una eterna alleanza con la. Germania ! Ma ecco che è stata l'Austria stessa a
risvegliarci dal sogno ingannatore, a riaprire il vecchio conto che aveva con noi,
...
Guerra
i
e.
Canti! patriottici del
X
n
Popolo ^
Italiano
cura di
RINf^LDO
CrtDDEO S'^
Edizione
aumentata
Presented to the
LIBRARY of the UNIVERSITY OF TORONTO from the estate of
GIORGIO BANDINI
'NNI DI
GUERRA
PROPRIETÀ' LETTERARIA
Stabilimento Tipografico della Società Editoriale Italiana
-
Milano
Inni di
Guerra e
Canti patriottici del Popolo Italiano Scelti e annotati
S'i'i
/ÌA'''
^
da Rinaldo Caddeo
d'Italia!
SII,
in
anni!
coraggio!
Rerchet.
Terza edizione
ccjrretta
ed aumentata
MILANO CASA EDITRICE RISORGIMENTO 1915
APRI
7 1995
PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE
Questo volumetto, che
si
la
più
autorevole stampa
proponeva,
guerra che
morale
preparazione
alla
l'Italia
sta
combattendo per
zionali e per la giustizia internazionale.
memoria
grande
della
suoi
diritti
na-
Richiamando
alla
i
degli Italiani gli inni guerreschi dei loro Padri,
facendo risuonare nuovamente nelle masse popolari dei canti
tornelli
ita-
chiamato aureo, ha veramente contribuito, come
liana ha
l'Autore forni
patriottici
quali
coi
fu
fatta
più rapidamente avevano intuito e affermata
la
ri-
Patria,
la
cosidetti interventisti, ossia a coloro
ai
i
che
necessità
imprescindibile della lotta contro l'Austria, un formidabile
mezzo e di
di
propaganda
in
quegli angosciosi mesi di aprile
maggio, quando parve possibile l'estrema
viltà
del
neutralismo austro-tedesco che avrebbe fatto per sempre dell'Italia
vassallo
un paese senza spregevole
e
onore
venale
Nelle piazze e nelle strade dove liberatrice
si
videro gruppi
di
e
senza
degli si
inneggiava
frontiere
dove di
i
nostri
iniziare
verso Fiume e
la
la
soldati
si
in
guerra
alla
mano;
un
centrali.
giovani e di vecchi
cedere cantando col libro del Caddeo
pazienza
potenza,
Imperi
pro-
e dalle
struggevano nell'im-
marcia verso Trieste e Trento,
Dalmazia, lettere vibranti
di
entusiasmo
— e di
VI
—
riconoscenza giungevano a noi, espressione sincera
grande anima
della
italiana,
riboccante di
idealità
e fe-
dele alle generose tradizioni del nostro passato.
Pubblicando,
dopo
soli
due mesi dalla prima,
conda edizione riveduta, corretta di
guerra
e
la
se-
aumentata, degli Inni
e
Canti patriottici del Popolo Italiano, noi for-
muliamo l'augurio che
fra
breve
i
nostri
vittoriosi
sol-
dati possano far risuonare nelle vie di Trieste e di Trento le
strofe
sando
di
animose vittoria
(ìiiigno,
al
in
canto delle
quali essi
stanno pas-
vittoria.
1915.
GLI EDITORI.
PREFAZIONE ALLA
Questo piccolo
il
giorno
in cui
la
gicventij nostra, sul
spiriti
un contributo
ardimentosi
si
momento dà
alla
avvicina rapidamente
avrà non più sem-
ci
ed è dedicato
attori,
quella che vigila con l'arma
a
mal tracciato confine ed
gravità del
essere
mentre
guerra mondiale
ma
spettatori
plici
EDIZIONE
vuol
libro
mobilitazione degli
PRUA
alla
piede
al
quella che conscia della
a
tutta se stessa all'opera di prepa-
razione morale della Nazione. Io credo sia
fermamente che
ineluttabile.
e realtà,
venire,
Tutto
la
spinge
guerra contro l'Austria alla
bisogno
di
:
sentimento
riunire alla Patria le terre che ane-
lano a ricongiungersi
ad essa e quello di assicurare
lavoro italiano una più vasta sfera tico,
guerra
tradizione del passato e le necessità dell'av-
la
il
ci
di
attività
al
sull'Adria-
nell'Asia Minore, sul vasto Mediterraneo.
Non siamo non
guerra,
rola dell'odio.
zione
di
noi
siamo
che abbiamo voluto e scatenato t^pi
generosità ignota agli
dal
seminato
la
pa-
la
Vi è nell'anima italiana una gentile tradi-
rore delle battaglie, pur tra niero,
abbiamo
che
cuore della
le
nostra
altri
popoli.
Pur
tra
il
fu-
sofferenze del giogo stra-
gente è
uscita
spesso
la
della parola del perdono, della solidarietà internazionale,
—
Dopo aver predicato
più squisita umanità.
contro
—
vili
la
guerra santa
Goffredo Mameli esprimeva dalla sua
lo straniero,
anima purissima questo voto
:
Dimenticate
popoli
ì
L'ire d'un dì che
Sarà
terra
la
Come una
agli
gran
muore, uomini
città
;
Libera, grande, unita,
Vivrà una nuova vita La stanca umanità.
A
siamo
quest'ideale
Italiani
;
per esso molti,
devoti anche
stati
dei
e
troppo,
generosi
più
dei
avevano financo creduto possibile un'intesa con una eterna alleanza con
Germania
la
stata l'Austria stessa a risvegliarci dal a riaprire in
di
di
noi, colpendoci
più caro e di più vitale noi avessimo.
La guerra cipio
l'Austria,
ecco che è
sogno ingannatore,
vecchio conto che aveva con
il
quanto
Ma
!
noi
nostri,
mettendo l'Austria contro
d'oggi,
contro
nazionalità,
la
prin-
il
indipendenza dei piccoli
popoli, contro lo spirito democratico animatore della vita italiana,
ci
sforza ad essere contro di
patrimonio ideale e materiale che
mento di
ci
hanno
ingrandirlo
principii
e
fecondarlo
di
della civiltà
Come hanno 1797
in
difesa del
in
lasciato in eredità con T'espresso incarico
poi
in
armonia
sublimi
coi
umana.
potuto dimenticare a Vienna che l'Au-
stria in guerra, l'Italia
Dal
gli
lei,
uomini del Risorgi-
i
non può che essere contro
suoi nemici furono
sue sventure furono
le
nostre fortune.
i
nostri
Non
amici,
:
è
necessità di
le
è rettorica,
non è nemmeno sentimentalismo malsano che ce considerare ancora nemica
lei?
di
tutte
la
le
fa
no-
stre aspirazioni ideali, di tutte le nostre tendenze di razza,
— di civiltà, di
commerci,
IX
—
espansione nel mondo.
di
che l'Austria ha aperto con noi dal trattato formio non è chiuso perchè l'Impero di
'59, la
per
saldarlo
si
nostra
tranquillità
la
Campo-
di
sempre
è rifiutato
sua
e
'49,
il
:
conto
Il
il
'66 sono operazioni di un affare che attende ancora
il
sua liquidazione
questione
finale.
Resta ancora da risolvere
nazionale del Trentino
la
questione militare
la
:
dell'Alto Adige che deve dare all'Italia la sicurezza del
confine nord;
la
mica insieme
del
del
Friuli
questione nazionale, militare ed econo-
possesso pieno ed
intiero
Fiume;
Orientale, dell'Istria con
marittima della Dalmazia che deve darci
una
rarci
sente
L'Italia
che
giunto,
che
il
momento
delle
!
La gran voce
coloro
ai
quali
assicu-
di
dell'Adriatico.
decisioni
forti
del passato che
verso l'avvenire possa risuonare di
modo
dominio
il
questione
è
del nostro assetto orientale è suonata!
l'ora
Ora o mai più
sempre
per
volta
Trieste,
di la
fondo
in
alla
ci
spinge
coscienza
Nazione guarda con speranzosa
la
tre-
pidazione.
Dopo
un'interruzione
di
alcuni decenni l'epopea nazio-
nale italiana sta per ricominciare
;
nemico è
il
da raggiungere sono ancora
ideali
lo stesso, gli
medesimi, confortati
i
da una più estesa comprensione dei bisogni materiali e sociali della
Nazione, ed
popolo non sono,
non
si
muta
in
i
sentimenti che animano
nostro
il
fondo, mutati. L'orizzonte di un paese
nel giro di pochi lustri
;
i
motivi ideali della
nostra grande Rivoluzione nazionale sussisteranno fino a
quando della ci
tutti
gli
Italiani
Madre comune,
non saranno
fintanto che
il
rientrati
aggiriamo non sarà compiuto. Sfrondiamo
guerra ed
i
nel
sene
ciclo storico nel quale gli
inni
di
canti patriottici del Risorgimento delle forme
.
\
--
che suonano arcaiche
-
-
orecchi
nostri
ai
come
freschi, vivaci, modernissimi,
e
troveremo
li
se fossero
pen
stati
sati oggi, interpreti fedeli dei nostri ideali politici.
popolo nostro ha incominciato a cantare nelle strade
11
e
case
nelle
inni
gli
e
canzoni
le
e
suoi
i
tempo in ,
musicisti
gli
Napoleone,
di
poi
Italia;
il
che
nazionali
stesso esprimeva dal suo seno fecondo o che
preparavano a
esso
suoi poeti
i
incominciare
rigeneratore del sentimento
dai
patrii,
ha continuato a segnare ogni rivolgimento,
ogni insurrezione, ogni battaglia, ogni vittoria, ogni mar
sua causa con canti e con
tirio della
1831
inni
di
Nel 1821 e nei
inni.
guerra corsero da un capo
penisola mettendo
nelle
delle azioni generose e
vene degli
magnanime.
delki
all'altro
l'impazienza
Italiani
1848, l'anno
11
me
laviglioso del nostro riscatto, fece fiorire le più beile crea
musa popolare
zioni della
ingaggiata
lotta
sione lenta
nosa
ma
in
inni di guerra,
gli
cantate
tutta
Italia,
tra
le
canzoni
l'entusiasmo della
accompagnarono l'ascen
sicura della Nazione verso
popolo ancora oggi
il
;
;
quell'anno,
nate
popolari
ripete,
le
nezza trionfale che non cade per volger
vetta lum.
la
nella
11
vide una nuova primavera di canti patriottici che
lungo fino a tutto il
—
era fatta
1860
:
poi, tranne
verso
altri
Ce tinuato
se non compiuta
la
—
e
I85li
prc
per brevi momenti
i
nuovi bisogni mate incanalaron,.
sfoghi le attività poetiche degli Italiani.
tuttavia qualche provincia, a
si
sua ispirazione... L'italiu
Paese diventato grande Potenza
del
liali
1
il
popolo parve aver perduto
giovi
loro
anni.
di
cantare
italianità vi è
scia perenne,
patriotticamente
dove
il
popolo ha cou
perchè
la
lotta
pe.
rimasta un martirio delle anime, jun'angc
una
lotta formidabile,
spesso disperata, nell
—
—
XI
quale veniva giuocato tutto per ledente,
Orientale, Trieste e terre,
rimaste
e
dopo l'infausto
»
razza
alla
tentò
si
:
una razza straniera
da millenni, terre
allo
italiane.
alla
scopo
solamente una difesa
come
i
Essi,
verso
lo
slavo invasore
si
canti degli irredenti
del
Risorgimento,
stesso ardore
alla
rina italiana
lottarono cantando
notato,
lingua
non
ai
ricordare
s/
e
E'
la
d'odio
prima volta che
vengono stampati accanto quali
dei
in
hanno
lo
una unità ideale che
hanno
compito
il
si
a quelli
stesso palpito,
lo
lirico
i
al
1915
l'esercito e
si
la
ri-
ma-
di stabilire eterna.
raccomanda ma
inni e
eroica giovinezza ed
trimonio
perchè nella
così riuniti, questi inni di guerra e di fede
;
dotti gli
del
nasconde potente e perseve-
Lavoro modestissimo, senza pretese e
caratteri della
i
loro canti nazionali
i
che vanno dal principio del secolo XIX
compongono
Italiani
gli
fu
rante l'amore alla Patria Italiana. i
cioè
stanzr.
na^
generosi,
attaccamento
ha
veramente una difesa
hanno un carattere speciale che va di
vi
irredenti
dagli
prodi del Risorgimento, ed
espressione
regioni
sostituzione
la
zionale contro una invasione che aveva
barbarie medioevale.
favella
alla
non
fatta
politica, fu
conob-
persecu
la
ma
rendere stranieri
di
Queste
'66,
razza italiana che
La difesa
Friuli
il
disgraziate
nelle
ir-
di quella subita
conobbero
dalla Venezia,
una violenta trasformazione etnica,
m
Provincie
e la Dalmazia.
sentimento nazionale non solo,
al
italiana
di
le
:
oppressione più feroce
di
Lombardia e
;.ione
Fiume
l'Istria,
austriache
«
bero una forma dalla
tutto
il
Trentino e l'Alto Adige, Gorizia e
il
ai
di sorta,
è
il
mio,
pochi che vogliono
canti concitativi della loro lontana ai
molti che
un
così prezioso patri-
e patriottico non conoscono che male ed
— minima
in
parte.
Ho compreso
tutte le poesie patriottiche
che
messe
in
nella
mia raccolta non
l'Italia
ha composto nella
ma
sua lunga ed aspra battaglia, state
—
XII
solo
che sono
quelle
musica o comunque cantate nei giorni
Da queste
della preparazione e nei giorni della battaglia.
strofe
appassionate,
questi
ritmi
italiana.
altro
Al canto
Davanti nostro
veementi,
ritornelli
da
questi
inni
guerra
di
terra
la
dei
miracolo della propria resurrezione gli stessi canti
terra dei vivi, se tutti
la
esser degni di
del
di il
ne compirà con
ora che è
questi
animatori balza l'eroica e generosa anima
morti ha compiuto
un
da
suoi
i
:
ora che è risorta, figli
sapranno
lei.
nostro spirito
al
Risorgimento
e
si
apre
la
dell'opera
visione magnifica
che
compiremo.
L'aspra voce del cannone riempie del suo macabro boato tutto l'orizzonte e copre di terrore
lontananza eccelsa
si
il
mondo,
ma
avvicina gradatamente a noi
divino dei nostri morti
;
le
loro voci
si
da una il
coro
innalzano chiare
dicono ha
e forti nel cielo e ciò che esse
ci
di rincorarci, di farci sicuri delle
nostre sorti, di additarci
la via sicura
Le profezie
al
potertza
da seguire. dei nostri martiri stanno per compiersi.
Dante non aspetta fino
la
piìi
solamente a Trento,
ma
ci
chiama
Brennero, sulle Alpi Giulie che cingono Trieste
e Fiume, sulle Dinariche che difendono Zara... Italiani, noi
siamo per vivere un meraviglioso momento.
Possiamo non viverlo invano per
le
fortune d'Italia!
Milano, Pasqua di Resurrezione, 1915.
RINALDO CADDEO.
«XX)(MMHXMMXMMMMXMMXM L'INNO DELL'ALBERO DELLA LIBERTA' Marsigliese, la Carmagnola, il fa ira, importati di Francia, l'inno dell'aurora del pensiero nazionale italiano. Gli inni francesi furono cantati intorno agli alberi della libertà, eretti negli anni 1796-99 nelle piazze cittadine, prima nella loro dizione originale, poi in curiose traduzioni e riduzioni. Il Qa ira itaKano, per esempio, suonava così
insieme con
E',
la
dagli eserciti repubblicani
;
Ah, ga Il
ga ira, ga ira. patriottismo risponderà. ira,
Senza temere né ferro né fuoco Gl'Italiani sempre vinceran. Ah, ga ira, ga ira, ga ira!
Non
patriotti sentirono il bisogno di un inno propr'o tardò molto che sorse dal seno del popolo Vlnno dell'Albero, cfie fece dimeninni francesi gli la sua musica era solenne, piena di una religiosa dolcezza. Giuseppe Mazzini lo ebbe carissimo e a Londra, nei lunghi anni d'esilio, amava canticchiarlo sovente, accompagnandosi con la chitarra. Un altro Inno dell'Albero, detto della Repubblica Partenopea, fu musicato dal Cimarosa su parole di Luigi Rossi diceva
e
i
così
ticare
;
:
;
ormai
desia, Italiani all'armi, all'armi Altra sorte ormai non resta Che di vincere, o morir.
Bella
Italia,
ti
:
Ecco apiirito
dei
Vlnno dell'Albero tempi e tradisce
Or
Libertà, che è tutto sua origine giacobina.
della la
informato
allo
ch'innalzato è l'albero
tiranni S'abbassino Dai suoi superbi scanni i
Scenda
la
;
nobiltà.
Un
dolce
S'accenda
in
amor
Formiam comuni Viva
la
di
patria
questi lidi;
libertà
!
i
gridi
' ;
— — 2
L'indegno aristocratico
Non Se
osi alzar la testa
l'alza, allor
Tragica
si
:
la festa
farà.
Un
amor
dolce
S'accenda
Formiam comuni Viva
la
libertà
Già reso uguale
Ma È
patria
di
questi
in
lidi
gridi
i
;
;
!
e libero
suddito alla legge,
il
popolo che regge
Sovrano
:
ei sol sarà-
Un
dolce
amor
di
S'accenda in questi
Formiam comuni Viva
la
libertà
patria lidi
gridi
i
;
;
!
Sul torbido Danubio
Penda
l'austriaca spada
Nell'Itala contrada
Mai
:
•
più lampeggerà.
Un
dolce
S'accenda
in
amor
Formiam comuni Viva
la
di
patria
questi lidi;
libertà
!
i
gridi
;
—3— "-PARTIRÒ' PARTIRÒ '...,, CANTO POPOLA RE E uno rimonta
dei
a più di
più
antichi
un secolo
canti
fa,
al
popolari
tempo
e
italiani
come
il
precedente
delle guerre napoleoniche,
quando
nostra gioventù, disusata al mestiere delle armi da una secolare tradizione di mollezza, di vigliaccheria e di servaggio, fu restituita dal Capitano corso alla virtù militare, rigeneratrice dei costumi e madre di libertà. Vi è in queste strofe un accento di sconforto e di amarezza caratteristico si sente il dolore del distacco dal paese adorato, dalla famiglia mai prima di allora abbandonata, distacco non confortato da la
:
un'idea superiore che potesse fare accettare di buon animo il sacrifizio, né dal miraggio di una patria grande, forte e libera. Militando con Napoleone, all'ombra della bandiera tricolore (verde, bianco, rosso) che il gran condottiero aveva già trovata adottata dai patriotti al suo ingresso in Milano nel 1796, i soldati italiani compirono prodigi di valore, entrarono due volte trionfalmente in Vienna, si coprirono di gloria in Spagna e Russia, acquistarono la coscienza del proprio valore. Partiti con rammarico per le guerre napoleoniche, tornati tristemente in patria dopo la caduta del gigante, furono veterani di Napoleone che conservarono gelosamente il culto della tricolore bandiera e la innalzarono nei movimenti del 1821 e del 1831 segnacolo di rigenerazione nazionale. E noto che gli ufficiali e soldati italiani di Napoleone appartennero a centinaia alla Carboneria e alle altre società segrete politiche e furono sempre tra più fedeli e ardenti seguaci delle idee di indipendenza e di libertà dell'Italia. Questa canzone fu popolarissima e venne ripetuta con lievi varianti anche nelle guerre del 1848, del 1849 e del 1859. i
i
i
Partirò, partirò, partir bisogna
Dove comanderà Chi prenderà
'1
nostro sovrano
;
Bologna, E chi anderà a Parigi e chi a Milano. la
strada
di
Ah, che partenza amara, Gigina cara, mi convien fare.
Vado
alla guerra,
spero
di tornare.
Se il nostro Imperator ce lo comanda, Ci batteremo e finirem la vita Al rullo de' tamburi, a sunn di banda ;
Farem
dal
Ah che
mondo
l'ultima partita.
partenza amara,
Gigia mia cara, Gigia mia bella Di
me
;
più non avrai forse novella.
— BELLA
4
ITALIA,
AM ATE SPONDE „
ODE
DI
VINCENZO MONTI
Quest'ode famosa del Monti (nato in Alfonsine di Romagna il febbraio 1754, morto in Milano il 13 ottobre 1828) in onore del generale Desaix fu scritta nel 1801, quando il poeta potè tornare in Italia dall'esilio di Parigi dopo la vittoria francese di Marengo. Si compone di 23 strofe, le prime delle quali divennero popolarissime nel periodo del Risorgimento, e furono cantate specialmente fra gli 19
esuli.
Bella
Pur
vi
amate
Italia,
sponde,
torno a riveder
!
Trema
in petto e si confonde L'alma oppressa dal piacer.
Tua
bellezza,
che
di
pianti
Fonte amara ognor ti fu, Di stranieri e crudi amanti T'avea posta in servitù.
Ma
bugiarda
La speranza Il
giardino
e
fìa
di
malsicura
de' re
natura
No, pei barbari non
è.
