hanno sentito arrivare e scappano nella palestra. Italo vede le scritte volgari e capisce che quei vandalismi sono opera di studenti, li insegue e, pochi istanti dopo, tutto infuriato, intravvede Pietro e gli spara. Non lo colpisce ma lo riconosce. Il ragazzo scappa in bicicletta a casa pedalando come un matto. È disperato perchè sa che se Italo l’ha riconosciuto, verrà considerato colpevole e questo gli costerà di sicuro la bocciatura. Qui si apre un altro scenario, quello di Max Franzini, un ragazzo ventenne, figlio di genitori molto ricchi, che sta guidando una potente Mercedes sull’Aurelia, a una ventina di chilometri a sud di Ischiano Scalo. Accanto a sè ha Martina Trevisan, una ragazza che gli piace molto e che sta portando a casa. Piove, è buio e lui va a gran velocità, alla fine di una discesa una pattuglia della polizia stradale ferma l’auto. Di turno ci sono Antonio Bacci e Bruno Miele. Il primo è padre di Andrea Bacci, uno dei compagni della banda di Pierini, il secondo è figlio del bidello Italo Miele. A questo punto l’autore si concentra sulla reazione di Bruno Miele. Mentre il collega Bacci vorrebbe lasciar andare i due giovani studenti senza dar loro una multa, Bruno Miele, sospettoso e ambizioso, credendo che i due abbiano rubato la macchina, vuole addirittura arrestarli. Miele ha come modello Clint Eastwood, Steve McQueen e l’ispettore Callaghan, gli attori americani che rappresentano figure mitiche di poliziotti. Si diverte a tormentare i due, fa spogliare il ragazzo e si comporta con violenza inusitata. Proprio mentre Bruno Miele sta sfogando le proprie frustrazioni sui due giovani, arriva via radio l’ordine di recarsi immediatamente alla scuola media di Ischiano Scalo dove, 9
pare, si sono introdotti degli sconosciuti. Sono stati uditi anche degli spari. Bruno Miele preoccupato che possa essere accaduto qualcosa al padre, lascia perdere i ragazzi e si reca con Bacci a scuola. Max e Martina escono per sempre da questa storia. Inizia un altro giorno, è il 10 dicembre, nei brevi capitoli seguenti ci viene raccontato alternamente ciò che accade ai vari personaggi: a Italo Miele ferito, a Graziano Biglia quasi dimenticato, alla professoressa Flora Palmieri messa per la prima volta in scena. La relazione tra Graziano ed Erica è finita. Lei ha iniziato un nuovo rapporto con il presentatore Mantovani sognando la carriera d’attrice, lui è rimasto a Ischiano Scalo desolato per i sogni falliti. Quando Graziano si sveglia la mattina, gli fa terribilmente male la testa come se “un elicottero gli fosse finito nel cranio”.24 Flora Palmieri, l’insegnante d’italiano, viene svegliata la mattina presto dal preside Giovanni Cosenza che le chiede di venire il più presto possibile a scuola e le riferisce dei vandalismi e delle scritte ingiuriose a loro rivolte. Strada facendo Flora si ferma allo Station Bar a fare colazione e lì incontra Graziano Biglia. Lui ci sta pensando che deve cercarsi un’altra ragazza che possa sostituire Erica. Tutte le ragazze del paesino che passa in rassegna non vanno bene, per un motivo o per l’altro. All’improvviso vede entrare Flora Palmieri e ne rimane colpito. Con l’abilità del seduttore esperto si mette a parlare con lei e riesce a combinare un appuntamento per la sera stessa a casa della professoressa. Nel frattempo i poliziotti Andrea Bacci e Bruno Miele, entrati nella scuola, trovano il bidello Italo Miele ferito e lo fanno trasferire all’ospedale. Nell’aula danneggiata si incontrano il preside Cosenza, la vicepreside Gatta, infuriata, e la professoressa Palmieri. Flora capisce subito che l’autore delle scritte è sicuramente un suo alunno problematico, Federico Pierini, ma non rivela a nessuno il suo sospetto per paura di questo ragazzo. È Pietro ora a tornare al centro dell'attenzione. La mattina, quando arriva a scuola, tutto sembra normale. La scuola è aperta e le lezioni si svolgono regolarmente, a un certo punto viene chiamato dal preside. È interrogato, ma solo quando si trova solo con la professoressa Palmieri, le confessa di essere colpevole insieme con gli altri, e le racconta di ciò che è accaduto durante la notte. Pietro è molto preoccupato perchè, in caso di bocciatura il padre gli vieterebbe di continuare gli studi, cosa che lui desidera tantissimo. La professoressa lo rassicura che ciò non accadrà perchè sicuramente si terrà conto del fatto che lui ha confessato la sua colpa. Segue un altro momento determinante che contribuisce alla fine catastrofica della storia di Pietro. Mentre i genitori di Ronca, Bacci e Pierini si recano a conferire a scuola con preside e insegnati, nessuno dalla famiglia di Pietro è disponibile ad
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 207.
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andarci. Nemmeno suo fratello Mimmo che ha già venti anni, fa il pastore, ama la musica heavy metal, le moto da cross e la sua fidanzata Patrizia, sogna di fuggire in Alaska, ma non ha i soldi necessari per comprare il biglietto carissimo. Anche lui è indifferente ai problemi causati da Pietro. Si salta di nuovo e la storia continua a raccontarci di Flora Palmieri, una persona intelligente e buona, anche bella, ma purtroppo timida e solitaria che dedica molto tempo alla cura della sua madre gravemente malata. Graziano la seduce. Dopo la romantica notte d’amore nelle Terme di Saturnia si innamora di lui senza sospettare nulla sulle vere intenzioni di Graziano. Arriva l'11 dicembre. Italo Miele, il bidello, è dimesso dall'ospedale. Pietro di nuovo è preso di mira da Pierini che lo insegue in motorino con Fiamma per picchiarlo. Il ragazzino pedala più che può immaginandosi di essere Coppi, il migliore ciclista del mondo, il più veloce e soprattutto il più resistente. Infine i due inseguitori riescono a raggiungerlo e lo buttano a terra, ma proprio in quell’istante passa di lì la Uno di Graziano Biglia che si ferma subito. Normalmente non si sarebbe mai interessato ad una zuffa tra ragazzi, ma quella mattina si sentiva leggero grazie alla notte trascorsa con la Palmieri e aveva voglia di difendere i deboli. Graziano libera Pietro da quei due teppistelli e gli insegna a difendersi dalle aggressioni, gli dice che quando si viene minacciati non ci si deve mai buttare a terra come un sacco di patate ma si deve rimanere in piedi affrontando faccia a faccia l’aggressore. Pietro sorpreso che finalmente un adulto abbia preso le sue difese, vede in Biglia un eroe da imitare, così, da grande “avrebbe anche lui aiutato i ragazzini più deboli. Perché questo è il compito degli eroi”.25 Anche per Graziano l’incontro con quel bambino che aveva la rassegnazione negli occhi è importante. Riflette su se stesso e sulla propria vita; è solo come un cane, senza famiglia, senza un rapporto d’amore vero. Sarebbe possibile cambiare la vita? Lo aiuterà Flora? Nel tardo pomeriggio Pietro va a trovare la professoressa Palmieri a casa; è ansioso di sapere se sarà bocciato anche per il fatto che i suoi genitori non andranno a parlare col preside. La professoressa lo rassicura nuovamente e lui, che si fida di lei, si tranquillizza. Un flash, sono passati sei mesi e si ritorna al 18 giugno 199… al momento in cui Pietro Moroni apprende di essere stato l’unico alunno bocciato della scuola. La narrazione si fa più rapida. Graziano Biglia e Flora Palmieri cominciano una relazione amorosa, lui le ha anche regalato l’anello di fidanzamento, ma quando Erica si rifa viva perchè vuole ricominciare la loro storia d’amore, lui la raggiunge immediatamente abbandonando Flora
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 369.
