Esiodo, Teogonia. 4. La madre Terra, Urano e Crono. 4. Il Caos. 5. Gaia. 6. Il mito
pelasgico. 7. Teogonie mediterranee e mediorientali. 8. Esiodo, Le opere e i ...
Indice
Presentazione
1
XIII
Origini e forma del mondo
2
2
L’Iliade
42
I miti delle origini
3
La gloria e il dolore della guerra
43
Esiodo, Teogonia
4
La questione omerica
43
La madre Terra, Urano e Crono
4 5 6 7 8
Il primo poema omerico
44
Il Caos Gaia Il mito pelasgico Teogonie mediterranee e mediorientali
Esiodo, Le opere e i giorni
12
Pandora, la prima donna Prometeo
12 13
Bibbia, Genesi
18
La creazione nel pensiero ebraico (Genesi, 1-3) Eden Uomo e donna La conoscenza del bene e del male Miti mediorientali sulla creazione
Omero, Iliade
18 20 22 23 24
Gli dèi in Grecia e a Roma
La trama dell’Iliade
49
L’invocazione alla Musa (Libro I, vv. 1-7)
54 55 56
Cantami, o Diva La Musa del canto epico
La peste nel campo greco (Libro I, vv. 8-52) Onore e vendetta
L’ira di Achille (Libro I, vv. 122-244) L’onore nella società greca Donne e dee
Il colloquio tra Achille e la madre (Libro I, vv. 345-427) Briseide, la prigioniera di guerra Achille, figlio di un mortale e di una dea L’onore come risarcimento della condizione mortale
28
Il cosmo di Omero: lo scudo di Achille (Libro XVIII, vv. 481-540 e 593-605)
28
Lucrezio, De rerum natura
34
La struttura del mondo per un poeta-filosofo (Libro I, vv. 146-173, 232-249, 265-321)
Natura Gli atomi
Il senso della vergogna nella società greca Le similitudini
35 35 36
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41
58 59 62 64 66
69 70 71 72
Un duello potrebbe mettere fine alla guerra (Libro III, vv. 1-120) 75
aula digitale
Verifica formativa
48
76 79
Elena e gli anziani di Troia (Libro III, vv. 121-191)
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VI
Indice
Afrodite riunisce i due amanti (Libro III, vv. 383-447) I miti su Elena Azione umana e intervento divino
83 84 86
aula digitale Era propone a Zeus di violare i patti (Libro IV, vv. 1-67) Ettore ritorna a Troia (Libro VI, vv. 237-285) Ettore incontra Paride ed Elena (Libro VI, vv. 312-368) 89 Ettore e Andromaca (Libro VI, vv. 369-502)
Astianatte Non fu sì forte il padre Libertà e schiavitù aula digitale
90 92 93
Il duello tra Ettore e Aiace (Libro VII, vv. 63-122; 161-282)
96 96 99
Duello I miti su Aiace
I Troiani si accampano nella notte (Libro VIII, vv. 489-561) Le astute insidie degli Achei e la vigilanza dei Troiani Troy
Il rifiuto di Achille (Libro IX, vv. 307-431) Il confronto tra Achille e Odisseo Il confronto a distanza tra Achille e Agamennone
Ettore e Paride ritornano sul campo di battaglia
104 105 106 110 111 112
(Libro VI, vv. 503-529)
aula digitale I Troiani sfondano il muro (Libro XII, vv. 387-471) Era inganna e seduce Zeus (Libro XIV, vv. 283-360)
aula digitale
La guerra inevitabile di Giraudox
Percorsi tematici interculturali a partire dall’Iliade La ricerca dell’immortalità
La guerra di Troia non si farà
Monologo di Cassandra
All’interno del poema
Nell’Epopea di Gilgameš
L’incontro di Gilgameš con Siduri L’incontro di Gilgameš con Utnapištim
Armi prodigiose
All’interno del poema In altre mitologie ed epopee
La vestizione di Beowulf
Nella Chanson de Roland
Orlando morente e la spada Durendala
Rituali funebri
All’interno del poema Nell’Antigone di Sofocle
Il confronto fra Antigone e Creonte
La relatività dei riti funerari secondo Erodoto
Strani rituali
Autori antichi e moderni rileggono l’Iliade La poesia amorosa di Saffo
La cosa più bella è ciò che si ama Canto di nozze per Ettore e Andromaca
Foscolo e l’eredità classica
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Il sepolcro suscitatore di poesia
La Cassandra di Christa Wolf
Il mito troiano nel teatro europeo William Shakespeare, Troilo e Crèssida