:
—5— SORGI CHE TARDI ANCORA?,, I
INNO
GABRIELE ROSSETTI
DI
Gabriele Rossetti (nato a Vasto il 28 febbraio 1783, morto a Londra il 26 aprile 1854) fu il poeta della prima rivoluzione napoletana, quella del luglio 1820, che mosse la rivoluzione siciliana dello stesso anno e quella piemontese del 1821. Il Rossetti salutò la Costituzione promessa dal re Ferdinando 1 e sciolse poi un inno alla Costituzione giurata « splendido d'imagini antiche » come lo chiamò il Carducci, e che costò al Poeta 30 anni di esilio e la morte in terra straniera. E quello che incomincia cosi :
Sei pur
Che
bella
scintillali
E pur
dolce
cogli astri
sul
crine,
guai vivi zaffiri; quel flato che spiri.
Porporina foriera del di. Col sorriso del pago desio Tu ci annunzi dal balzo vicino
Che Il
Ma
d'Italia
giardino
nell'almo
per sempre
serraggio
finì.
Napoli, dopo congressi di Troppavia (ottobre 1820) e di Lubiana (gennaio 1821) divenne spergiuro e con l'aiuto delle soldatesche austriache mosse a soffocare la Costituzione. Fu allora che il Rossetti lanciò quest'inno di guerra, nell'illusione che le truppe cogenerali Pepe e Carascosa riuscissero a stituzionali comandate dai sconfìggere lo straniero e a tener lontano dal regno di Napoli il desposta fedifrago. il
tiranno
di
i
Che Tu dormi,
Sorgi
!
ancora ?
tardi
Italia? Ali no!
Di libertà l'aurora Sui colli tuoi Sorgi
;
e'
raffrena
spuntò.
corso
il
D'esercito invasor,
Che
porta
i
segni
Del gallico valor
al
dorso
!
Ah, su quel dorso indegno. Curvato a servitiì Imprima un qualche segno Pur l'itala virtij !
E
soffrirai che armati Rechin più ceppi a te
Que'
sudditi scettrati
Che
Come
ti
miravi
il
valor degli avi
al
pie?
Poni in oblio così ? O schiava de' tuoi schiavi, Fosti regina un di.
Snuda Tacciar da Ricingi l'elmo Sorgi
tra
:
Qui pende
forte,
il
crin,
al
vita e
morte
tuo destin
!
Aperta è già la strada Al nuovo tuo valor Se impugnerai la spada, :
Sarai regina ancor.
È giunto
il
D'uscir
tempo omai di
servitù,
E se sfuggir tei Non tornerà mai
fai
più.
ALL'ARMI! ALL'ARM I! DI
GIOVANNI BERCHET
Giovanni Berchet (nato a Milano il 23 dicembre 1783, morto a Torino il 23 dicembre 1852), esule e poeta, compose fuori d'Italia le sue poesie patriottiche più ardenti e più belle. Il Romito del Cenisio ed il Rimorso giunsero in patria come pericoloso contrabbando al quale la polizia austriaca diede una caccia spietata... quando già esso si era sparso dappertutto. 11 Berchet seguiva dall'esilio con la massima attenzione lo svolgersi e l'affermarsi dell'idea nazionale che processi e le condanne piemontesi ed austriache fomentavano, e quando, dopo la morte di Leone XII, negli Stati del Papa nacquero moti parziali contro il Governo, egli scrisse quest'inno guerresco, che fu cantato dai patriotti per un lungo periodo di tempo. i
Su,
figli
su, in armi!
d'Italia!
coraggio!
Il
suolo qui è nostro
Il
turpe mercato finisce pei re.
Un In
del nostro retaggio
;
popol diviso per sette destini. spezzato da sette confini, fonde in un solo, più servo non
è.
Venuto
è
sette
Si
Su,
Italia
su,
!
armi
in
Dei re congiurati
la
!
tresca
finì
il
tuo
dì
!
il
tuo
dì
!
!
Dall'Alpi allo Stretto fratelli slam tutti!
Su
i
limiti schiusi,
su
i
troni distrutti
Il
verde,
la
comuni tre nostri color speme tant'anni pasciuta
Il
rosso,
la
gioia d'averla
Il
bianco,
Piantiamo
Su,
i
!
la
Italia
!
su,
in
Dei re congiurati Gli orgogli minuti via
La gloria è de' Dall'Alpi
Deposte Confusi
allo
:
compiuta; fede fraterna d'amor. armi la
!
Venuto
tresca
finì
è
!
tutti all'oblio!
forti.
Stretto,
—
Su, forti, per Dio, da questo a quel mar'
gare d'un secol disfatto. un nome, legati a un sol patto. Sommessi a noi soli giuriam di restar. Su,
le
in
Italia
!
su.
in
Dei re congiurati
armi la
!
Venuto
tresca
finì
!
è
il
tuo
dì
!
—8— Su,
novella
Italia
Mal abbia
!
su,
libera ed
una
!
chi a vasta, secura fortuna
L'angustia prepone d'anguste città!
d'un solo stendardo! Mal abbia il codardo, L'inetto che sogna parzial libertà Sien tutte Su,
fide
le
da tutte
tutti
!
!
Su,
Italia
!
su,
in
Dei re congiurati
armi la
!
Venuto
tresca
finì
Voi chiusi ne' borghi, voi sparsi alla Udite le trombe, sentite la squilla
Che
all'armi vi
Fratelli,
chiama
a' fratelli
Gridate
al
L'Italia
è
dal
è
tuo
il
!
vostro
villa,
Comun
correte in aiuto!
tedesco che guarda sparuto concorde; non serve a nessun. :
!
dì
!
—9— UNITA E LIBERTA INNO DI GABRIELE ROSSETTI '48
Nel l'inno
del
e
'49
Rossetti
moltissimo
cantato
fu
composto
fin
—
con
e
grande
entusiasmo
1830. Fu carissimo a Garibaldi. diceva l'Eroe (ricordo di A. G. Bar-
dal
Ecco una bella e forte musica quantunque in parte ricavata da un'opera giocosa (musica del Rossini del Barbiere) ed è veramente dispiacevole che nessuno dei nostri giovanotti l'abbia cantata più nelle marce e negli accampamenti. Con quest'inno dei miei legionari di Roma mi avete ringiovanito di «
rili),
;
dodici
anni. »
Minaccioso l'arcangiol di guerra Già passeggia per l'itala terra Lo precede la bellica tromba Che dal sonno l'Italia svegliò L'App;nnino per lungo rimbomba :
:
E
dal Liri va l'eco sul Po.
Tutta
l'Italia
pare
Rimescolato mare E voce va tonando Per campi e per città Giuriam giuriam sul O morte o libertà :
:
—
I
brando
—
La Trinacria che all'ire s"è desta Mise grido di rauca tempesta Le tre punte del Delta fèr eco, Per tre valli quell'eco muggì Tonò l'Etna dal concavo speco, :
;
Latrò Scilla, Cariddi ruggì.
—
All'arme! all'arme!
Che va E l'eco
di
—
è
il
lido;
lido in
replicando
Di lido in lido va Giuriam giuriam sul brando :
— O
morte o
libertà
!
—
grido
—
—
IO
dall'Alpe che serra Lamagna, Sull'immensa lombarda campagna
Qua
Simil grido que' detti
ripete,
Simil eco quell'ire destò
O
:
sorgete sorgete!
fratelli,
Del riscatto già l'ora suonò! il centro ed ambo Brulicheran d'armati,
Se
lati
i
Chi affronterà pugnando unità?
L'italica
— Giuriam giuriam morte o
Ma
qual plauso
libertà
brando
sul
—
!
leva dal centro
si
Oh, qual plauso
!
Né
!
resta là dentro
:
Come
tuono cui tuono rincalza O balen cui succede balen, Dai due lati nel centro rimbalza
E
dal centro sui lati rivien.
plauso che più cresce Questa canzon si mesce,
Al
petti
1
Di
infervorando
patria
carità
:
— Giuriam giuriam sul brando — O morte o libertà
—
—
!
Siam fratelli nel centro risuona, Siam fratelli nei lati rituona
— E
già
questi
Dai tre
— E
Iati
Siam i
—
godendo
fratelli,
ridir
fratelli,
:
fratelli,
confini per tutto sparir
Ardir, Il
;
s'abbraccian con quelli,
fratelli!
E'
sospirato punto
!
—
giunto
:
Di
—
quando nuovo ei tornerà? Giuriam giuriam sul brando
O
morte o
S'ei passa, ahi, chi sa
libertà
!
—
—
—
11
Questo fuoco che all'alme s'apprende
E
invade. 1« scuote, le accende,
le
Questo fuoco,
Che
sveli
vi
fratelli,
tempra non
terrestre di
è
Ah, discese dall'ara de' cieli La scintilla che incendio si
Da
fé
!
quell'altar discese
Che infiamma E
;
a sante
imprese,
infervorando Tutti esclamar ci fa
Sette
cuori
i
:
— Giuriam
giuriam sul brando
O
libertà
morte o
Siri «i
coiman
!
—
mali
di
Pari
ai
sette peccati mortali
Pari
ai
capi
Cui d'Alcide
mietè.
clava
la
;
lernea
dell'idra
Tristi capi d'un 'idra pili rea.
Nuovo Alcide Quanti Tanti
la
lontano non patria ha
saran
gli
è
!
fidi
Alcidi
;
Deh, un giorno memorando Cangi una lunga età Giuriam giuriam sul brando O morte o libertà !
•
—
!
—
Ci divise perfìdia e sciagura, Ma congiunti ci volle natura Alma diva, cui l'Alpe corona Fra gli amplessi di duplice mar, Se una lingua sul labbro ti suona ;
Un
sol culto
Chi
ti
sacri l'aitar!
in sette
Tradì l'idea
E Il
— O
ti
di
partìo
Dio,
mostro abbominando fio ne pagherà Giuriam giuriam sul brando morte o libertà il
:
!
—
— Mascherata
De'
chercuta
malizia
divisa,
T'iia
tuoi
—
12
venduta; crudo governo
tradita,
figli
fé'
Quell'avara
malizia
crudel
Turpe
sbucata
d'inferno,
Che
si
furia
;
disse discesa dal ciel.
S'ella
mantenne
vita
in
Quell'idra imbaldanzita,
E l'una e Da questo
l'altra
in
bando
—
n'andrà Giuriam giuriam sul brando
O
morte o
suol
libertà
:
!
—
Cada cada l'antica potenza Ch'è de' mali feconda semenza; E la legge del Verbo di Dio, Ch'ella appanna di nebbia d'error, Radiante del lume natio Rimariti
la
mente
col cor.
Finché quel servo culto, Ch'all'uom, ch'a Dio fa insulto, Dal sozzo aitar nefando
A
terra
non cadrà
— Giuriam giuriam O
morte o
libertà
Divo fonte del culto
!
:
brando
sul
—
bello
piia
Che quell'empia converte in flagello, Tu che inspiri sì nobile impresa, Scudo e spada d'Italia Saldo scudo di giusta
tu,
sii
difesa.
Forte spada di patria virtù
!
Mira una madre oppressa, Ve' figli intorno ad essa Che fremono gridando Di sdegno e di pietà Giuriam giuriam sul brando O morte o libertà i
—
:
!
—
—
—
13
ALL'ARMI! GABRIELE ROSSETTI
DI
Il 1831, che vide Modena insorta, e lo Stato del Papa quasi interamente guadagnato alla causa della rivoluzione nazionale affermatasi il 26 febbraio a Bologna nell'assemblea dei deputati delle città libere d'Italia dalla quale usciva il decreto che statuiva la decadenza del potere temporale, inspirò la musa patriottica di Gabriele Rossetti. Il suo canto L'anno 1831 è uno dei piij belli che vanti la letteratura 'taliana del secolo XIX. Incomincia coi versi :
brandisci la lancia di guerra. Squassa in fronte quell'elmo piumato. Scendi in campo, ministro del fato! Oh, quai cose s'aspettan da te!
Su,
Non ebbe però blica,
e
guerra popolare. di
il
la diffusione dell'inno All'Armi! che qui si pubquale, distribuito clandestinamente, fu cantato come inno per tutto il 1831 e fu anche negli anni appresso molto
all'armi,
Fratelli,
La
patria
Con
all'armi
chiamò
fra voi
!
:
carmi
eccitanti
gli
Anch'io
ci
verrò.
Nutrito dalle brine
Del bellico sudor, si rinverde al crine
Mi
L'inaridito allòr.
Andiam, che Daci e Goti Farem caderci al pie !
No,
fra
Dubbio
Che
fia
Spartani e il
Iloti
trofeo non è.
quel reo drappello
Ch'or v'osa cimentar? Fia gregge che '1 macello Sen viene ad incontrar. Gelido
fia
qual ghiaccio
In faccia al nostro ardor
Che non ha Se non
gli
forza
il
;
braccio
vien dal cor.
,
— Pei
figli
—
14
della gloria
Nemici a servitù, La pugna e la vittoria Diversa mai non fu. Dei nostri brandi
È
lampo
al
L'Europa arriderà La via che mena
:
campo
al
via d'eternità.
E' bella ancor la morte Sul letto dell'onor :
E
Chi sa cader da
forte
È
;
pari al vincitor
s'ei
rimane oppresso
Campion
di
libertà,
Del vincitore istesso Più grande allor si fa.
Quel servo gregge indegno A che fra noi piombò? Sappiam con qual disegno I
boschi suoi lasciò.
Ah, che l'udir già parmi Tra l'Unno ed il Teuton, Commisto al suon dell'armi Delle catene il suon !
Trema,
servii coorte
Che
vendi
il
sangue
Le stesse tue T'allacceremo
ai
re
ritorte pie.
al
La mèsse che fiorita I campi ingombrerà. Del sangue tuo nutrita Più grata a noi sarà.
Trema
!
L'Italia intera
Alto giurar s'udì Di tirannia straniera
—
:
.Questo è l'estremo
dì.
—
15
FUORI
BARBARO!
IL
CANZONE POPOLARE
DI
GUERRA
AGOSTINO RUFFINI
DI
Di Jacopo, Giovanni e Agostino Ruttìni, Giuseppe Mazzini, scrisse ed « L'amicizia queste parole che io strinsi coi giovani Ruffini mi riconciliò alla era per essi e per la santa madre loro un amore vita e concesse sfogo alle ardenti passioni che ini fermentavano dentro. Parlando con essi di lettere, di risorgimento italiano, di questioni filosofico-religiose, di piccole associazioni che erano preludi alla grande da fondarsi per av«re di contrabbando libri e giornali vietati, l'anima rassicurava intravedeva possibile, comecché su piccola scala, l'asi 18.^0 quando scoppiò l'insurrezione francese) zione... Ci demmo (nel a fondere palle e a prepararci per un conflitto che salutavamo inevitabile e decisivo... ». E' di quel tempo la canzone popolare di guerra di Agostino Ruffini. allora studente di giurisprudenza nell'Università di :
—
—
;
Genova. La canzone ebbe diffusione limitata tra gli studenti non fu mai l'iubblicata e vide la luce soltanto nel 189.^, nell'ottimo libro del prof. Carlo Cagnacci sui fratelli Ruffini e Mazzini, ma la riproduciamo qui come un modello di poesia patriottica. ;
Ogni prode al suo manipolo. Ogni schioppo alla sua spalla, Su mostriamo ai duri austriaci Se alla prova il cor ci falla nostri carmi, Suonin guerra Sia di guerra ogni pensier
;
i
:
Italiani,
all'armi
Guerra eterna
all'armi. allo
stranier.
nostro sangue, Han succhiato Han beffata la sventura, Hanno fatta dell'Italia Una vasta sepoltura il
;
Su Su
alla razza maledetta, ai
feroci
Italiani,
alla
masnadier, vendetta,
Guerra eterna
allo
stranier.
—
16
ma siam
Siamo pochi,
Ma E'
— liberi
Signor propizia
il
devota
ali
La masnada
Come
i
bravi
;
'esterminio
degli
schiavi,
che Barbarossa Pianser morto i suoi scudier, ai
dì
avanti
Italiani,
avanti,
Guerra eterna
allo
stranier.
Ora e sempre guerra ai barbari. Ora e sempre ovunque guerra Finché un sol di loro annebbia :
Il
seren
Sian
di
Sia di
di
nostra terra,
guerra i nostri canti, guerra ogni pensier,
Italiani,
Guerra eterna Al
Signor,
,
avanti avanti.
pe'
allo
nostri
stranier.
martiri.
Per la vita, per la morte, Far giurammo Italia libera Una, egual, potente e forte Or giuriam dell'armi al lampo Sciorre il voto oppur cader. Italiani, al campo al campo, :
Guerra eterna
allo
stranier.
Splenda Rosso, Verde e Candido Sulle schiere lo stendardo,
Orifiamma
dell'Italia...
Sovra lui figgete il guardo Del riscatto e della gloria
:
Ei vi guidi sul sentier... Italiani,
alla
vittoria...
Guerra eterna
allo stranier
!
17
FRATEL LI, S ORGET E! CORO
DI
GIUSEPPE GIUSTI
Le strafai di Modena (2t) maggio 1831) ordinate dal Duca Francesco IV, nelle quali perirono Ciro Menotti e Giuseppe Borelli, ebbero in tutta Italia una eco di terrore e di dolore. Il crudele tiranno di Modena divenne oggetto di universale esecrazione. Due anni dopo, si sparse la voce in Toscana che Francesco IV, giovandosi dell'assenza del granduca Leopoldo andato a Napoli a prender moglie, capitasse a Firenze in incognito. « Non era vero (scrisse Ferdinando Martini a pag. 10.3 di Simpatie), ma la voce sola bastò perchè, a detta della polizia medesima, buoni sudditi toscani si amareggiassero, riguardando quella comparsa clandestina di forieri eventi. Gli studenti non si amareggiarono soltanto, parlarono e sparlarono, scrissero col carbone S'.'i muri tutti gli improperi che il Duca si meritava; le stanze dell'Ussero echeggiarono di invettive, le strade di canti patriottici... ». Fu in quell'occasione, nel 1833, che Giuseppe Giusti (nato a Monsummano il 12 maggio 1809, morto a Firenze il 31 marzo 1850), allora studente a Pisa scrisse questo coro che a detta del suo condiscepolo Frassi, gli studenti cantarono poi «tutti insieme palpitando e fremendo» (Vita di G. Giusti, cap. 4"). Il coro fu pubblicato per la prima volta da Giosuè Carducci nell'edizione delle poesie del Giusti fatta dal Barbèra nel 18.=^9. i
Fratelli,
sorgete,
La patria vi chiama Snudate la larr.a
;
Del libero acciar.
Sussurran vendetta Menotti e Borelli Sorgete,
La
;
fratelli.
patria a salvar.
Dell'itala
tromba
Rintroni lo squillo, S'innalzi Si
Ai
tocchi
forti
un
vessillo,
l'aitar.
l'alloro,
Infamia agli imbelli Sorgete, fratelli,
La
patria
a
salvar.
:
18
VIVA DI
IL
R E!
GIOVANNI PRATI
Quiest'inno-marcia fu scritto dal Poeta trentino nel 1843 dietro ordine Carlo Alberto per una fanfara militare e cantato dai soldati piemontesi che lo ebbero caro per molto tempo. Giovanni Prati, nato a Dasindo il 27 gennaio 1815, morto a Roma ti 4 maggio 1884, ebbe anni di
di
invidiabile
empito
lirico
popolarità. Egli seppe esprimere con facile e brillante l'onda di sentimenti patriottici che animava i suoi contem-
poranei.
il Re Tra' suoi gagliardi, Benedetto, ei muove il pie
Viva
!
:
Vivan sempre Dell'Italia, e
Se
il
gli
stendardi
nostro Re!
i nemici avremo a fronte, Saran presti e braccio e cor,
E
ogni zolla del Piemonte
Stillerà del
sangue
lor.
Rotti e pesti elmetti e maglie,
Ma
inoffeso
il
forte acciar,
Tornerem dalle battaglie Nuovi tempi a cominciar. Fremeran d'allegri suoni Le borgate e le città,
E
di libere
Tutta
Italia
canzoni
echeggerà
!
siam d'un sol paese, Solo un sangue in noi traspar A ogni tromba piemontese
Tutti
Mandi un eco
e l'alpe e
il
mar.
il Re! Tra' suoi gagliardi. Benedetto, ei muove il pie
Viva
:
Vivan sempre
gli
Di Savoia, e
nostro Re.
il
stendardi
;
—
19
CHI PER LA PA TRIA MUOR VISSUTO É ASSAI „ sentimento patrio fu espresso dagli Italiani non solamente con canti ma anche coi cori, le romanze e le cabalette delle ed opere teatrali più diffuse. Tutti sanno qual significato abbia dato il popolo ad espressioni ed armonie del Nabucco e dei Lombardi di Verdi e con quale tenerezza commossa sia stato cantato Il
gli
inni
i
Va, o pensiero, sull'ali dorate... e
O
Signor che dal
tetto
natio...
Bandiera ed loro compagni Niccolò Ricciotti, Domenico Anacarsi Nardi, Francesco Berti, Domenico Lupatelli nel recarsi versi alla morte (avvenuta presso Cosenza il 25 luglio 1844) cantarono della Donna Caritea del Mercadante espressione di maraviglioso .'Stoicarnefici e valse ancor più ad accendere nel cismo che impressionò cuore degli Italiani gli ardori del sacrifizio per la grande e santa Patria nostra. prima volt» La Donna Caritea era stata rappresentata la nel 1828. Non Chi per la Patria munr era scritto, ma Chi per la gloria muor ; non Sotto tiranni, ma Per lunghi affanni. liberali avevano cambiato due versi che così divennero popolari. Il coro è del primo atto, cantato da «guastatori e soldati portoghesi». Anni dopo uno dei condannati di Belfiore, Angelo Scarsellini, cantava in attesa del carnefice, Fratelli
1
i
A\oro,
i
;
i
i
I
i
il
7
dicembre 1852, Tarla del Marin Faliero Il
palco è a noi trionfo
Ove ascendiam
Ma
:
ridenti
sangue dei valenti Perduto non sarà. il
Arreni seguaci a noi Più fortunati eroi; Ma s'anche avverso ed empio Il
fato lor sarà,
Avran da noi l'esempio
Come
a morir si va!