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incinta senza neanche salutarla. Pietro, sentendosi tradito dalla professoressa Palmieri, viene convinto da Gloria a vendicarsi e, infuriato cattura una biscia con l’intenzione di infilarla nel letto dell’insegnante per farla spaventare. Si arrampica al primo piano del palazzo ed entra nell’appartamento di Flora. La trova nel bagno, stesa nella vasca e quasi impazzita. Pietro le chiede perchè lo hanno bocciato e Flora disperata gli rivela la verità crudele, e lo accusa di essere una nullità perchè non ha saputo farsi valere, non ha saputo reagire … ora Pietro reagisce, in un attimo afferra il cavo del registratore che è collegato alla corrente e lo scaraventa nella vasca. Flora muore folgorata. Nel frattempo Graziano si rende conto di amare Flora e il 19 giugno torna a Ischiano Scalo deciso a chiederle di sposarlo. Davanti alla sua casa, però, trova solo l’autoambulanza e la polizia. Ha perso di nuovo. Il giorno stesso la polizia fermerà Pietro per trasferirlo nel carcere minorile. Il libro si conclude con una lettera nella quale, sei anni dopo, Pietro racconta a Gloria, della quale è sempre innamorato, la sua vita in istituto, i propri progetti e sogni. Le chiede, alla fine, di prepararsi perchè “quando passo da Bologna ti prendo e ti porto via”.26
2.2. Io non ho paura È il 1978, comincia l’estate, la scuola è chiusa per le vacanze. Fa estremamente caldo, la terra si sbriciola, si respira con fatica, gli adulti si chiudono nelle case arroventate e non escono prima delle sei di sera. Solo un piccolo gruppo di bambini si avventura nelle campagne abbandonate di Acqua Traverse frazione di Lucignano, un paesino del Sud d’Italia geograficamente indefinito, composto da quattro case e una vecchia villa tra i campi di grano. Hanno un’età molto varia: dai cinque ai dodici anni. Antonio Natale, detto il Teschio, è il più grande della banda, ha dodici anni. Michele Amitrano, il protagonista del libro, ha nove anni come il suo migliore amico Salvatore Scardaccione. Poi ci sono anche Remo Marzano, Barbara Mura e la più piccola Maria, sorella di Michele. Organizzano insieme lunghe pedalate nella campagna, diverse spedizioni come per esempio quella alla fattoria di Melichetti e varie gare, in cui misurano le proprie forze. La storia comincia con una di quelle gare sulla cima di una collina ricoperta di grano. Chi arriva ultimo deve fare una penitenza. Barbara ha perso e Michele si offre di eseguire la penitenza al suo posto per salvare l’amica da un grosso imbarazzo. Dovrà salire al primo piano di una casa abbandonata e
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 458.
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diroccata che i bambini hanno trovato in un boschetto nella conca dietro la collina, entrarci dentro e attraversarla. Dopo notevoli difficoltà Michele riesce a salire al piano di sopra della casa, ma attraversandolo cade di schiena. Rimane immobile, a occhi chiusi pensando di essersi rotto l’osso del collo. Per pocchi minuti rimane pietrificato, ma poi riesce a muoversi, si guarda intorno e si accorge di essere caduto su una tettoia di platica trasparente ricoperta da un materasso. Sotto il materasso intravvede un buco profondo e gli viene subito in mente che lì potrebbe esserci un nascondiglio segreto. Guardandoci meglio dentro, scopre, tra sporcizia e rifiuti, un bambino. Sembra morto. Forse solo dorme. Michele riflette sul da farsi, ma viene chiamato dagli amici e con loro ritorna a casa. Non dice niente a nessuno. “Le cose sono di chi le trova primo.”27 Considera sua quella scoperta segreta. Davanti a casa Michele e Maria trovano ancora il furgoncino del padre, camionista che lavora trasportando merce al Nord allo scopo di guadagnare abbastanza soldi da potervi trasferire presto tutta la povera famiglia. I bambini non si devono lamentare se il padre sta fuori per molte settimane: lo fa per assicurare loro un futuro migliore. Questa volta però il padre non è ripartito. Di notte Michele pensa al bambino morto chiuso nel buco. Si chiede ‘se invece è vivo e chiede aiuto?’ Il giorno seguente ritorna sulla collina per verificare quello che aveva visto. Con una corda si cala nel buco: “Io non ho paura di niente”,28 sussurra per farsi coraggio. Il bambino non si muove, sembra morto, ma quando Michele lo tocca, quello, a occhi chiusi allunga le braccia contro di Michele e comincia a urlare. Michele fa un salto indietro, finisce nei rifiuti e, tutto spaventato, scappa. A casa vorebbe confidare al padre la sua scoperta fatta, ma questo, arrabbiato e nervoso, non ha tempo da dedicare al figlio. Michele decide non tornare mai più nel buco, ma alla fine vince la curiosità. Torna a quella casa abbandonata più volte fantasticando su chi potrebbe essere il coetaneo che aveva scoperto essere incatenato, tutto sporco, incapace di alzarsi ed aprire gli occhi. Dapprima lo immagina un lupo mannaro, poi un fratello handicappato rifiutato dai genitori al momento della nascita. Tra i due intanto nasce, a mano a mano, un rapporto di amicizia, Michele cerca di farlo parlare per avere maggiori informazioni, ma il prigioniero parla in modo strano e confuso di orsetti lavoratori, dei genitori morti e dice che anche lui è morto. Intanto ad Acqua Traverse arriva Sergio, un amico del padre, che per un certo periodo abiterà nella casa di Michele. Nella casa diroccata Michele ha ritrovato una pentola scomparsa da casa sua e ha intravisto la macchina di Felice Natale, fratello maggiore del Teschio, dirigersi sulla collina verso il nascondiglio. Il bambino così capisce che sta accadendo qualcosa di strano e ingiusto. 27 28
AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 34. Ivi, p. 51.
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La verità crudele verrà appresa un giorno a casa, guardando di nascosto il telegiornale. Il bambino nel buco si chiama Filippo Carducci, figlio di un industriale lombardo molto ricco, ed è stato rapito. Il padre di Michele è complice dei sequestratori che chiedono un piuttosto alto riscatto; se non verranno ascoltati taglieranno un orecchio all’ostaggio. Seguono alcune giornate che trasformano il nostro protagonista, lo fanno diventare quasi un adulto togliendogli una parte della sua innocente infanzia. In cambio di una scatola di figurine di calciatori Michele confida il suo segreto all’amico Salvatore, che però farà la spia a Felice. Così Michele viene scoperto. La minaccia del padre “Se torni lì lo uccidono”,29 gli ronza in testa. Ma Michele desidera difendere il suo amico e non vuole abbandonarlo, è diventato per lui un angelo custode. Dipende solo da lui la decisione se andare sulla collina infrangendo la promessa fatta al padre e salvare l’amico oppure no. Nel frattempo i rapitori spostano Filippo in un altro luogo, Michele apprende da Salvatore dove sia più o meno il nuovo nascondiglio. Arriva la notte, gli adulti a casa di Michele, sentendosi braccati dalla polizia, litigano per stabilire chi debba ammazzare Filippo. Michele a questo punto non esita, salta dalla finestra e, nel buio, vola in bicicletta verso la fattoria dove trova Filippo. I due bambini devono affrettarsi, perchè gli adulti si stanno avvicinando. Michele aiuta Filippo a scavalcare le pareti del nascondiglio per scappare ma lui stesso resta intrappolato a causa di una caviglia slogata. Sopra il buco compare il padre di Michele e spara. In cielo passano gli elicotteri della polizia.
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AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 162.
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3. ANALISI 3.1. Ti prendo e ti porto via 3.1.1. Ambiente Le caratteristiche dell’ambiente in cui si svolgono gli eventi sono dettagliatamente descritte. La storia accade a Ischiano Scalo, un piccolo paese immaginario con una cinquantina di casette abitate da un migliaio di anime. Si trova accanto alla laguna, una palude piena di zanzare, bisce d’acqua, pesci, rane e rospi e mille altri animaletti. Ci passa la ferrovia parallela alla strada statale Aurelia che collega Genova con Roma. La maggior parte degli eventi avviene in interni come nella scuola media “Michelangelo Buonarotti”, nelle case dei personaggi, nei vari bar, nelle Terme di Saturnia, meno in esterni come nelle vie di Ischiano Scalo, o sull’Aurelia. Il periodo della vicenda narrata è determinato. Conosciamo la durata della storia che accade negli anni novanta, ma l’anno preciso non ci viene comunicato. All’inizio della storia l’autore segna la data «18 giugno 199…» Gli eventi antecedenti la bocciatura di Pietro avvengono sei mesi prima solo in tre giorni precisamente stabiliti dal 9 all’11 dicembre. Nelle pagine iniziali l’autore riferisce la storia ancora di altre sette mesi prima a Roma e al mare, vicino a Riccione. Il romanzo finisce con una lettera scritta nel carcere minorile sei anni dopo che Pietro ha commesso il crimine. L’ambiente non ha nessuna particolare influenza sul comportamento dei personaggi, la storia sarebbe potuta succedere in qualsiasi altro luogo.
