Itaca, un approdo per le nostre odissee - Progetto Itaca Roma

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19 giu 2012 ... Non sempre è agevole - per chi non ha gli strumenti tecnici - distinguere il normale disagio giovanile, funzionale alla crescita, da un disturbo ...
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Intervista a Ughetta Radice Fossati Orlando, presidente del progetto

Itaca, un approdo per le nostre odissee Gianluca Abbate - Menu - Extra - News -

Descrizione:

Una Clubhouse per lavorare con chi sta male e "sconfiggere il pregiudizio per cui la malattia mentale è inguaribile". Incontriamo Ughetta Radice Fossati Orlando, responsabile del progetto Itaca per chi è affetto da disturbi psichiatrici

L'Indro

Data Pubblicazione: martedì 19 giugno 2012

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Itaca, un approdo per le nostre odissee

"L'Associazione Progetto Itaca nasce dall'idea di sette fondatori i quali - avendo vissuto nell'ambito della propria famiglia il dolore, il disagio, il disorientamento che una patologia psichiatrica cagiona - hanno voluto prefiggersi l'obiettivo, senz'altro arduo, di attivare iniziative e progetti di informazione, di prevenzione, supporto e soprattutto riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della salute mentale nonché ai loro familiari, molto spesso impreparati dinanzi a sintomi difficilmente individuabili. La nostra missione è quella di cassare il pregiudizio per cui la malattia mentale grave non sia curabile, perché, purtroppo, nonostante i grandi progressi scientifici, le idee della pubblica opinione su queste tematiche sono ancora molto arretrate. Ed io faccio parte del fondatori che, da un'esperienza personale, hanno potuto constatare quanto sia grande il danno derivante dal non sapere riconoscere immediatamente un disturbo psichiatrico in una persona giovane. Le patologie, come è noto, emergono nella fase adolescenziale che è un'epoca di metamorfosi. Non sempre è agevole per chi non ha gli strumenti tecnici - distinguere il normale disagio giovanile, funzionale alla crescita, da un disturbo psichiatrico. Non sempre è agevole spiegare alla collettività che essere malati non è motivo di vergogna". Con queste parole inizia il nostro viaggio all'interno del Progetto Itaca.

Ughetta Radice Fossati Orlando è una donna determinata. Una donna cha ha conosciuto il dolore ma che con generosità ha voluto condividere la propria esperienza, trasformandolo in una sfida - sulla carta - impossibile: 'Progetto Itaca', un gruppo in continua crescita di infaticabili volontari che - partiti da Milano e approdati poi a Roma, a Palermo, a Firenze - offrono un aiuto tangibile a persone affette da gravi disturbi psichici e alle loro famiglie. "Una gran donna milanese non solo per i suoi illustri cognomi dell'industria & finanza" - nella definizione che di lei ha dato Chiara Beria di Argentine - la quale ha voluto affrontare il pregiudizio odioso dell'ignoranza, della paura, dell'indifferenza che si abbatte come un ciclone inarrestabile su chi soffre di patologie psichiatriche.

La incontriamo nella sede romana di Progetto Itaca. Una struttura imponente, con un ampio giardino, concessa in comodato d'uso dalla Congregazione delle Suore Misericordine, nel quartiere di Montesacro Giardini.

"L'Associazione Progetto Itaca nasce dall'idea di sette fondatori i quali - avendo vissuto nell'ambito della propria famiglia il dolore, il disagio, il disorientamento che una patologia psichiatrica cagiona - hanno voluto prefiggersi l'obiettivo, senz'altro arduo, di attivare iniziative e progetti di informazione, di prevenzione, supporto e soprattutto riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della salute mentale nonché ai loro familiari, molto spesso impreparati dinanzi a sintomi difficilmente individuabili. La nostra missione è quella di cassare il pregiudizio per cui la malattia mentale grave non sia curabile, perché, purtroppo, nonostante i grandi progressi scientifici, le idee della pubblica opinione su queste tematiche sono ancora molto arretrate. Ed io faccio parte del fondatori che, da un'esperienza personale, hanno potuto constatare quanto sia grande il danno derivante dal non sapere riconoscere immediatamente un disturbo psichiatrico in una persona giovane. Le patologie, come è noto, emergono nella fase adolescenziale che è un'epoca di metamorfosi. Non sempre è agevole - per chi non ha gli strumenti tecnici - distinguere il normale disagio giovanile, funzionale alla crescita, da un disturbo psichiatrico. Non sempre è agevole spiegare alla collettività che essere malati non è motivo di vergogna". Con queste parole inizia il nostro viaggio all'interno del Progetto Itaca.

