L'IDENTIFICAZIONE DINAMICA DELLE CARATTERISTICHE ...

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Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107 ... può meglio cogliere i comportamenti strutturali e disporre di strumenti analitici in grado di.
Meccanica dei Materiali e delle Strutture Vol. 2 (2012), no.2, pp. 94-107 ISSN: 2035-679X Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, Aerospaziale, dei Materiali – (DICAM)

L’IDENTIFICAZIONE DINAMICA DELLE CARATTERISTICHE MODALI E MECCANICHE DELLA STRUTTURA DELLA CUPOLA DEL TEATRO MASSIMO Mario Di Paola*, Francesco Lo Iacono†, Giacomo Navarra† e Antonina Pirrotta* *



Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale ed Aerospaziale (DICA) Università degli Studi di Palermo Viale delle Scienze, 90128 Palermo, Italy e-mail: [email protected] – e-mail: [email protected]

Facoltà di Ingegneria ed Architettura – Università degli Studi di Enna “Kore” Cittadella Universitaria, 94100 Enna Bassa, Enna, Iyaly e-mail: [email protected][email protected] (Ricevuto 13 Marzo 2012, Accettato 5 Aprile 2012)

Key words: System identification, Experimental dynamics, Modal analysis. Parole chiave: Identificazione strutturale, Dinamica sperimentale, Analisi modale. Abstract. The present paper shows how modern system identifications techniques can be used to compute mechanical and dynamical parameters of real and complex structures. In such a way engineers and technician are able to develop reliable analytical tools and accurately simulate the structural response. Specifically, dynamical identification by means of free vibrations tests on the steel frames dome of “Teatro Massimo Vittorio Emanuele” in Palermo will be presented and discussed. Sommario. Nel presente lavoro viene mostrato come le moderne tecniche di misura delle risposte strutturali possano essere utilizzate per la calibrazione e la verifica di modelli analitici di strutture complesse. Attraverso le elaborazioni di queste informazioni l’ingegnere può meglio cogliere i comportamenti strutturali e disporre di strumenti analitici in grado di fornire risultati molto aderenti al reale comportamento del sistema analizzato. Nello specifico viene presentato il caso studio riguardante le prove vibrazionali sulla struttura metallica della cupola del Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo. 1

INTRODUZIONE

Nell’analisi strutturale di edifici esistenti è frequente imbattersi in casi in cui le notevoli complessità geometriche e meccaniche, unitamente alla vetustà, rendono la predizione analitica della risposta strutturale difficoltosa ed onerosa, richiedendo l’utilizzo di modelli matematici sofisticati come quello ad elementi finiti. L’attendibilità dei risultati ottenuti attraverso queste modellazioni dipende, ovviamente, dalle ipotesi che sono poste alla base delle stesse in termini, ad esempio, di condizioni di vincolo, modalità di comportamento dei Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107

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materiali, proprietà meccaniche, etc…che non sono note. Molto spesso, infatti, le costruzioni più antiche hanno avuto nel corso della loro storia frequenti variazioni strutturali, sopraelevazioni, annessione di nuovi corpi e cambiamenti di destinazione d’uso, che ogni volta venivano realizzati utilizzando i materiali, le conoscenze ed i metodi costruttivi dell’epoca. In quest’ambito, assumono un’importanza rilevante l’esecuzione di prove sperimentali sulle strutture e le tecniche di rielaborazione dei risultati sperimentali che consentono la successiva identificazione dei parametri strutturali significativi. Nei paragrafi successivi verrà presentato un caso studio di notevole importanza come il Teatro Massimo di Palermo, mettendo in luce il vantaggio di disporre di modelli analitici calibrati sulla base di prove sperimentali, sottolineando che i risultati provenienti da una corretta sperimentazione e un’efficiente identificazione dinamica [1] rappresentano la base di riferimento per la caratterizzazione del comportamento strutturale [2] e per poter affinare i modelli numerici come quello a Elementi Finiti.