3.1.2. Personaggi e narratore Il presente romanzo ha due personaggi principali. Il primo personaggio è Graziano Biglia, un arrogante latin lover di quarantaquattro anni che conduce una vita randagia, ama la musica dei Gipsy King, le droghe e il sesso occasionale. Il secondo personaggio è Pietro Moroni, il vero protagonista di questa storia, come ci aveva comunicato l’autore. Pietro è un timido ragazzo dodicenne di povera famiglia che frequenta la scuola media. I personaggi secondari che ci vengono presentati sono i genitori di Pietro, il fratello Mimmo, il poliziotto Bruno Miele, il bullo Pierini, il bidello Italo Miele e soprattutto la professoressa Flora Palmieri, una donna solitaria di trentadue anni che inconsapevolmente lega le storie dei due protagonisti che altrimenti non avrebbero tra loro nessun rapporto. La caratterizzazione dei personaggi è diretta. Dal narratore apprendiamo caratteristiche fisionomiche, socio-economiche e culturali. Tramite le loro azioni conosciamo aspetti della psicologia e comportamentali che li 15
caratterizzano. In questa storia compaiono anche tante altre figure, altretanto interessanti. La stupenda cubista Erica Trettel o la madre di Graziano, i compagni di scuola e l’amica del cuore di Pietro: Gloria. Sono anche ben descritti la fidanzata di Mimmo, Patrizia; la moglie del bidello Italo Miele e la prostituta Alima, Max Franzini, figlio di ricchi genitori, con la sua fidanzata Martina e alcuni poliziotti; la madre e lo zio di Flora, Armando e, ancora, gli insegnanti della scuola. Si tratta spesso di figure assurde, caricature della tragedia umana o monumenti alla stupidità che vengono descritti con tanta ironia. L’arrogante vicepreside Mariuccia Gatta che comanda sempre e lo strabico preside Giovanni Cosenza sono personaggi davvero divertenti. L’autore dedica molta attenzione alla descrizione dei personaggi comparsi disegnando così i maggiori dettagli dei personaggi principali e di quelli secondari. L’autore mette in scena il narratore onnisciente eterodiegetico che sta sopra la storia narrata e sceglie quello che ci dice. La voce narrante entra nella mente dei personaggi diventando narratore palese perchè aggiunge alcune spiegazioni. Nel romanzo si rivelano due tipi di punto di vista: del narratore e dei singoli personaggi. Si alterna quindi la focalizzazione zero e la focalizzazione interna variabile.
Pietro Moroni: ha dodici anni, ma sembra più piccolo della sua età. È magro, abbronzato e si veste semplicemente. Piuttosto che fare le gare e giocare a calcio come tanti suoi coetanei, preferisce leggere un libro o andare in bicicletta. Adora quegli animali strani che tutti considerano schifosi: serpenti, rane, salamandre, insetti, zanzare. Si interessa di biologia, desidera frequentare il liceo e l’università per diventare un biologo. Fa una ricerca di scienze insieme a Gloria Celani, la sua migliore e unica amica di cui è segretamente innamorato. Figlia di genitori ricchi, Gloria è molto bella e sicura di sè. Pietro, a causa dei suoi interessi e della sua indole non è riuscito a farsi degli altri amici, anzi, spesso non sapendo difendersi, viene picchiato dai ragazzi più grandi. Ma perchè questo ragazzo buono è così introverso e pauroso, non sa integrarsi nel gruppo e ha problemi di comunicare con i compagni e gli insegnati a scuola? Alle spalle della sua timidezza stanno gravi problemi famigliari. Vive in una cascina malridotta con i genitori e un fratello, Mimmo. Il padre è un ubriacone che spesso diventa violento mentre la madre, malata di nervi, è imbottita di medicine. Mimmo molte volte si approfitta di Pietro; una volta, per esempio, lo costringe a chiedere ai genitori di Gloria i soldi che gli servono per potersi pagare un vaggio in Alaska. Pietro deve anche spesso affrontare il terrore che il padre aggressivo gli incute. Ma ancora di più soffre dell’indifferenza diffusa con cui tutti i membri della famiglia lo trattano. Questo ambiente ha una forte influenza sulla sua crescita e sul suo comportamento. Pietro riuscirà a reagire, e lo 16
farà con conseguenze drammatiche, solo quando la sua insegnante, senza mezzi termini, gli urlerà in faccia che tutti lo trattano male perchè lui è un bambino immaturo, debole, e incapace di opporsi agli altri. La bocciatura è giustificata da questo. Così il pacifico Pietro, disperato, senza volere, compie per la prima volta un gesto sconsiderato che lo trasforma in un assassino.
Graziano Biglia: l’autore ci disegna il suo carattere subito all’inizio della storia nel momento in cui arriva con la sua macchina truccata a Ischiano Scalo: […] lo sportello del guidatore si spalancò con un gemito ferroso. Prima uscì fuori Volare nella versione flamenca dei Gipsy King e, immediatamente dopo, apparve un uomo grande e grosso con una lunga chioma bionda, occhiali da mosca e giacca di pelle marrone con un’aquila apache di perline ricamata sulla schiena. […] Il tipo stirò le braccia. Sbadigliò. Si sgranchì le gambe. Tirò fuori un pacchetto di Camel e se ne accese una.30
Un tipico bullo dei nostri tempi, un chitarrista affascinante che piace alle donne. Arriva al suo paese natale con il sogno di sposare una ragazza stupenda, la giovane Erica Trettel. Gira per i bar salutando i vecchi amici e vantandosi in modo arrogante della sua futura sposa e suscitando la loro invidia. Erica però è una ragazza ambiziosa capace di fare qualsiasi cosa pur di apparire in televisione. Non vuole sposarsi, cerca di spiegarlo a Graziano, ma lui, troppo centrato su se stesso, non la sta ad ascoltare. Così Erica scappa e Graziano, preso atto della situazione, cerca di trovare un’altra ragazza che gli sostituisca Erica. Di carattere egoista, non si è mai preoccupato dei sentimenti delle donne, lui è abituato a usarle e basta. Presto incontra la professoressa Flora Palmieri e la seduce. Flora, però, si innamora molto di lui e questo amore influenzerà positivamente Graziano. Lo vediamo più buono quando, ad esempio, libera Pietro dai suoi aguzzini, quando pensa alla sua solitudine, ai figli non avuti e all’idea di sposarsi. Purtroppo dopo sei mesi di seria relazione con Flora, l’abbandona senza neanche salutarla e senza sapere che lei è incinta, richiamato dalla volubile Erica. Quando finalmente si renderà conto di amare Flora veramente e di volerla sposare sarà troppo tardi. Lei in quel momento è già morta. Graziano ha perso l’occasione di maturare e di dare una svolta positiva alla propria vita.
Flora Palmieri: una donna alta, magra, con le gambe lunghe e un seno abbondante. La sua faccia è strana, due zigomi sporgenti, il mento appuntito e occhialetti da professoressa, che la fanno apparire fredda e antipatica. Non proviene da Ischiano Scalo, ci vive da poco tempo e per la sua riservatezza nessuno ha ancora tentato di avvicinarla. Che sia una persona sensibile
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 20.
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e buona con il senso della responsabilità e della giustizia si capisce dalle descrizioni di come cura la sua mamma e di come ha reagito al racconto di Pietro sulle minacce da parte dei compagni di scuola: Flora fu travolta da una vampata di affetto per Pietro che le mozzò il fiato. Lo strinse forte. Avrebbe voluto prenderselo e portarselo via. Avrebbe voluto adottarlo. Avrebbe pagato qualsiasi cifra perché fosse suo figlio, così avrebbe potuto accudirlo e farlo andare al liceo, in un posto lontano milioni di chilometri da quel paese di bestie e renderlo felice.31
Flora nei suoi trentadue anni non si era mai innamorata, si tiene lontano dagli uomini a causa di una brutta esperienza avuta a sedici anni, quando lo zio Armando aveva cercato di violentarla. Per quanto riguarda il rapporto con Graziano, lei si rende conto che lui è un uomo superficiale e che nella sua vita ha avuto troppe donne. Flora ha sempre sognato un principe azzuro ben diverso, ma capisce anche di non avere più tanto tempo per aspettare questo uomo meraviglioso. Graziano le offre la concreta possibilità di avere un rapporto sessuale prima che la sua verginità diventi un problema serio e lei gli si concede di buon grado. Questo rapporto farà nascere anche un grande amore da parte di Flora che diventerà capace di accettare anche gli atteggiamenti da bullo di Graziano sentendosi molto felice. Quando Graziano la abbandona dopo sei mesi di relazione amorosa senza salutarla e senza darle nessuna spiegazione, Flora quasi impazzisce. È incinta, sola e desolata: ciò trasformerà il suo carattere, nel momento della disperazione assoluta diventerà cattiva e amareggiata; ciò si vede bene nel discorso fatto a Pietro. Flora non ha tempo di finire la frase: «Ora tu vuoi sapere perchè ti hanno bocciato. Te lo spiego. Perchè sei immaturo e infantile. […] Tu sei come me. Tu non vali niente. Io non ti posso salvare. Non ti voglio salvare. A me non mi ha salvato nessuno. A te ti fregheranno perchè non reagi…».32
Il suo stato psichico in quel momento causerà la sua fine.
3.1.3. Temi In entrambi i romanzi, che sono l’oggetto della presente tesi, è evidente l’attenzione dell’autore per i bambini e per l’infanzia. Nel romanzo Ti prendo e ti porto via l’autore ci presenta un personaggio giovane, normale, che ha sogni e desideri, ma anche troppi problemi quotidiani che deve affrontare così come devono fare anche gli adulti. Pietro Moroni ha dodici anni e fa già i conti con l’adolescenza (innamoramento dell’unica amica Gloria), è consapevole dei mali del mondo che incontra ogni giorno, quando deve affrontare il padre alcolizzato o i compagni di scuola violenti. Nella storia l’autore ci mostra la crudeltà infantile,
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 281. Ivi, p. 417.