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Itaca, un approdo per le nostre odissee La vostra associazione si propone obiettivi mai perseguiti nel nostro paese. Soffermiamoci sul progetto delle Clubhouse, avviato con grande successo a Milano nel 2005 e lo scorso anno inaugurato anche qui a Roma.

Il concetto della Clubhouse è molto semplice ma ha una valenza sociale di grande rilievo: dare un'occupazione e, se possibile, un'attività lavorativa a persone che soffrono di disturbi psichiatrici. La Clubhouse si configura come una struttura diurna gestita con la formula del club in cui le persone - comprese tra i diciotto e i quarantacinque anni trascorrono la giornata, scandita in varie fasi; e di ciascuna di queste fasi i 'soci' sono protagonisti assoluti. Accoglienza, segreteria, comunicazione, cultura e tempo libero, studio e formazione, gestione del club sono le attività finalizzate a creare le premesse per un progressivo inserimento nel mondo del lavoro. Con il Club Itaca viene applicato per la prima volta in Italia il modello sperimentato con grande successo in tutto il mondo attraverso trecentoventi centri attivi nei cinque continenti. E' una missione difficile ma noi procediamo senza arrenderci.

E' di grande interesse lo status di 'socio' che viene assunto dalle persone affette da malattie psichiche che entrano a far parte del Club Itaca. Cosa può dirci in merito?

Lo status di socio viene mutuato dall' esperienza americana. E' di fondamentale importanza per la persona affetta da malattia psichica essere 'socio' anziché utente di un servizio. Infatti, lo stesso rapporto tra lo staff e i soci è un rapporto paritario. Le decisioni sono condivise in modo assolutamente corale. Ogni mattina si svolge una riunione in cui viene definito il programma, sia a breve scadenza, che per progetti più complessi; è questa la grande peculiarità che ci connota. Altro principio fondamentale è quello del lavoro: l'obiettivo da raggiungere è la consapevolezza da parte dei soci di svolgere una funzione di grande rilievo con la conseguente assunzione di responsabilità. Pertanto, in questa ottica di responsabilizzazione, appare prioritario intessere rapporti con le altre Clubhouse sparse per il mondo e per tale ragione tutti i soci imparano l'inglese, imparano ad utilizzare il PC e acquisiscono dimestichezza con le e-mail. I risultati positivi sono tangibili: alcuni soci della Clubhouse romana sono stati ospitati in Canada in una Clubhouse similare e hanno partecipato a convegni internazionali, vivendo un' esperienza che ha contributo fortemente alla loro maturazione. C'è, quindi, una formazione interna ed esterna che ha proprio la finalità di valorizzare le risorse umane e di sviluppare sicurezza, autostima oltre che abilità specifiche combattendo, in tal modo, la cronicità della malattia.

Certamente la missione dell'inserimento nel mondo del lavoro presenta notevoli insidie e ostacoli.

Sarebbe inutile negarlo. Le difficoltà sono notevoli. La sfida è ardua e postula un impegno granitico proprio perché la nostra intenzione è agevolare il reinserimento in aziende esterne che siano competitive, in banche, studi legali, e anche multinazionali. C'è una legge dello Stato del 1999 che prevede che le persone affette da un'invalidità psichiatrica siano equiparate a quelle affette da altre invalidità fisiche. E' necessario, quindi, annientare un pregiudizio sociale intollerabile per chi lo subisce e per le famiglie. E, pertanto, abbiamo intrapreso una collaborazione fattiva dal 2011 con un'importante fondazione italiana, che ha lanciato un concorso per premiare l'idea più brillante riguardante l' inserimento nel mondo del lavoro della persona colpita da una malattia mentale. Ci tengo a ricordare anche che, oltre l'obiettivo lavorativo, Progetto Itaca tende ad occuparsi anche del tempo libero dei soci: delle attività ludiche e di svago, dal cinema alle mostre, allo sport. Tutto ciò contribuisce a veicolare il messaggio che

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Itaca, un approdo per le nostre odissee il soggetto affetto da malattia psichiatrica possa gestire autonomamente innumerevoli aspetti della propria vita. La normalità della vita è il fine ultimo e non è un fine impossibile da raggiungere.