2

IL CASO STUDIO DEL TEATRO MASSIMO DI PALERMO

Il Teatro Massimo “Vittorio Emanuele” di Palermo all’atto della sua inaugurazione nel 1897 era uno dei tre maggiori teatri d’Europa, insieme a quelli di Parigi e Vienna. Esso si estende su un’area di circa 7.730 metri quadrati mentre le dimensioni massime in pianta sono pari a 89 metri per la larghezza e a 129 metri per la lunghezza. L’edificio, rappresentato nella Figura 1, assolutamente isolato ed essenzialmente monumentale nella scalinata sontuosa, nella sala, nei suoi vestiboli, nelle gallerie e negli altri numerosi locali secondari è stato concepito come ornamento e decoro di una grande città europea. Per una esauriente trattazione delle vicende legate alla progettazione ed alla costruzione del Teatro si rimanda alla monografia dello stesso Architetto Basile [3], mentre i lavori riportati in [4] e [5] approfondiscono gli aspetti costruttive con particolare riferimento all’uso dell’acciaio come materiale strutturale.

Figura 1. Vista fotografica del Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo sormontato dalla cupola.

Durante il 2008 al C.I.DI.S. (Centro Interuniversitario di DInamica strutturale teorica e Sperimentale) è stato affidato, dal parte del Comune di Palermo, l’incarico di verificare il Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107

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“permanere delle condizioni di stabilità delle strutture del Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo e di non pericolo per l’incolumità pubblica”. Il responsabile scientifico della convenzione è stato il Prof. Ing. Mario Di Paola, mentre il gruppo di ricerca completo è riportato in [6]. Le attività che si sono svolte durante quella campagna di indagini sono classificabili entro tre categorie: prove statiche per la misura delle deflessioni dei solai sotto i carichi di esercizio, prove vibrazionali volte alla determinazione del comportamento dinamico della cupola sommitale e prove volte al monitoraggio dello stato della corrosione delle strutture metalliche più esposte. In particolare, nel presente lavoro si vogliono riportare i risultati più salienti delle prove dinamiche effettuate sulla cupola sommitale del Teatro Massimo. 3

LA STRUTTURA DELLA CUPOLA

La cupola sommitale del Teatro Massimo è costituita da una superficie di rivoluzione avente come generatrice una parabola cubica con vertice di altezza 8,22 metri e tale che il cerchio di base ha un diametro di 28,73 metri. Così come mostrato nell’immagine fotografica di Figura 2, relativa ad una vista dell’interno della cupola, la struttura portante è in acciaio ed è composta da 16 arconi radiali a sezione variabile a doppio T, da cinque anelli poligonali, e da 128 diagonali di controvento. La copertura della cupola è realizzata da una lamiera di rame a grandi squame spessa 2 mm chiodata su di un tavolato il cui peso viene rinviato agli arconi in acciaio mediante appositi arcarecci in legno. Sull’estradosso della cupola si trova un fiorone di coronamento in bronzo con struttura portante in ferro, alto 7 metri e del peso di 9600 kg.

Figura 2. Immagine della cupola vista dall’interno.

Nella concezione originaria della struttura, gli arconi poggiavano su dei rulli in acciaio perfettamente cilindrici e dalla superficie levigata del diametro di 90 mm. Ogni appoggio era quindi pensato come composto da cinque rulli collocati in modo tale che rimanesse una Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107

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distanza di 26 mm tra due rulli adiacenti, e collegati tramite i loro assi ad un telaio di acciaio. Il sistema dei rulli era contenuto in un cassone di ghisa con fondo piallato. In Figura 3 vengono riportate le sezioni trasversali di tali apparecchi di appoggio. Il vincolo così progettato era tale, quindi, da consentire spostamenti della base degli arconi nella direzione radiale per effetto delle variazioni termiche o dei carichi verticali. A SEZIONE A-A

A

Figura 3. Sezioni degli appoggi progettati dal Basile.

