Abstract: Recent decisions of the European Court of. Justice (Astrazeneca) and Italian Antitrust Authority. (Pfizer) suggest that even the mere acquisition â as.
ALCUNI RECENTI ORIENTAMENTI INTERPRETATIVI IN TEMA DI INTERSECTION FRA PI E ANTITRUST Gustavo Ghidini1, 2 Keywords: Patent entitlement; patent misuse; abuse of dominant position; adjudication vs regulation Abstract: Recent decisions of the European Court of Justice (Astrazeneca) and Italian Antitrust Authority (Pfizer) suggest that even the mere acquisition – as distinguished from the exercise – of a patent (as any other IPR) may amount to a misuse if the achievement thereof runs in contrast with the rules governing its entitlement; and, if the patent owner enjoys a dominant position, such patent misuse may translate into an abuse of said position under art. 102 TFEU. Cases of this type must be clearly distinguished from those where the patent has been legitimately/regularly obtained, and its holder exercises the ‘institutionally excluding’ related power against unauthorized third parties. In such cases, antitrust law comes in not to enforce a properly ‘abusive’ conduct, but to correct an objective market situation which has grown ‘excessively’ foreclosing competition – and this, thanks to the very success of the patent. A situation, and a legal solution, which bears a strong analogy of rationale with the one envisaged by art. 2597 of Italian civil code.
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Professore presso l’Università degli Studi di Milano.
Articolo tratto dall’intervento tenuto al Convegno “Un anno di Rivista Italiana di Antitrust”, Roma, 23 Aprile 2015. 2
DOI: 10.12870/iar-11572
Thus, that of ‘abuse’ is a general normative tool that is used both to adjudicate anti-competitive torts (as in the first case) and to regulate an objective ‘close to monopoly’ situation occurred without any wrongdoing by the patent holder. The distinction is confirmed by the consequences. On one side, as in Astrazeneca and Pfizer, the patent holders are sanctioned (and their patent or CCP is subject to annulment); no compensation whatever of the patentee is thinkable. On the other side, in the case of the regular acquisition and intrinsically legitimate exercise of the IPR competition law imposes a duty to license it on FRAND terms: i.e., with compensation of the patent holder, fully retains his entitlement. Here, self-evidently, the patent holder has behaved lawfully -otherwise a compensation would be unthinkable! The ‘abuse’ may properly occur ex post, i.e. only if the holder refuses to fairly deal with the willing licensees - refuses, in other words, to comply with a regulatory measure.
1. INTRODUZIONE Recenti decisioni in sede Comunitaria e nazionale (Astrazeneca, Pfizer, in particolare) stimolano una riflessione di carattere sistematico in ordine alla c.d. intersection fra la disciplina antitrust e quella della P.I. Una riflessione che si concentra su di una distinzione a mio avviso fondamentale. Su uno specifico versante giuridico che riflette l’anima regulatory del diritto antitrust, si
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collocano, e vanno valutate, le ipotesi nelle quali l’effetto restrittivo della concorrenza derivi dall’esercizio di un diritto di proprietà intellettuale (DPI), in particolare un brevetto dunque un diritto ‘istituzionalmente’ escludente’ - legittimamente acquisito, e il titolare detenga (anche, eventualmente, grazie proprio al DPI) una posizione dominante sul mercato. Su altro ben distinto versante, che riflette l’anima aggiudicatoria di ‘torti’ dell’antitrust, si collocano altre ipotesi nelle quali l’effetto soppressivo della concorrenza sia conseguenza di violazioni di regole: vuoi di quelle che disciplinano il comportamento del detentore di posizione dominante (come l’imposizione di condizioni particolarmente gravose - rispetto ai livelli ‘di mercato’, ci ricorda Ullrich3 - per accedere al godimento del bene immateriale protetto4: come nell’ipotesi accusatoria dell’AGCM nel recente caso Aspen), vuoi (attraverso violazioni) delle regole che governano la stessa attribuzione del titolo (casi Astazeneca e Pfizer).