La seduzione reciproca tra Crèssida e Diomede (atto V, scena II) La battaglia e la vile “esecuzione” di Ettore (atto V, scene VI, VII e VIII) Il dolore dei Troiani e il sarcasmo di Pandaro (atto V, scene IX e X)
Jean Racine, Andromaca
Pirro corteggia e ricatta Andromaca Il tragico dilemma di Andromaca
Johann Wolfgang Goethe, Faust
L’evocazione di Paride e di Elena Brevissima vita e morte del figlio di Faust e di Elena
Heinrich von Kleist, Pentesilea
Pentesilea sbrana Achille (scene XXII e XIII)
Riprese dell’Iliade nei nuovi linguaggi contemporanei L’Iliade rivista da Hollywood: Troy Tra scrittura creativa e letteratura multimediale: l’Iliade di Baricco
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Indice
La rappresentazione omerica di guerre e battaglie 119 La battaglia presso le navi secondo Baricco 121
Achille e Patroclo (Libro XVI, vv. 1-100)
Patroclo uccide Sarpedonte (Libro XVI, vv. 419-504)
5 6
Lo scontro tra Ettore e Patroclo (Libro XVI, vv. 727-867)
124 L’eroe e la divinità a lui avversa 126 L’amicizia tra Achille e Patroclo 127 Onore e disonore dopo la morte dei guerrieri 128
0 1
aula digitale
Achille, la madre e il dolore per la morte 132 di Patroclo (Libro XVIII, vv. 1-38; 70-137) L’amicizia tra Achille e Patroclo secondo Pavese Socrate si confronta con Achille
Una scelta difficile (Libro XXII, vv. 33-130) Una situazione tragica Il monologo aula digitale
132 135 140 141 143
La fuga e l’inseguimento sotto lo sguardo degli dèi
Prima parte: le avventure
174
Seconda parte: il ritorno
178
L’invocazione alla Musa (Libro I, vv. 1-10)
181 181 182
I miti su Odisseo La traduzione di Pindemonte
Una pacata assemblea degli dèi (Libro I, vv. 11-95) Assemblee divine Assemblee umane
Penelope, Telemaco e i pretendenti (Libro I, vv. 325-380) La tela di Penelope Il nome di Penelope
L’aiuto divino Una riscrittura recente: Cassandra di Christa Wolf aula digitale
146 146
Farmaci e travestimenti Donne fedeli e infedeli nell’epica omerica
Il riscatto (Libro XXIV, vv. 477-601; 628-676) I due vasi Il riscatto del corpo di Ettore nel romanzo di Malouf
Verifica formativa
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Il mare nel mondo greco
Nausicaa e Odisseo (Libro VI, vv. 85-250) I matrimoni nella Grecia arcaica La regina Arete La supplica di Odisseo a Nausicaa: una traduzione in prosa
157
163 164 165 169
189 190 191
aula digitale
195 196
Calipso e Odisseo (Libro V, vv. 43-75; 116-224)
La tempesta sul mare (Libro V, vv. 282-350)
153 154
I riti funebri per Ettore (Libro XXIV, vv. 692-804) 162 Il compianto di Ettore secondo Baricco I riti funebri nell’antica Grecia L’ambivalenza degli eroi dell’Iliade
aula digitale
149
La disperazione dei Troiani (Libro XXII, vv. 405-515)
184 185 186
Il cavallo di Troia e le ambiguità di Elena (Libro IV, vv. 219-295) 194
(Libro XXII, vv. 131-246)
Il duello tra Achille ed Ettore (Libro XXII, vv. 250-371)
170
Esplorare il mare, ritornare in patria 171 La trama dell’Odissea 174
Ettore indossa le armi di Achille (Libro XVII, vv. 132-232)
L’Odissea
200 202 205 206 208 209
Il palazzo di Alcinoo e la regina Arete (Libro VII, vv. 46-133)
Il canto di Demodoco (Libro VIII, vv. 485-534) 214 Gioco, canto, musica e danza aula digitale
215
Odisseo rivela il suo nome (Libro IX, vv. 1-38)
© RCS Libri S.p.A. - Divisione Education, Milano
aula digitale
4
2
3
I Troiani attaccano le navi (Libro XV, vv. 592-746) 116
6 6 9
VII
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VIII
Indice
Esplorazioni avventurose (Libro IX, vv. 142-286) 219 Civiltà e navigazione Odilon Redon, Il Ciclope
Odisseo inganna e acceca Polifemo (Libro IX, vv. 287-436) I doni ospitali e il nome Il dramma Il Ciclope di Euripide L’Ulisse di Joyce
Gli incantesimi di Circe (Libro X, vv. 274-396) Il mito di Circe
Odisseo nel regno dei morti (Libro XI, vv. 84-137; 152-224) L’oltretomba omerico L’ultimo viaggio di Ulisse secondo Dante