Questo ingegnoso accorgimento, se da un lato aumentava in maniera trascurabile la deformabilità della cupola, dall’altro consentiva di raggiungere un duplice obbiettivo: venivano ad essere ridotte le sollecitazioni prodotte dalle variazioni termiche in quanto la struttura poteva adeguarsi alle contrazioni od alle dilatazioni dei suoi elementi metallici e si rendeva lo schema strutturale il più vicino possibile alla condizione di isostaticità posta alla base del calcolo strutturale del Basile [7]. Al momento del sopralluogo gli appoggi si trovavano nello stato mostrato dalle immagini fotografiche riportate in Figura 4 in cui sono evidenti gli avanzati fenomeni di ossidazione e si decise di intraprendere una campagna sperimentale per stabilire se gli appoggi erano in grado di muoversi oppure se erano bloccati e, quindi, non più idonei ad assolvere alla funzione per cui erano stati progettati. Nell’ipotesi in cui gli appoggi fossero stati bloccati bisognava anche quantificare l’incremento delle sollecitazioni sulla struttura della cupola dovuto alle azioni termiche.

a)

b) Figura 4. Condizione attuale degli appoggi; a) vista laterale; b) vista frontale

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4

LE PROVE DINAMICHE SULLA CUPOLA

La quantificazione dell’incremento delle sollecitazioni dovuto alle dilatazioni termiche impedite poteva essere effettuata solamente attraverso la messa a punto di un modello agli elementi finiti calibrato sui risultati di prove sperimentali. È stato necessario, quindi, progettare ed espletare prove dinamiche sperimentali sia con forzante impulsiva che aventi come forzante il “rumore ambientale” (il vento ed il traffico veicolare) [8]. 4.1 Modalità delle prove Le prove di tipo impulsivo sono state condotte utilizzando la configurazione di prova riportata in Figura 5. Una fune di acciaio è stata fatta passare attorno all’arcone in corrispondenza del punto più alto del secondo campo controventato ed è stata vincolata al solaio di calpestio del locale sottocupola utilizzando come contrasto una delle grosse travi in acciaio che sostengono tale solaio. Tra la fune e il sistema di contrasto sono stati posti un martinetto oleodinamico ENERPAC BRC 46, avente un’area efficace di 7.3 cm2, e delle spine a rottura calibrata appositamente realizzate. Nella Figura 6 viene illustrata la configurazione di prova utilizzata per le prove impulsive ed un particolare delle spine a rottura calibrata.

Acc 0

Acc 1

Acc 3

Acc 4 Acc 5

Acc 2 fune in acciaio martinetto oleodinamico

Acc 6

spine a rottura calibrata sistema di contrasto

Figura 5. Schema di disposizione degli accelerometri.

La prova è stata condotta mettendo in trazione la fune mediante il martinetto oleodinamico. Aumentando il tiro sulla fune, la tensione normale indotta sulla spina attingeva il valore di rottura del materiale, provocando la rottura repentina della spina stessa e, di conseguenza, la struttura della cupola veniva sottoposta ad una forza diretta verso l’alto in corrispondenza del punto in cui la fune d’acciaio era vincolata all’arcone, di intensità pari proprio al valore dello sforzo normale ultimo assorbito dalla spina. Allo scopo di rilevare informazioni sul comportamento della struttura al variare dell’intensità dell’impulso sono state realizzate due serie di spine calibrate per rompersi per uno sforzo di trazione di 500 kgf e di 1000 kgf, rispettivamente. Sono state eseguite tre prove impulsive con spine da 500 kg e quattro prove con spine da 1000 kg. Per ognuna delle prove sono state registrate le accelerazioni di tutti i canali per un periodo di almeno 120 secondi a partire dall’inizio della fase di tiro con frequenza di Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107

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campionamento di 1000 punti al secondo.

a)

b) Figura 6. a) Configurazione per la prova impulsiva; b) Particolare delle spine a rottura calibrata.

Le prove effettuate utilizzando come forzante il rumore ambientale vengono condotte semplicemente registrando le accelerazioni per un intervallo di tempo prefissato. Dal momento che il rumore ambientale può essere ricondotto ad una forzante di natura aleatoria ed ipotizzando di potere lavorare in ergodicità, si sono acquisiti 200 campioni di risposta della durata di 50 secondi ognuno, campionati ad una frequenza di 1000 punti al secondo. La grande mole di dati così acquisiti costituiscono una popolazione di realizzazioni del processo aleatorio forzante statisticamente rilevante e devono essere trattati con metodologie di natura statistica [10]. 4.2 Acquisizione dei dati sperimentali Per registrare le risposte strutturali in termine di accelerazione si sono utilizzati due diversi tipi di accelerometri piezoelettrici, prodotti dalla Bruel & Kjær e illustrati nella Figura 7, dotati di elevata sensibilità, largo campo di frequenze, piccole dimensioni, peso minimo, e facile montaggio,.e le cui caratteristiche sono riportate in Tabella 1.