Aspra del militar
Benché la Al lampo
vita,
dell'acciar
Gioia c'invita.
—
20
—
Chi per la Patria Vissuto è assai
muor
;
La
foglia dell'allor
Non langue
mai.
Piuttosto che languir
Sotto
i
tiranni
E' meglio Sul
fior
di
degli
morir anni.
—
21
INNO
DI PIO IX
MEUCCI
DI FILIPPO
XVI, il nuovo Papa Pio IX (cardinale Giovanni nato a Sinigaglia il 13 marzo 1792, morto a Roma il 7 febbraio 1878) parve realizzare il sogno giobertiano di un capo della cristianità riformatore e amico dell'Italia. L'amnistia ai condannati politici da lui concessa il Kì luglio 1846 destò un vero entusiasmo e in tutta la penisola poeti noti e non noti cantarono il PonicKce liberale e italofilo. Il poeta Sterbini gridava all'Italia
Morto Gregorio
Mastai
Ferretti,
:
Eri seduta
Madre
levati
:
di
eroi
tanti
:
Oggi t'innalza un cantico L'amor dei figli tuoi. E Gaetano Bonetti
:
unanimi Pregar tue genti, o Più; perdono,
Pace,
Tu rispondesti al fervido Universal desio, E già si vide splendere Tua prima legge, amor.
Un Diceva
musicato
inno
Gioacchino
da
Rossini
Su
letizia
fratelli,
tutta
l'Italia.
canti
si
magnanimo core di Che alla santa favilla
Al
Pio,
di Dio S'infiammò del più dolce pensier.
Un lucci,
per
corse
:
diventato
inno,
altro
diceva
popolarissimo,
presto
v.
del
maestro
Nata-
:
Come Agli
E
un'iri
di
sommo
gioia,
Ogni core
l'almo
Iddio
Te mostrò,
afflitti
Pio,
palpitò.
Fu, in tutta la penisola, un delirio patriottico, e il Papa divenne presto l'idolo nazionale. L'Austria non tardò a capire la causa dell'idolatria degli italiani per Pio IX ed a proibire inni e canzoni. Francesco dall'Ongaro, in uno dei suoi stornelli diventati famosi, spiegava
che
cos'era
Pio
IX
Pio
Un
per
Nono idolo
gli
italiani
:
è figlio del nostro cervello, del cuore, un sogno d'oro...
— Chi grida per Vuol dir
La
patria
Che per
:
—
Pio nono! » il perdono. i> perdon vogliono dire deve morire. si
le
«
Viva
ed
il
l'Italia
22 vie la
:
« Vii'a
patria ed
L'Inno di Pio IX fu scritto al principio del 1847 da Filippo Meucci, romano, e musicato dal maestro Magazzari. La musica « aveva un andamento solenne, quasi trionfale, e come certi sussulti di gioia... » (D'Ancona).
Del nuov'anno già l'alba primiera Quirino la stirpe ridesta, E l'invita alla santa bandiera Di
Che
il
Vicario di Cristo innalzò.
Esultate, fratelli, accorrete,
Nuova
gioia a noi tutti si appresta
All'eterno preghiere porgete
Per quel grande che pace donò.
Su rompete
le
vane dimore,
Tutti al trono accorrete di Pio
:
Di ciascuno egli regna nel cuore, Ei d'amore lo scettro impugnò.
Benedetto chi mai non dispera suprema di Dio; Benedetta la santa bandiera Nell'alta
Che
il
Vicario di Cristo innalzò.
;
23
— A PIO
IX CORO POPOLARE Dopo
gli inni di gioia nacquero gli inni di guerra, nei quali si palesemente della riscossa nazionale e della cacciata degli Auseguente coro popolare fu cantato la prima volta in Pisa sera del ItJ giugno 1847 e ripetuto comunemente in Toscana e nel
parlava striaci. la
Il
Lazio per tutto quell'anno
Su,
fratelli
Or ne
!
attribuito
fu
:
Uom
D'un
la
E'
E'
Guerrazzi,
parola
stringe in santissimo patto.
Essa è verbo che chiama Dell'Italia le cento città.
Il
al
che
parola
Leone
in
fa
d'Italia
al
riscatto
Campidoglio
ruggir-
di Pio la gran voce, che al sonno Nostra madre, l'Italia, ha strappato Di tre gemme il triregno ha fregiato, Tre colori di sua libertà. ;
E' II
O
che
parola
Leone
fa
d'Italia
in
Campidoglio
ruggir-
Profeta d'un'èra novella,
A un
tuo cenno slam venti milioni
Aspettiam
:
che doni Alla patria uguaglianza e unità. E' Il
Non più Tu ci
scintilla
la
parola che
Leone
schiavi
rendi
fa
d'Italia
al
la
in
Campidoglio
ruggir-
tedesco aborrito,
gloria
primiera
:
Sia la croce la nostra bandiera,
L'evangel nostra carta sarà. E' II
parola
Leone
che
fa
d'Italia
in
Campidoglio
ruggir-
ma
pare a torto.
— Viva
—
La santa crociata nuovo Alessandro, e rimira
Italia
Grida,
24
!
Cento popoli oppressi nell'ira, Come un uomo, levarsi con te. E' Il
Viva
parola che
Leone
Italia
D'una
!
O
patria
fa in
Campidoglio
ruggir-
d'Italia
di Dio ne guida all'acquisto
ministro
:
Poi rinnova l'esempio di Cristo
Che redense
e
non
volle esser Re.
E' parola che fa in Campidoglio
U Leone
d'Italia
ruggir.
—
25
INNO NAZIONALE LEOPOLDO CEMPINI (7)
DI
Fu popolarissimo, quest'inno, per molti anni. Nato, a quanto si crede, a Pisa tra la patriottica scolaresca di quell'illustre Ateneo, (lo Sforza ne fa autore il Bosi, il D'Ancona ritiene che venisse da Roma) ebbe il battesimo della popolarità a Firenze quando Leopoldo II firmò il motu-proprio che istituiva la Guardia Civica. Davanti alla residenza del Granduca vi fu una dimostrazione che innumerevoli testimonianze affermano grandiosa e indimenticabile. Il Bandi nei Mille ricorda che nel 1860 l'esaltante armonia di quest'inno trascinava all'attacco gli eroici volontari che lo cantavano alternandolo con gli altri inni più in voga
:
la
Bella Gigogin,
O
ì
Vlnno
Fratelli d' Italia e
di Garibaldi.
giovani ardenti D'italico
amore,
Serbate il valore Pel dì del pugnar.
Evviva l'Italia, Evviva Pio Nono Evviva l'unione
E
libertà
la
;
!
Per ora restiamo
Sommessi Vedranno
Che
vili
e prudenti le
non
Evviva
:
genti si^'n.
ecc
l'Italia,
Stringiamoci insieme,
Ci unisca un sol patto Del dì del riscatto L'aurora spuntò.
Evviva
Stringiamoci insieme
Siam In
tutti
giorni
ecc
l'Italia,
fratelli
;
;
più belli
Ci giova sperar.
Evviva
l'Italia,
ecc
— zeprence Leopoldo
li
Invitaci
Fra
all'armi
;
carmi Sapremo pugnar. bellici
Evviva
l'Italia,
Evviva Pio Nono Evviva l'unione
E
la
libertà
;
!
Già l'armi son pronte A un cenno di Pio Mandato da Dio L'Italia
salvar.
a
Evviva Se
l'Italia,
vile tedesco
il
Non Piij
Ferrara
lascia
Prepari
la
bara,
scampo non Evviva,
Il
cielo
Su
A
ecc
ha.
l'Italia,
ecc
sereno
terra ridente libera gente
Concesse Evviva,
il
Signor. l'Italia,
ecc
N 27
m
O ALLA GUA RDIA CIVICA FIRENZE
DI O
Signor che dal tetto natio » fu adattata dal popolo a queFirenze dopo la concessione della Guardia Civica, ritenuta una grande vittoria popolare e un gran progresso nella via della redenzione italiana. L'aria
st'inno,
«
nato
a
Cittadini,
la
patria
La difesa la
vi
affida
queste contrade
:
spade patria v'invita a pugnar.
Cittadini,
Se
di
cingete le
Siamo tutti d'un sangue redenti, Siam fratelli al cospetto d'Iddio. Lo proclama la voce di Pio :
Ci
Una
sia sacra la patria e l'aitar-
nera, tremenda procella
Sull'Italia
mugghiando minaccia
Maledetto chi asconde
la
:
faccia
Al nemico dell'Italo suol.
Non
è
spenta
Benché
tolti
l'antica
virtude
da poco
al
servaggio.
Vendicare sapremo l'oltraggio Di chi insulta a un represso valor.
Benché forti di mille codardi Del nemico sian fatte le schiere, Vinceranno le sante bandiere, Il gigante temuto cadrà.
E
del Cristo
Che Ci
A
ci
pugnando
tolse al
nel
comune
nome,
periglio,
fìa dato di volgere il ciglio quel sole che Bruto scaldò.
— Cittadini,
fia
28
—
sacra l'impresa,
Pende Europa sul vostro destino, Chi discende dal sangue latino Nacque, crebbe, guerriero morì. Cittadini,
Già
correte, correte,
chiama, v'invita alla gloria L'avvenire di certa vittoria. vi
La difesa
d'Italia e
l'onor.
—
29
O DI O SIRE! POESIA PATRIOTTICA SICILIANA [Rivolta liani,
per
a i
cessivamente
Ferdinando l'aveva
quali in
tutte
le
nel 1847 dai rivoluzionari poeta David Levi, e cantata insurrezioni di quel fierissimo popolo.
o
Odi,
A
Borbone
II
scritta
noi
Sire.
Da
trent'anni
miseri ed oppressi
Involare Gloria,
suoi tiranni
i
averi,
Dieci di
A
il
libertà.
son concessi
ti
noi rendi
il
:
prisco dritto,
insorgerà.
Sicilia
Siccome già su Ninive La voce del Signore, Voce d'un nume, il popolo Al Re così parlò. 1
di
segnati volsero
Fiero Il
Da campi Patrizi
I
e
dei
è
il
:
core
;
popolo s'alzò...
cittadi,
e pastori,
Brillaron
di
brandi,
pugnali
i
regi
gioja,
e
terribili
banditi
fieri.
e guerrieri
brandiron Tacciar... sfavillano
a
mille.
Non hanno che un suono le cento sue squille, Non han che un affetto gl'intrepidi cor... Chi gl'impeti affrena d'irato oceano? Chi l'onde infocate d'acceso vulcano? D'un popol che vuole chi doma il furor? Odi,
o Sire,
ecc.
sici-
suc-
—
—
30
INNO AL RE GIUSEPPE BERTOLDI
DI Piemonte
ebbe una vera efflorescenza di inni nazionali e di nel 1847 Carlo Alberto si mise sulle vie in breve tempo dovevano portarlo alla concessione dello Statuto ed alla guerra all'Austria. Fino a quell'anno la musa italiana, a dire il vero, aveva lanciato contro il Re di Sardegna le pili atroci invettive dopo di allora il tono cambiò e l'affetto, l'amIn
canti delle
si
quando
patriottici
riforme
quali
le
:
mirazione,
la
accompagnarono
pietà
fino
alla
tomba
oltre
e
lo
sven-
sconfìtto di Novara. Nel 1832 Carlo Alberto aveva ordinato maestro Gabetti una Marcia reale, senza parole, che accompagnò le truppe italiane in tutte le sue prove ed in tutti suoi trionfi; poi fece scrivere al poeta Giuseppe Bertoldi il seguente « Inno al Re », proprio nel tempo in cui aveva fatto proibire in tutti suoi stati la bandiera tricolore. L'inno fu cantato la prima volta a Genova il 3 no-
turato al
i
i
vembre
1847.
Con l'azzurra coccarda sul petto, Con italici palpiti in core,
Come
d'un padre
figli
veniamo
Carlalberto,
E gridiamo Viva
il
esultanti
Re! Viva
Figli tutti d'Italia noi
Forti e liberi
il
:
il
siamo,
mente
la
morte il servir regge clemente
ti
;
godiamo obbedir.
Dio
di
Re grande,
:
degno,
sei
c'inalzi all'antica virtù. si strinse con Pio gran patto fu scritto lassù.
Carlalberto
Se
;
tiranni aborriamo,
messaggio
Di compirlo, o
Il
Re!
il
tuo vasto disegno
il
Attendesti
Tu
tuo pie';
d'amore Re! Viva
braccio e
Più che morte i Aborriam più che Ma del Re che ci Noi Siam figli, e
A compire
il
diletto, al
sfidi la
Monta
Con
;
rabbia straniera,
in sella e solleva
il
azzurra coccarda e
tuo brando, bandiera
Sorgerem tutti quanti con te Voleremo alla pugna gridando Viva il Re Viva il Re Viva ;
:
!
!
il
Re
!
—
31
INNO A CARLO ALBERTO DI B.
MUZZONE
Quest" « Inno a Carlo Alberto », scritto da B. Muzzone e musidal maestro Bodoira, ehhe diffusione quando il Re di Sardegna si mise sulle vie delle riforme, con immenso giubilo delle sue popolazioni. Una raccolta delle varie poesie scritte nei regi stati in occasione delle riforme concesse da Carlo Alberto nel 1847 e nella quale si trovano inseriti ben ottantasei componimenti poetici dà una pallida immagine della gioia con la quale era stata accolta nel Regno di Sardegna la piena e sincera conversione di Carlo Alberto alle idee cato
liberali
e nazionali.
Viva Si
Italia!
Viva
Su
Dall'Alpi
risveglia Italia
Tebro
e dal
l'antico valore.
Un
!
novello splendore
quest'inclita terra brillò.
Emulando
la gloria
di
Pio
Carlo Alberto protese la destra Al suo popol diletto, e maestra Di sapienza sua voce s'alzò.
Viva Si
Italia!
Viva
Su
Dall'Alpi
risveglia Italia
Tebro
e dal
l'antico valore. !
Un
novello splendore
quest'inclita terra brillò.
Sorge un grido di gioia e s'alterna D'ogni parte un applauso sincero, Che d'amore è suggello foriero Di grandezza e di forti voler.
Già sicure
faccian d'intorno
si
Al gran trono Sabaudo
Or che
E' dischiuso un arringo
Viva Si
Italia!
Dall'Alpi
risveglia
Viva
genti
le
accolte le inchieste,
Italia
e
dal
al
i
lamenti,
pensier.
Tebro
l'antico valore. !
Un
Su quest'inclita
novello splendore terra brillò.
— Mormorando
—
32
affanna e
sì
si
asconde
La discordia invilita e derisa Ve' l'Italia finora divisa
;
Confortarsi de' giorni avvenir!
Poiché
E E Viva Si
amplesso fraterno
in
stretta
Doma
de' tempi
l'ira
e
oltraggi,
gli
mente de'
s'afRda alla
saggi,
de' forti nel provvido ardir. Italia!
Dall'Alpi e dal Tebro
risveglia
Viva
Su
Italia
!
valore.
l'antico
Un
novello splendore
quest'inclita terra
brillò.
Sia di pace la nostra bandiera,
Sacro a tutti il comune Maledetto chi desti il
E
diritto.
conflitto,
sollevi de' morti l'aitar.
La giustizia fremente col brando Sperderà gli esecrati drappelli Guai se il nume combatte i ribelli Che oseranno il suo sdegno mutar. ;
Viva
Italia! Dall'Alpi
Si risveglia
Viva
Su
Italia
e dal
l'antico !
Un
Tebro
valore.
novello splendore
quest'inclita terra brillò.
Come fiamma
che scorre
E grandeggia
in
Si diffonde nel
Uno
foresta
in
incendio repente,
cor,
nella
mente
spirto di patria virtù.
Cittadini
!
La
gloria
degli
avi
E' retaggio affidato ai nepoti. Deh compite i lor fervidi voti, E l'Italia ritorni qual fu. !
Viva
Italia!
Dall'Alpi e dal TeDro
Si risveglia l'antico valore.
Viva
Su
Italia
!
Un
novello splendore
quest'inclita terra brillò.
33
—
DIO E POPO LO INNO DI GOFFREDO MAMELI Con quf'Sto canto G'^ffreuo Mameli, diciottenne, si annunzia\a nuovo poeta della patria. « La sera del 10 decenibre 184ti tutta Genova era fiamme di gioia; ma non la città sola, tutti gli Apennini, (7 dosso d'Italia, come Dante li chiama, risplendevano di fuochi; parea che gli antichi vulcani
fossero risvegliati; era l'avviso, era la minaccia d'Italia e ai tiranni. Il giovinetto Mameli guardava, guardava col petto anelante quella città accesa, quei monti accesi; e intese che cosa tutto ciò significasse dal passato indovinò l'avvenire, il prossimo avvenire nella commemorazione della battaglia popolare di Prè, e di Portoria, presentì le cinque giornate di Milano; e in imo di quei nu)menti che Platone avrebbe chiamato di « furore poetico » gitiò ai venti d'Italia il canto Dio e Popolo, il canto precursore del quarantotto e del quarantanove ». Così Giosuè Carducci. Disse, anche, A. G. Barrili di quest'inno: «Fu scritto per il I!) dicembre 1846, giorno della grande passeggiata votiva di tutto il popolo genovese al santuario di Oregina, celebrandosi il primo centenario della cacciata degli Austriaci da Genova e fu recitato dall'Autore il 9 dicembre, nel banchetto d'onore offerto dagli studenti genovesi aìV Albergo de la Ville, a Terenzio Mamiani il quale nel suo discorso a quei giovani, lodò grandemente il poeta. Parlò in quella occasione per tutti compagni Gerolamo Boccardo, il principe degli economisti italiani. Quanto all'inno Dio e Popolo, l'edizione del 1850, nel secondo verso del ritornello, reca il soldatesco « Dio si mette alla sua testa » forse sulla fede di qualche copia errata dell'inno. Nei manoscritti di Goffredo chiaramente e ripetutamente si legge « Dio comagli
si
stranieri
:
;
;
:
i
che ha sapore biblico, in tutto conforme agli studi che sulla andava facendo il Poeta. Anche la edizione Tortonese ha la più giusta lezione « Dio combatte » e dobbiamo lodarla di ciò ».
batte »
Bibbia
Come
narran sugli Apostoli, Forse in fiamma sulla testa Dio discese dell'Italia... Forse è ciò; ma anch'è una Nelle feste che fa il Popolo Egli accende monti e piani
festa.
;
Come
bocche Egli accende
di
le
vulcani. città.
Popolo si desta, il Dio combatte alla sua testa. La sua folgore gli dà. Poi, se
— Uno
A
scherzo ora
34
fa
il
—
popolo
;
festa ei si convita.
una
Ma
se è il popolo che è l'ospite, Guai a lui ch'ei non invita! Grande è sempre quel ch'egli opera Or saluta una memoria, Ma prepara una vittoria ;
E
dico in verità
vi
Che
se il Popolo si desta Dio combatte alla sua testa, La sua folgore gli dà.
Noi credete ? Ecco la storia AU'incirca son cent'anni Che scendevano su Genova, L'armi in spalla, gli Alemanni Quei che contano gli eserciti :
Disser
E
;
l'Austria è troppo forte; le porte.
:
aprirono
gli
Questa
vii
genia non sa
Che
se il Popolo si desta Dio combatte alla sua testa, La sua folgore gli dà.
Un
fanciullo gettò
Parve un
Che
le
Sassi
e
un
ciottolo
ciottolo
case vomitarono fiamme da ogni
Perchè quando sorge ceppi e re Sovra i
Come
i
;
incantato,
il
lato.
Popolo
distrutti.
vento sovra i Passeggiare Iddio lo fa. il
flutti
Quando
Popolo si desta il Dio combatte alla sua testa. La sua folgore gli dà.
Quei che contano Vi son oggi
gli
come
eserciti
allora
:
Se crediamo alle lor ciance Aprirem le porte ancora.
— Confidiamo I
satelliti
Non E vi
si
in
dei
35
—
Dio. nel
Popolo
.
forti
contano che morti.
dico in verità
Che
se il Popolo si desta Dio combatte alla sua testa La sua folgore gli dà.
—
36
GIOBERTI E GARIBALDI DI
GIUSEPPE BERTOLDI
E' questa poesia, forse, la prima che abbia corso l'Italia diftonil Cavaliere dei popoli. Fu stampata alla fine de! 1847 a Torino sotto un ritratto di Garibaldi edito dal Doven.
dendo l'amore per
E va
Gioberti
Dell'Italo
pensiero
Ad
vindice
erger sugli elvetici
un
Dirupi
vero
trono' al
;
E' Garibaldi un fulmine
Che
acque
l'americane
fa
stupir.
grand'alma prodigo
Della
non sua contrada Altro ei non chiede in premio Che un tetto ed una spada, Per
la
Molte battaglie e vittime,
E
degli ospiti
Il
giorno
Non
suoi la
affrettiam
glorioso
libertà.
precipiti :
Quel giorno è nella provvida
Mente
di Dio nascoso che la sua vindice Destra folgoreggiando accennerà.