I dati sono confortanti? Che tipo di esperienze lavorative hanno ottenuto quei soci che hanno ultimato il proprio percorso all' interno del Club Itaca?

Più di metà dei soci che noi abbiamo seguito con dedizione hanno avuto l'esperienza di lavori temporanei in aziende esterne secondo la formula dello stage o del tirocinio, che rappresenta l'iter più opportuno proprio perché si fonda su un inserimento graduale: un esperimento che fortifica la persona e le consente di tornare progressivamente ad una vita normale. Ed ovviamente noi dello staff prestiamo grande attenzione alle attitudini dei singoli soci, alle proprie aspirazioni, alle capacità. Ciò premesso sono molto felice quando ricordo che alcuni soci, invece, sono stati assunti anche a tempo indeterminato. E' difficile ma non è impossibile. Un nostro socio, ad esempio, è stato assunto in una grande multinazionale di pubblicità ed altri tre sono entrati a far parte della grande famiglia dell'IKEA. E' per me motivo di vera soddisfazione constatare che, anche nella grande impresa, ci sono manager con una profonda sensibilità, in grado di sostenere la nostra causa.

Come Lei ha più volte affermato, la prevenzione è un elemento da cui non dovrebbe prescindersi e su cui state lavorando con grande caparbietà. Molto spesso, però, le famiglie delle persone malate sottovalutano il problema e si finisce per intervenire troppo tardi.

E' esattamente così. La prevenzione primaria è l'informazione: il nostro progetto di prevenzione/informazione nelle scuole né l'esempio emblematico. Insieme a degli psichiatri ci rechiamo nelle classi delle scuole superiori con il fine precipuo di comunicare ai ragazzi notizie mirate sui disturbi e sui segnali che necessitano di particolare attenzione. Occorre superare un clichè fin troppo radicato che riguarda la figura dello psichiatra, il quale è semplicemente un medico non diverso dal cardiologo o dall'oculista. Non mi stancherò mai di ripetere che il ruolo dei familiari è determinante. Molto spesso mancano gli strumenti di conoscenza. La paura prende il sopravvento e la persona malata finisce per essere anche umiliata dall'ombra infame della vergogna. Pertanto, un' altra missione che Progetto Itaca porta avanti con convinzione è il cosiddetto corso 'Famiglia-Famiglia'. Sono gli stessi familiari, infatti, che diventano formatori ed educatori. Intendiamo superare, così, attraverso la strada della formazione dei familiari, quella concezione ormai obsoleta per cui la famiglia veniva colpevolizzata e considerata come la causa scatenante della malattia. La famiglia può assurgere, invece, a risorsa primaria se è ben informata.

Abbiamo più volte evocato il clichè amaro della vergogna che colpisce le persone affette da disturbi psichici. Come superarlo? Perché è ancora cosi radicato?

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Itaca, un approdo per le nostre odissee Ritengo che questo pregiudizio, come tutti i pregiudizi, rinvenga le sue origini in uno stato di debolezza e di ignoranza. Ciò che non conosciamo a fondo ci spaventa e allora la via più agevole è volgere lo sguardo dall'altra parte. Io ritengo, però, che sia necessario anche superare un altro pregiudizio: quello secondo cui le persone con malattie psichiatriche siano violente. Purtroppo è, invece, possibile che una persona affetta da una patologia del genere faccia uso di sostanze stupefacenti magari proprio al fine di auto-curarsi. Non è quindi la malattia che conduce necessariamente ad atti di violenza verso se stessi o verso gli altri.