a) b) Figura 7. Accelerometri utilizzati; a) Bruel & Kjær – Type 4382; b) Bruel & Kjær – Type 4507-002. Tabella 1. Caratteristiche dei sensori utilizzati. Caratteristica Sensitività: Intervallo di misura: Intervallo di frequenza:

B&K 4382 31 pC/g ±20 g 0.10 ÷ 8400

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B&K 4507-B-002 1000 mV/g ±7 g 0.40 ÷ 6000 Hz

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Mario Di Paola, Francesco Lo Iacono, Giacomo Navarra e Antonina Pirrotta. Massa:

17 grammi

5 grammi

Quando il sistema su cui è montato il sensore subisce un’accelerazione, sull’elemento piezoelettrico all’interno dell’accelerometro si desta una carica elettrica direttamente proporzionale alla accelerazione subita. Il segnale elettrico generato dall’accelerometro viene amplificato e condizionato prima di essere convertito in segnale digitale ed acquisito da una scheda analogico-digitale NI-PCI4472 prodotta dalla National Instruments con 8 canali di input analogici in campionamento simultaneo con una risoluzione di 24 bit. I segnali acquisiti vengono elaborati in tempo reale con applicazioni in ambiente Labview appositamente progettate con riferimento al caso in esame. 4.3 Strumentazione della cupola La struttura della cupola è costituita da sedici arconi a simmetria radiale. In ragione di questa simmetria si è scelto di strumentare una sola coppia di arconi diametralmente opposti, dal momento che gli spostamenti tangenziali possono essere ritenuti trascurabili, così come confermato dai risultati preliminari ottenuti da un modello di calcolo agli elementi finiti. Si sono disposti sette accelerometri, numerati da zero a sei, secondo quanto riportato in Figura 5, in cui viene indicata con una freccia il verso delle accelerazioni assunto come positivo. Tutti gli accelerometri sono stati posti in opera mediante incollaggio di una apposita piastrina in materiale plastico su una porzione della superficie intradossale dell’arcone preventivamente preparata; l’accelerometro è stato poi connesso alla piastrina mediante opportune connessioni a vite o a slitta. A tal riguardo è importante sottolineare che data la maestosità e la configurazione della struttura della cupola, posizionare gli accelerometri non è stata un’operazione semplice, ma ci si è avvalsi della collaborazione di un rocciatore professionista Giuseppe Di Benedetto (vedi Fig.8) che in questa sede si ringrazia fermamente.

Figura 8. Strumentazione della cupola con l’aiuto di un rocciatore.

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4.4 Risultati delle prove sperimentali nel dominio dei tempi e delle frequenze

Acc 5 [m/s2]

Acc 4 [m/s2]

Acc 1 [m/s2]

Acc 0 [m/s2]

Acc 3 [m/s2]

Acc 2 [m/s2]

2 1 0 -1 -2 2 1 0 -1 -2 2 1 0 -1 -2 2 1 0 -1 -2 2 1 0 -1 -2 2 1 0 -1 -2 2 1 0 -1 -2

Acc 6 [m/s2]

Acc 6 [m/s2]

Acc 5 [m/s2]

Acc 4 [m/s2]

Acc 1 [m/s2]

Acc 0 [m/s2]

Acc 3 [m/s2]

Acc 2 [m/s2]