Allor
E
noi sorgiam terribili
Dai campi e dagli spaldi
;
In ogni seno palpiti Il
cor di
Garibaldi
:
Beato l'uom che l'anima In
quel santo conflitto esalerà.
37
FRATELLI INNO
DI
ITALIA „ GOFFREDO MAMELI D'
« lo ero ancora fanciuilo, ma queste magiche parole, anche senza musica, mi m.eltevano brividi per tutte le ossa, ed anche oggi, ripetendole, mi si inumidiscono gli occhi. » Con queste parole Giosuè Carducci, che meglio di ogni altro ha inteso e reso in verso ed in proKa lo spirito eroico del nostro Risorgimento, ricorda l'inno di Goffredo Mamer, il più bello e grandioso di tutti gli inni patriottici italiani. Mameli (nato a Genova il 5 settembre 1827 dal marchese amIl miraglio Giorgio, cagliaritano) costituì nel 1848 la squadra dei volontari genovesi che accorsero a prestare aiuto all'insurrezione lombarda, poi corse alla difesa della Repubblica Rom.ana. Ferito il 3 giugno
!a
i
1849, nel combattimento di Villa Corsini, alla tibia sinistra, ebbe amputata una gamba e morì il tì luglio successivo. Fu un'anima anMazzini, che lo amava come un figlio, scrisse per la sua gelica. mone alcune pagine maravigliose di sentimento e di poesia. Garibaldi, che se Jo vide ferire al fianco, non poteva trattenere le lagrime tutte le vo'.te che gli si parlava di lui. Il celebre Inno venne scritto da Goffredo il giorno 10 settembre
1847 e musicato il 24 novembre a Torino dal maestro Michele Novaro (1822-188.S) il quale raccontò nel 187.S ad Anton Giulio Barrili (l'amoroso studioso e raccoglitore degli scritti del Mameli) il modo come compose la musica di quei versi infuocati. Si trovava una sera in casa di Lorenzo Valerio, dove conveniva una eletta schiera di patriotti che facevano musica e politica insieme, quando un amico giunto « To', te lo manda Gofda Genova gli porse un foglietto dicendogli fredo ». Il Novaro apre il foglio, legge, si commuove. Tutti gli si detti a voce alta, e la Mameli vengono versi del affollano intorno; stessa commozione si manifesta sul volto di tutti. « Io sentii, disse Novaro, dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei il piansi, che ero agitalo e non potevo star fermo. definire... So che Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, mettendo giù frasi melodiche, l'una sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole... Mi alzai, scontento di me, presi congedo, corsi a casa. Là, senza pure levarmi il cappello, mi buttai pianoforte. A\i tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa a! Valerio; lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani. Nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo, e per conseguenza anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'Inno «Fratelli d'Italia». Cantato pubblicamente a Genova in una festa popolare, la polizia, conoscendo l'autore per un ardente mazziniano, lo :
i
proibì
e
non
Garibaldi
lo
tollerò
stimava
marzo 1848. il Mameli come
che dopo
l'inno
di
guerresco dopo la Marsigliese durante l'assedio di Roma e
e la
lo
più trascinante inno il preferiva all'inno del Mercantini; meravii-liosa, l'Eroe lo can^
ritirata
—
38
—
come del resto facevano tutti i suoi volontari. canto del magico inno che elettrizzò tante migliaia di guerrieri e 11 volò come superbo arcangelo sui campi di battaglia, viene ancora adesso considerato in Austria come reato politico, ciò che non impedisce agli italiani ancora irredenti di cantarlo, sfidando le i. r. prigioni. lava e zuffolava sempre,
Fratelli
Dell'elmo
Dov'è
la
Le porga
:
desta
;
Scipio
di
S'è cinta la
Che
Uniamoci, amiamoci L'unione e l'amore Rivelano ai popoli
d'Italia,
L'Italia s'è
Le vie del Signore. Giuriamo far libero
test-ri.
vittoria? la
schiava
chioma
suolo natio
Il ;
Roma
di
:
Uniti, per Dio,
Chi vincer
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
ci
può?
Stringiamci a coorte
!
!
I
Dall'Alpe a
Noi siamo da secoli
Sicilia,
Perchè non slam popolo, Perchè siam divisi.
Ovunque è Legnano Ogn'uom di Ferruccio Ha il core e la mano
Raccolgaci un'unica
I
Calpesti,
derisi.
Bandiera, una
;
speme
;
l'ora
bimbi
;
II
suonò.
Vespri suonò.
I
Stringiamci a coorte
Stringiamci a coorte
!
Siam pronti alla morte Italia chiamò
:
pronti alla morte
Italia
chiamò
Son giunchi che piegano Le spade vendute Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia E il sangue polacco Beve col Cosacco, ;
il
cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
!
Siam pronti alla morte Italia chiamò !
!
Siam
!
Ma
d'Italia
chiaman Balilla suon d'ogni squilla
Si
;
Di fonderci insieme
Già
!
Siam pronti alla mortf Italia chiamò
Siam pronti alla morte Italia chiamò
!
—
30
INNO ALL'ITALIA Fu canijtn
a
Firen/e
12 settembre
il
1847 e per alcuni anni
Sorgi, depressa Italia,
Dalla iua muta tomba
Al suon
di
questa tromba
Ch'oggi squillar L'armi
fidate
l'udì.
popolo
al
Segnano un nuovo Ti
cingi
di.
ancor, o prospera
Regina delle genti De' taciti lamenti La lunga età finì. L'armi
;
popolo
fidate al
Segnano un nuovo
dì.
Disse a' suoi figli un principe Quest'armi a voi l'affido. E plaudente un grido
—
Di fondo
L'armi
ai
cor parti.
fidate al
popolo
Segnano un nuovo
dì.
Sacra falange, il patrio Suolo guardar v'è dato, Questo giardin beato
Che
il
Cielo a noi
L'armi
fidate al
largì.
popolo
Segnano un nuovo
dì.
Ma
se la terra italica L'estraneo insulti ardito
Muova il Che noi
vessillo avito fratelli
unì.
:
-
di
poi.
— L'armi
4U
fidate al
—
popolo
Segnano un nuovo
dì.
Sappia pugnare e vincere Il
cittadin guerriero,
Franga l'orgoglio altero Di chi sprezzarci ardì.
L'armi
fidate al
popob
Segnano un nuovo
dì.
41
SONO
ITALIANO!...
CANTO POPOLARE (Questo canto rimonta Goticite di una popolarità
ai
primi mesi del 1848 e nacque in ToSi'ana. oggi è molto noto in tutta
immensa ed ancor
l'ilatiia. Nella Venezia e nelle terre alle quali stiamo dando zione viene tuttora cantato con lo stesso spirito del 1848.
lihera-
la
Giovanottino daiia bruna chioma,
-
come si nom.a? sono nato, o forestier cortese. Nel paese più bel d'ogni paese S'io chieggo a te della nativa terra Rispondi >
;
Sono
in
piano.
Italiano.
Giovanottin dalla pupilla nera,
-
Dimmi, qual'è il color di tua bandiera? Se una rosa vermìglia e un gelsomino A una foglia d'ailór metti vicino,
—
tre colori avrai piij cari e belli
I
A
noi che in
ci conosciam fratelli che fremer fanno L'insanguinato imperator tiranno. Beato il dì che li vedrà Milano
tre
I
color avi
quei
;
ai
!
Sono
Italiano.
Giovanottin dalla dolce favella,
Dimmi dunque,
—
il
tuo re
come
si
appella?
una patria abbiamo e tutti un Dio Dal Tebro a tutti benedice Pio Dell'Arno là sulle rive leggiadre Sta Leopoldo, più che Duca, padre Tutti
;
;
—
42
—
Tardi Fernando si battè la guancia, E Alberto aguzza la terribil lancia ;
Biscia e
Leone cacceran
i
'estrano:
Sono -
Italiano
Giovanottin dall'elmo piumato, se' giovane tanto e sei soldato!
Tu
— E
Soldato no; son cittadino in armi,
soldo col sudor so procacciarmi. Se giovin sono e se profondo io fero il
Vedran
le
file
del ladron straniero.
Dunque ripeti, o forestier cortese. Quando ritornerai nel tuo paese. Che di bandiera, d'armi e di sovrano Sono
Italiano
43
IL "
PATER NOSTER
'
DEI MILANESI Dopo
la
morte
(settembre
italiano
e
diffuse
numerose
di
arcivescovo tedesco
dell'odiato
Gaysruck venne
a
1847) l'arcivescovo Romilli, bene accetto, perchè grande bontà, alla cittadinanza milanese. Furono allora
Milano
orazioni
patriottiche
nelle
quali
religione
patria
e
fondevano sotto l'egida del nome benedetto di Pio IX. Nacquero così un Catechismo nazionale, un Credo, due Pater Noster, le Litani^ dei Pellegrini Lombardi, ecc. Il primo Pater Noster in prosa diceva « Padre nostro che siete a Vienna Che il vostro nome sia per sempre dimenticato in Italia; Che il vostro regno si restringa al di là delle Alpi Che la vostra volontà non sia fatta sopra il cielo come sopra la terra d'Italia; Rendete a' noi quel pane quotidiano chi ci Come noi vi rendiamo la vostra carta monetata Non ci indurapiste si
:
;
;
;
;
voi e da tutti i vostri liberateci da cete nella disperazione; Ma sgherri ; Una volta per sempre e così sia. » Il secondo Pater Noster preparare gli servì anch'esso a è quello riprodotto qui appresso animi per fatti del marzo 1S48. A Trieste, tra l'aprile e il maggio :
i
dell'anno «
Vittorio
tuo,
—
quando sembrava che
corrente,
dovesse riuscire
neutralizzare
a
Emanuele nostro die
venga
il
—
regno tuo,
—
la
pressione della Germania seguente parafrasi la
circolò
l'Italia,
Roma
sei
a
sia
fatta
—
:
sia
santificato
volontà tua,
la
sì
nome come a
il
Trento, cosi a Trieste. Amaci come siamo odiati, difendici perchè Non t'induca Hiìtoiv in siamo oppressi. Dacci il tuo pane unico. Così sia. il ntazinne, ma liberaci dall'Austria.
—
—
Padre nostro divin, che Pietà del nostro duol
Signor,
—
—
ci
nei
sei sì
scampa dall'ugne dello
Sia
sempre E tante Quante
il
nome
volte
l'augel
e
Cieli,
lungo e fiero
:
crudeli straniero.
tuo santificato, tante benedetto,
biforme
è
bestemmiato e maledetto.
Ah! venga il regno tuo, regno d'amore. Che a Pio fu dato d'imitar qui in terra. Che la virtude inalza ed all'errore fa
cruda guerra.
44 Sia fatto
il
voler tuo, se ancor ritarda
Quel giorno di vendetta e di riscatto, Che vegga Italia e la nazion lombarda strette ad un patto. In ciclo e in terra questo giorno è scritto, In cui la biscia,
ed
il
Di libertà, co'.rarmi,
leone a lato. sacro dritto
il
avran
Dacci oggi
Che Il
lo
il
nostro pane quotidiano,
straniar
strappa
ci
vaso è colmo per e
/
comprato-
la
fin
bocca
di
!
tua Milano,
orm.ai
trabocca.
che abbtam, Signor, perdona.
debiti
In quella guisa che paghiamo quelli
Dei
trattati
di
Vienna e
di
Verona, veri
Non
tranelli
cadere in tentazione, in noi tutti e core e E vincerem nel dì della tenzone sicuramente. ci lasciar
Ma
Ma
rinforza
scampaci dal
Deh!
inai e
salva l'infelice
Dall'Aulico
consiglio
dai
tedeschi
mente,
:
Lombardia e
da
Radeschi e
:
cosi sia
—
45
—
LA DONN A LOMBARDA STORNELLO DI
FRANCESCO DALL'ONGARO
proposito tradotto in pratica con invitta costanza dai milaiicsi Il non più fumare per portar grave danno alle finanze austriache diede vioalla polizia di compiere sulla cittadinanza atti di selvaggia lenza. Nel gennaio 1848 la sbirraglia ubbriaca fu scatenata per le vie di Milano; in Piazza Mercanti, sul Corso Francesco (ora Vittorio Emanuele) altrove donne, \ecchi, fanciulli vennero sciabolati barbarae mente, e sei morti e cinquantanove feriti furono il triste bilancio di fatti di Miquella giornata- di ferocia austriaca. Nell'Europa liberale lano destarono una enorme impressione; l'odio milanese per l'opprest'ore crebbe a mille doppi; e Francesco Dall'Ongaro (nato a Mar.';uc (Oderzo) nel 1808, morto il 9 gennaio 1873) scrisse uno stornello diventato popolare che fomentò negli oppressi il desiderio de!la liberazione, compiuta due mesi più tardi nel glorioso modo che tutti di
modo
i
sanr.o.
Toglietemi d'attorno i panni gai. Voglio vestirmi di bruno colore Vidi scorrere il sangue ed ascoltai Le grida di chi fere e di chi more. ;
Altri
Sui'
ornamenti non porterò mai che un nastro vermiglio sopra
Mi chiederan dove quel nastro è Ed io Nel sangue del fratello
—
tinto,
estinto.
Mi chiederan come si può lavare. Ed io Non lo potria fiume né mare
—
core.
il
:
Macchia d'onore per lavar non langue Se non si lava nel tedesco sangue.
-
46
LA BANDIÈRA TRICOLORE CANTO POPOLARE Dopo la cacciata dei tedeschi da Milano, ebbe molto voga la seguente canzonetta popolare, che fu più tardi ripetuta dal '59 al '66. Le due ultime strofe furono aggiunte dai soldati di Piemontesi che cantavano nelle loro marce, e furono subito imparate e cantate le dai monelli milanesi. La si canta ancora in tutta Italia, compresa Trieste, con leggere modificazioni.
Anderemo a Roma santa, Anderemo al Campidoglio, Pianteremo sulla soglia La bandiera dei tre color.
La bandiera dei tre colori E' sempre stata la piià bella, Noi vogliamo Noi vogliamo
E
i
sempre la
quella
libertà.
tedeschi coi suoi baffi
Son una massa di birbanti, Impicchiamo tutti quanti, pie. Calpestiamo sotto i
I
Gesuiti son
partiti
Son andati dal suo re La corona dell'Impero La vogliamo sotto ai pie. ;
I
Con
tedeschi son fuggiti
fumo dentro il sacco Metternich e quel macaco Si
il
dovranno
ritirar.
:
—
47
—
CANTO POPOLARE Le Cinque Giornate in
tutta
di
del Bertoldi settentrionale.
l'Italia
Manzoni pubblicava la scritta quando sembrava
uno dei
fu
Da
più
innumerevoli canti
a
popolari
che
e
si
diffuse
1848 Alessandro « Marzo lui ^821 » da passaggio del Ticino da parte
ricordare impareggiabile ode
imminente il piemontese guadagnato alla aggiungendovi l'ultima strofa
dell'esercito
nazionale,
BERTOLDI
di G.
Milano diedero origine
questo
patriottici;
MIL A NO
LI BERAZIONE DI
LA
nel
rivoluzione
costituzionale
e
:
Oh
giornate del nostro riscatto! dolente per sempre colui lunge, dal labbro d'altrui. Come un uomo straniero le udrà! Che ai suoi figli narrandole un giorno Dovrà dir sospirando: io non c'era; Che la santa viitrice bandiera Salutata quel dì non avrà! Oli
Che da
Le Cinque Giornate furono precedute e seguite anche da una vera poesie e di canti popolari in dialetto milanese che si trovano un interessante volume di Carlo Romussi.
fioritura di in
Di
Dio son tutti del mondo i regni, più degni Dio che a reggerli chiama Ma quando l'empio quei regni toglie Di
i
Egli alza
I
il
dito e
discioglie.
li
non ha
Il
regno a Dio
A
noi chi tolse la libertà?
tolto
centomila sgherri tedeschi L'insubria inondano, duce Radeschi Non scende in campo Iddio con l'asta: Dal cielo ei mostrasi, mostrasi e basta. Polvere sono dinanzi a Te, Dio grande e forte, popoli e re. :
Ecco
sul
sacro piano lombardo
Sventola
Ecco Coi
il
il
libero
tre colori
un Carlalberto.
Sui vostri altari
Prodi
comun stendardo
trionfo a render certo
Lombardi,
ei
giurerà.
la
libertà.
:
;
—
48
L'ITALIA RISORTA INNO
DI B. DE'
BANDI
Inno del 1848; parole di Bando de' Bandi, musica del maestro Mapopolarissimo a Milano e in Lombardia per tutto quell'anno.
bellini,
Via toglietemi dal capo delle spine
La corona
Che una Splenda
;
volta ancor sul crine il
serto del valor.
Son l'Italia e son Le catene io sento
risorta,
infrante,
Sorgerò come gigante Sopra il campo dell'onor. Fino all'ultimo Appennino il grido redentor
Voli
!
Fui signora delle genti, Poi fui schiava e piansi tanto,
Ma
quei secoli di pianto
Questo
dì
Tutti in Tutti
È Il
fa.
arme
miei,
stretti
Benedetta
Che
scordar mi
a
la
in
figli
bandiera
pugnar
soldato
i
una schiera,
il
li
condurrà.
cittadino,
soldato eroe sarà
!
—
—
49
LA PATRIA DELL'ITALIANO POESIA POPOLARE
ANTONIO GAZZOLETTI
DI
Antonio Gazzoletti fu dopo Giovanni Prati il maggior poeta trenNato a Nago il 20 marzo 1813, fu imprigionato varie volte dagli austriaci, esulò a Torino e passò poi a Milano ed a Brescia. Morì magistrato a Milano il 21 agosto 1866. La Patria dell'Italiano fu popolarissima per oltre un ventennio, a incominciare dal 1848 nel qual anno fu scritta. In essa si esprime vigorosamente il concetto unitario italiano. La sua forma fu ispirata dalla celebre poesia dell'Arndt « Was ist der Deutschen Vaterland?» (Qual'è la patria dei Tedeschi?), considerala la «Marsigliese» germanica. tino.
Qual è Sotto
la patria dell'Italiano?
cielo napolitano,
bel
il
Nel suol, nell'aere, nel mare un Serbò natura di paradiso Pur non è l'eden napolitano La grande patria delTItaliano.
riso
:
Qual
è
la
dell'Italiano?
patria
mare freme un vulcano, E intorno a quello fremono genti Di
dal
là
Di libertade.
Pur non è La grande Qual è E' forse
Che Sul
il
gloria ardenti
forte
patria la
Qual il
è
:
suol siciliano
dell'Italiano.
dell'Italiano?
patria
brando prima,
No, non è La grande
Culla
di
sacro terren
il
mondo
Fors'è
il
la
romano croce poi
stese soggetto a noi ? il
sacro terren romano
patria la
dell'Italiano.
patria dell'Italiano?
leggiadro
dell'arti e
giardin
insieni
toscano,
gentile
Maestro agl'itali del bello stile? No, non è il gaio giardin toscano La grande patria dell'Italiano.
—
50
—
il lombardo suolo fecondo? Venezia unica al mondo?
Fors'è Fors'è Città
maturi ingegni,
fiorenti,
Glorie e sventure vantan quei regni Pur non Venezia, non è Milano
La grande Fors'è
;
patria dell'Italiano.
guerriero Piemonte armato?
il
Fors'è l'altero Genovesato?
De' Corsi
l'isola,
Dall'aspre
rupi,
No,
in brevi
La grande Qual
è
quella de' Sardi dai
sponde
patria la
cor gagliardi? tu cerchi
invano
dell'Italiano.
patria
dell'Italiano?
Dal regal Tevere all'Eridàno Tutto che il doppio mare comprende, E un solo accento sonar s'intende, E il mondo barbaro rifece umano, E' la gran patria dell'Italiano.
Dovunque prossimo santo invocasi
Il
Dove una musica Dove ogni sasso
è
Dall'umil rudero
al
Ivi
la patria
è
Pio,
di
spira ogni vento,
un monumento, Vaticano,
dell'Italiano.
Dovunque all'ombra In
Dio
a quel di
nome
fermo accordo
dei
fraterni
tre colori
cuori
Stanchi del vile lungo servire di vincere o di morire,
Giurar
E Ivi
al
è
O
vinto amica stender la
patria
bella
terra,
nobile terra.
Dallo straniero
che
Troppo
oltraggi
soffristi
mano,
la
dell'Italiano.
ti
fa
e
guerra,
danni
:
Sul capo oppresso dai lunghi affanni Rimetti il prisco ciniier sovrano,
O
grande patria
dell'Italiano.
—
—
51
CANTO
DI
GUERRA
DI LUIGI
Il
gagliardo canto
del
(-arrer
(nato a
morto in patria il 23 dicembre 1850), popolo quando Carlo Alberto dichiarò e ripetuto dal popolo per lunghi anni.
fu la
Venezia scritto
guerra
il 12 febbraio 1801, principalmente per il all'Austria nel 1848
Via da noi, Tedesco infido,
Non
più patti, non più accordi
Guerra,
guerra
Ogn 'altro
!
;
grido
E' d'infamia e servitù.
Su que' Il
furor
rei, si
sangue
di
fa
lordi,
virtù.
Ogni spada divien santa
Che
nei
barbari
si
pianta
;
indegno figlio Chi all'acciar non dà di piglio, E un nemico non atterra E'
d'Italia
:
Guerra,
guerra
!
Tentò indarno un crudo bando Ribadirci le catene
;
La catena volta in brando Ne sta in pugno, e morte dà. Non s'ottiene Guerra, guerra Senza sangue libertà. !