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le differenze sociali ancora presenti nella società italiana, i difficili rapporti genitori-figli, e i drammi e gli orrori che vengono vissuti da tante persone apparentemente senza problemi. I temi importanti che attraversano le opere di Niccolò Ammaniti sono evidenziati in opposizioni binarie tradizionali: bene e male, giusto e ingiusto, richezza e povertà. La famiglia di Gloria è ricca, i genitori le dedicano molta l’attenzione e la incoraggiano. Pietro invece proviene da una famiglia povera e deprivata della cultura con gravi problemi sociali, nella quale incontra solo indifferenza. Questi ambienti, in cui i due personaggi crescono, hanno certamente l’influenza allo sviluppo della loro personalità. Nel racconto incontriamo anche l’invidia verso i ricchi nel momento in cui il poliziotto Bruno Miele ferma la Mercedes 650 TX, la macchina migliore del mondo, con a bordo Max Franzini e Martina. Peggio dei ladri. […] Questi erano figlidipapà travestiti da teppisti. Nati nella bambagia e tirati su a colpi di centomila lire e con genitori che gli dicevano che erano i padroni dell’universo, che la vita è una passeggiata e se volevano farsi le canne potevano e se gli andava di vestirsi come barboni non c’era problema.33
Il ragazzino Pietro, buono e debole, il personaggio da cui non ci aspetteremmo mai un tale atto criminale, diventa alla fine del romanzo un assassino. Il grande errore di Pietro è la sua bontà e sensibilità per cui viene emarginato dagli adulti e picchiato da tre compagni cattivi. Anche la professoressa Flora Palmieri, però, diventerà vittima predestinata di questo mondo incattivito quando sarà uccisa accidentalmente da Pietro. Anche lei è una persona timida e buona che non è capace di affrontare le provocazioni dei tre studenti bulli. Pagherà anche per essersi innamorata di Graziano Biglia, uomo immaturo e inaffidabile che l’abbandonerà dopo averla sedotta e messa incinta. Nel romanzo la bontà e tenerezza sono considerate come debolezze da eliminare. Ci viene presentato un mondo dove i buoni vengono puniti e restano sempre sconfitti mentre i mascalzoni trionfano e continuano nelle loro scorribande senza dover fare i conti con la giustizia. La verità allucinante è che l’atto orribile di Pietro è l’unica possibilità della sua redenzione. Soltanto dopo essersi ribellato a uno dei tre ragazzi e aver commesso l’omicidio della professoressa che poi lo porta alla condanna per sei anni nel carcere minorile, la sua situazione si sblocca e migliora. Qui sta l’ironia di Ammaniti; Pietro per essere riconosciuto deve diventare cattivo, solo tramite gli atti di violenza riesce a liberarsi dall’ambiente corrotto in cui è cresciuto, dall’ambiente che, probabilmente, non cambierà mai. Dalla lettera di Pietro scritta per Gloria, dopo sei anni trascorsi a carcere minorile, apprendiamo che ha finito il liceo e che forse andrà all’università. Se fosse rimasto a Ischiano Scalo probabilmente non avrebbe potuto continuare gli studi. Pietro così con il suo atto
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 190.
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conferma la regola della corruzione del mondo, fa accenno ai valori e alla consistenza morale e civica della società italiana contemporanea. Dal paragrafo precedente risulta l’altro tema importante che Niccolò Ammaniti ama trattare: l’immagine dell’Italia reale. Il tema di cui scrivono tanti autori giovani e soprattutto quelli che sono etichettati come i cannibali. Il romanzo Ti prendo e ti porto via è il grande affresco di un’Italia burina e un po’ becera. Ci viene rappresentata con ironia e satira la società italiana dei consumi, in un mondo contemporaneo che isola e separa individui, privi di valori morali, in un panorama di crudeltà e violenza. Ci viene presentata un’ampia gamma di pregiudizi diffusi, come, per esempio, l’atteggiamento di razzismo contro le prostitute nigeriane: Le puttane, tutte nigeriane, stavano ai lati della strada, sedute su degli sgabellini e, quando pioveva o batteva il sole, tiravano fuori gli ombrelli. [...] «Tu mi devi spiegare come mai il tuo Allah non vuole che mangi il maiale e che bevi il vino e poi ti permette di battere in mezzo alla strada» domandò Italo continuando a masticare.34
La denuncia sociale e la critica delle strutture portanti della società contemporanea hanno lo scopo formativo di provocare nel lettore un sentimento di ribellione. Nel corso della lettura abbiamo anche potuto notare la predilezione dell’autore per i ciclisti. Pietro adora andare in bicicletta. Durante una fuga in bicicletta per salvarsi dai suoi aguzzini, Pietro si riferisce al ciclista Coppi: Fausto Coppi era il miglior ciclista del mondo. Il più veloce. Ma soprattutto il più resistente. Non si stancava mai. Era un grande. E non mollava. Non si arrendeva. [...] Tu sei un coniglio di legno inseguito dai levrieri. Quei due dietro di te ti servono solo per correre più veloce. Tu sei il ragazzino più veloce del mondo. [...] Tu sei Fausto Coppi. Non puoi mollare.35
Un ruolo importante hanno anche le relazioni sessuali. In quest’opera l’autore descrive molte scene di sesso soprattutto in riferimento al bullo di Graziano Biglia. Ci viene descritta dettagliatamente la seduzione di Flora Palmieri nelle Terme di Saturnia.
3.1.4. Struttura e tecniche narrative Il romanzo inizia in modo inconsueto con un breve capitolo che descrive la bocciatura di Pietro, il protagonista; possiamo considerare questo il punto culminante del racconto. Questo punto culminante viene ripreso nella seconda metà del romanzo dopo che il narratore ci racconta gli avvenimenti accaduti sei mesi prima della bocciatura. Dapprima il narratore 34 35
AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, pp. 109-110. Ivi, pp. 341-343.
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espone in alcune pagine l’ambiente e due personaggi principali, Graziano Biglia e Pietro Moroni, fino al momento in cui Pietro viene costretto, da tre compagni di scuola teppistelli, a partecipare alla distruzione dell’aula di educazione tecnica. Questo avvenimento è l’esordio del romanzo, una rottura dell’equilibrio iniziale che mette in moto la vera azione. Da questo momento la vicenda comincia a evolversi velocemente, la gradazione è sempre più intensa e più interessante. Il punto culminante della tensione narrativa è la bocciatura di Pietro che causerà l’omicidio dell’insegnante Flora Palmieri proprio nel momento in cui Graziano Biglia decide di sposarla. Per il romanzo è caratteristica la drammaticità crescente delle storie dei personaggi che alla fine si mescolano e finiscono in modo tragico. Arriva lo scioglimento del romanzo, Graziano Biglia non sposerà mai Flora Palmieri, l’unica donna che lo amava veramente e Pietro viene trasferito nel carcere minorile. Nel finale del romanzo scopriamo, però, che la condanna di Pietro nel carcere minorile è per lui positiva, che il protagonista tramite il crimine commesso riesce a raggiungere il suo obiettivo: liberarsi dall’ambiente in cui non sarebbe mai apprezzato. Come abbiamo potuto notare, l’autore utilizza nel romanzo l’analessi, cioè ritorna indietro nel tempo e recupera eventi precedenti rompendo la sequenza logico-cronologica; per questo nel romanzo l’intreccio e la fabula non coincidono. L’autore crea storie parallele con diversi personaggi. All’inizio vengono raccontate le storie di due personaggi principali: del bullo Graziano Biglia e del timido Pietro Moroni; a queste, successivamente, l’autore intreccia le storie di altri personaggi: dello studente cattivo Federico Pierini, del bidello Italo Miele, del poliziotto Bruno Miele e dell’insegnante Flora Palmieri. Gli eventi vengono rappresentati attraverso i pensieri di questi personaggi. Le loro storie si alternano nel corso del racconto, si congiungono e si mescolano una dopo l’altra per comporre il quadro finale. Questa veloce alternanza delle storie disorienta un po’ il lettore in quanto, nel momento in cui è molto emozionato e coinvolto dalla storia di un personaggio questa, ad un tratto, viene sospesa perchè il narratore comincia a parlare di un altro personaggio. A questo punto al lettore verrebbe voglia di saltare il nuovo capitolo per poter continuare a seguire la vicenda precedente. Questo non si può fare in quanto le storie sono tutte collegate tra loro e si rischierebbe di perdere alcuni dettagli fondamentali della costruzione narrativa d’insieme. Per quanto riguarda l’articolazione interna del testo, possiamo notare le varie tipologie di sequenze. All’inizio prevalgono quelle descrittive e il tempo del racconto è piuttosto lento. Dopodichè la vicenda comincia a evolversi sempre più velocemente. Si alternano sequenze narrative e dialogate che accelerano il ritmo della narrazione, comunque sono sempre presenti le sequenze descrittive e riflessive che hanno la funzione di pause. Proprio la gradazione della 21
tensione spinge lettore a continuare a leggere il libro fino alla fine senza interrompere la lettura.