Nella Figura 9 vengono riportati gli andamenti nel tempo delle accelerazioni strutturali registrate durante una delle prove impulsive con 500 kgf e durante una prova con forzante rumore ambientale. Nei diagrammi di Figura 10 vengono, invece, riportati gli andamenti nel dominio delle frequenze delle accelerazioni strutturali registrate durante una delle prove impulsive con 500 kgf (Figura 10-a) e durante le prove con rumore ambientale (Figura 10-b). In ascissa vengono riportate le frequenze in Hertz ed in ordinata lo spettro di Fourier dei segnali in accelerazione. In Figura 11 viene riportato lo spettro di Fourier di tutti i segnali di accelerazioni registrate durante una delle prove impulsive ed è possibile notare che i picchi degli spettri misurati in tutti i segnali possono essere raggruppati nelle fasce di frequenza evidenziate nel diagramma. Per gli scopi della presente indagine, nel seguito si farà esplicito riferimento alle frequenze del primo gruppo, nel quale sono ben distinguibili tre picchi, aventi frequenze di 4.25 Hz, 4.46 Hz e 4.74 Hz, rispettivamente.

0

1

2

3

0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0.01 0.005 0 -0.005 -0.01 0

10

20

30

40

50

t [s] t [s] a) b) Figura 9. Accelerazioni durante le prove sperimentali; a) prova impulsiva con 500 kgf; b) prova a rumore ambientale.

Quando una struttura sottosmorzata è soggetta ad una eccitazione aleatoria od impulsiva gli autospettri dei segnali ottenuti per ogni punto di misura presenteranno dei picchi in corrispondenza delle frequenze alle quali o sono presenti dei picchi nello spettro dell’eccitazione, o sono presenti dei picchi nelle funzioni di trasferimento e quindi in corrispondenza delle frequenze naturali del sistema. Per distinguere tra questi due casi basta ricordare che se i picchi nell’autospettro della risposta strutturale sono dovuti a frequenze naturali, allora le fasi dei segnali ottenuti per ognuno dei punti di misura a tali frequenze saranno o 0° (segnali in fase) o 180° (segnali in opposizione di fase). Una volta distinte le frequenze naturali da eventuali picchi dovuti a frequenze dominanti nell’input e misurate le fasi relative tra tutti i segnali in corrispondenza delle frequenze Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107

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naturali, e supponendo che il numero e la posizione dei sensori posizionati sulla struttura sia sufficiente a descrivere i modi di vibrare di interesse è possibile valutare le forme modali nel seguente modo [11]. La forma relativa dell’i-simo modo valutata al j-simo punto di misura φi ( y j ) è data da: φi ( y j ) = G y j y j ( fi )

(1)

in cui G y j y j ( f i ) è l’autospettro della risposta del j-simo punto di misura, valutata alla

-5

Acc 2 [m2/s2]

3x10

2x10-5 1x10-5

Acc 3 [m2/s2]

2x10-5 1x10

-5

Acc 0 [m2/s2]

-5

1x10-5 0

-5

1x10

-5

Acc 1 [m2/s2]

0x10 3x10-5 2x10

1x10

-5

Acc 4 [m2/s2]

0x10 3x10-5 -5

-5

1x10

-5

Acc 5 [m2/s2]

0x100 -5 3x10 2x10

0x100 3x10-5 2x10

-5

1x10

-5

0x10

4x10-5

8x10 4x10

-5

-5

4x10

-5

0x100 8x10

-5

4x10

-5

10

15

20 25 frequenza [Hz]

30

35

40

0

8x10

-5

4x10

-5

0x100 8x10

-5

4x10

-5

8x10

0

-5

4x10-5 0x10

5

0

8x10

0x10

0

0

-5

0x10

0

2x10

-5

0x10

0

0x10 -5 3x10 2x10

8x10

0x10

0

0x10 -5 3x10

Acc 6 [m2/s2]

Acc 6 [m2/s2]

Acc 5 [m2/s2]

Acc 4 [m2/s2]

Acc 1 [m2/s2]

Acc 0 [m2/s2]

Acc 3 [m2/s2]

Acc 2 [m2/s2]

frequenza naturale dell’i-simo modo. Per quanto riguarda il segno delle quantità ricavate dalla (1), si è scelto di attribuire convenzionalmente segno positivo alle quantità dedotte dai segnali misurati dal sensore denominato “Acc 2”, assunto come riferimento. Per gli altri punti di misura, se in corrispondenza della frequenza naturale dell’i-simo modo la fase la risposta del j-simo sensore e quello di riferimento è pari a 0° si attribuirà segno positivo, se è pari a 180° si attribuirà segno negativo.