Alla legge inesorata
Fa risposta Fan risposta
la al
Crociata
;
truce editto
Fermo core, braccio invitto, Ed acciaro che non erra ;
Guerra,
guerra
!
CARRER
,
Non
attristi
ci
—
52
piià
lo
— sguardo
L'aborrito giallo e nero;
Sorga l'italo stendardo E sgomenti gli oppressor. Sorga, sorga, e splenda altero Il
vessillo
tricolor.
insegna nostra mostra ti
insegna,
Lieta
Sventolante a noi
cammino
Il
tu
;
addita,
ci
Noi daremo sangue e vita Per francar la patria terra Guerra, E'
la
guerra
Da
nostro scampo.
il
gloria
lei
Della spada Dasti in
il
noi
E' d'Italia
;
guerra!
avremo e regno fiero lampo
l'antico
;
ardir.
indegno
figlio
Chi non sa per
lei
morir.
Chi
tra l'Alpi e il Faro è nato L'armi impugni e sia lodato Varchi il mare, passi il monte. Più non levi al ciel la fronte ;
Chi un acciaro non Guerra,
guerra
afferra
umile paese Guerra echeggi, e morte al
Dal palagio Tutto,
Che
al
tutto
:
!
tetto il
bel
tant'anni ci
vile
calcò; '
Guerra suonino
Che
il
le
chiese
ribaldo profanò.
Vecchi
donne
infermi,
Dei belligeri
imbelli.
fratelli
Secondate il caldo affetto Guerra, guerra In ogni Che di vita un'aura serra, !
Guerra,
guerra
!
:
petto.
53
IN NO DI
GUERRA DEL DI
primo
1848-49
LUIGI MERCANTIMI
guerra del celebre autore dell'Inno di a Ripatransone il 20 settembre 1821, 1872) lo scrisse nel 1848, e con quell'inno sul labbro crociati romagnoli corsero in aiuto di Venezia combattente eroicamente contro gli Austriaci. Fu m.usicato dal maestro Giovanni Zampettini, di Sinigaglia. In una nota ai suoi canti il Mercantini dice presente inno di guerra a proposito del « Quando in Corfù io fui a visitare Daniele Manin, da una stanza vicina si udiva cantare « Tre colori, tre colori». «Ecco! mi disse Manin, commovendosi, ecco il canto col quale abbiamo combattuto insino all'ultima ora sulle nostre lagune ». Il motivo della bandiera nazionale ricorre molto di frequente nella poesia patriottica del Risorgimento (vedi pag. 40 e 52). Il tricolore divisi popoli della pefu il simbolo e il nodo della patria, che raccolse nisola in un sol fascio potente e disciplinato. Come scrisse uno dei più appassionati cultori degli studi storici sulla resurrezione italiana, « gio\ani che non possono ricordare di aver veduto nei tempi della dominazione straniera un cencio tricolore conservato fra le memore più care e segrete e mostrato fra un sospiro di rimpianto e una speranza, e non videro più tardi quei medesimi colori splendere liberi nella gloria del sole e sorgere quasi per incanto, dietro ai passi dei fuggenti austriaci, e rivestire le città d'un'iride festosa, non possono comprendere capelli grigi all'apil fremito segreto che provano quelli che hanno parire della nostra bandiera. » Dopo la caduta di Venezia nel 1849, il tricolore fu, come scrisse Carlo Cattaneo, « il solo segno che rappresenE' il Garibaldi
morto
a
:
degli
inni
Mercantini
il
Palermo
l'S
di
(nato
novembre
i
:
:
i
i
i
tasse al cospetto del
mondo
Patrioiti,
la
nazione. »
all'Alpi
Fu
l'Italia.
andiamo,
andiamo al Po Perderem, se più tardiamo Già il tedesco c'insultò. Patriotti,
Il
:
:
tambur, !a tromba suoni. Noi sui campi marcerem. Mille e più sieno
Noi
le
E
sol
verde,
La bandiera
E
i
cannoni.
micce accenderem.
sol verde,
bianca e rossa
s'innalzò.
bianca e rossa
La h:indÌTn s'innibò.
— Tre
colori,
54
—
tre colori,
cantando va a cantando tre colori
L'italian
;
i
11
fucile
imposterà.
Foco, foco, foco, foco
!
S'ha da vincere o morir. Foco, foco, foco, foco !
Ma
il
tedesco ha da morir.
E t,a
E
verde, bianca e rossa bandiera s'innalzò. sol verde, bianca e rossa
sol
La bandiera s'innalzò.
—
55
CANTO DEGLI INSORTI ARNALDO FUSINATO
DI
Ad Arnaldo Fiisinato (nato a Schio il 10 dicembre 1817, morto Roma il 28 dicembre 1888) deve molto la musa patriottica italiana. Fu soldato, combattè a Alontebello ed a Vicenza e partecipò alla difesa di Venezia !e sue strofe guerresche venivano ripetute dai soldati nelle a
:
marce. Singolare per veemenza e paragonabile ai dell'ungherese Petòfi è questo canto degli insorti universitario
selvaggi canti battaglione il
più
che
Padova fece suo.
di
Suonata è
la
squilla
già
:
Terribile echeggia per
Suonata è
la
squilla
Su presto corriamo Brandite
i
Fratelli,
Al cupo
fucili,
fratelli,
le
il
grido di guerra
su presto,
:
la
;
fratelli.
patria a salvar.
picche,
i
coltelli,
corriamo a pugnar.
rimbombo
Rispose
il
l'itala terra
dell'austro
ruggito del
cannone Leone
nostro
:
manto d'infamia, di ch'era coperto, CoU'ugna gagliarda sdegnoso squarciò, E sotto l'azzurro vessillo d'Alberto Ruggendo di gioia il volo spiegò. Il
Noi pure l'abbiamo
Non
la
nostra bandiera
come un giorno
pili
sì
gialla,
nera
sì
Sul candido lino del nostro stendardo
Ondeggia una verde ghirlanda d'allòr De' nostri tiranni nel sangue codarde E' tinta
la
:
zona del terzo color.
Evviva l'Italia! d'Alberto la spada Fra l'orde nemiche si schiude la strada. Evviva l'Italia! sui nostri moschetti il Vicario la mano levò... E' sacro lo sdegno che ci arde ne'
Di Cristo
Oh
!
troppo finora
si
petti
pianse e pregò.
!
—
—
56
Vendetta, vendetta! Già l'ora è sonata, Già piomba sugli empi la santa crociata Il
Si
colmo
è
calice
strinser
dell'ira
mano
la
le
:
italiana,
cento
città
:
Sentite sentite, squillò la campana...
Combatta
denti chi brandi
coi
non
Vulcani d'Italia, dai vortici ardenti Versate sugli empi le lave bollenti E quando quest'orde di nordici lupi Ai patrii covili vorranno tornar,
Corriam
fra le gole dei
Sul capo S'incalzin
di
E quando
!
nostri dirupi
fuggiaschi le roccie a crollar.
ai
Un nembo
ha.
fronte,
le
di
avvolga
li
fianco, di
alle
spalle,
pietre e di palle,
canne dei nostri
fucili
Sien fatte roventi dal lungo tuonar.
Nel gelido sangue versato dai vili Corriamo, corriamo quell'armi a tuffar.
E
là dove il core più batte nel petto Vibriamo la punta del nostro stiletto; E allora che infranta ci caschi dal pugno La lama già stanca dal troppo ferir, ))e' nostri tiranni sull'orrido grugno .i pomo dell'elsa torniamo a colpir. .
Vittoria,
vittoria
!
Dal giogo tiranno
Le nostre contrade redente saranno Già cadde spezzato l'infame bastone
;
Che Il Il
—
l'italo dorso percosse finor timido agnello s'è fatto leone. vinto vincente, l'oppresso oppressor. ;
—
57
CANTATA DI
DI
GUERRA
ARNALDO FUSINATO
Questa cantata patricttica del Fusinato che non è compresa nei volumi delle sue opere raccolte si trova nella bella Antologia di Raffaello Barbiera « I Poeti Italiani del secolo XIX ». Fu scritta nel 1848 a Venezia, fu musicata dal maestro veneziano Francesco Malipiero, ed accese ancor più gli animi nella lotta contro il nemico nazionale.
Donne L'ora
fatai
All'armi,
s'approssima
all'armi,
o
!
forti!
Noi v'afRdiam la libera Bandiera dei risorti Senza timor guardatela-.. I suoi color son tre. !
Ed Le
il
Leon dell'Adria
sta vegliando al Pie.
Fino
al
supremo
anelito
Dell'onor suo custodi,
Dove Ivi
il suo drappo sventoli accorrete o prodi :
Del tradimento il demone Più non le striscia al pie
;
Perchè il Leon dell'Adria Le sta vegliando al pie. All'armi,
all'armi, o forti! Noi v'affidiam la libera Bandiera dei risorti !
Uomini
E
con un grido concorde Stringiamo il vessillo che Italia noi,
di
fede,
diede. simile anch'esso all'Angiol di morte. Affiso alle porte del santo giardin. Sull'ultimo scoglio dell'Alpi giganti
Oh!
Custode
ci
—
si
pianti
—
del
nostro confin.
—
58
—
DOKKE Addi--.
Con
j^:^j.-::.,
.
col
voi sceaideremo sul
\'o3
del
pensiero
campo guerriero
:
Se deWl la mane rifugge dal brando. Staremo pregando appiè all'aitar.
UOMIKI
E
noi
col
tripudio dell'alme
Sui campi cruenti
—
'
fidend
corriamo a pugnar.
Tutti Corriamo, corriamo vergogna al codardo Che il volo non segue del patrio stendardo Un inno di gloria, im'onda di pianto AJ martire santo cbe pugna e che rouor Al forte che riede di sangue coperto :
:
—
Un
vergine serto
—
di
baci e
di
fior.
—
59
CANTO Dopo
campagna
l'infausta
Lombardia
di
GUERRA
DI
interrotta
dall'armistizio
PiemoDlesi ardevano dal desiderio di riprendere agosto 1848, lotta contro gli AuKtriaci. Il canto the segue ebbe molta voga nel la brc\c periodo che corse fra la fine della prima guerra nazionale e l'iui/io della seconda, cosi breve t terminata cosi tristemente a Novaia del
9
{2i
marzo
i
1849).
Italiani,
Fu
se gagliardo
già
il
Di
Hontida Presto
Lombardo
braccio del
Se all'estraneo il
all'armi
La contesa
;
spavento giuramento, fé'
di
—
non è Legnan
sciolta
;
Su, gridiamo un'altra volta -- Guerra al barbaro Aleman :
Siede ancora
E
—
nostro desco
al
Gavazzando,
!
ebbro
il
tedesco,
l'esercito s'ingrossa
D'un novello Barbarossa Presto all'armi
La contesa
di
•
—
non Legnan
è sciolta ;
Su, gridiamo un'altra volta
— Quando
Guerra l'insubre
al
:
Aleman
barbaro
I
campagna
Tutta sanguina e
si
lagna
;
Quando il veneto Leone A battaglia si compone.
—
Presto all'armi non è sciolta La contesa di Legnan ;
Su, gridiamo un'altra volta
Guerra
u)
barbaro
:
Aleman
'
— Quando Van
gli
—
60
Usseri e
le
spie
briachi per le vie,
E gareggiano codardi Scannatori
di vegliardi.
Presto all'armi
La contesa
di
—
non Legnan
è sciolta ;
Su, gridiamo un'altra volta
—
Guerra
al
:
Aleman
barbaro
Stende l'aquila gli artigli Sovra i campi, e sovra i figli Non sia tregua coli 'ingorda Se la polvere non morda.
!
;
Presto all'armi — non è sciolta La contesa di Legnan Su, gridiamo un'altra volta ;
— Ha
:
Guerra
al
barbaro Aleman
tuonato il Vaticano Dall'Allobrogo al Sicano Ti
—
risveglia
Dio
lo
itala
vuole,
Presto all'armi
La contesa
di
prole
Dio
:
:
lo
—
è sciolta ;
Su, gridiamo un'altra volta
-- Guerra
al
barbaro
—
vuole.
non Legnan
!
:
Aleman!
IL
RISORGIMENTO
DI
ALESSANDRO POERIO
—
Alessandro Poerio (1802 3 novembre 1848), soldato e poeta, fratello di Carlo, si distinse alla difesa di Venezia dove morì. Questo inno non fu veramente cantato, ma declamato dai valorosi combattenti. Il Poerio nella memorabile sortita di Mestre del 27 ottobre cadde ferito mortalmente mentre nel folto della mischia animava sioi commi i
litori
Non
col
canto.
fiori,
ien l'empie memorie
non carmi
Defili avi sull'ossa,
D'oltraggi fraterni,
Ma Ma Ma
D'inique vittorie, Per sempre velate.
il i
suono
serti sien l'opre,
tutta sia
Ma
scossa
—
Da guerra
Che
sia d'armi.
quelle ricopre
resti e s'eterni
Nel core
la terra
—
un orrore
Di cose esecrate
!
;
Sia guerra tremenda,
E, Italia,
Sia guerra che sconti
Correndo ad armarsi Con libera man. Nel forte abbracciarsi Tra lieti perigli
La rea servitù
!
Agli avi rimonti.
Ne' posteri scenda La nostra virtù
O
Divampi di vita La speme latente Percuota
Che
in
Beltate
gli
tuoi figli,
Fratelli saran.
!
Di scherno nutrita
i
sparsi fratelli,
O ;
strani.
questa languente
— sfrenate
popolo mio.
Amore Movete Decreto Fidenti
v'appelli ;
!
nell'alto di
—
Dio valenti.
Cacciaron le mani, D'un lungo soffrire,
Movete all'assalto. Son armi sacrate
Sforzante a vendetta,
Gli oppressi protegge
;
L'adulto furor.
De'
cieli
Sorgiamo Concordia
e la stretta
Ma
questa è sua legge,
dell'ire
Che
;
Sia l'italo amor.
il
Signor
;
sia libertade.
Conquista
al valor.
— Fu servo
il
62
— Ma
tiranno
Del nostro paese Al domo Alemanno
vano pensiero
Fia l'inclita impresa.
;
Le terre occupava Superbo il Francese.
Se d'altro straniero L'aita maligna Sul capo ci pesa
Respinto
Sien soli
—
»
dal vinto
Poi quelle sgombrava. Si
pugni,
si
muoja
;
De' prodi caduti L'estremo sospir
Con La
fede saluti
libera gioia
D3I patrio avvenir
O
!
Italia,
nessuno
Stranier
ti
fu pio
;
Errare dall'uno Nell'altro servaggio
T "incresca, Fiorente
per Dio
!
— possente
D'un solo linguaggio, Alfine in te stessa,
O
—
i
figliuoli
né alligna Qual seme fecondo Nel core incitato Verace voler, Se pria non v'è nato Sospetto profondo Dell'uomo stranier. D'Italia
patria vagante.
Eleggi tornar
;
Ti leva gigante,
T'accampa inaccessa Su' monti e sul mar
!
;
—
63
ADDIO,
M IA
BELLA, ADDIO
CANTO POPOLARE
!
CARLO BOSI
di
bella, addio? Chi non Italia V Addio, mia (^hi non ha cantato in eanta ancora, in città e in campagna, in Lombardia, in Toscana, in canzone, così fresca e d'America? Questa Sicilia, nelle nostre colonie vibrante, che par nata oggi, ha invece un'età veneranda poiché sorse nel 1848 ed ebbe il battesimo del fuoco nella battaglia di Curtatone. La scrisse il fiorentino Carlo Bosi, che la intitolò « Il volontario che parte per la guerra dell'Indipendenza », ma il popolo la chiamò 1' « Addio del volontario » e ne corresse il primo verso che nella lezione originale suonava: Io vengo a dirti addio. Il musicista ci è ignoto; ma cliiunque l'abbia composta, se pur non l'ha creata l'anima stessa del forse quel motivo così nitido, così popolo, ha fatto opera di bellezza snello, così battagliero, « doveva già esistere come aleggiante per l'aria e come susurrante nei cuori». La canzone ha due sole frasi così ritmicamente incisive, e tanto slancio e vigore, che appena echeggiano, un brivido corre per le ossa e tutte fremono le fibre del cuore. « E' in tempo ordinario e in tono maggiore, né oltrepassa l'ambito di sei sole note, sempre naturali al termine del primo periodo, lo squillo di alcime rapide note ribattute le accresce vigore ed energia. Così breve e la
:
:
così lodia
sempre uguale
circoscritta, ripetuta
dovesse riuscire
monotona,
di
ma non
parrebbe che la meessa, pur ripetenmutar delle parole, nuovi
strofa,
è
così
:
sembra rinnovarsi e acquistare, dal sempre più vigorosi e marziali, come sembra in taluni punti ingentilirsi alla rievocazione di amorosi e soavi ricordi. Oltre a ciò nella sua estrema semplicità è originale non ha punti di contatto con altri canti patriottici e popolari del tempo. Ed è inoltre schietta e sincera, dosi,
accenti
:
senza
senza appiccicature sì sente sgorgata liberamente e spontanearr.ente dall'anima popolare e venuta fuori, come suol dirsi, di prima intenzione ». (Arnaldo Bonaventura). Enrico Panzacchi disse dell' « Addio del volontario»: «E' veramente una cara e poetica cosa; un toccantissimo motivo che ho sentito lodare e quasi invidiare all'Italia nientemeno che da Riccardo Wagner». E Pietro Cori osservò giustamente « Le undici strofe di questa poesia hanno nociuto agli austriaci più di una battaglia perduta, e giovato all'Italia più di una battaglia guadagnata. Tanta è la potenza del ritmo e dell'armonia sull'animo gentile degli Italiani!» fronzoli
e
:
:
Addio, mia bella, addio, L'armata se ne va;
Se non partissi anch'io Sarebbe una viltà !
Non
pianger,
mio
tesoro.
Forse ritornerò;
Ma
se in battaglia io
In ciel
ti
rivedrò.
moro
64 La spada, le pistole, Lo schioppo l'ho con me
Saran tremende l'ire. Grande il morir sarà Si mora, è un bel morire Morir per libertà !
:
Allo spuntar del sole Io partirò da te.
Il
—
!
Tra quanti moriranno Forse ancor io morrò
sacco è preparato Sull'omero mi sta Son uomo, e son soldato, Viva la libertà ;
!
Non
Se più del tuo
è fraterna guerra
La guerra ch'io farò Dall'italiana
Tu non
;
Per
L'antica tirannia Io
l'Italia
vado
in
lui
non
Io
ancor
ti
non sospirar. lascio sola,
Ti resta un figlio ancor
;
Lombardia
Nel Nel
Incontro all'oppressor.
ti
figlio
dell'amor
la tromba, addio. L'armata se ne va ;
bacio
Viva
la
al
figlio
libertà
!
consola.
figlio
Squilla
Un
diletto
udrai parlar,
Perito di moschetto.
terra
L'estraneo caccerò.
Grava
;
Non ti pigliare affanno, Da vile non cadrò.
mio
!
;
—
65
INNO MILITARE GOFFREDO MAMELI
DI
Fu
composto
Tirteo dell'Indipendenza Italiana nell'agosto del a Giuseppe Verdi che lo musicò caro alla gioventù, è oggi l'inno irredentista per eccellenza. A Trieste e in tutte le terre italiane rimas'.e tiro al maggio 19K'i soggette all'Austria due ultimi versi del ritornello « F.nchè non sia l'Italia Una dall'Alpi al mar » vengono modificati in questo modo: « Finché a Trieste e a Trento Non splenda il Tricolor». dal
1848 e mandato da nell'ottobre. Sempre
Giuseppe Mazzini '
i
—
—
All'armi,
all'armi
Le insegne Fuoco, Sulle
!
—
gialle
Ondeggiano
e nere
:
per Dio, sui barbari. vendute schiere !
Già ferve la battaglia. Al Dio de' forti osanna Le baionette in canna,
;
E' l'ora del pugnar.
Non deporrem
la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché non sia l'Italia
Finché
sia
angolo
:
Una Avanti
dall'Alpi al mar.
—
Viva Italia, Viva la gran risorta Se mille forti muoiono, Dite, che è ciò? Che importa Se a mille e mille cadono Trafìtti i suoi campioni ? !
:
Siam
E
ventisei milioni
tutti
lo
giurar.
Non deporrem
la spada schiavo un Dell'itala contrada
Finché
sia
:
Finché non
Una
sia
l'Italia
dall'Alpi al mar.
angolo
—
—
66
Finché rimanga un braccio Dispieglierassi
altera,
Segno ai redenti popoli, La tricolor bandiera,
Che
nata fra
patiboli
i
discende guerresche tende
Terribile
Tra
le
Dei prodi che giurar Di non depor la spada Finché sia schiavo un Dell'itala
contrada
Finché non
Una Sarà
sia l'Italia
dall'Alpi al mar.
—
l'Italia
angolo
.
edifica
Sulla vagante arena
Chi tenta opporsi
—
Sui sogni lor
piena
la
misero
!
Dio verserà del Popolo. Curvate il capo, o genti, La speme dei redenti La nuova Roma appar.
Non deporrem
la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché non sia l'Italia
Finché
sia
angolo
:
Una Noi
lo
dall'Alpi al mar.
giuriam pei martiri,
Uccisi dai tiranni, Pei
sacrosanti palpiti,
Compressi
E questo Sangue
in cor tant'anni,
suol che sanguina
dei
nostri eroi
A
Dio dinnanzi, e al popolo Ci sia solenne aitar.