221 222
227 229 230 232
aula digitale L’incontro con l’anima di Agamennone (Libro XI, vv. 385-464) L’incontro con l’anima di Achille (Libro XI, vv. 465-540)
Le Sirene, Scilla e Cariddi (Libro XII, vv. 148-259) Le Sirene Scilla e Cariddi aula digitale
235 237
250 251 254
L’approdo a Itaca e il colloquio con Atena (Libro XIII, vv. 187-354)
Odisseo si rivela a Telemaco (Libro XVI, vv. 172-219) Padri e figli Le similitudini dell’Odissea
242 243 246
aula digitale
257 257 258
Il cane Argo (Libro XVII, vv. 290-327)
aula digitale
Percorsi tematici interculturali a partire dall’Odissea Sogni
Nell’Epopea di Gilgameš
Sogni di Gilgameš e di Enkidu All’interno dell’Iliade
Il sogno ingannevole di Agamennone (II, vv. 1-40) L’anima di Patroclo compare in sogno ad Achille (XXIII, vv. 57-117)
All’interno del poema
Il sogno di Penelope (IV, vv. 787-841)
Un antico manuale di interpretazione sistematica dei sogni Artemidoro, Il significato di alcuni animali nei sogni All’interno della Chanson de Roland
Metamorfosi
All’interno del poema
Le metamorfosi di Proteo (IV, vv. 435-463) La nave pietrificata (XIII, vv. 147-183)
Tra i quindici libri delle Metamorfosi di Ovidio
Aracne - Eco e Narciso
Nelle Metamorfosi di Apuleio
Da uomo ad asino e poi di nuovo uomo
La Dea
La signora della sera - La signora del mattino
Negli Inni omerici
Inno a Demetra
L’invocazione a Venere in Lucrezio
Inno a Venere (vv. 1-43)
La dea egiziana Iside nel racconto di Plutarco e di Apuleio Plutarco, Iside cerca e ricompone il corpo di Osiride Apuleio, Iside salva Lucio
Autori antichi e moderni rileggono l’Odissea La Penelope di Ovidio
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All’interno del poema Le immagini della dea nel Paleolitico e nel Neolitico M. Gimbutas, Il linguaggio della Dea Due inni alla dea sumerica Inanna
Una lettera di Penelope a Ulisse
L’Ulisse dannato di Dante
Il “Folle volo” di Ulisse
Joyce: un Ulisse del Novecento
Il funerale / la discesa nell’Ade
Tracce liriche di personaggi dell’Odissea
Thomas Stearns Eliot, Il palazzo di Circe Umberto Saba, Ulisse
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)
Indice
Euriclea riconosce Odisseo (Libro XIX, vv. 386-507) L’arte della digressione La caccia sul Parnaso: un rito iniziatico
Il sogno di Penelope (Libro XIX, vv. 508-604) Sogni
261 263 264 268 270
La strage dei Proci
(Libro XXII, vv. 1-125; 241-389)
274 Il momento culminante dei due poemi omerici 275 Il banchetto stravolto 278 Lo scontro armato nell’Iliade e nell’Odissea 281
Penelope e Odisseo (Libro XXIII, vv. 96-230)
287 Ulisse e Penelope nella narrativa moderna 288 Simboli mediterranei nella seconda parte dell’Odissea 289 Strutture e simboli nella conclusione dell’Odissea 291
aula digitale
4
Il teatro greco classico
296
298
L’importanza del teatro nella civiltà greca
299
La tragedia
300
La commedia
301
Eschilo, Orestea
304
Il coro iniziale dell’Agamennone (Agamennone, vv. 160-257) Il sacrificio di Ifigenia in Lucrezio
Clitennestra e Agamennone (Agamennone, vv. 855-974) La terribile saga degli Atridi Il simbolo scenico dei drappi rossi
Oreste uccide Egisto e la madre (Coefore, vv. 838-930)
Odisseo e Laerte (Libro XXIV, vv. 205-348)
Verifica formativa
IX
Oreste e Amleto Il seno della madre Le Erinni
304 306
310 311 313
318 318 319 321
Il processo ad Oreste (Eumenidi, vv. 566-710) 326 L’areopago di Atene Padri e madri nella riproduzione Il predominio maschile
327 328 329
Sofocle, Le tragedie sul mito tebano
334
Antigone e Creonte (Antigone, vv. 332-515)
335 337 338 340
Il mito tebano Le Antigoni La sepoltura
L’indagine di Edipo (Edipo re, vv. 698-910) L’enigma della Sfinge L’Edipo di Sigmund Freud Gli oracoli
Edipo si acceca (Edipo re, vv. 1182-1312) La catastrofe Gli occhi ciechi
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345 346 348 350 355 356 358