3.1.5. Linguaggio Niccolò Ammaniti appartiene a una generazione che è stata influenzata dallo sviluppo veloce della tecnica e dei mass-media. Nella letteratura dei giovani scrittori d’oggi possiamo notare la forte influenza del cinema e delle tecniche cinematografiche. Nel romanzo Ti prendo e ti porto via è tipico lo stile pulp con il senso per il grottesco; l’autore rappresenta con procedimento ironico l’immagine della società italiana contemporanea, descrive anche situazioni ridicole, talvolta assurde, che più di una volta sconfinano nel tragico. Facciamo un esempio analizzando il comportamento del poliziotto Bruno Miele. I modelli di riferimento di Bruno Miele erano il Clint Eastwood prima maniera, quello dell’ispettore Callaghan, e lo Steve McQueen di Bullit. Uomini tutti d’un pezzo. Uomini di ghiaccio che ti sparavano in bocca senza fare una piega. Poche chiacchiere, molti fatti. […] Al volante c’era un ragazzo. Lo squadrò senza far trapelare nessuna emozione (altro segno distintivo del vecchio Clint).36 «Spogliati!» gli ordinò il poliziotto. […] E quel finto poliziotto e una ragazza magra in ginocchio […] che piangeva ammanettata alla portiera. E poi c’era lui, in mutande, che tremava e batteva i denti senza essere in grado di fare niente. […] E la cosa più assurda era che era vera e stava accadendo a lui, a lui che era un appassionato di cinema d’azione, a lui che aveva visto un mucchio di volte Duel e quattro volte Un tranquillo week-end di paura e almeno un paio The Hitcher, a lui che, seduto nella seconda fila dell’Embassy con un pacchetto di pop-corn in mano, avrebbe apprezzato molto una scena così tosta. Avrebbe gioito per il suo realismo. Per la violenza inusitata che il regista era riuscito a metterci dentro. Che strano, ora c’era in mezzo, proprio lui, proprio lui che avrebbe applaudito…37
Il lessico di questo romanzo possiamo definirlo, semplice, ironico, comune, con un uso frequente di espressioni volgari che fanno parte naturale, nell’Italia contemporanea, del linguaggio giovanile. «E allora? Che cazzo ridi a fare, eh? Non c’è nulla da ridere. È un casino, cazzo. Non capisci che se non la mettiamo domani dobbiamo portare la ricerca. Solo un idiota come te può mettersi a ridere per una cosa del genere.» Pierini mollò uno spintone a Ronca che per poco non cadde dalla bicicletta.38 Pierini gli tirò una palla di carta. L’aprì. Sopra c’era scritto: CAZZONE MA CHE È SUCCESSO L’AVEVI CHIUSA BENE LA CATENA? QUANDO SIAMO ARRIVATI ERA TUTTO NORMALE. CHE CAZZO AI FATTO?39
L’autore usando tale forma espressiva rende la lingua più realistica ed esercita sul lettore il maggior impatto emozionale possibile. Ci si trovano sia parole gentili e tenere, ricordiamo ad 36
AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 187. Ivi, pp. 193-196. 38 Ivi, p. 90. 39 Ivi, p. 272. 37
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esempio la tenerezza di Flora Palmieri verso Pietro, sia parole crude come nella descrizione dello sbranamento della pecora da parte del cane di Pietro, Zagor. «[…] Va ammazzato. Troppi guai.» […] aveva detto il signor Moroni puntando la doppietta contro il cane […]. Sparsi nel cortile c’erano pezzi di pecora. Zagor l’aveva ammazzata, trascinata fino a là e poi sventrata. La testa, il collo e le due zampe anteriori erano finite accanto al fienile. Lo stomaco, le budella e le altre interiora invece erano proprio al centro, in una pozza di sangue coagulato. […] Pietro aveva cominciato a piangere, ad attaccarsi ai pantaloni di suo padre, a implorarlo disperato di non ammazzarlo, che lui gli voleva bene […].40
Tipiche sono anche le invenzioni figurali: Felice come una perla nell’ostrica. O meglio, come una polpetta nel sugo di pomodoro.41 Graziano Biglia aveva la sensazione che un elicottero gli fosse finito nel cranio.42 Alle sei di mattina uno spaventapasseri travestito da Graziano Biglia sedeva in un angolo dello Station Bar.43
La struttura sintattica è semplice, fatta di frasi brevi ed è fondata sulla paratassi che è tipica del linguaggio parlato; essa crea l’effetto di velocità e di azione. «Era partito. Se n’era andato. Senza dirmi niente, senza salutarmi. Io lo sapevo che quell’uomo non valeva niente. Era un buffone, mia madre me lo aveva detto subito. Lo sapevo benissimo. È questo che mi fa male. Ma mi aveva stregata con le sue parole, la sua musica, i bei progetti, quell’anello. Non mi lasciava in pace. Mi torturava. Mi ci faceva credere.»44
Il romanzo può essere visto come una grande metafora della cultura moderna e della società di consumo. Per quanto concerne le tecniche di rappresentazione delle parole dei personaggi, i discorsi diretti liberi prevalgono sui discorsi diretti, e sono delimitati da virgolette, creando così un effetto di maggior immediatezza. Ci sono anche discorsi indiretti liberi che approfondiscono meglio alcuni tratti psicologici del personaggio. Facciamo un esempio sul punto di vista del narratore che è entrato nella mente di Pietro dopo che suo fratello Mimmo gli aveva domandato di chiedere i soldi ai genitori di Gloria: La cosa non lo convinceva. Innanzitutto si vergognava. […] No. Non era bello chiedere soldi in prestito così, era un po’ come chiedere l’elemosina. […] Non gli sembrava giusto, ecco, che suo fratello ogni volta cercasse di mettere in mezzo gli altri per risolvere i suoi problemi. […] Doveva guadagnarseli, i soldi, allora sì che sarebbe stato bello […]. Oltretutto, non gli andava proprio che Mimmo partisse per l’Alaska.45
La rappresentazione dei pensieri dei personaggi consiste in monologhi interiori scritti in corsivo che sono ricchi di riflessioni e di domande. Riportiamo un pensiero di Graziano Biglia quando vede per la prima volta Flora Palmieri:
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, p. 156. Ivi, p. 107. 42 Ivi, p. 207. 43 Ivi, p. 228. 44 Ivi, p. 414. 45 Ivi, pp. 167-168. 41
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Chi è? […] Lo so io chi è. È… È l’insegnante delle medie. La… Pal… Palmiri. Una cosa del genere. […] Quanti anni può avere? […] Sì, è proprio strana.46
Nel romanzo si trovano molti flussi di coscienza che registrano pensieri, immagini e sensazioni del personaggio come ad esempio il riferimento di Pietro al ciclista Fausto Coppi, di cui si è già parlato.
3.2. Io non ho paura 3.2.1. Ambiente Le caratteristiche dell’ambiente in cui si svolgono gli eventi sono dettagliatamente descritte e anche il periodo storico della vicenda narrata è chiaramente espresso. La vicenda si svolge nel 1978 durante le vacanze estive nel Sud dell’Italia, in un piccolissimo paese immaginario di nome Acqua Traverse composto da quattro casette e una villa dell’Ottocento: non c’è una piazza, non ci sono altre strade se quella unica centrale. Nessuno sa perchè quel posto “dimenticato da Dio e dagli uomini”47 si chiama così, visto che l’acqua non c’è se non quella trasportata dall’autocisterna ogni due settimane. Per il caldo eccessivo, durante il giorno, gli adulti si chiudono in case e non escono prima delle sei. Il calore entrava nelle pietre, sbriciolava la terra, bruciava le piante e uccideva le bestie, infuocava le case. […] Il sole ti levava il respiro, la forza, la voglia di giocare, tutto. E la notte si schiattava uguale.48
Tramite la descrizione di quella campagna meridionale, la durezza del clima e del paesaggio, è possibile percepire la realtà sociale del Sud. Prevalgono luoghi aperti, come campi di grano e colline, ma vengono descritti anche luoghi chiusi come la casa diroccata con il buco e la casa del protagonista. Questi luoghi acquistano un ruolo fondamentale come la povertà della famiglia del protagonista che si deduce leggendo la descrizione della loro casa, la disperazione e l’ansia che suscita la descrizione del buco in cui è imprigionato il bambino rapito. È proprio l’ambiente che influenza il comportamento degli adulti e causa il loro orrendo crimine.