0

5

10

15

20

25

30

35

40

frequenza [Hz] a) b) Figura 10. Risposta nel dominio delle frequenze; a) prova impulsiva con 500 kgf. b) prova a rumore ambientale.

A partire dai valori degli autospettri dei vari segnali misurati è stato, quindi, possibile ricostruire le forme modali per il primo gruppo di frequenze, che vengono riportate in Figura 12. La presenza di un certo numero di frequenze ravvicinate può spiegarsi nel seguente modo: assumendo la perfetta simmetria radiale della struttura, sia dal punto di vista geometrico che meccanico, sia per la distribuzione dei carichi, l’analisi modale dovrebbe restituire un certo numero di autovalori coincidenti e tutti corrispondenti alla stessa forma modale; quando, però, si analizza una struttura reale è ragionevole supporre che non vi sia più una tale perfetta simmetria, in funzione delle innumerevoli imperfezioni di esecuzione o legate alla natura dei materiali, per cui i primi modi di vibrare, tutti coincidenti nella struttura ideale, adesso hanno Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107 102

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frequenze molto vicine tra loro, come quelle riscontrate nel gruppo I, e le relative forme modali sono, quindi, molto simili.

Figura 11. Gruppi di frequenze rilevati. Acc 1 Acc 4

Acc 0 Acc 3

Acc 5

Acc 2 Acc 6

a) Acc 1 Acc 4

Acc 0 Acc 3

Acc 5

Acc 2 Acc 6

b) Acc 1 Acc 0 Acc 3

Acc 4 Acc 5

Acc 2 Acc 6

c) Figura 12. Forme modale del primo gruppo di frequenze; a) picco a 4.25 Hz; b) picco a 4.46 Hz; c) picco a 4.74 Hz.

La campagna di prove sperimentali dinamiche condotta ha permesso di evidenziare alcune caratteristiche della struttura che vengono di seguito elencate: a) si sono condotte diverse prove impulsive a livelli di carico differenti, utilizzando spine a rottura calibrata con valori di carico ultimo pari a 500 kgf, 1000 kgf e 2000 kgf. Dall’esame dei corrispondenti risultati si è riscontrata la ripetibilità delle prove medesime ed un comportamento strutturale pressoché lineare, ovvero all’aumentare del carico le frequenze naturali della struttura sono rimaste invariate e le accelerazioni misurate sono risultate essere direttamente proporzionali ai carichi; b) Considerando la rilevante dimensione della struttura della cupola e la relativa esiguità Meccanica dei Materiali e delle Strutture | 2 (2012), 2, PP. 94-107

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c)

5

dei carichi applicati, i valori di accelerazione misurati mostrano una elevata trasmissibilità della struttura, ovvero una elevata capacità di trasmettere vibrazioni, questa può essere assunta come un indice di sostanziale integrità strutturale; le elaborazioni statistiche condotte sui dati delle prove condotte assumendo come forzante aleatoria il rumore ambientale ed il vento confermano in maniera sostanziale gli stessi risultati in termini di frequenze e forme modali delle prove di natura impulsiva. DEFINIZIONE DEL MODELLO ANALITICO CALIBRATO

Per verificare l’effettiva capacità di scorrimento degli appoggi nello stato attuale furono eseguite delle misure topografiche di precisione da un gruppo di ricerca dell’Università di Palermo coordinato dal Prof. Benedetto Villa. I risultati cui si è pervenuti consentirono di affermare con sicurezza che, durante le escursioni termiche giornaliere, i carrelli alla base degli arconi non subivano scorrimenti, cioè gli appoggi erano bloccati. Allo scopo di valutare le variazioni di sollecitazione indotte dall’azione termica nel caso di carrelli bloccati, si è proceduto alla realizzazione di un modello ad elementi finiti della struttura utilizzando il codice di calcolo commerciale SAP 2000NL che è stato calibrato attraverso i risultati delle prove vibrazionali condotte. La struttura portante della cupola è stata discretizzata con 736 elementi monodimensionali, per un totale di circa 1750 gradi di libertà, adatti a rappresentare la distribuzione di masse e rigidezze della cupola; in Figura 13 viene riportata una vista assonometrica del modello agli elementi finiti.