La normativa antitrust si muove pur sempre in una prospettiva di compatibilità dei comportamenti con le condizioni dettate dalla concorrenza in economie ‘di mercato’. L’art 102 TFUE potrà dunque utilizzarsi per colpire abnormi esosità rispetto ai livelli di prezzo praticati dai concorrenti del detentore di posizione dominante: non anche, di massima, per indurre a costui a praticare prezzi ‘sociali’ manifestamente ‘fuori mercato’ come quelli sopportabili dalle popolazioni di PVS per accedere a farmaci avanzati (anche in assenza di brevetto). 3
Così nell’ipotesi accusatoria nel recente caso Aspen, Agcm, 19 novembre 2014, caso A480, Incremento prezzi farmaci Aspen, provv. n. 25186, in Boll. 46/2014. 4
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2. OSTRUZIONE DELLA CONCORRENZA ATTRAVERSO L’USO ESCLUDENTE DI UN TITOLO DI PI LEGITTIMAMENTE ACQUISITO
Nella prima serie di ipotesi (le più frequenti e rilevanti, anche in senso economico, nelle dinamiche competitive coinvolgenti DPI, brevetti in particolare), la contestazione come ‘abusivo’ del rifiuto di consentire a terzi willing licensees di accedere allo sfruttamento, a condizioni eque e non discriminatorie (FRAND), del bene immateriale protetto rifiuto opposto, torno a sottolineare, sulla base del potere escludente istituzionalmente connesso a un titolo legittimamente acquistato - si giustifica nella prospettiva di impedire un effetto obbiettivo contrario all’interesse generale: la soppressione, appunto, della concorrenza. Di questo si tratta, non di colpire una manovra fraudolenta, che nella ipotesi è del tutto assente. Tanto più quando quell’‘uso’ si riconduca ad una forma tipica di esercizio del diritto costituzionale di iniziativa economica. Invero: anche (e quanto, sempre più) i beni immateriali protetti da DPI afferiscono all’azienda come “mezzi” che l’imprenditore “organizza” per esercitare l’impresa (art. 2082 cod. civ.). E qui la figura dell’abuso è evocata in quanto unico ‘ferro del mestiere’ disponibile per correggere la situazione monopolistica. Ed è evocata non ‘ a monte’ (mi si perdoni), ossia a proposito del comportamento ‘originario’ del titolare, in sé perfettamente lecito, bensì ‘a valle’, o meglio ex post, in rapporto al suo eventuale rifiuto di rispettare l’obbligo di negoziare licenze FRAND. Si tratta dunque di
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un intervento oggettivamente correttivo della situazione monopolistica venutasi a creare non ripeto, di una reazione ‘punitiva’ di un ‘torto’. Tant’è che la correzione si accompagna ad un obbligo di dare licenza equamente remunerata al titolare. (Un abuso un po’ singolare, nevvero: la cui correzione si accompagna a un compenso per l’abusante). La realtà è che qui versiamo in una prospettiva (non, insisto, di aggiudicazione di un ‘torto’, bensì) propriamente ‘regolatoria’. Prospettiva sostanzialmente assimilabile a quella in cui il codice civile colloca l’obbligo del monopolista legale a contrattare con chi lo richieda osservando la parità di trattamento (art. 2597 cod. civ.): ove l’imposizione di tale obbligo viene giustificata proprio (e solo) “come necessario temperamento della soppressione della concorrenza” (Relazione del Guardasigilli al Codice Civile, n. 1046). E si richiami altresì il principio affine, se non gemello, statuito dall’art 1679 cod. civ. in tema di obblighi negoziali rispetto ai terzi dei pubblici concessionari di trasporti. Ora, non interessa tanto la terminologia (si può ben fare regolazione come M. Jourdain faceva prosa). L’’importante è la sostanza: tener distinto questo tipo di ‘abuso’ da quell’altro, sopra evocato, che passerò a esaminare fra breve, e nel quale non viene - non può venire in considerazione alcun compenso del titolareabusante di DPI, bensì l’irrogazione di sanzioni sul piano antitrust, e l’azzeramento tout court del potere escludente, e dello stesso titolo, sul piano della disciplina brevettuale.