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X
Indice
Il vecchio Edipo e i suoi figli (Edipo a Colono, vv. 1346-1499) Il contesto storico Le Eumenidi Le tradizioni sulla morte di Sofocle
Euripide, Medea
Il burrascoso confronto tra Medea e Giasone (Medea, vv. 446-626)
362 362 364 365 370 371 371
La maga Medea nel mito Medea nelle Argonautiche di Apollonio Rodio 373 La denuncia della condizione della moglie 375
La tremenda decisione di Medea (Medea, vv. 1002-1115) Le rivisitazioni del personaggio di Medea
Euripide, Le tragedie sul mito troiano
L’addio di Andromaca ad Astianatte (Le Troiane, vv. 577-798) Euripide contro la guerra «Pazzo chi distrugge le città» Un epitaffio di vergogna per la Grecia
379 381 385 385 386 388 389
Euripide, Baccanti
394
I riti delle baccanti (Baccanti, vv. 677-768)
395 396 397
I miti su Dioniso/Bacco Il culto bacchico
Aristofane, Lisistrata
Lisistrata e il commissario (Lisistrata, vv. 502-547; 565-614) La guerra è affare da uomini o da donne?
Verifica formativa
400 400 403 406
5
L’Eneide
Poema di viaggi, guerre, fondazioni
409
La vita e il pensiero di Virgilio
409
Gli antefatti mitici e i modelli del poema
410
Struttura del poema
411
La trama dell’Eneide
414
Prima parte
414
Seconda parte
416
Il proemio (Libro I, vv. 1-11)
418 419
La traduzione di Annibal Caro
Un’altra tempesta (Libro I, vv. 12-33; 81-156) La funzione del potere e della regalità aula digitale
421 422
La costruzione di Cartagine e del tempio di Giunone (Libro I, vv. 421-504)
L’inganno dei Greci (Libro II, vv. 1-39)
428
Il cavallo di Troia: possibili origini e razionalizzazioni del mito
429
La morte di Laocoonte (Libro II, vv. 195-249) 432 Ettore compare in sogno ad Enea (Libro II, vv. 268-297) Sconfitta e rinascita aula digitale
436 436
L’uccisione di Priamo (Libro II, vv. 469-558)
La missione di Enea (Libro II, vv. 634-794) La genealogia maschile: Anchise, Enea e Ascanio I Penati aula digitale
440 441 442
Polidoro (Libro III, vv. 19-68)
L’incontro con Andromaca ed Eleno (Libro III, vv. 294-355; 463-505) Andromaca nella cultura occidentale La concezione tipicamente romana della famiglia
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408
449 451 453
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8
Indice
aula digitale L’amore tra Didone ed Enea (Libro IV, vv. 1-89; 129-172)
Enea e Didone (Libro IV, vv. 296-396) La vicenda mitica di Didone La cultura romana di fronte all’amore Interpretazioni e riprese delle figure di Enea e Didone
9
9
0
1
Medea e Didone Il futuro vendicatore La sorella Anna
4
6
aula digitale
L’incontro con l’anima di Anchise (Libro VI, vv. 637-721) Il compito storico di Roma aula digitale
2
Il dio del Tevere incoraggia Enea (Libro VIII, vv. 18-101)
3
479 482
aula digitale
486 487 489
aula digitale
Donne guerriere La viltà di Arrunte e la vendetta di Opi
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493 494 502
La donna straniera abbandonata All’interno del poema e nel mito greco Nella Medea di Euripide La figura di Arianna nella lirica di Catullo
Arianna abbandonata (carme 64) Prodigi, oracoli e profezie All’interno del poema
Nell’Edipo re di Sofocle
Edipo e Tiresia
La morte di Lauso (Libro X, vv. 791-832)
La morte di Camilla (Libro XI, vv. 762-835)
Virgilio si offre a Dante come guida (Inferno I, vv. 61-136)
Autori antichi e moderni rileggono l’Eneide
L’impresa eroica di due giovani amici
La morte di Pallante (Libro X, vv. 439-520)
All’interno dei poemi omerici e nell’Eneide Nel Libro dei morti egiziano Istruzioni per il viaggio oltremondano nelle lamine orfiche Il mito di Orfeo ed Euridice Nell’epica religiosa medievale di Dante
Enea consulta la Sibilla cumana (VI, vv. 33-155)
(Libro VIII, vv. 306-368) Il progetto di due amici (Libro IX, vv. 176-223)
La ripresa di un modello omerico