Non deporrem
la spada schiavo un Dell'itala contrada Finché non sia l'Italia
Finché
sia
:
Una
dall'Alpi al mar.
angolo
67
—
L'ULTIMA ORA DI VENEZIA ARNALDO FUSINATO
DI
era già ricaduta sotto il giogo straniero dopo la eroica rivoluzione del 48-49, la quale aveva rivelato il miracolo d'un popolo, creduto imbelle, che sapeva battersi e morire per la propria redenzione, ed una sola città continuava a lottare, senza speranza di vittoria, in un sublime accanimento, per il nome e per l'onore d'Italia. La difesa di Venezia, come già quella di Roma nella quale si erano manifestati il senno politico di Mazzini e il valore
Tutta sfortunata
indomito città gli
di
l'Italia
ma
'
Garibaldi, colpi
di
dopo
San Marco,
Italiani.
il
Arnaldo Fusinato,
—
mondo alla
di
ammirazione, e
mesi
diciotto
vigilia
fame
di
della resa
la
caduta della
commosse
resistenza,
tutti
Venezia (24 agodalle armi nemi-
di
che e che compose nell'Isola del Lazzaretto Vecchio dove si trovava di guarnigione questa bellissima, toccantissima poesia, che corse la Penicuori e accendendo nuovi sola intenerendo le anime, facendo dolorare propositi di riscossa per tempi non lontani e migliori. sto
1849)
—
vinta
dalla
piti
dal
colera
i
E' fosco l'aere. Il cielo è muto,
Ed io sul tacito Veron seduto. In
—
morbo
Il
pan
Il
ci
infuria,
manca,
Sul ponte sventola Bandiera bianca !
solitaria
Malinconia Ti guardo e lagrimo, Venezia mia
No, no non splendere
Su
guai.
tanti
Sole d'Italia,
!
Fra i rotti nugoli Dell'occidente Il raggio perdesi Del sol morente,
E mesto Per
l'aria
bruna
Passa una gondola Della città Ehi,
Spenta fortuna gemito il
Si eterni
Della laguna.
sibila
L'ultimo gemiro Della laguna.
~
Non splender mai E sulla veneta
:
dalla
Qual novità?
gondola,
—
Venezia
Ora
!
è
L'ultiina
venuta
;
Ilustre martire,
Tu
sei
perduta...
Il
morbo
Il
pan
ti
infuria,
manca,
Sul ponte sventola
Bandiera bianca
!
;
68
Ma
non
Ed
ignivome
le
— ora infrangaci
Palle roventi,
Qui sulla
Né
Finché è ancor libera. Questa mia cètra. A te, Venezia, L'ultimo canto, L'ultimo bacio, L'ultimo pianto
i
Su
fulmini
mille
stridenti,
t?
Troncare ai liberi Tuoi dì lo stame... Viva Venezia !
Muori
fame
di
1
!
Ramingo ed esule
Sulle tu3 pagin'2 ScolpÌ3ci, L'altrui
E E
—
la
grida
storia.
nequizie
sua
posteri
:
Tre volte infame Chi vuol Venszia Morta di fame !
Viva Venezia L'ira
il
risuscita
Virtude antica
Ma Ma
E'
;
il
morbo
infuria
il
pan
manca..
le
Sul ponte sventola
Bandiera bianca
!
Venezia,
Nel mio pensiero; Vivrai nel tempio Qui del mio cor?. Come l'immagine Del primo amore.
Ma Ma Ma
I
nemica
La sua
In suol straniero, Vivrai,
gloria,
ai
pietra.
vento
sibila,
l'onda è scura, tutta in la
natura
tenebre :
Le corde stridono, La voce manca... Sul ponte sventola Bandiera bianca !
—
69
—
LA CARABINA DEL BERSAGLIERE CANTO Come
DOMENICO CARBONE
DI
delusioni e gli insuccessi non avevano fatto disperare Mazzini e di Garibaldi, così il tradimento di Pio IX, la sconfitta di Novara, il trionfo finale dell'Austria e dei suoi tristi accoliti non valse a far perdere la speranza nel futuro ai patriotti del Piemonte. Oh tempra d'acciaio, oh fede invitta dei nostri padri! Domenico « Re Tentenna » il Carbone, colui che con una satira di grande linea aveva vivamente scosso, a detta del Predari, l'animo di Carlo Alpartigiani di una politica berto facendolo piegare più benigno verso canto tutto speranza, la « Carabina liberale e nazionale, scrisse un del Bersagliere », che ebbe gran parte nell'opera di resistenza morale e di preparazione iniziata dal Piemonte nel 1850. ossia la via di Trieste, nelle cui La via si calchi di Nabresina vicinanze sta il piccolo villaggio di Nabresina.
seguaci
le
i
di
—
—
i
:
Mia carabina
—
mia
fidanzata,
Di tutto punto, tu se' parata;
Dolce tripudio della mia mano. dell'occhio con cui ti spiano,
Amor
10 t'ho giurato la
fede mia
Sui vasti campi di Lombardia
Giorno
noxzc
di
si
;
ravvicina,
Mia carabina.
—
Mia carabina mettiti a festa Nozze di sangue l'Adige appresta Ti
sarà
;
dote l'aurea
Vinta nel fuoco della battaglia Altare, Letto,
E
un la
;
medaglia ;
preso d'assalto, pietra d'un arduo spalto; colle
tu d'ogni
arma
sarai regina.
Mia carabina.
Mia carabina
—
quando tu La destra gota lieve mi Quel tocco è il bacio 11
bersagliere
dalla
scatti, batti
;
che
sua dama
invoca
e
brama
;
Solo col lampo che tu saetti. Morte nel core dell'Austro metti. Ma, quando tuoni, porti ruina. Mia carabina.
— Mia carabina
—
70
—
s'appanna
talor
Il
terso acciaro della tua canna
E
la
Roma Ed
;
bocca sussurra e noma Venezia e Roma. e Venezia rispondo Che più ti resta ?
tua
io
Lupa,
:
;
:
La via
Leon li desta. calchi di Nabresina,
scuoti
ti
si
;
Mia carabina.
—
Mia carabina Spuntare
i
questi stranieri
nostri pennacchi neri
Dell'Alpi in vetta presto vedranno,
E
vanti in gola ricacceranno.
i
Fra le due schiatte pose natura Coteste rócche, coteste mura,
A
ripigliarle
Dio
destina,
ti
Mia carabina. Mia carabina
—
mai non dici Troppi nel campo sono nemici Chiedi sol quanti per opra mia tu
:
i
;
Mordon la terra nell'agonia. E se ti metto la daga in testa, Sembri una sposa vestita a festa, E meni orrenda carneficina.
'
Mia carabina. Mia carabina Il
—
nessun
ci
segua
bersagliere passa e dilegua
Corre
Lo
col
vento,
col
tigre
:
;
balza
credi a fronte, dietro t'incalza
Qua
si
sparpaglia,
là si
;
:
raduna,
Pare e dispare la penna bruna con te sempre, con te cammina, ;
Ma
Mia
carabina.
—
Mia carabina le Adriache prode, Ancor co' becchi l'aquila rode; Ond'è che a punta di baionetta Ti scrissi in calcio
morte o vendetta guardo tanto mi regga straniero fuggire io vegga
S'io cado,
Che
lo
:
!
il
;
E anco
sotterra siimi vicina.
Mia carabina.
71
IL
—
BARCHETTO
DEL' 49 ANTONIO PAVAN
DI
Antonio Pavan, morto commendatore e Conservatore delle Ipoteche riposo, era nel 1848 un giovane scrivano d'avvocato a Treviso. La ri\olu2Ìone uel 22 marzo lo improvvisò poeta. E poeta fu e popolarissimo a' suoi giorni. // barchello del '49 e lo Stornello si cantarono, nei sottovoce patriottici, su arie d'opere o di altre canzoni, particolarmente nelle famiglie degli emigrati veneti prima del '6tì. a
Di notte una barchetta vien dal mare.
A
prora ha una bandiera tricolore, ferma contro riva ad aspettare.
Si
Ad I
aspettar dei giovanetti
fiore
il
:
volontari della santa guerra,
Pronti a morir per l'italiana terra.
STORNELLO GARIBALDINO DI
Il
E
ANTONIO CAVAN
Fior d'amorino. conosce dal mattino, nasce l'onest'uom garibaldino
giorno
si
72
—
MAZZINI STORNELLO
DALL' ONGARO
DI F.
Immensa
diffusione ebbero questi stornelli che Francesco Dall'Onpopolare poeta, scrisse quando tutte le polizie d'Europa stavano fort.inaraalle calcagna del grande orditore di congiure. Mazzini, cadute le speranze italiane nel '49, aveva intensificato la mente per poco sua propaganda repubblicana e unitaria gettando vivissima apprensione nelle cancellerie le quali non riuscivano mai a sapere esattamente dove l'Apostolo si trovasse. Il Dall'Ongaro scrisse questi versi nel niai^gio del 1851, e volle identificare l'idea italiana con colui che primo la bandì e con maggior tenacia la diffuse. I mazziniani propagarono in tutta Italia e all'estero gli stornelli del poeta di Oderzo. garo,
il
—
—
Chi dice che Mazzini
Chi
lo
Chi
lo
Alemagna,
è in
Chi dice eh 'è tornato
pone a Ginevra e vuol sugli
Inghilterra,
in
chi in Ispagna,
chi sotterra.
altari e
Ditemi un po', gruUoni
cappa magna,
in
Quanti Mazzini c'è sopra
terra?
la
Se volete saper dov'è Mazzini
Domandatelo
all'Alpi
Mazzini è
ogni loco ove
in
Che giunga Mazzini è
Versare
il
in
ai
traditor
si
l'ora
ogni loco ove
sangue per
Appennini.
e agli
si
l'Italia
trema suprema. spera intera
—
73
O LA BELLA GIGOGIN
!
CANZONETTA POPOLARE MILANESE Dopo
1849 la Musa popolare, come scrisse Carlo Romussi, il quasi soffocata sotto il succedersi delle catastrofi. Tacque davanti alle forche del ti febbraio del '53; das'anti ai martiri che morivano bestemmiando l'imperatore e sognando l'Italia redenta che non avrebtacque davanti alla silenziosa opera di preparazione bero veduto mai ma quando sull'orizzonte buio apparve un barlume iniziata da Cavour di luce, nunzio di prossime battaglie, allora per le vie di Milano e delle altre città d'Italia tornò a risuonare la gaia canzone dei di della lotta. Il popolo non ha bisogno di spiegazioni, una tacita parola d'ordine dà il significato al canto; e una bizzarra poesia uscita viva ed ornata di note musicali dal cuore del popolo, parlava di una vaga aspetta zione, di una pazienza che ironicamente si consigliava agli oppressi, (bisogna ave pazienza), di un fatto lieto che si doveva fare sollecito per arrivare al premio sospirato ed erano note che ora si trascinavano con maliziosa lentezza, ora acceleravano il tempo come in una marcia trionfale attraverso un campo di battaglia... Era il canto della Bella Gigogin. Questa canzone, che doveva aver subito un successo inaudito, ebbe battesimo del pubblico l'ultimo giorno del 1858 nel Teatro Carcano il
giacque
;
;
:
di
Milano
(ora
restituito
alle
glorie
Banda Civica
dell'arte
e
della
storia)
in
un
direzione del maestro Ros sari. L'entusiasmo della folla che aveva inteso immediatamente il significato riposto della canzonetta ed era stata colpita dalla bellezza musicale che la informa, raggiunse il delirio; otto volte fu replicata la canzone; e poiché la banda, per una delle tante assurde disposizioni austriache, aveva l'obbligo di eseguire ogni tanto delle suonate davanti al palazzo del viceré, alle quattro del mattino del primo d'anno del '59 si recò a compiere il suo dovere davanti al- palazzo reale seguita da una folla enorme di qualche decina di migliaia di persone ritornello Dagliela avanti il le quali, con slancio frenetico, gridavano un passo. Il popolo ammoniva intanto il comandante delle forze austria che a Milano che stesse attento perché il nuovo anno gli avrebbe recato dei fastidi
concerto dato
dalla
sotto
la
:
Varda (jyulay che ven
E
primavera!...
la
non passò molto che giunse la liberazione e la Bella Gigogin fu cantata nella battaglia di Magenta, ed all'entrata delle truppe francosarde in Milano liberate le bande musicali la suonavano accompagnate dal coro immenso della cittadinanza che vedeva realizzate le sue sante infatti
stessa sera che la Bella la speranze. Coincidenza strana e curiosa Gigogin veniva alla luce in Milano, l'inno del Mercantini, chiamato in appresso l'Inno di Garibaldi, veniva eseguito per la prima volta a :
Genova.
—
74
—
La musica della Bella Gigogin fu scritta da Paolo Giorza (nato a Milano nel 1832), un singolarissimo tipo di musicista che dopo aver avuto un periodo di celebrità europea come compositore di balli e come direttore teatrale, morì in miseria nella piccola città nord-americara di Seattle nel maggio del 1914.
La ven, L'è
ven,
la
tutta,
la
ven
alla finestra,
tutta insipriada,
l'è tutta, l'è
l'è malada Per non, per non, per non mangiar polenta. Bisogna, bisogna, bisogna ave pazienza
La
dis,
la
Lassala,
O O A
la
dis,
lassala,
bella
la
quindici
la
che
dis
lassala
maridà.
Gigogin Trallalà larà la-lera Gigogin Trallalà larà lelà !
bella
!
!
!
anni facevo all'amore...
Dagliela avanti un passo. Delizia
A
del
mio core
!
sedici anni ho preso marito... Daghela avanti un passo, Delizia del mio core !
A
diciassette mi sono spartita... Daghela avanti un passo. Delizia del mio core !
O O
la
bella Gigogin
la bella
Gigogin
!
!
Trallalà
larà
Trallalà larà lelà
lalerà !
!
—
75
INNO DI GARIBALDI DI LUIGI
Se l'Inno
MERCANTINI
Mameli
è il più hello, l'Inno di Mercantini è il più guerra italiani. Le sue strofe destano fremili, il suo ritornello entusiasma. Scritto per volontari di Garibaldi, è diventato il vero inno nazionale del popolo italiano e là dove esso rimbomba si difendono le cause giuste e sante. Come disse Giovanni Pascoli, esso « se non proprio morti dai sepolcri, resuscita ciò che è sepolto nei nostri cuori, ciò che più non morrà ». La sera del 19 dicembre 1858 in Genova, nella casa del patriotta bergamasco Gabriele Camozzi, Giuseppe Garibaldi, Nino Bixio e qualche altro parlavano della prossima campagna di liberazione che doveva essere ingaggiata al cenno che si aspettava da Torino. D'un tratto entrò Luigi Mercantini, il poeta già noto e amato per un suo inno (vedi a pagina 5,ì) e per la bellissima e popolare poesia scritta in moric del Pisacane
popolare
di
degli
inni
di
i
i
:
Erari
al
trecento,
Garibaldi gli strinse la colloquio, che racconta)
— —
giovani e
erari
mano
e
forti...
disse (è Giglioli,
gli
che assistette
:
Voi mi dovreste scrivere un inno per miei volontari; teremo andando aila carica e lo ricanteremo tornando vincitori.
—
il
i
Mi proverò. Generale, rispose
E
Mercantini Camozzi, comporrà la musica. la
signora
(era
il
lo
can
poeta.
una
celebre
pianista),
soggiunse
Il 31 dicembre, mentre a Milano la folla, pazza di entusiasmo, cantava per la prima volta Dagliela avanti un passo, il Mercantini portò l'inno in casa del Camozzi. La musica non era della signora Mercantini ma del maestro Alessio Olivieri, capobanda della brigata « Savoia ». Fu trentini fratelli Pilade e Narciso Bronzetti, eseguita presenti Bixio, Migliavacca, Fiastri, (Chiassi, Gorini, tutti intrepidi soldati della Patria, borghesi. Parole e musica conquistarono l'eletto e nobili, popolani e Quattro mesi appresso, il 25 aprile 1859, l'inno fatidico uditorio. veniva cantato per la prima volta in pubblico dai volontari di Garibaldi. Esso tuttavia non ebbe una grande popolarità che più tardi, poiché nella campagna di Sicilia del 1860 era ancora poco conosciuto. Luigi Mercantini non scrisse mai nulla di meglio di quest'inno guerresco e l'OLvieri, l'autore della musica (nato a Genova il 15 febbraio 1830, morto di tisi a Cremona il 13 marzo 18(37) viene ricordato dai posteri soltanto per le note di cui rivestì le parole del Mercantini. Siano benedetti entrambi per il capolavoro che scosse tutta Italia i
Come
E
in
se in ogni sillaba
ogni canto ardesse una
scintilla.
— In
cento
origine città n
strofe
—
terminava col verso « Son ditte una sola conquista della Sicilia il Poeta vi aggiunse
l'Inno
dopo
:
!a
seguono.
che
« Va ceva fuori popolo corressero
Il
d'Italia
:
«
—
levano
si
—
Su Su Su
Veniamo
!
tutti
col ferro,
tutti
col
foco
Va' fuori Va' fuori
La
!
d'Italia nel cor!
h
su
—
d'Italia n"l cor!
ch'è ora.
d'Italia,
va'
va' fuori,
Di cento catene
Ma
ancor
terra
la
fuori
—
Legnano
di
o straniar.
carmi
dell'armi
avvinser
le
!
foco.
tutti col
d'Italia,
qua! 'era
!
nostre bandiere
terra dei fiori, dei suoni e dei
Ritorni
chiome,
alle
allori
Su, o giovani schiere
!
vento per tutto
al
correzione popolare.
la
morti,
i
nostri son tutti risorti
Le spade nel pugno, gli La fiamma ed il nome
Veniamo
sa
!
mano.
la
brandir.
ferri
i
Eastone tedesco l'Italia non doma, Non crescono al giogo le stirpi di Roma Più Italia non vuole stranieri e tiranni. Già troppi son gli anni che dura il servir. :
—
Va' fuori
Le case E'
I
d'Italia,
d'Italia
son
ecc.
fatte
per noi,
Danubio la casa dei tuoi campi ci guasti, tu il pane c'involi,
là sul
Tu
i
nostri
:
figliuoli
Son l'Alpi e Col carro
i
—
per noi
due mari
d'Italia
li
i
vogliam. confini,
fuoco rompiam gli Apennini Distrutto ogni segno di vecchia frontiera. di
:
La nostra bandiera Va' fuori
le
i
;
l'autore accettò
e
»
tombe,
le
m.artiri
I
le
magico ritornello nell'originale dell'autore digaribaldini ed il Va fuori ch'è l'ora »
ch'è ora
scopron
Si
—
7G
—
d'Italia,
per tutto innalziam.
ecc.
—
—
77
mute
le
Soltanto
?1
E
monti n'andrà lo straniero. l'Italia sarà. un pensiero
Sieri
tosto oltre
Se
tutta
Non Si
basta
pronte
lingue, sieri
nemico volgiamo i
ai
le
allo squillo,
Dei mille
la
muovon
Già
»•
che vien da Caprera, che l'Etna assaltò.
—
schiera
rossa vanguardia dei bravi d'Italia
le
ratto sull'orma
L'ardente
spaldi,
gli
^Garibaldi
grido d\:llarmi sarà
dietro alla
città.
ecc.
d'Italia,
E s'arma
Si
:
sola,
cento
Se ancora dell'Alpi tentasser
E
soglie
le
una
tutte
—
II
:
barbare spoglie, d'Italia
ladri
Le genti d'Italia son Son tutte una sola Va' fuori
braccia
faccia,
—
trionfo di
il
chiudano
le
la
—
destriero
Va' fuori
tende e
le
navi
:
del fido guerriero
Vittorio
spronò.
ecc.
d'Italia,
Per sempre è caduto degli empi l'orgoglio, Viva Italia A dir va il Re in Campidoglio La Senna e il Tamigi saluta ed onora L'antica signora che torna a regnar.
—
—
—
Contenta del regno Soltanto
ai
Dovunque Suoi
figli
fra l'isole
tiranni minaccia le
genti percuota
usciranno
Va' fuori
d'Italia,
—
e le
i
monti fronti
;
un tiranno
per terra e per mar.
ecc.
CANTO
DI
SOLDATI SUL CAMPO DI
TEOBALDO CICCONI
soldati piemontesi nei bivacchi durante la guerra del Lo cantavano soldati d'Italia nel 1915, 1S59. E lo cantano con eguale entusiasmo durante l'ultima, pili grande e più gloriosa guerra del nostro Risorgimento! i
i
Fischiano Batte
venti,
i
nera.
notte è
la
pioggia sulla bandiera
la
:
Finché nel cielo rinasca il giorno, Giriam, fratelli, giriamo intorno. Silenzio Chi passa là ? Passa la ronda. Viva la ronda Viva l'Italia, la libertà
Zitto
!
!
:
!
Siam
delle guardie dai tre colori. Verde, la speme de' nostri cori. Bianco, la fede stretta fra noi, Rosso, le piaghe de' nostri eroi.
Chi passa là? Passa la ronda. Viva la ronda Viva l'Italia, la libertà! Zitto! Silenzio!
congiunte bocche dei cento Scoppia la voce del giuramento Braccio di ferro, cor di leone,
:
Dalle
Ciascun difenda
la
;
sua ragione.
Chi passa là? Passa la ronda. Viva la ronda Viva l'Italia, la libertà Zitto! Silenzio!