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3. OSTRUZIONE DELLA CONCORRENZA ATTRAVERSO ILLEGITTIMO ESERCIZIO DI DPI OVVERO ILLEGITTIMO ACQUISTO DEL TITOLO
La seconda ipotesi fondamentale dell’interferenza riguarda i casi, sinora limitati ai brevetti, nei quali, come accennato, si contesti una manovra del titolare messa in opera per impedire o falsare la concorrenza attraverso violazione di regole di comportamento concorrenziale commessa dal titolare di DPI in posizione dominante, ovvero di regole disciplinanti l’accesso stesso al titolo di PI. Entrambe le predette (sotto) ipotesi tipiche, sono giuridicamente unificate dal presupposto dell’applicazione della teoria classica dell’abuso del diritto: l’esistenza di un diritto di cui si faccia, in danno di terzi, un uso non conforme alle regole, e alla ratio, della sua attribuzione e/o del suo esercizio negoziale5. Ed in entrambe, come ricordavo poc’anzi, la sanzione, è la rimozione stessa, definitiva e senza compensazione, del potere escludente. Impensabile, qui, l’idea stessa di un compenso dell’abusante.
Come in dottrina si è notato, «solo rispetto ad un diritto che si assuma aggirato si apre la possibilità di sostenere che quel caso è formalmente lecito, ma sostanzialmente antigiuridico». Così A. Gentili, Abuso del diritto, giurisprudenza tributaria e categorie civilistiche, in Riv. Dir. Comm., 2009, II, 403, p. 410. 5
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4. SULLA
CD STRATEGICA
BREVETTAZIONE
Di particolare interesse - anche in ragione della loro ‘novità’ e della tutt’altro che pacifica riflessione dottrinale - appaiono i casi riconducibili al secondo sottotipo: quelli, appunto oggetto delle pronunzie AstraZeneca6 e Pfizer7, nei quali l’‘interferenza’ dell’antitrust è giunta ad attaccare certe modalità di conseguimento della stessa titolarità della privativa brevettuale (o della sua estensione, attraverso il certificato complementare di protezione, CCP). I casi citati rientrano nel più ampio capitolo della c.d. ‘brevettazione strategica’ (strategic patenting)8. Trattasi di un complesso di pratiche eterogenee, ancora non oggetto di previsione normativa (e denominate in modo talora
CGUE., 6 dicembre 2012, caso C-457/2010, AstraZeneca Ab e AstraZeneca plc. c. Commissione. 6
Agcm, 11 gennaio 2012, caso A431, Ratiopharm/Pfizer, provv. n. 23194, in Boll. n. 2, 2012, annullato dalla sentenza del Tar Lazio 3 settembre 2012, n. 7467, Pfizer Italia s.r.l., Pfizer Health A.B., Pfizer Inc. c. Agcm, ma successivamente riconfermato dal Consiglio di Stato, AGCM c. Pfizer Italia s.r.l., Pfizer Health Ab e Pfizer Inc, sent. 12/2/2014, n. 693.
pittoresco dalla fantasia di economisti)9, dirette in sostanza a potenziare l’arsenale brevettuale in particolare (tipicamente, e pur non esclusivamente) di grandi aziende. E così, variamente, ad ottenere brevetti ‘dipendenti’ capaci in votis di prolungare l’esclusiva sul principio base del brevetto principale prossimo alla scadenza; o ancora, sempre allo scopo di resuscitare (evergreening, in gergo) privative vicine a scadenza, a depositare nuove domande camuffanti vecchie invenzioni; o a ‘smembrare’ (allo scopo di moltiplicare) l’invenzione contenuta in una domanda di brevetto in più domande divisionali, ovvero di creare nutriti portfolios da opporre ai rivali onde indurli a desistere dal mettere in campo innovazioni concorrenti; o, ancora, a sfruttare il titolo per promuovere diffide o azioni giudiziarie intimidatorie (sham litigations), allo scopo di ostacolare l’ingresso ai nuovi entranti. E così via10. Nel loro insieme, e sotto il profilo economico, dette pratiche sono essenzialmente figlie della
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Nel rapporto di indagine sul settore farmaceutico, la Commissione europea ha fornito una definizione molto ampia del concetto di brevettazione strategica intesa come quell’insieme di condotte “[…] concerning the use of the patent system to the benefit of the company in relation to generic competition”, incluse, in particolare, “[…] strategies on the timing and scope of filing as well as the manners in which patents are applied for” (corsivo mio). Cfr. Pharmaceutical Sector Inquiry, Final Report, cap. 2.1. § 467, disponibile al sito: http://ec.europa.eu/competition/sectors/pharmaceuticals/inquiry /index.html. 8
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Talora, pertanto, di difficile definizione sul piano giuridico (si pensi alla frequente sovrapposizione di patent trolls, patent thickets, patent clusters). 9