Medea a colloquio con le donne di Corinto
Attraverso i colli della futura Roma
(Libro X, vv. 314-449)
520
Percorsi tematici interculturali a partire dall’Eneide Tra il mondo dei vivi e quello dei morti
(Libro VI, vv. 827-887)
Il mito dell’Arcadia L’uso delle anticipazioni nell’Eneide
6 6
473 475
I grandi personaggi della storia di Roma
Verifica formativa aula digitale
(Libro IV, vv. 554-705)
9
9 1
513 La morte di Virgilio secondo Hermann Broch 515 Il modello omerico del duello tra Achille ed Ettore 516
464 466 471
La partenza di Enea e il suicidio di Didone
Caronte, i sepolti e gli insepolti Caronte e Minosse nell’Inferno di Dante
8
1 2
Il duello finale (Libro XII, vv. 843-952)
460
La discesa nell’Ade e l’ombra di Didone (Libro VI, vv. 385-476) 472
1 2
0
aula digitale Latino cerca invano di trattenere Turno (Libro XII, vv. 1-80) La crisi e la decisione di Turno (Libro XII, vv. 614-695) Il patto tra Giove e Giunone (Libro XII, vv. 791-842)
Didone decide il suicidio (Libro IV, vv. 408-553) 463
4
8 9
456 457 459
XI
507 509 512
Le Troiane di Seneca e Sartre Seneca, Le Troiane - La morte è assenza di dolore Jean-Paul Sartre, Le Troiane - Chi sono i veri barbari? Ricordi virgiliani nella poesia cavalleresca Ariosto, Orlando furioso - L’impresa di Cloridano e Medoro Tasso, Gerusalemme liberata - Clorinda e Tancredi Baudelaire ripensa ad Andromaca
Il cigno Virgilio e Augusto in H. Broch
L’ultimo colloquio tra Virgilio e Augusto
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XII
Indice
6
Davide e Golia (I Samuele 17,1-54)
La Bibbia
I libri sacri per ebrei e cristiani
522
Un’espressione idiomatica Il personaggio biblico di Davide Davide e Golia del Caravaggio
523
Il giudizio di Salomone (I Re 3,4-28)
Giuseppe e i suoi fratelli
(Genesi 37,1-36; 43,1-6 e 25-34; 44,1-34; 45,1-15)
527 Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann 531 Beniamino 532
Mosè e la liberazione dall’Egitto (Esodo 11,1-10, 12,1-42) L’esodo ebraico nella storia e nella Bibbia La Pasqua
538 540 541
Il re-giudice Il personaggio biblico di Salomone L’Arca dell’Alleanza
Una fedele donna straniera (Ruth) (Ruth 1-4) Levirato e riscatto Figure femminili nel testo biblico Il significato dei nomi
545 547 548 549 552 552 554 556
557 559 560 563
Lamenti sulla sorte della città distrutta (Lamentazioni 1,1-22; 3,19-39)
566 Gerusalemme nella storia e nel rito ebraico 567 Il rapporto tra Dio e l’uomo nella sofferenza 568 Dolore e riscatto nella storia di Tobi e Tobia 571
La predicazione di Gesù (Matteo 5,1-20, 38-48; 6,1-15) Traduzioni a confronto I farisei
Verifica formativa
574 575 577 580
aula digitale
Percorso tematico interculturale a partire dalla Bibbia La profezia nei testi sacri
Il rimprovero divino tramite Isaia (Isaia 1,1-31) La fine della storia e il ritorno di Cristo nell’Apocalisse (Apocalisse 19,11-21; 20,1-15; 22,6-11) I Profeti nel Corano (Sura XXI, vv. 51-112)
Dizionarietto dei personaggi citati
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2
1
Origini e forma del mondo
OBIETTIVI Conoscenze dei testi che narrano origine e forma del mondo a. nella cultura greca antica: in Esiodo e in Omero b. nella cultura ebraica antica: nella Bibbia c. nella cultura romana del I sec. a.C.: in Lucrezio
Competenze a. saper riconoscere e comprendere la struttura dei testi antichi (narrativa, descrittiva, argomentativa, mista, con organizzazione particolare) b. saper riconoscere e analizzare il linguaggio dei testi proposti c. saper parafrasare e riesporre
Capacità a. saper confrontare tra di loro testi di culture diverse, riconoscendo analogie e differenze b. approfondire i temi trattati, su indicazioni date
Uccello azzurro tra i fiori, in un affresco proveniente dal palazzo di Mari, importante città della Mesopotamia, XVIII secolo a.C., Parigi, Louvre.