!
:
—
79
—
LA ROSA DI
NOVAR A
I>I
FRANCESCO COPPI
Francesco (;oppi,
poeta molto giovane, è l'aiitort di questa dolce musica, che è comune ad altri stornelli toscani, ha note malinconiche. Il ritornello è « tutto empito, e bene esprime la f,2gliardia delle rinnovate speranze ». Nata nella primavera del 1859 i;i Toscana, suonò sulle labbra dei volontari toscani e restò nel popolo. e
triste
poesia,
cui
la
Fior della bara.
Spunta
la
rosa della primavera
Al piede delle croci di Novara.
O
O E
— —
rosa d'aprile
D'Italia
colori
i
amore tu
dei
fiori,
con
porti
te.
primavera,
campi
le croci dei
Dicono
O
Apriti e spera.
:
rosa d'aprile
D'Italia
Verde
Novara
di
a quella rosa
i
amore
-
—
colori
•
dei
tu porti
fiori,
con
te.
è lo stelo,
Come
speranza che un vessillo solo Sventolerà per questo nostro cielo.
O
stelo di rosa
— amore dei — pure
Dei nostri colori
Bianco è
Come
la
il
sei
fiori
un de'
tre.
bottone,
fede che l'onde tirrene
Dovran baciare una sola nazione. Bottone
di
rosa
Dei nostri colori
-
—
amore sei
dei fiori
pure un de'
tre.
—
—
80
E' rosso il flore. l'amore che dall'Alpi
Come
Ci Siam giurati
O
ai
fiore di rosa
— amor —
Dei nostri colori
E
mare
al
giorni del dolore.
sei
dei fiori
pure un de'
sulla sera
Ai piedi delle croci di Novara Sbocciò la rosa della primavera.
E
le croci dei
campi
O
rosa d'aprile
D'Italia
i
Novara
di
Dissero a quella rosa
colori
:
Apriti
e spera.
— am.ore — rivivon
dei fiori
con
te.
tre.
81
CANTO MARZIALE DEI SOLDATI GIUSEPPE PIERI
DI Come
avverte il Cori, questo fu il piii popolare degli inni patriot1859. Fu scritto dal Pieri, un fecondo poeta, ora dimenticato, musicato dal maestro Rodolfo Mattiozzi e dedicato al generale Ulloa, comandante delle truppe toscane. In alcune regioni d'Italia lo si canta ancora. tici
sorti
nel
All'anni!
All'armi, Soldati,
all'armi, all'armi!
Son pronti
battaglioni,
i
cannoni La morte a fulminar. I
brandi ed
i
Del suon di tromba Tutta rimbomba L'itala terra...
Viva
guerra
la
All'armi,
Regni ne' nostri
La
fede,
!
All'armi! petti
speranza.
la
Andiam siccome
a danza,
Giulivi a battagliar.
Del suon Tutta
di
tromba
rimbomba
L'itala terra...
Viva
la
guerra
All'armi,
!
All'armi!
Sia fulmine racciaro Sull'oste che
D'una
ci
aspetta
feral vendetta
L'ora per noi suonò
!
Del suon di tromba Tutta rimbomba L'itala terra...
Viva
la
guerra
!
:
—
—
82
All'armi!
All'armi.
Al tricolor vessillo Dell'almo re guerriero Uniti in un pensiero
L'Eterno
guidò.
ci
Del suon
di
tromba
rimbomba
Tutta
L'itala terra...
Viva
la
guerra
All'armi,
!
All'armi!
Sui campi della gloria
Come leoni andremo, Col sangue compreremo La santa
libertà.
Del suon di tromba Tutta rimbomba L'itala terra...
Viva
la
guerra
!
All'armi, All'armi!
Questa invidiata Italia Troppo già fu tapina. Noi la vogliam regina, Regina alfin sarà. Del suon Tutta
di
tromba
rimbomba
L'itala terra...
Viva
la
guerra
!
All'armi, All'armi!
Corriam, voliam, coraggio Sciabola in pugno ed asta
Siamo Vita
guerrieri, e basta
il
pugnar
Del suon Tutta
di
dà
ci
tromba
rimbomba
L'itala terra...
Viva
la
!
guerra
!
!
;
:
83
CACCIATORI DELL E ALPI
I
MERCANTINI
DI LUIGI
Fu
LOmunissinia
tra
Garibaldini
i
durante
Volontario ho abbandonato La mia casa ed il mio amor Or che son di qua passato Son dell'Alpi cacciator.
la
campagna
:
La mia madre poveretta Al confin mi accompagnò
Ma E
di là
E un
mi
salutò...
bel j^iovine gagliardo
mio cammin
Incontrai nel Io
gli
—
:
restò soletta,
di là
—
chiesi:
Sei
:
—
Lombardo?
No, rispose, Cadorin...
Uno, due,
—
Modenesi
oh quanti
quattro,
tre,
Dite amici, ove
va?
si
!
-
quanti
tutti
Per combatter siamo qua.
— Viva — Siam — Viva
Italia!
di
E
Parma.
Italia
!
Oh
voi chi siete?
—E
noi sapete,
Siam toscana gioventù.
— Veh E
—
costui che arriva in fretta
d'armati ha un fiero stuol
:
Olà, amico, dinne, aspetta.
Tu
—
voi laggiù?
chi sei ?
—
Son romagnol.
—
—
del
"59.
— E
Che
quell'altro più lontano si
ratto
muove
— Messaggiero Vengo
a dir
Cacciatori,
Già
84
la
belva
che morto è spunta si
la
—
il
il
re.
giorno,
il
mostrò
Cacciatori squilla
Già
pie?
il
siciliano
:
corno,
caccia incominciò.
—
85
—
STORNELLI POPOLARI DEL
1859
1S59, come già il 1848, elettrizzò l'Italia. Le vittorie di Lomle rivoluzioni dell'Italia centrale, il magnifico esempio dato dal Re, dal suo grande iflinistro, da Garibaldi alla testa dei suoi volontari, dai governi insurrezionali che resero nulli i patti disastrosi della pace di Villafranca, erano tali avvenimenti da destare le muse patriottiche e popolari Si ebbe in quell'anno e nell'anno seguente, non meno grandioso nella storia del nostro riscatto, una vera efflorescenza di inni e Il
bardia,
alcuni dei quali bellissimi, come quelli de! '48. Il v=^9 fu l'esaltazione del nuovo valore militare italiano impersonato nella balda figura del bersagliere crealo dal Lamarmora. Nel '59 e nel '66 i trentini
di canti,
cantavano
:
E voi altri bersaglieri Che gavè la gamba bona Vegnarè su da Verona A portar la libertà! Gli stornelli che seguono sono nati in Toscana damente nelle Marche, nelle Romagne ed in altre il granduca Leopoldo di Toscana. // Babbo
e si sono diffusi rapiregioni.
:
Addio, Fiorilla
!
La tromba del guerrier sento che squilla, E chiama gritaiiani alla battaglia: Pronta ho la spada e da- due parti taglia Il sacco ho preparato ed il fucile Vado alla guerra, e chi non viene è un vile. Addio, Fiorilla, vado in Lombardia A liberar men vo la patria mia. ;
;
Sono
O
italiano, ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò.
Fiorin d'allòro!
Perchè mi neghi un bacio, o mio tesoro? Sai che alla guerra vado in Lombardia, Non ti vedrò piij forse, anima mia Dunque perchè mi nega il tuo bel core L'ultimo segno d'un fedele amore? ;
Sono
O
italiano, ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò.
—
86
—
Fior di mughetto Viva l'Italia, che ho scolpita in petto, Evviva la bandiera tricolore. La bandiera che ai barbari è terrore. All'armi! Della tromba odo lo squillo, Viva l'Italia e il tricolor vessillo
!
:
Voliamo Sventoli
Sono
O
alla vittoria; all'Alpi in vetta la
bandiera benedetta.
ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò. italiano,
Fior di mortella Sull'elmo del guerrier brilla una stella E' la stella che a mezzo la battaglia
!
;
Collo splendor l'occhio al tedesco abbaglia E' la stella che illumina il sentiero. Della vittoria all'italian guerriero.
Sono
O
italiano, ed alla guerra vo, morirò pugnando, o vincitor sarò.
—
Dimmelo, bella. Dove tu l'hai l'amor?
— L'amore Fra
—
fucili
l'ho in
Piemonte
e cannon.
Dimmelo, bella. Dove tu l'hai l'amor?
— L'amore l'ho Bandiera
in
tricolor.
Piemonte
—
Giovane son. Voglio morir così Garibaldi in Mantova O vincere, o morir. :
Con
Giovane son, Voglio morir così Vo' andar con Garibaldi :
O
vincere, o morir.
;
—
87
—
Giovane son, Voglio morir così
Vogliam
O
:
l'Italia libera;
vincere, o morir.
Mamma, non
piangere,
Alla guerra vo'
ir
:
Nell'Italia son nato,
Per
vo' morir.
l'Italia
Lascialo andar,
Che
volontario va,
Contro
i
Tedeschi
a battersi
L'Italia a liberar.
Lascialo andar
Che
volontario va,
E' va con Garibaldi L'Italia a liberar.
Lascialo andar
Che
volontario egli è
;
E' andato nel Piemonte
A
fare
bersaglier.
il
Lascialo andar
Che
volontario va
Lascia
la
mamma
La dama
;
a piangere
a sospirar-
Lascialo andar
Che E
volontario egli
è,
nel Palazzo Pitti
Non
ci
rimette
pie.
il
Lascialo ire Lascialo
ir
lassiì
:
Codini, andate a letto Il Babbo un torna più
!
L'albero è secco,
La foglia è andata giù, Codini andate a letto Il
Babbo un torna
più
!
GARIBALDI FRANCESCO DALL' ONGARO
DI
Francesco Dall'Ongaro musica di questa canzone sociale?
»
compose
ne
cantata
«
in
le
Italia
parole; ma -chi fece la da persone di ogni casato
(Gori).
Qual'è il guerriero famoso al pari Di qua d'Atlante, di là dai mari,
Che E il
per
brandì l'acciaro
l'Italia
nostro
nome
fé'
sacro e caro
Fin fra' selvaggi nudi e spavaldi?
—
E' Garibaldi!
Al primo grido de' nostri sdegni Varcò d'un volo d'Alcide i segni Udì un concerto d'allegri carmi,
Ma
inette ancora le destre all'armi,
Gridò
O
:
:
«Sorgete fidenti e baldi» ?
—
E' Garibaldi
!
lombardi campi. faville e lampi dell'elmo gravò la chioma,
cari al sole,
Per Per
lui lui
Risorse
mandaste cinra
!
sacra
la
Di nuovi Bruti,
di
Roma
nuovi Arnaldi
— Cedemmo
al fato
Covò due Su, su,
Che La
;
ma
lustri la
fratelli,
!
E' Garibaldi
!
in cor ristretta gran vendetta.
più non s'attenda
dal Cenisio l'aiuto scenda!
libertade vuole
altri
araldi
—
:
E' Garibaldi!
—
89
—
al suo nome l'antica schiera Rubicone passò primiera Sursero inermi Varese e Como Contro seimila s'avanza un uomo,
Desta Il
:
:
E
rovescia dai vinti spaldi...
gli
—
Da Montebello
Non
fino a
v'è che un
E' Garibaldi
!
Magenta
nome che
li
spaventa.
Dov'ei non pugna s'alza gigante,
Tremendo spettro col suo sembiante Che mette un gelo ne' cor più saldi.
—
L'un Sire e Scossi
al
l'altro si
E' Garibaldi
guata in faccia
periglio chi
li
!
:
minaccia,
Offrono tregua, giurano pace
:
Tremano entrambi che l'uomo audace Di nuovo incendio l'Europa scaldi... E' Garibaldi
—
Non
v'è con l'Austria pace né tregua!
Infìno
O
al
mare
re Vittorio,
Grida
a
l'oste s'insegua.
chiama
i
tuoi Sardi,
Toscani, grida a Lombardi
— Spezzate Fra
!
i
vili
patti ribaldi
—
:
!
E' Garibaldi
gioghi dell'Appennino i sacri Splende all'Italia miglior destino Qui dove è antica la libertade,
!
:
A nuova
vita tempriani le spade, Novella fiamma l'alme riscaldi!... E' Garibaldi
—
Vedran, se alcuno pur ci dileggia, Che non slam tutti canora greggia Vedranno al soffio che da lui spira Aiutarsi in tromba l'imbelle lira,
Ed
i
!
!
Raffaeli! fatti Rinaldi...
—
E' Garibaldi
!
—
90
Di miglior vespro deste alle squille Sorgon le fiere Calabre ville :
Ardono
Non Non
d'un foco solo è vulcano che scuota il suolo, è valanga che d'alto sfaldi... tutti
:
—
E' Garibaldi
!
—
Nutrita a lungo, nell'ore estreme
De' rei signori cadrà la speme! Le occulte insidie la luce ha dome. Non v'è che un uomo, non v'è che un nome
Che
la
gran piaga d'Italia
—
saldi...
E' Garibaldi
!
—
—
91
—
LA GARIBA L DINA DI
FRANCESCO DALL'ONGARO
Quest'inno fu cantato dai Garibaldini dal "60
Il
dado è
Suona
tratto
squillo
vuol col sangue, che
Segnar
terra
in
guerra.
di
sorta dall'Alpi al Faro,
L'Italia è
E
Di terra
!
l'allegro
poi.
in
più caro.
l'è
traccia de' suoi confini.
la
Al nostro posto, Garibaldini
1
Avanti
!
Urrà
L'Italia va
Fuori stranieri, fuori
Una camicia Basta
A
al
darci
di
sangue
di
qua
un'arma che non
si
;
schianti
infranti.
assassini
ferro freddo. Garibaldini
!
!
Avanti
!
Urrà
L'Italia va
!
!
Fuori stranieri, fuori di qua
Non In
dietro
campo
i
muri, non entro aperto,
!
intrisa
valore per sua divisa
Basta un anello de' ceppi Ogni arma è buona cogli
A
!
!
fossi
ai
diavoli rossi
!
:
!
Chi vuol cannoni, vada e li prenda, Come torrente che d'alto scenda,
Come valanga de' gioghi alpini, A ferro freddo, Garibaldini !
Avanti
!
Urrà
L'Italia va
!
I
Fuori stranieri, fuori
di
qua
!
— Pochi,
ma
buoni.
92
L'Italia
— affronta
Le avverse squadre, ma non
Come Che
i
della Grecia
mutar
sorte,
la
Marciam compatti, feriam
A
le conta.
trecento devoti a morte, vicini,
ferro freddo, Garibaldini
!
Avanti
!
Urrà
L'Italia va
!
!
Fuori stranieri, fuori
qua
!
Fuori stranieri, fuori di qua
!
di
Poveri e ricchi, dotti ed ignari Dinanzi al foco tutti slam pari. Pari nel giorno del gran conflitto.
Saremo pari dinanzi al dritto Siamo soldati, ma cittadini.
A
ferro freddo. Garibaldini
:
!
Avanti
!
Urrà
L'Italia va
!
!
Oggi guerrieri, doman colòni, Senza medaglie, senza galloni.
Giurammo
a Italia la nostra fede
La libertade
ci fìa
:
mercede.
Come gli antichi padri latini. A ferro freddo. Garibaldini !
-A.
vanti
!
Urrà
L'Italia va
!
!
Fuori stranieri, fuori
di
qua!
93
CAMICIA ROSSA E' la canzone più popolare nata nel 1860. La scrisse un certo Traversa, segretario comunale, e la musicò il maestro Luigi Pantaleoni. Si componeva dapprincipio di sole nove strofe; dopo il doloroso fatto di Aspromonte il poeta scrisse altre dieci strofe intitolandole « La mia camicia rossa » il popolo le cantò e le canta insieme con le precedenti come se si trattasse di una medesima canzone. Nel '60 sorsero anche la popolare canzonetta ;
:
non
Bella
Vado la
Violetta,
ecc.,
alla
piangere se mi vedrai partir. guerra per vincere o morir;
ecc.
Quando la tromba suonava airarmi. Con Garibaldi corsi a arruolarmi ;
La man mi strinse con forte scossa, E mi die questa camicia rossa.
E
dall'istante che t'indossai Le braccia d'oro ti ricamai...
Quando
a
Milazzo passai sergente,
Camicia rossa, camicia ardentePorti l'impronta di
mia
ferita,
Sei tutta lacera, tutta scucita
Per questo appunto mi Camicia rossa, camicia
Tu
sei
rara.
l'emblema dell'ardimento tuo colore mette spavento
sei
Il
;
più cara
:
:
Fra poco uniti andremo a Roma, Camicia rossa, camicia indoma.
compagna
del mio valore. contemplo mi batte il core Par che tu intenda la mia favella, Camicia rossa, camicia bella.
Fida
S'io
ti
;
— Là
94
—
sul Volturno, di te vestito,
Quando
sul
campo
caddi ferito,
Eri la stessa che allor vestìa,
Camicia rossa, camicia mia.
Con
te sul petto farò la
Ai prepotenti
di
guerra
questa terra,
Mentre l'Italia d'eroi si vanta. Camicia rossa, camicia amata
Quando
!
all'appello di Garibaldi,
A un di que' mille suoi prodi e Daremo insieme fuoco alla mina,
baldi
Camicia rossa garibaldina. Se dei tedeschi nei fieri scontri Vien che la morte da prode incontri, Chi sa qual sorte sarà serbata. Camicia rossa, camicia amata !
Ora
tu posi
Che
come una mesta
il giorno della sua festa coU'alma trista, commossa Ti guardo e lacrimo, camicia rossa
Ed
attende
;
io
!
Nei lidi siculi la prima volta, Giovine altero, io t'ebbi accolta; E nel nomarti la sposa mia, Seguimmo insieme la stessa via.
Oh
allor non eri, quale tu siei. L'umile veste dei giorni miei!... !
Eri
O
l'insegna disprezzata
Eri di tanta
della
riscossa,
camicia rossa
gloria
!
beata.
Che da due mondi fosti E l'Anglo e l'Unghero
scesero in
Del tuo divino folgore
al
desiata,
lampo.
campo
— Fino Di
le
Né Fu
imbelli
te si
95
—
fanciulle
ornarsi
piacquero, e innamorarsi,
da quei cori giammai rimossa tua immagin, camicia rossa.
la
E come un voto di casta fede, Che amor d'Italia solo concede, Nella parete d'ogni umil tetto Pendesti all'ara d'un santo affetto.
Tradita, fosti più grande
Luce ha più
—
e Pisa
bella con te divisa...
Oh quella guerra che t'hanno mossa T'ha sublimato, camicia rossa. !
Nella tua fiera melanconia,
Tu mi rammenti Venezia mia Nella tua
vinta
vita,
Sembri ripetere
Oh!
vieni,
Impari
Roma
il
vieni
dO
:
col
morte, o
!
Roma
sei vile
!
Poi nella fossa
Scendiamo insieme, camicia rossa
!
Camicia rossa, camìcia indoma. Sembri ripetere ((O morte, o Roma Sì. ripetiamo con voce forte, Con Garibaldi !
!>i
—
96
LA CADUTA DEL RE BOMBA La musa popolare salutò la caduta del Re Bomba (Gaeta, dove si era rifugiato Francesco II di Napoli, cadde il 13 febbraio 1861) con questi versi d'intonazione satirico-umoristica. Un amico abruzzese mi assicura di averli sentiti canticchiare fino a qualche anno fa dai contadini dei dintorni di Pescara.
per memoria
Italiani,
Vi vuo' dir tremenda
istoria
:
Garibaldi, a suon di tromba,
Giunse
casa del
in
Re Bomba.
Alla vista dei nizzardi Bersaglieri di Garibaldi,
Alla rea disperazione,
Che
assaliva
L'orizzonte Il
Ed
si
il
Re Borbone,
oscurò,
Re Bomba
tracollò.
Francescone Fece fare un gran cassone in
fretta
Tutto pieno
moneta
di
Per fuggir dentro Gaeta.
Dunque Che
scordati
del
trono,
a regnar
non
sei piii
buono
Va' a mangiare i maccheroni Co' tuoi figli lazzaroni.
Va' all'inferno, al purgatorio, Va' a cercare il tuo papà; Gli dirai che
gran Vittorio
il
Ci ha donata
San
Gennaro Son caduti
e
la libertà.
gran Pio nono
il
dal suo trono.
San Gennaro non risponde, Re Bomba si confonde Il L'Antonelli
dice:
Siam caduti
ohimè!
tutti
e tre.
;
97
—
LA RONDINELLA D'ASPROMONTE Nel 1840 il patriotta livornese Enrico Mayer scrisse, nella prigione di Castel Sant'Angelo dove era stato rinchiuso dal governo del papa, lina breve gentile poesia intitolata La Rondinella. Nel 1862, dopo d'Aspromonte, un ignoto esumò la vecchia poesia e, con la tragedia lievi modificazioni di nomi alla seconda strofa e di concetti alla settima, la rivestì o la fece rivestire di note musicali. Così foggiata La Rondinella d'Aspromonte acquistò una grande voga tra il popolo.
O
che libere l'ali fuggendo, or tornando vèr Deh se pur senti pietà de' miei mali. Vai dove andare è niegato al mio pie.
Rondinella,
Spieghi
or
me,
!