Per un accurato elenco delle diverse forme di ‘brevettazione strategica’ cfr. E. Arezzo, Strategic patenting e diritto della concorrenza: riflessioni a margine della sentenza Ratiopharm/Pfizer, in Giurisprudenza commerciale, 2014, fasc. 2, 404, p. 420; N. Tuominen, Patenting Strategies of the EU Pharmaceutical Industry – Regular Business Practice or Abuse of Dominance, in World Competition, 2012, S. Priddis e S. Costantine, The Pharmaceutical Sector, Intellectual Property Rights, and Competition Law in Europe, in S. Anderman e A. Ezrachi (a cura di) Intellectual property and competition law: new frontiers. Oxford, Oxford University Press, 2011; L. Kjølbye, Article 82 EC as Remedy to Patent System Imperfections: Fighting Fire with Fire?, in World Competition, Vol.32/2, 2009, pp.163 e ss. 10
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duplice tendenza alla concentrazione, particolarmente intensa nell’industria farmaceutica, che ha disegnato un quadro super-oligopolistico del settore e di quella, altresì, alla decrescita del livello di innovazione, specie nel medesimo settore11. Tendenze che appunto spiegano le ragioni sostanziali di fondo sia delle politiche di “accaparramento monopolistico” di brevetti anche non al servizio delle produzioni caratteristiche dell’oligopolista; sia delle strategie tese al mantenimento in vita, anche artificioso, di vecchi brevetti che, prossimi alla scadenza, non saranno adeguatamente sostituiti da altri di spiccato carattere innovativo. Peraltro, sul piano del diritto positivo, considerate alla luce della normativa brevettuale (e di quella processualistica), alcune di tali pratiche appaiono, in sé, espressioni di ‘uso’ di facoltà garantite dall’ordinamento. Il che non impedisce che, come nei casi ricordati, talune di esse posso cadere sotto la scure di Corti europee ed Autorità della concorrenza in quanto giudicate – sotto il profilo dell’abuso di posizione dominante – quali strumenti escogitati ed esercitati dai titolari essenzialmente a fini e con effetti di ostruzione della concorrenza, in particolare di ‘nuovi entranti’ (spesso, produttori di farmaci ‘generici), senza alcun beneficio
Cfr. P. Errico, Farmaci off-patent e diritto della concorrenza, in Studi in memoria di Paola A.E. Frassi, Giuffrè, Milano, 2010, pp. 265 e ss.; EFPIA, The European federation of pharmaceutical Industries and Associations, The Pharmaceutical Industry in Figures, Key Data, 2014, disponibile all’indirizzo: http://www.efpia.eu/uploads/ Figures_2014_Final.pdf, p.3; The Pharmaceutical Sector Inquiry, Final Report, 80. 11
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concreto per la collettività in termini di innovazione12. In conclusione generale, si devono evitare aprioristiche e generalizzate censure. La linea di demarcazione fra attività lecite, in quanto consentite dal diritto brevettuale, e condotte che ammontano ad un abuso è spesso tracciabile con difficoltà e va ricercata, caso per caso, nelle specifiche circostanze della vicenda oggetto di analisi. Si deve evitare di fare d’ogni erba un fascio e così colpire anche legittime forme di esercizio di diritti. Sarebbe un costo eccessivo della giusta repressione degli abusi. In questo senso faccio mia la celebre ammonizione di Locrè, secondo la quale nell’emendare un abuso bisogna anche vedere i pericoli della stessa correzione13. Separare il grano dal loglio si può: con un buon grano di sale, e una aristotelica attenzione alle circostanze del caso concreto. E così, ad esempio, distinguerei, rispetto a fenomeni di ‘accaparramento’ i casi in cui i brevetti ‘rastrellati’ siano effettivamente funzionali al potenziamento dell’attività produttiva caratteristica del titolare (al quale non si può certo - allo stato della legislazione - impedire di ‘crescere troppo’), rispetto ad altri casi in cui l’accaparramento abbia per oggetto brevetti dei quali l’impresa non si serva né si proponga di servirsi, ma il cui possesso le consenta di tagliare l’erba sotto ai piedi di rivali impegnati a sviluppare tecnologie sostitutive. Del pari, prima di associarmi
In tal senso E. Arezzo, Strategic patenting e diritto della concorrenza: riflessioni a margine della vicenda Ratiopharm – Pfizer, cit., p. 424. 12
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J. G. Locrè, Teoria del codice civile — Discorso preliminare.