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Introduzione
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I miti delle origini
Come si è venuto a formare il mondo? E com’è fatto, di che cosa è composto, come si è trasformato, come vive? Sono domande che ogni essere umano si pone. Perciò, già dalle epoche più antiche, il pensiero di molte civiltà ha dato vita a varie narrazioni - miti (dal greco mýtos, “racconto”) - sulle origini dell’universo. La scienza moderna, in proposito, ha prodotto una teoria, sostenuta da varie prove sperimentali, che prevede un “big bang” originario, un’esplosione iniziale di materia e di energia che espandendosi ha prodotto il nostro universo, ed è ancora in espansione. Il pensiero mitico non procede per ipotesi e sperimentazioni come la scienza; è una narrazione tradizionale, sacra, che viene tramandata in più versioni. Gli antichi racconti cercano di spiegare l’origine del mondo e l’inizio di tutte le cose, terra e cielo, monti e mari e fiumi ed esseri viventi e, infine, la formazione dell’uomo e della donna. Gli antichi testi epici Ci accosteremo ad alcune di queste narrazioni, affascinanti come favole e ricche di antica sapienza, preziose testimonianze della mentalità dei popoli che le hanno elaborate e trasmesse. Del poeta greco Esiodo (VIII secolo a.C.) leggeremo un brano, tratto dal poema Teogonia, sulla formazione del cosmo e sulle genealogie divine: le diverse realtà naturali e divine nascono le une dalle altre, partendo da un Caos originario da cui si genera la Terra, Gaia, che ha un ruolo centrale nel produrre le forme del cosmo e la vita. Sempre di Esiodo leggeremo un brano tratto da un altro poema, Le opere e i giorni, in cui si narra del furto del fuoco da parte del titano Prometeo e della nascita della donna. Il tema affrontato in questo caso è quello dell’origine della cultura umana. Il testo biblico, espressione della cultura ebraica, ci darà un altro punto di vista sulle origini. Presenteremo le famose pagine della Genesi, che narrano la creazione – per opera di Dio che agisce attraverso la parola – dell’uomo e della donna; il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre, racconti che contengono una spiegazione della cultura e, a grandi linee, della storia umana. Negli approfondimenti che corredano il capitolo troverai informazioni su altre antiche cosmogonie, soprattutto orientali. Il quarto brano è tratto dall’Iliade di Omero (libro XVIII) e contiene la descrizione dello scudo di Achille fabbricato dal dio Efesto: non è una storia della formazione del mondo, ma un’immagine completa del cosmo, così come appariva agli occhi e alle menti degli antichi Greci dell’VIII secolo a.C.: un universo fortemente incentrato sulle vicende umane e sulla città. Il quinto e ultimo brano è tratto dal poema latino di Lucrezio “sulla natura delle cose”, De rerum natura, composto a Roma sette secoli dopo Omero ed Esiodo, nel I secolo a.C., in una fase di gravi tensioni politiche e violente guerre civili. Lucrezio intende analizzare il problema delle origini e della struttura del mondo in modo scientifico, secondo le conoscenze della sua epoca: l’universo per lui risulta composto di atomi indivisibili e in perpetuo movimento, che aggregandosi e disgregandosi danno vita a tutti i fenomeni della natura. Scena di sacrificio con offerta di acqua (sopra) e fuoco (in basso),
dal palazzo di Mari, in Mesopotamia, affresco del XVIII secolo a.C.