Figura 13. Modello agli elementi finiti della cupola.

Il modello agli elementi finiti ha fornito le frequenze e le forme di vibrare della cupola. In Figura 14 si riportano le prime due forme modali, mentre in Figura 15 vengono riportate le sezioni delle stesse forme modali lungo un arcone diametrale.

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a)

b) Figura 14. Forme modali della cupola; a) Prima forma modale; b) Seconda forma modale

a) b) Figura 15. Sezione radiale delle forme modali della cupola. a) prima forma modale; b) seconda forma modale.

Per effettuare la calibrazione del modello, dapprima il vincolo alla base degli arconi è stato modellato rispettivamente come un Incastro (il vincolo alla base impedisce sia traslazioni radiali che rotazioni) ed è stato fatto variare il modulo elastico dell’acciaio fino a quando le frequenze proprie del modello analitico coincidessero con quelle sperimentali. Tale modello è stato utilizzato per valutare lo stato di sollecitazione degli arconi nella situazione attuale. Successivamente, al fine di valutare come le sollecitazioni venissero influenzate dalla possibilità di avere spostamenti radiali, il vincolo alla base è stato modellato come un Bipendolo (il vincolo consente traslazioni radiali ma impedisce rotazioni). Il modello analitico così ottenuto è rappresentativo del caso in cui al vincolo alla base venga restituita la possibilità di muoversi. La Figura 16 mostra gli andamenti delle curve delle pressioni per effetto dei carichi verticali e delle variazioni termiche in entrambi i casi di vincolo di incastro e bipendolo. In ascissa viene riportata l’ascissa curvilinea dell’arcone a partire dal vincolo di base, mentre in ordinata viene riportata l’eccentricità della risultante delle sollecitazioni rispetto l’asse geometrico dell’arcone.

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Mario Di Paola, Francesco Lo Iacono, Giacomo Navarra e Antonina Pirrotta. 600

Incastro - Car.Vert. Bipendolo - Car.Vert.

eccentricità [mm]

400

Incastro - C.V.±∆T Bipendolo - C.V.±∆T 200

0

-200 0

4000

8000 ascissa [mm]

12000

16000

Figura 16. Curva delle pressioni (carichi verticali).

Le curve a tratto continuo rappresentano i casi in cui agiscono solamente i carichi verticali, in rosso è indicata la condizione di incastro, mentre in nero la condizione di bipendolo. Le curve a tratteggio, invece, sono rappresentative dei casi in cui, oltre alle sollecitazioni derivanti dai carichi verticali, agiscono anche dei carichi termici uniformi pari a ±10°C. I risultati mostrano che la scelta progettuale originaria è la più idonea, in quanto la condizione di vincolo alla base influenza la distribuzione delle sollecitazioni solo in prossimità della base stessa e, quando lo scorrimento è impedito, sugli arconi insorgono notevoli sollecitazioni aggiuntive. Infatti, si è rilevato che le tensioni normali massime agenti nel caso di carrelli bloccati sono pari a 60.98 N/mm2, mentre una volta sbloccati i carrelli alla base, le massime tensioni normali raggiungono il valore di 47.25 N/mm2, con una riduzione di circa il 25%.

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CONCLUSIONI

Nel presente lavoro sono illustrate le prove dinamiche condotte sulle strutture metalliche della cupola del Teatro Massimo V.E. di Palermo allo scopo di calibrare un modello agli elementi finiti. Tali operazioni hanno permesso di quantificare gli incrementi tensionali derivanti dalla circostanza che i rulli alla base degli arconi non fossero più in grado di assecondare le dilatazioni termiche della struttura. L’utilizzo delle tecniche di identificazione strutturale rende modelli analitici di strutture complesse in grado di fornire risultati molto aderenti al reale comportamento del sistema analizzato. Tali modelli possono, quindi, essere utilizzati per una accurata predizione delle riposte strutturali e come ausilio per tutte le scelte relative alla manutenzione ed all’intervento sugli organismi strutturali. BIBLIOGARFIA [1]

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