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senz’altro ad atteggiamenti sospettosi (come quello già palesato dalla Commissione)14 nei confronti di politiche di brevettazione di invenzioni dipendenti, vorrei fosse verificato che il nuovo brevetto rappresenta semplicemente un espediente per riproporre, sotto una maschera cosmetica, il volto rugoso del brevetto prossimo a scadenza. Questa ‘laica’ cautela, sia ben chiaro, non porta affatto ad assolvere quelle condotte, in crescente diffusione, che tentano di sfruttare i varchi e gli interstizi del regime della PI, e segnatamente di quello brevettuale, come strumenti di occlusione della concorrenza e/o per conseguire immeritatamente diritti di esclusiva15: comportamenti che, come nei casi commentati, integrano violazioni del regime brevettuale (patent misuse, come tali sono sanzionabili con la nullità del titolo): violazioni che poi, realizzandosi il presupposto della dominanza, potranno integrare anche l’illecito antitrust.
Cfr. P. Errico, Farmaci off-patent e diritto della concorrenza, in Studi in memoria di Paola A.E. Frassi, cit., pp. 265 e ss., con riferimento alla Comunicazione della Commissione sulla sintesi della relazione relativa all'indagine sul settore farmaceutico dell'8 luglio 2009, reperibile all’indirizzo internet: http://ec.europa.eu/competition/sectors/pharmaceuticals/inquiry /index.html. 14
5. POSTILLA SULL’ASSERITO RILIEVO DELL’“INTENTO MONOPOLISTICO” NELLA QUALIFICAZIONE DELL’ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
In relazione ai comportamenti che provocano ostruzione della concorrenza, viene spesso evocato come noto, l’elemento soggettivo: in particolare l’intento di impedire o addirittura di annientare i concorrenti (Vernichtungswettbewerb, espressione cara a certa dottrina germanica della prima metà del secolo scorso). Intento che viene appunto richiamato come rilevante criterio di qualificazione del comportamento costituente in ipotesi abuso di posizione dominante. Ora, dell’accertamento dell’abuso di posizione dominante so bene che nella teoria generale dell’abuso del diritto, autorevolissime opinioni affermano il rilievo dell’elemento soggettivo, e proprio sub specie di ‘dolo’. E tuttavia - senza minimamente volere (e potere) addentrami in una discussione di teoria generale, ritengo che, nella materia che ci occupa, quell’elemento non abbia rilievo - e comunque non rilievo decisivo (bensì eventualmente come ‘circostanza’ confermativa del carattere obbiettivamente anticoncorrenziale - ratione effectui - della manovra posta in essere, nonché, ovviamente, rispetto al profilo del risarcimento del danno). Ed invero, incertezze probatorie a parte (e necessità, qui, di ricorrere ad obbiettivi elementi presuntivi tutt’uno con l’effetto
Così H. Ullrich, Strategic patenting by the pharmaceutical industry: towards a concept of abusive practices of protection, in Pharmaceutical Innovation, Competition and Patent Law, a Trilateral Perspective, J. Drexl, N. Lee (a cura di), Edward Elgar Publishing, UK, 2013, 241. 15
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dannoso16), in tale materia l’intento di nuocere al concorrente, e possibilmente eliminarlo, è fisiologicamente connaturato alla lotta per il mercato, e all’uso di un potere che istituzionalmente attribuito con contenuto escludente, come quello attribuito dai DPI. Ma soprattutto, attribuire a detto elemento rilevo dirimente ai fini della qualificazione conduce ad una distonia logica e sistematica insieme. Da tale elemento infatti, prescinde, pacificamente (e testualmente, dal confronto fra art. 2599 e 2600 cod. civ.) la repressione degli atti di concorrenza sleale: cioè di ‘microlesioni’, di carattere interindividuale della concorrenza (idoneità a ledere l’altrui azienda), con quale fondamento lo si può invocare per (appesantire) la repressione delle macro-lesioni della concorrenza - del mercato come tale oggetto della disciplina antitrust?!
Si pensi alla necessaria obbiettivizzazione del cd animus nocendi in materia di concorrenza sleale, ad esempio in tema di cd ‘storno di dipendenti’. 16
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