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AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004, pp. 232-233. AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 36. 48 Ivi, p. 6. 47
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3.2.2. Personaggi e narratore Il protagonista del presente romanzo ci è ben noto sin dall’inizio della storia. Si chiama Michele Amitrano e ci racconta fatti accaduti quando lui aveva nove anni. Come personaggio principale possiamo considerare non solo Michele, ma anche Filippo, il bambino rapito intorno al quale nasce tutta la vicenda. I personaggi secondari possono essere divisi in due gruppi: i bambini e gli adulti. I primi sono gli amici di Michele: Antonio Natale, detto il Teschio, Salvatore Scardaccione, Remo Marzano, Barbara Mura e la sorella minore di Michele, Maria; i secondi sono i genitori di Michele, il padre Pino e la madre Teresa, l’amico romano del padre Sergio Materia e infine Felice Natale, fratello del Teschio. Altri adulti comparsi nella storia di Michele sono i genitori dei suoi amici. Tutte le informazioni che apprendiamo sui personaggi come l’aspetto fisico o la situazione socio-economica ci vengono comunicate da Michele così come li vede lui stesso. Tramite le azioni dei personaggi, le loro reazioni e il loro comportamento possiamo individuare aspetti del loro carattere e della loro psicologia. Proprio la povertà di Acqua Traverse ha un’influenza decisiva sul comportamento degli adulti. Michele, il protagonista, è l’io narrante che commenta tutta la storia attraverso i suoi occhi di bambino. Possiamo quindi definirlo un narratore omodiegetico, uno spettatore esterno perchè non è in grado di darci tutte le informazioni in quanto, in quel momento, non le sa. L’unico punto di vista è quello dell’unico personaggio, si tratta quindi di una focalizzazione interna fissa. Il lettore attento riscontra, però, che la storia in realtà viene raccontata da un Michele maggiore di alcuni anni. Nel momento in cui riferisce la sua caduta sulla schiena nella casa diroccata fa un paragone simile con quello che gli è accaduto dieci anni dopo: Circa dieci anni dopo mi è successo di andare a sciare sul Gran Sasso. [...] Avevo diciannove anni e a sciare c’ero stato una volta sola.49
Michele Amitrano: è un bambino di nove anni, non viene descritto fisicamente, sappiamo solo che suo padre lo trova rachitico. Ama la sua vecchia bicicletta chiamata Scassona. Vive con i suoi genitori e la sorella minore Maria in un piccolo paese al Sud dell’Italia dove fino in quel momento ha passato la sua innocente infanzia giocando con il gruppo degli amici. Ma la sua vita cambia nel corso di alcuni giorni estivi, dopo aver scoperto, per caso, Filippo, un bambino nascosto dentro una buca, in una casa dirrocata. Dapprima decide di non condividere
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AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 28.
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con nessuno il suo segreto. Per lui, salire sulla collina dove sta la casa diroccata è come vivere, ogni volta, una grande avventura o partecipare a un gioco: E se arrivavo su e c’erano le streghe o un orco? Sapevo che le streghe si riunivano la notte nelle case abbandonate e facevano le feste e se partecipavi diventavi pazzo e gli orchi si mangiavano i bambini. [...] Cos’avrebbe fatto Tiger Jack al mio posto? [...] Quella era una persona seria. Tiger Jack, l’amico indiano di Tex Willer.50
L’inizio della storia di Michele è accompagnato da tante fantasticherie infantili che talvolta consideriamo divertenti. L’autore è riuscito a mettersi nei panni di un piccolo bambino e a presentarci il suo immaginario. Più tardi Michele prova a confidare al padre la sua scoperta sperando di avere da lui una spiegazione, non viene però ascoltato. Tra i bambini nasce un po’ alla volta una grande amicizia. Questo gioco incosciente finisce con la brutale scoperta da parte di Michele della cruda verità che si rivelerà per lui traumatica. Il bambino viene a sapere che il suo amico Filippo, il bambino del buco, è stato rapito dagli adulti e che uno di questi rapitori è suo padre: Papà era l’uomo nero. Di giorno era buono, ma di notte era cattivo. [...] E papà gli voleva tagliare pure le orecchie.51
Questa scoperta è devastante, Michele la vede come un tradimento fortissimo da parte dei genitori che fino a quel momento aveva sempre stimato e amato. La scoperta dell’esistenza del male lo costringe a cambiare le sue idee infantili sugli adulti. La sua fiducia, però, viene tradita non solo da parte degli adulti ma anche da parte del suo migliore amico Salvatore; Michele deve accettare tutto ciò con tanta amarezza: Salvatore Scardaccione mi aveva venduto per una lezione di guida. [...] Mi faceva male tutto, le ginocchia sbucciate, le costole, un braccio e un polso. Ma soprattutto il cuore. Salvatore me lo aveva spezzato.52
A causa di tutti questi avvenimenti Michele diventa maturo in fretta, quasi un adulto; la consapevolezza di una realtà così diversa da quella dell’età dei giochi lo trasforma completamente. Alla fine Michele decide di affrontare il male e trova nelle sue fantasie tipiche della sua età la forza di rimediare all’errore commesso dagli adulti perchè lui non ha più paura.
Filippo Carducci: il bambino rapito e incatenato dentro il buco nella casa diroccata sulla collina. Dal quaderno di scuola che Michele trova a casa sua nella cartellina portata da Sergio Materia, apprendiamo l’origine di Filippo. Proviene da una famiglia ricca dal Nord, suo padre
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AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 48. Ivi, p. 92. 52 Ivi, p. 152. 51
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è un industriale potente che va spesso in America per lavoro. Filippo ora si trova nel buco fetido, è incatenato, magrissimo, sporco, la pelle scorticata, la faccia nera e sudicia, le unghie nere, lunghe e storte, per la mancanza della luce non riesce più ad aprire gli occhi. Dapprima non si muove e non si fida di Michele, ma più tardi comincia a comunicare con lui. Passo a passo si sviluppa tra i due coetanei un rapporto d’amicizia. Filippo al principio è convinto che i suoi parenti siano morti, che tutti i morti si trovino in buchi e che quindi lui stesso debba essere morto. Se no, pensa, sua madre sarebbe venuta a prenderlo. Le sue immagini sono troppo infantili, a un bambino innocente non verrebbe mai in mente che quello che gli è accaduto possa essere reale. Tutta la verità gli viene rivelata da Michele che man mano scopre il piano diabolico degli adulti. Filippo alla fine capisce il rischio che sta correndo e che Michele è venuto ad aiutarlo; ora deve concentrare tutte le proprie forze per salvarsi. Il legame d’amicizia è diventato forte, Filippo non vuole abbandonare l’amico, ma tutti e due sanno che non c’è un altra possibilità, e che Filippo se non vuole essere ammazzato, deve subito scappare e nascondersi. E infine ci riesce.
Il padre Pino Amitrano: è un uomo piccolo, magro e nervoso, i capelli neri, tirati con la brillantina, la barba ruvida e bianca sul mento. Odora di acqua di colonia e di sigarette. All’inizio del romanzo Michele ci comunica che suo padre fa il camionista e a volte sta fuori casa anche per molte settimane. Il padre ha spiegato ai suoi due figli che porta la merce con il suo camion al Nord e se continuerà a lavorare così tanto, presto riuscirà a trasferire tutta la famiglia al Nord così che anche loro diventeranno benestanti. Nel corso del romanzo capiamo però, che il padre non fa il camionista, il suo lavoro preciso non ci viene comunicato, ma ci è chiaro che guadagna soldi in modo disonesto. Il padre vuole bene a sua moglie e ai figli, porta loro sempre dei regali quando torna a casa e cerca di guadagnare per raggiungere il benessere per tutta la sua famiglia, per assicurare loro un futuro migliore. In fondo non è una persona cattiva, ma una persona disperata che, nel tentativo di cambiare vita, commette un crimine. Per realizzare il sogno di andarsene dal Sud povero, diventa aggressivo e indifferente verso il dolore della mamma a cui è stato sequestrato il bambino. Nel finale del romanzo il padre piange e accarezza suo figlio Michele ferito proprio dal colpo che lui credeva di aver sparato a Filippo. È disperato e preoccupato per il figlio piuttosto che per gli elicotteri della polizia che sta arrivando sulle tracce di Filippo.