A questo proposito, non temete l'eventualità di gesti di violenza da parte dei soci? E in che modo siete in grado di affrontarli?

"Nelle nostre Clubhouse sono accettate le persone affette da qualsiasi patologia. Gli unici motivi di esclusione è che abbiano un problema di dipendenza da alcool o droghe, o episodi recenti di violenza contro di sè o contro gli altri. Ovviamente non avendo al nostro interno personale medico specialistico noi ci confrontiamo in primis con gli psichiatri che, già da prima, seguono i soci. Questo rapporto continuo con i medici curanti ci mette nella condizione di poter affrontare qualsiasi emergenza."

Qual è il prossimo traguardo? Il prossimo obiettivo che Progetto Itaca intende perseguire?

Il traguardo che vogliamo raggiungere è moltiplicare queste esperienza in più città: oltre Milano e Roma, ci stiamo radicando anche a Firenze e Palermo e speriamo di poterci insediare molto presto anche a Genova. Essere radicati sul territorio rende più agevole l'obiettivo culturale della comunicazione. Finchè Progetto Itaca era una piccola associazione appariva anche meno credibile. Diventare più forti significa lasciare una traccia. Significa davvero essere d'aiuto.

E' stato un gesto di grande coraggio mettere la sua esperienza a disposizione degli altri. Progetto Itaca nasce proprio dal suo personale vissuto di madre costretta a scontrarsi con il male che colpisce la propria figlia; ma nasce anche dalla sua caparbietà. Non ha mai avuto paure o esitazioni?

Non è facile rispondere a questa domanda. Fino a diciassette anni mia figlia Barbara - da tutti chiamata Balli - era una ragazza come tante, serena e spensierata. Sognava di diventare scrittrice. Poi dopo un evento tragico che l'ha colpita e un viaggio negli USA , io e mio marito Rosolino abbiamo iniziato a percepire il suo disagio. Sono stati momenti duri, scanditi da ricoveri, isolamento, farmaci e medici sbagliati. Io insegnavo Lettere alle Marcelline e quindi credevo di conoscere perfettamente il mondo giovanile, avendo anche quattro figli adolescenti. E, invece, non sono stata in grado di comprendere il malessere che attanagliava mia figlia; abbiamo perso molto tempo che sarebbe stato

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Itaca, un approdo per le nostre odissee prezioso nell'affrontare la malattia con maggiore determinazione. Oggi posso dire che Progetto Itaca ha aiutato, in primis, me e la mia famiglia, ma anche tanti altri perché alla base dell'associazione c'è proprio il principio dell'aiuto reciproco. Condividere le esperienze individuali affinchè ne possa scaturire un giovamento collettivo è il nostro irrinunciabile credo.

Rosolino Orlando è morto quattro anni fa. Balli ha oggi quarantaquattro anni. Vive con la madre e lavora con il fratello Michele nella holding degli Orlando. E' lei il punto di riferimento della famiglia. Ed è grazie alla forza d'animo di Balli che sua madre ha intrapreso questa battaglia. Ed è una battaglia che vuole vincere.

Durante il nostro incontro abbiamo la possibilità di pranzare con i soci della Clubhouse romana. Ughetta Radice Fossati Orlando ce li presenta uno ad uno assistono alla nostra conversazione e ci accompagnano, poi, nella visita guidata della magnifica struttura in cui operano . Una struttura che dispone di grandi confort e che si configura davvero come un posto in cui il sogno di rinascere sembra possibile.

Prima di accomiatarci domandiamo il perché del nome Itaca." Nella mitologia e nella cultura storica mediterranea Itaca rappresenta la destinazione finale di un lungo viaggio. Un viaggio con molte difficoltà e ostacoli quasi insormontabili. Una meta difficile. E poi ci siamo ispirati anche a quei versi struggenti della poesia di Kavafis . 'Tieni Itaca sempre nella tua mente, raggiungerla sarà la tua meta'".

Mentre parla Ughetta volge lo sguardo a quei ragazzi, lì insieme a noi, che da Itaca stanno iniziando un nuovo percorso. Un percorso in salita. Ma pur sempre un percorso di vita. E di normalità.

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