Tu
Aspromonte al Cimino, Cimino all'Amiata passar;
volar da
dèi
E
dal
Poi dell'Etruria nel dolce giardino
d'Arno posar.
margini
Sui freschi
Là dove franta più mormora l'onda, Giunta di Flora il bel seno a lam.bir, Mesto e romito vedrai sulla sponda L'abbandonato mio tetto apparir. Stanza
Oh
pace...
di
se
!
farvi
tuo
il
nido
Tu pur volessi al ritorno d'aprii, Non mai la sorte un asilo più fido Darti
E
volare t'arresti
di
Lì
ti
E
di
:
Che
Ma
gentil.
desìo.
il
riposa in l'etrusco terren
mio mia madre
Quello è
Dille
rondinella
potrìa,
Son
il
io
cielo, ti
:
mio suolo
natio,
posa sul sen.
color
di
il
messaggera Roma o morir;
giuro fean d'aver poi
la
Pur troppo Inni di Guerra.
sorte il
si
rese a noi fera.
giuro ha dovuto
fallir.
7
~
98
—
L'empio ministro, che serve al tiranno E della Senna il volere segnò, Provocando con l'armi a noi danno, Di sangue il suol d'Aspromonte bagnò. Sì;
ma
dall'italo
sangue ogni
stilla
Che fu versato, un torrente Quando a riscossa, imitando L'itala
E
tromba l'appello
detto questo, se al
darà Balilla,
farà.
primo barlume
vedrò alla prigione venir, Raccoglierò sulle molli tue piume L'aure d'Etruria e i materni sospir. Io
ti
—
—
99
VOLONTARIO
IL
INNO DEL 1866 un espressivo inno del magfi'o "'''•• ^ldU^ in Abruzzo, (autore il Rosinganni) ditfusosi nel resto d'Italia, e poi dimenticato. Ce lo ha mandato con gran cortesia la gentile signora Mariannina Riccardi Vicini, che lo ha trascritto dal Panaro, gazzetta di Modena, del 9 giugno E'
prof.
1806.
Son volontario Partii
Da
I
gridando
:
la
mia
viva
terra
guerra
la
;
E con un bacio quando partia M'ha benedetto la madre mia. Dal Cielo Iddio veglia su me.
Roma
Viva Venezia,
Son volontario Di guerra
al
ed
il
Re.
Ratto qual lampo
I
grido volo nel campo.
Volo nel campo
là
su
gli
spaldi
Sempre per vincere con Garibaldi. Dal Cielo Iddio veglia su me.
Roma
Viva Venezia,
Ardente ho l'anima,
Con
il
Garibaldi sfido
il
Re.
braccio ho forte. la
morte.
Sul mio vessillo scritto ha
Col volontario
ed
la
gloria
:
sta la vittoria.
Dal Cielo Iddio veglia su me. Viva Venezia, Roma ed il Re.
Finché l'Austriaco fuori non vada Depor non voglio questa mia spada Finché Venezia salva non sia
Non
torno a stringere
la
;
madre mia.
Dal Cielo Iddio veglia su me. Viva Venezia, Roma ed il Re.
— Son
volontario
Sento
il
!
100 Sento
cannone che
— la
Corro per vincere con
Con
l'armi in
pugno
tromba rimbomba. !
già
là
Garibaldi su gli spaldi.
Dal Cielo Iddio veglia su me, Viva Venezia, Roma ed il Re.
i
101
CANZONE
Dì
GUERRA DEL
1866 ANGELO BROFFERIO
DI
Castelnuovo Cakea
il 6 dicembre 1802, morpoeta genialissimo, giornalista, storico, oratore di foga e di talento. Le sue poesie dialettali ebbero una voga immensa nei natio Piemonte. Questa canzone di guerra del '66 (il poeta mori poco dopo averla scritta) fu diffusa in tutta Italia nella
to
Angelo Brofferio (nato il 25 maggio IStKi)
a
scrittore
fu
e
musica concitata del maestro Enea Brizzi.
Delle spade
fiero
il
lampo
Troni e popoli svegliò, al campo, al campo madre che chiamò.
Italiani,
È
la
Su corriamo Fra
il
battaglioni
rimbombo
L'elmo Viva
in
in
Dall'Eridano
testa,
Re
il
al
Dal sicàno
!
dei cannoni, in
man
dall'Alpi al
Tacciar!
mar!
Ticino,
tòsco suol,
al
Sorgi, o popolo latino.
Sorgi e vinci
:
Iddio lo vuol
Su corriamo Delle pugne fra
la
!
in battaglioni, ecc.
gioia
Ci precede col valor Il Baiardo di Savoia, Di Palestre il vincitor.
Su corriamo
in battaglioni, ecc.
Dagli spalti vigilati
Grideranci
—
Chi va là? slam soldati, Portiam guerra e libertà.
—
:
Dell'Italia
Su corriamo
—
—
in battaglioni,
ecc
—
—
102
Nostre son quest'alme sponde. Nostri L'aria,
i
floridi il
sentier
cielo,
i
:
campi e l'onde
Ti respingono, o stranier.
Su corriamo
Gente ausonia,
in battaglioni, ecc.
a nobil fato
L'astro tuo
fallir
Re
l'ha
Vittorio
Che giammai non Su corriamo Della gloria nel
non può, giurato,
spergiurò.
in battaglioni, ecc.
cammino
Sovra il prode italo stuol Splenderà di San Martino, Splenderà di nuovo il Sol.
Su corriamo
in battaglioni, ecc.
i
-
lOò
DI GUERRA IPPOLITO PEDERZOLLI
CANTO
IL
DI
e
Ippolito Pederzolli, bella figura di patriotta e pocia trentino, scrisse Ronchetti Montevjti, professore al (Conservatorio di Milano,
Stefano
musicò
il
canto seguente nel
Bello
IStJti.
luce
di
eolica,
Sole d'Italia, splendi Coli 'armonia
!
folgore
del
Ira di Dio discendi Vendicator dei secoli !
Balza,
guerrier,
o
sul
campo
lampo, La maledetta Gerico Fra poco crollerà. Della tua spada
Sopra
cavai
il
Ora uno Sotto Sia
il
d'Arminio è assiso
spettro
:
tallon degl'itali
quello
anciso.
spettro
Eridano
L'insanguinato
Del suo valor Dagli spezzati
Sorgan
al
favelli,
placati
avelli
martiri
i
Delle trascorse età.
Itali
all'armi
!
In
luride
Catene risospinta, Langue l'adriaca amazzone Nel suo squallor discinta. Fisso lo sguardo al Brennero, Tacciar del forte, tenzon di morte Baldo d'orgoglio indomito
Stretto
Alla
Vola d'Ausonia
il
fior.
—
—
104
echeggiano L'ora è suonata Percossi e monti e valli, :
Fra l'infuocata polvere Nitriscono i cavalli :
Rugge
lo
Dall'Alpi
Fremon I
sdegno a
italico
Spartivento,
Trieste
Trento,
e
drappi all'aura ondeggiano.
Esulta
Guerra
il
tricolor.
Di guerra orribile Risuoni ovunque il grido !
Fissi
nel Sol
!
com 'aquila,
Vòlti all'adriaco lido,
Colla virtù di Spartaco
Di Bruto collo sdegno,
Diamo ad Europa un pegno Che l'italo sa vincere. Percuotere o morir
!
—
105
L'ADDIO DEL GARIBALDINO canzone 11 coscritto di ne fece l'Addio del Gainnamorata. Ad ogni strofa venne aggiunta la risposta dell'innamorata. La musica è facile e melodica e vecchi garibaldini non l'hanno dimenticata. Nel
1866
il
P. P. Parzanese, ribaldino alla sua
popolo
s'impadronì
della
composta anni addietro,
e
i
Angiolino Spunta
E
sole
il
collina,
alla
tamburo già suono Deh, non piangere, o Beppina,
A
il
;
di
fin
guerra tornerò.
Beppina Tu mi di' che ti son cara; Ancor questo crederò; Ma la tua partenza amara Notte e
piangerò.
dì io
Angiolino Pria ch'io fossi innamorato
Una
Iddio
patria
Per
la
Mano
mi
die
:
son soldato, e cor consacro a te. patria
—
Beppina
Non
vorrei che in lontananza
me
Ti scordassi anco di Io
ti
:
giuro con costanza
Di pensare sempre a
te.
Angiolino
Dammi un Che
riccio di capelli.
mi poserà,
sul cor
E ne' campi Notte e
di
e ne' castelli
me
con
verrà.
—
Beppina Io son pronta;
Con amore
Ma
la
te
i
li
miei capelli
dò;
tua partenza
Notte e
dì
la
amara
piangerò.
—
106
—
Angiolino
—
A
un nastro cilestrino
te
Sia memoria del mio amor Te lo annoda al corpettino Dove sai che batte il cor.
—
—
Beppina lo l'accetto con piacere
E
ti
Tu
—
;
*
giuro fedeltà; ritorna
vincitore,
E Beppina
tua sarà.
—
Angiolino in mare o in Ti avrò sempre nel pensier Tuo se muoio nella guerra, Addio,
Tuo
Con
cara
A
:
se torno cavalier. in
la stella
Mi Mi
terra
;
mezzo
al
petto
fia
dolce
fia
dolce nell'aspetto
ritornar.
vederti scolorar.
—
Beppina
— No,
non
darti in preda al duolo,
Che
coraggio io mi farò: Vai contento, o mio tesoro, Che a te sempre penserò.
Angiolino
Non
temer, non sarà mai Ch'io ti manchi di mia fé;
Ma
piuttosto ascolterai
Che
morii pensando a
Garibaldi
già
te.
mi chiama
E m'invita alla battaglia, Con un colpo di mitraglia Ci
fa
tutti
incoraggiar.
Dunque, addio, cara Beppina, Che il tamburo mi chiamò. Deh non piangere, carina !
A
fin
;
di
guerra tornerò.
—
—
107
A VENEZIA INNO DELL'ESERCITO NAZIONALE
GIOVANNI BIFFI
DI
Il 29 maggio 1866 nel Teatro alla Scala di Milano fu dato uno spettacolo di gala ai «contingenti» richiacome si chiamavano allora mati che stavano per partire per la guerra che doveva darci la Venezia, ed in esso fu cantato, con l'accompagnamento della Guardia Nazionale, l'Inno dell' Esercito nazionale, scritto da Giovanni Bi.ti e musicato dal maestro Rovere. Il Biffi fu un giornalista singolarmente battagliero,
—
—
i
ai suoi tempi. La sua figura quadro Una visita al campo, che rino, sede del Municipio di Milano.
notissimo
fu ritratta dal pittore
nel
si
trova
visibile
nel
— — — — Risorgi, esulta — martire cara, Alla Fanfara — del Bersaglier. All'armi all'armi — invano scampo — distese campo; L'austriaco sue bandiere, A cento spiegansi — odiate schiere A mille irrompono — Contro stranie — barbare — o Granatier. Spiana Al cozzo ardito — de' nostri Piegan fiaccate — l'austre sbandati, Pel vinto campo — fuga — duci e Volgono tromba!... Su: della carica — suoni Sovr'essi piomba — Cavalle gger. Dalle agguerrite — temute rocche, Ora suonanti — per mille bocche, Pender fur viste — vittime Sian quelle ròcche — percosse, infrante. carnefici — abbiano tomba bomba — o Cannonier. Scaglia
Viva San Marco lungo -il bel lido Desti Venezia l'antico grido. L'onda del Mincio dell'Adria l'onda Guerra risuoni guerra risponda !
:
a
I
sire
il
le
le
;
file
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fucile
il
forti
coorti,
rotti,
in
soldati.
la
sante....
Ivi
i
;
la
De
Alhertis,
Palazzo Ma-
— Ancor sull'ultimo Sventola
il
giallo
Tolto per sempre
108
—
— baluardo — nero stendardo. lor
-
L'infausto segno -
disperso sia di
tirannia....
— su quello spalto — o Bersaglier. — suoni squillo Or — caro tricolore Della più fulgida — gloria recinto, Dovunque splende — dovunque ha Della laguna — libero varco Entra San Marco — o Re Guerriero. Viva l'Italia! Vola all'assalto di
vittoria
lo
:
vessillo,
Il
vinto.
è
in
il
:_
109
INNO DELL'ESERCITO ITALIANO
AROMA Qualche tempo prima che quest'inno, concetti generosi. fu
diffuso
di
Le armi impugna, Intuona
Non
truppe
le
autore
ignoto.
marciassero su
versi
sono zoppicanti
terra,
itala
allegra l'inno
più timore
italiane I
guerra!
di
Scuotiam
!
la
soma
Roma.
Dell'esecrato prete di
Al Re sabaudo giuriam la Viva Vittorio d'Italia re!
Le armi impugna, stirpe italiana, Vendica prodi morti a Mentana i
Via d'oltremente E' Roma nostra All'armi,
noi
di
italiani.
all'armi! Voliamo al
campo!
Ai mercenari nessuno scampo
Ogni Al
A
italiano
grido
pugni
unanime
da di
:
!
forte
«Roma
o morte
quella perfida razza di cani,
Che ben
A
si
nomano
Antiboiani,
ferro freddo passiamo
Gridando unanimi (
di
Legnano
dello
—
14:
INDICE Pag.
Prefazioni. L'Inno dell'Albero della libertà « Partirò, partirò... », canto popolare «Bella Italia, amate sponde...» di Vincenzo Monti «Sorgi! Che tardi ancora?» di Gabriele Rossetti All'Armi! .All'Armi! di Giovanni Berchet Unità e Libertà, Inno di Gabriele Rossetti .All'Armi! di Gabriele Rossetti Fuori il Barbaro! canzone popolare di guerra di A^rstino Raffini Fratelli, Sorgete! coro di Giuseppe Giusti Viva il Re! di (jiovanni Prati « Chi per la Patria muor vissuto è assai » Inno di Pio IX di Filippo Meucci A Pio IX, coro popolare Inno Nazionale di Leopoldo Cempini Inno alla Guardia Civica di Firenze Odi o Sire poesia patriottica siciliana Inno al Re di Giuseppe Bertoldi Innc a Carlo Alberto di B. Muzzone Dio e Popolo, Inno di Goffredo Mameli
....
!
Gioberti e « Fratelli
Inno
Sono Il
«
Giuseppe Bertoldi Inno di Goffredo Mameli
Garibaldi d'Italia »
di
Pater
Noster
1
3 4 5 7
9 13 1,S
17
18 19 21
23 25 27 29 30 31
33 Mi 37 .^9
all'Italia
Italiano!...,
V
canto »
dei
popolare Milanesi
41
... ...
La Donna Lombarda, stornello di Francesco Uall'Oufiaro La Bandiera Tricolore, canto popolare La Liberazione di Milano, canto popolare di G. Bertoldi L'Italia Risorta, Inno di B. De' Bandi (L. Cemptni) La Patria dell'Italiano, poesia popolare di Antonio Gazzoletti Canto di Guerra di Luigi Carrer Inno di Guerra del 1849-49 di Luigi Mercantini Canto degli Insorti di Arnaldo Fusinato Cantata di Guerra di Arnaldo Fusinato Canto di Guerra Il Risorgimento di Alessandro Poerio Addio, mia bella, addio! canto popolare di Carlo Bost Inno Militare di Goffredo iMameli L'ultima ora di Venezia di Arnaldo Fusinato La carabina del bersagliere, canto di Domenico Carbone
.... .
.
.... ...
43 45 46 47 48
49 Sf Oii •^'
57 59 61
63 65 67 69
—
142
— Pag.
barchette del "49 di Antonio Pavan Stornello garibaldino di Antonio Pavan Mazzini, stornello di F. Dall'Ongaro la bella Gigogin canzonetta popolare milanese Inno di Garibaldi di Luigi Mercantini Canto di soldati sul campo di Teobaldo Cicconi
71 71
II
12 73 75 78 79
!
La Rosa di Novara Canto Marziale dei 1
Francesco Coppi
soldati
di
Giuseppe
81
Pieri
Alpi di Luigi Mercantini Popolari del 1859
cacciatori
Stornelli
di
83 85 88
delle
Garibaldi di Francesco Dall'Ongaro La Garibaldina di Francesco Dall'Ongaro
91
Camicia Rossa
La caduta del Re Bomba La Rondinella d'Aspromonte n Volontario, Inno del 1866 Canzone di Guerra del 1866
93 96 97
99 di
Angelo Brofferio
canto di guerra di Ippolito Pederzolli L'addio del garibaldino A Venezia, Inno dell'esercito nazionale di Inno dell'esercito italiano a Roma
101
11
Giovanni
Biffi
.
.
di Oberdan «Col capestro d'Oberdan»
L'Inno Inno Inno
all'Italia,
Inni
Istriani
Ili
parole e musica di Quirico Filopanti
Giusto «Lasse pur...» canzonetta popolare triestina Marameo! canzonetta goriziana Inno di Trento di Antonio Stefenelli
El
si,
di
S.
canzonetta popolare zaratina
103 105 107 109
^
»La Lega Nazionale, Inno popolare delle Terre Irredente Il nuovo Inno delle Lega, parole di Riccardo Pitten Trento e Trieste, inno-marcia di Umberto Debiasi Santi ricordi, canzone popolare triestina Sangue latino, canzonetta popolare triestina Trieste all'Italia, canzone triestina Il canto dell'ultimo riscatto di Giovanni Berta.:chi
.
.
.
.... ....
112 113 113 115 117 119 120 123 125 127 129 131
133 135 137
Casa
Risorgimento
Editrice
Opere
edizione e in deposito
propria
di
BIBLIOTECA POLIGLOTTA dei
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mezzi migliori per esercitarsi è
leggere e leggere se
vuol
si
leggere opere dilettevoli,
riuscire
preparate
modo che
in
rapidamente, senza bisogno
tica.
E nessuna antologia può sostituire opere organiche,
tezza
im'interessante
della
Biblioteca
messi
opera
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De Maistre duzione,
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INDICE
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intro-
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DOTTOR Gherius
Note
con
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Note
atti.
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Marietie or Tìie Miller's Cousin The Note e vocab. del prof. E. Moreni
giiages.
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DlCKE.NS -- Tlie PickuicI: (Uub voeab. del prof. H. Moreni
Kraigie
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Gherius
Dott.
Le Lépreux de
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ragione d'essere
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volumetti elegantissimi,
Commedia
vocabolario del Dott. Gherius •
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un prezzo incredibilmente mite.
Molière -- Le médecin malgré e
Ecco
letteraria.
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La Scienza e Dulcamara 2. La lingua materna -4. e le lingue straniere 3. Col Professore o senza? metodi vecchi. — 5. I metodi nuovi ti. La dimora in paese straniero e il metodo Berlitz 7. Un metodo naturale S. Lo scopo dello studio
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1.
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9.
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Come dobbiamo 12. Come si sa
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Prof. Venanzio Todesco ma grammatica della
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Grammatica catalana. lingua
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Conclusioni.
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Casa
Onere storia
recefllissime
Trieste
di
Jacopo
di
Risorgimento
Editrice
Cavalli,
—
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olluolilì
di
con prefazione
e appendici storia organica
e Silvio Benco. finora sulla grande
:
redenzione]
alla
origini
(dalle
Milano
-
Cadde
Rinaldo
di
E' la sola e compieta scritt e gloriosa città che si riunisce definitivament alla Patria Italiana. Dettata in stile semplice e chiaro, accessibil alle persone anche di media cultura, questa Storia narra le vi cende ora tristi ora liets di Trieste, dalle lontane origini romane al giorno della liberazione, quando il rombo del cannone dal Cars e dall'Adriatico le ha portato la voce della Patria redentrice. Ogr Italiano che ha approvato la grande guerra dell'Italia dovrebh leggere la Storia dì Triesttf di J. Cavalli per conoscere meglio valore ideale e materiale dell'insigne città nostra. Elegante vo lume con copertina a colori 2. L.
Il
Trentino, nel
Venezia
la
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Dalmazia
la
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Risorgimento
Italiano
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nazionale italiana nelle Provincie che le armi italiane stanno ricor quistando contro l'Austria e fa conoscere eroi ed eroismi mal no e
dimenticati.
E'
La Prefazione è una copertina a appartenenti
grande
coior;
ed
unico
Barrilai.
gli
stemmi
e
del genere che ci Elegantissimo volume
libro
''
provincie
delle
— Manuale
p'-atico
per
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corpo
L'Italia
50
ed il conflitto pagine
europeo.
—
—
—
DoTT. Ottorino Antoniazzi
di
e
e 18.
0.
»
3.-
»
1.5
Gli ordinamenti di Genova nelle del M. d' Azow (1313-1475).
—
....
Dirigere commissioni Via Sant'Andrea,
1.5
Mi-
Operetta sintetica, che del complesso ordinamento coicniale di Genova ci dà una visione complet.i e perfetta
A\ilano,
»
Opera
lano
Mar Nero
0.6
L.
—
del
»
Importante
DOTT. Tancredi Zanghieri Studi su Racchiude premiata dalla R. Accademia Scientifico Letteraria
colonie
3.5
—
gli
...
di
gi
L.
degli
studenti secondari. PubblicaAfhPTI/l nlllCid zione necessaria a tutti ^li studenti italiani. Contiene un completo diario dell'anno scolastico, dizionariettiprò memoria di mitologia, letteratura italiana e straniera, formularii, articoli di varietà, giuochi e concorsi
Elio JONA opuscolo
co
norme
Esploratori, insegnamenti di per l'educazione alla vita libera dei ragazzi.
Agenda per
sis
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Ragazzi esplo-
ratori italiani. Contiene, oltre alle
del
utilità
—
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all'Impero aystro-ungarico
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