La madre Teresa Amitrano: è casalinga ed è molto bella, alta e delle forme pronunciate con occhi scuri e grandi come mandorle, capelli lunghi e neri, una bocca larga e denti forti e 27
bianchi. La accompagnano sempre le occhiate voraci degli uomini. A casa lavora tutto il giorno, quasi non riposa, si vede sempre in piedi e parla poco. È una donna contenta che ama suo marito e i suoi due figli con i quali scherza e ride. La quiete a casa finisce con il sequestro del bambino. A Teresa non piace l’azione cattiva commessa da suo marito e dai suoi complici, ma non osa obiettare e mal sopporta gli eventi in silenzio. Diventa nervosa e spesso piange. Sa immaginare l’angoscia e i sentimenti della mamma di Filippo. Teresa è una persona timida che non interviene mai negli affari degli uomini, ma quando il bullo Felice Natale picchia Michele, lei diventa una persona violenta e pronta a difendere il figlio. Si getta su Felice, lo colpisce con un calcio e in seguito con la padella in faccia. Dopo la lotta cerca di consolare il figlio e gli sussurra disperata per la situazione attuale ad Acqua Traverse in un orecchio: – Quando diventi grande te ne devi andare da qui e non ci devi tornare mai più.53
Felice Natale: fratello maggiore del Teschio, un amico di Michele, è un ragazzo ventenne molto cattivo che picchia i bambini del paesino e ruba oppure distrugge i loro giocattoli. Porta vestiti fuori moda come giacche militari probabilmente perchè gli piaciono le armi. È incapace di avere rapporti normali con le persone, non ha nessun amico né una donna; l’unica cosa di cui si occupa è della sua macchina, una 127 marrone. Dal suo comportamento possiamo definirlo un bullo arrogante, incapace di provare sentimenti di pietà.
3.2.3. Temi Torniamo ancora al tema preferito dell’autore: l’infanzia. L’autore è abilissimo nell’entrare nella mente di un personaggio infantile, attraverso gli occhi di un bambino ci parla d’amicizia, di coraggio, di tradimento, di rapporti con i coetanei e con i genitori. L’idea principale è la perdita precoce dell’innocenza infantile. Michele Amitrano, bambino di nove anni, attraverso gli avvenimenti accaduti arriva alla consapevolezza dei mali del mondo, successivamente diventa maturo scoprendo il mondo degli adulti e della realtà. Nel romanzo Io non ho paura Niccolò Ammaniti raffigura due punti di vista: quello infantile e quell’adulto. Ma non li mette in contrasto, cioè il mondo degli adulti immorale e cattivo contro il mondo infantile puro e onesto, tutti e due i mondi si assomigliano sia nella crudeltà sia nell’ingenuità, soltanto la loro interpretazione è diversa. Il mondo infantile è rappresentato sia nell’aspetto dell’amicizia e dei giochi in compagnia, sia in quello del tradimento e della violenza. Basta ricordare la penitenza pericolosa che Michele dove subire 53
AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 158.
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nella casa diroccata oppure il barbaro impalamento della gallina considerato un rituale di appartenenza alla banda: Lo avevano fatto. Avevano imapalato la gallina. Se ne stava in punta a una canna. Le zampe penzoloni, le ali splancate. Come se prima di rendere l’anima al Creatore si fosse abbandonata ai suoi carnefici. La testa le pendeva da un lato, come un orripilante pendaglio intriso di sangue. Dal becco socchiuso colavano pesanti gocce rosse. E dal petto le usciva la punta della canna.54
Il crimine commesso dagli adulti, il sequestro di un bambino, è certamente molto crudele e disprezzabile, ma se diamo uno sguardo più profondo alle circostanze che hanno causato tale comportamento, notiamo che i personaggi adulti non sono impietosi malavitosi ma solo gente semplice, povera e disperata a causa del basso livello della vita al Sud dell’Italia. Il fatto molto brutto e imperdonabile è che sono capaci di sacrificare qualsiasi cosa pur di ottenere una vita migliore, per avere più soldi, per potersi trasferire nel Nord benestante. L’autore fa accenno alle condizioni di vita opprimenti del Sud povero alla fine degli anni settanta, dove la mancanza del lavoro favorisce la delinquenza e costringe la brava gente a commettere azioni anche abominevoli. Come possiamo notare ci sono sempre presenti opposizioni binarie: bene e male, giusto e ingiusto, richezza e povertà. Per quanto concerne la richezza e povertà, ci rendiamo conto delle differenze evidenti tra il Nord ricco e sviluppato industrialmente, dove ci sono molte possibilità di lavoro e il Sud povero e arretrato. Questo è un problema che persiste fino ad oggi. Ugualmente, come nel romanzo precedente, è dimostrata la differenza tra le tipologie famigliari: la famiglia povera di Michele e la famiglia ricca di Salvatore Scardaccione. Tutti i bambini di Acqua Traverse hanno a disposizione una bicicletta, il loro unico mezzo di trasporto per potersi avventurare nei dintorni. La bicicletta di Michele è già vecchia, comunque a lui piace lo stesso perchè ha la sua storia: La mia bicicletta era una ferro vecchio, con il sellino rattoppato, e così alta che dovevo piegarmi tutto per toccare a terra. Tutti la chiamavano la Scassona. Salvatore diceva che era la bicicletta degli alpini. Ma a me piaceva, era quella di mio padre.55
Le scene di sesso non emergono in questa opera visto che la storia è raccontata da un bambino di nove anni. Possiamo notare solo un certo accenno alla sessualità percepita anche da un bambino a proposito della madre bellissima: Quando andavamo al mercato di Lucignano vedevo come gli uomini le appiccicavano gli occhi addosso. Vedevo il fruttivendolo che dava una gomitata a quello del banco accanto e le guardavano il sedere e poi alzavano la testa al cielo. [...] A mamma queste cose non interessavano. Non le vedeva. Quelle occhiate voraci le scivolavano adosso.56
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AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 20. Ivi, p. 10. 56 Ivi, pp. 59-60. 55
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3.2.4. Struttura e tecniche narrative Il romanzo inizia con la descrizione di un gioco infantile, ossia della corsa sulla collina, durante la quale Maria si fa male ad una gamba. Immediatamente dopo questa breve introduzione ci vengono presentati il protagonista Michele Amitrano, i suoi amici e l’ambiente in cui la storia avviene. Siamo trasportati nel mondo infantile fatto di giochi, gare, avventure e fantasie. La rottura dell’equilibrio iniziale avviene all’interno della casa diroccata nel momento in cui Michele scopre per caso Filippo, il bambino chiuso dentro il buco. Da questa sorpresa sconvolgente, l’evoluzione della vicenda è molto rapida. Tutta la storia, basata sulla gradazione crescente, si impernia intorno al sequestro di Filippo. L’azione culmina in circostanze drammatiche quando gli adulti, che hanno perso il controllo sulla situazione, decidono di uccidere Filippo, e Michele spaventato pedala in bicicletta verso il nascondiglio deciso a salvare Filippo. Il ritmo della narrazione nella parte conclusiva è travolgente. Lo scioglimento coincide con il finale sorprendente della storia. Il protagonista raggiunge il suo obiettivo cioè riesce a salvare Filippo, nel contempo però viene ferito da un colpo sparato da suo padre e si trova così in pericolo di morte: questo può essere considerato il momento più triste della tragedia. Per quanto riguarda l’ordine del racconto, la fabula coincide con l’intreccio perchè gli avvenimenti vengono narrati dal protagonista in ordine cronologico progressivo e lineare. In alcuni tratti appaiono tuttavia dei ricordi e delle digressioni. L’autore spesso introduce nel racconto degli elementi che si discostano dal discorso principale, per cui aumenta la tensione narrativa. L’autore, tramite la sua semplice narrazione cinematografica, è abilissimo nel coinvolgere il lettore, fecendogli divorare il testo e facendogli vivere gli avvenimenti e assaporare le emozioni insieme al protagonista. Il ritmo della narrazione è rapido e incalzante, a ciò contribuisce la quantità delle sequenze dialogate che si alternano velocemente con quelle narrative e la limitazione delle sequenze descrittive. È un romanzo appassionante, che si legge tutto d’un fiato, che tiene i lettori agitati e curiosi di vedere come andrà a finire.
3.2.5. Linguaggio Così come nel libro precedente, il modo stilistico-espressivo nel romanzo Io non ho paura è fortemente influenzato dal cinema. Ricordiamo che l’idea iniziale era quella di farne un film. In questo romanzo non troviamo, però, quell’ironia e quella comicità che erano presenti nel
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romanzo Ti prendo e ti porto via. Le immagini infantili possono sembrarci divertenti ma più in là, quando apprendiamo la dura realtà che il ragazzino di nove anni deve affrontare, questi immagini infantili fanno risaltare ancora di più la tragicità della storia. Forse era un mostro. Un lupo mannaro. Di notte diventava un lupo. Lo tenevano incatenato lì perchè era pericoloso. Avevo visto alla televisione un film di un uomo che nelle notti di luna piena si trasformava in lupo e assaliva la gente. I contadini preparavano la trappola e il lupo ci finiva dentro e un cacciatore gli sparava e il lupo moriva e tornava uomo. Era il farmacista. E il cacciatore era il figlio del farmacista.57 Poteva essere che il bambino nel buco era mio fratello, ed era nato pazzo come Nunzio e papà lo aveva nascosto lì, per non farci spaventare me e mia sorella. Per non spaventare i bambini di Acqua Traverse. Forse io e lui eravamo gemelli. Eravamo alti uguale e sembrava che avevamo la stessa età.58 Papà era l’uomo nero. Di giorno era buono, ma di notte era cattivo.59
Il lessico utilizzato è semplice, letterario, l’autore sceglie accuratamente le parole; i volgarismi e i gergalismi tipici del linguaggio giovanile sono spariti. Un grande accento è posto sulla scelta del lessico più efficace e reale che spinge il lettore a immedesimarsi con l’ambiente duro e con i sentimenti del protagonista. Ogni cosa era coperta di grano. Le colline, basse, si susseguivano come onde di un oceano dorato. Fino in fondo all’orizzonte grano, cielo, grilli, sole e caldo. […] Quella maledetta estate del 1978 è rimasta famosa come una delle più calde del secolo. Il calore entrava nelle pietre, sbriciolava la terra, bruciava le piante e uccideva le bestie, infuocava le case. […] Il sole ti levava il respiro, la forza, la voglia di giocare, tutto. E la notte si schiattava uguale.60 Mi sono rimesso a leggere. Era un numero nuovo, me lo aveva prestato Remo. Ma non riuscivo a concentrarmi. L’ho buttato a terra. Pensavo a Filippo. Ora come facevo? Gli avevo promesso che tornavo da lui, ma non potevo, avevo giurato a papà che non ci andavo. Se ci andavo gli sparavano. Ma perchè? Mica lo liberavo, ci parlavo solo. Non facevo niente di male. Filippo mi aspettava. Era lì, nel buco, e si chiedeva quando tornavo, quando gli portavo le polpette. – Non posso venire, – ho detto ad alta voce.61
Anche qui la struttura sintattica è fatta di frasi brevi, semplici e nette, e fondata sulla paratassi che crea un’estrema fluidità. Ero bagnato. Mi sono toccato la gamba. Una cosa densa e calda mi impiastricciava tutto. Non voglio morire. Non voglio. Ho aperto gli occhi. Ero in un vortice di paglia e luci. C’era un elicottero. E c’era papà. Mi teneva tra le braccia. Mi parlava ma non sentivo. I capelli gli brillavano mossi dal vento.62 57
AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 53. Ivi, p. 72. 59 Ivi, p. 92. 60 Ivi, p. 6. 61 Ivi, p. 165. 58
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Per quanto riguarda le tecniche di rappresentazione delle parole dei personaggi, prevalgono discorsi diretti indicati con trattino. Le virgolette sono usate soltanto per indicare le frasi che sono state pronunciate da un personaggio in passato. Mi sono fermato. Ero sudato. Ho preso fiato e l’ho chiamata. – Maria? Maria? Mi ha risposto una vocina sofferente. – Michele! – Ti sei fatta male? – Sì, vieni. – Dove ti sei fatta male? – Alla gamba. Faceva finta, era stanca. Vado avanti, mi sono detto. E se si era fatta male davvero?63 Mia sorella Maria aveva cinque anni e mi seguiva con l’ostinazione di un bastardino tirato fuori da un canile. «Voglio fare quello che fai tu», diceva sempre. Mamma le dava ragione. «Sei o non sei il fratello maggiore?» E non c’erano santi, mi toccava portarmela dietro.64
I pensieri di Michele che racconta tutta la storia consistono in flussi di coscienza e monologhi interiori, ci sono domande, riflessioni personali in grande quantità e numerosi ricordi che rallentano il tempo del racconto.
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AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001, p. 218. Ivi, p. 5. 64 Ivi, p. 6. 63
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4. CONCLUSIONE E CONFRONTO TRA LE DUE OPERE Niccolò Ammaniti è uno degli scrittori contemporanei più letti le cui opere nuove sono sempre aspettate dai loro lettori con ansia e curiosità. I suoi romanzi, classificati dai critici come letteratura di consumo della cultura bassa, hanno un grandissimo successo. Il Nostro ci ha fatto vedere di avere una potente capacità affabulatoria, di essere abilissimo in costruire storie interessanti e scorrevoli che meritano di essere lette. Come abbiamo potuto notare, le opere di Niccolò Ammaniti sono scritte in modo cinematografico, senza stravaganze linguistiche o sintattiche, si tratta di narrazione pura e semplice priva di compiaciuti rimandi o allusioni colte. Analizzando i suoi romanzi Ti prendo e ti porto via e Io non ho paura si sono rivelati alcuni tratti simili ma anche differenze. L’autore per mostrare l’Italia reale colloca i suoi romanzi in piccoli paesi immaginari: uno negli anni novanta, allo scopo di criticare la società italiana contemporanea; l’altro negli anni settanta, periodo storico ben diverso da quelli usualmente utilizzati da Ammaniti, con lo scopo di descrivere l’atmosfera del Sud povero di quell’epoca. Comunque è necessario prendere nota del fatto che la questione del Sud d’Italia viene ancor oggi discussa. In tutti e due i romanzi, il protagonista è un bambino che ci viene rappresentato sia nel suo mondo infantile sia nelle sue relazioni con i pari e con gli adulti. Nel primo romanzo, i personaggi sono numerosi, molte volte assurdi tanto che il loro comportamento ci diverte. Attraverso questi personaggi né buoni né cattivi, ci viene rappresentata la società italiana di consumo d’oggi in modo ironico e parodico. È una denuncia sociale, una dimostrazione dell’ignoranza delle nuove generazioni prive di valori morali. Ricordiamo la rassegnazione di Pietro nei confronti dei suoi compagni di scuola teppistelli contro i quali non era capace diffendersi; l’ironia che sta nel fatto che un ragazzo dal carattere buono sia riuscito a liberarsi dalla sua posizione negativa solo tramite il crimine. Nel secondo romanzo, invece, il tema trattato è più grave, non c’è più tutta quell’ironia che ci faceva ridere nel romanzo precedente. Il protagonista Michele, al contrario, è un eroe coraggioso, positivo e ricco di valori umani. Rispetto al romanzo precedente si sente in questo la speranza in un mondo migliore attraverso l’amicizia e la solidarietà dei bambini. Il romanzo non è quindi tanto ironico, è più psicologico: davvero l’abilità dell’autore nel farci entrare profondamente nella psicologia dei bambini è apprezzabile. Leggendo il romanzo Ti prendo e ti porto via abbiamo verificato ancora tanti aspetti che caratterizzano lo stile cannibale, come la struttura caotica, l’uso dei gergalismi giovanili, l’uso dell’ironia e della satira per mostrare l’immagine della società italiana di fine millennio.
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Si trovano ancora alcune scene crude e violente, ma senza la tendenza all’esagerazione. L’autore scrive in modo più pacato senza l’uso delle iperboli che caratterizzavano le sue opere precedenti come se non volesse più essere etichettato come scrittore cannibale. È completamente riuscito a svincolarsi da quell’etichetta con il suo romanzo Io non ho paura; la struttura è ben fatta in ordine cronologico, non ci sono più l’ironia, volgarismi e gergalismi giovanili; l’autore usa la lingua semplice e letteraria; l’ambiente e i personaggi sono ben delineati e descritti. La trama di questo romanzo sembra più scontata e realistica. Attraverso la lettura dei presenti romanzi abbiamo scoperto che lo stile di narrazione dello scrittore Niccolò Ammaniti si è evoluto, è diventato più maturo e completo. Niccolò Ammaniti è uno scrittore italiano contemporaneo le cui opere, non solo quelle scelte per la presente tesi, risultano essere degne d’attenzione e valgono la pena di essere lette non soltanto per un divertimento, ma, soprattutto per riflettere sul loro messaggio che è una critica all’indifferenza della società italiana contemporanea.
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5. BIBLIOGRAFIA 5.1. Letteratura primaria (opere) AMMANITI, Niccolò, Ti prendo e ti porto via, Milano, Mondadori, 2004 (prima edizione: 1999). AMMANITI, Niccolò, Io non ho paura, Torino, Einaudi, 2001.
5.2. Letteratura secondaria (critica) AMMANITI, Niccolò, Branchie, Torino, Einaudi, 1997 (prima edizione: 1994). AMMANITI, Niccolò, Fango, Milano, Mondadori, 1996. MILANO APPEL, Anne, “New Italian Narrative: The Under 30 Generation of «Gli intemperanti»”, Forum Italicum, no 2, 2004, pp. 517-541. FERME, Valerio, “Note su Niccolò Ammaniti e il fango di fine millennio”, Narrativa, no 2021, 2001, pp. 321-335. BIANCHI, Alberto, “L’autenticità dell’immagine. Lo specchio catodico di Niccolò Ammaniti”, Narrativa, no 20-21, 2001, pp. 337-348. DELLA VALLE, Valeria, “Tendenze linguistiche nella narrativa di fine secolo”, in La narrativa italiana degli anni novanta, a cura di Elisabetta Mondello, Roma, Meltemi Editore, 2004, pp. 39-63. MALATO, Enrico, Storia della Letteratura italiana, vol. IX Il Novecento, Roma, Salerno Editrice, 2000. BROLLI, Daniele, Gioventù cannibale. La prima antologia italiana dell’orrore estremo, Torino, Einaudi, 1996.
5.3. Sitografia Sito ufficiale dello scrittore: www.niccoloammaniti.com
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