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Origini e forma del mondo
Esiodo Il poeta greco Esiodo visse in Beozia, regione della Grecia centrale affacciata sul golfo di Corinto, intorno al 700 a.C. Di lui ci sono pervenuti per intero due poemi, Teogonia, dedicata alle origini del mondo e alla nascita degli dèi e Le opere e i giorni, che contiene la storia delle generazioni umane.
Teogonia Poema in esametri Teogonia costituisce, all’interno della cultura greca, il primo tentativo di mettere ordine nella grande quantità di miti che circolavano sulla formazione del mondo e sulle diverse generazioni degli dèi. Quest’opera di risistemazione del mito viene condotta da Esiodo in tre fasi. All’inizio c’è solo il Caos, poi prendono forma Gaia (la terra), Tartaro (il regno dell’oscurità e della morte) ed Eros, principio cosmico dell’amore. Poi Gaia crea Urano, il cielo, con il quale si congiunge generando molte divinità, tra cui Crono (il tempo), che punisce il padre geloso evirandolo. Crono sposa la sorella Rea e da loro nascono gli dèi olimpici, tra cui Zeus, che a sua volta spodesta il padre e si afferma come sovrano del mondo. Seguono i miti di Prometeo e Pandora ( p.12). Il poema si chiude con il racconto della guerra tra Zeus e gli dèi suoi figli, contro i Titani, le divinità più antiche, che vengono sconfitte e gettate nel Tartaro.
La madre Terra, Urano e Crono
Esiodo, Teogonia, vv. 116-199, trad. di Graziano Arrighetti, Rizzoli, Milano 1984.
Della Teogonia riportiamo i versi che narrano l’origine del cosmo e la nascita degli dèi figli di Urano e Gaia. Nel racconto di Esiodo la formazione del cosmo non dipende dall’opera di una divinità: tutto deriva da un’evoluzione del Caos primordiale, da cui nascono anche le forze divine. Grandissimo rilievo è dato alla figura femminile di Gaia, da cui tutto prende origine e forma. 5
1. Caos: in Esiodo il caos è un immenso abisso spalancato, lo spazio vuoto originario. 2. Gaia: nella tradizione romana chiamata Gea, Gaia è la Terra originaria, madre di tutte le cose.
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Dunque, per primo fu Caos1, e poi Gaia2 dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo3 e Tartaro4 nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade, poi Eros5, il più bello fra gli immortali,
3. Olimpo: è la più alta montagna della Grecia, la cui vetta, che si riteneva segnare il confine tra cielo e terra, era considerata sede degli dèi detti appunto “olimpici”. Le divinità, sia quelle più antiche sia
le più recenti, sono immortali ma non eterne, perché, pur non soggette alla morte, hanno avuto origine o nascita. 4. Tartaro: abisso oscuro, calato nelle profondità («recessi») del sotterraneo, che fu poi
considerato sede delle divinità sconfitte nella battaglia contro gli dèi olimpici (titanomachia) e dimora delle anime dei morti. 5. Eros: divinità primordiale dell’amore che presiede a tutte le unioni.
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che rompe le membra6, e di tutti gli dèi e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio. Da Caos nacquero Erebo7 e nera Notte. Da notte provennero Etere e Giorno8 10 che lei concepì a Erebo unita in amore9. Gaia per prima generò, simile a sé, Urano stellato10, che l’avvolgesse tutta d’intorno, che fosse ai beati sede sicura per sempre. Generò i monti grandi, grato soggiorno alle dee 15 Ninfe11 che hanno dimora sui monti ricchi d’anfratti; essa generò anche il mare infecondo, di gonfiore furente, Ponto12, senza amore gradito; dopo, con Urano giacendo, generò Oceano13 dai gorghi profondi, e Coio e Crio e Iperione e Iapeto, 20 Teia Rea Temi e Mnemosine e Folbe dall’aurea corona, e l’amabile Teti14 e dopo di questi, per ultimo, nacque Crono15 dai torti pensieri, il più tremendo dei figli, e prese in odio il gagliardo suo genitore. Generò poi i Ciclopi16 dal cuore superbo, 25 Bronte Sterope e Arge dal petto violento, che a Zeus diedero il tuono e fabbricaron la folgore17; costoro nel resto erano simili agli dèi, però solo un occhio avevano nel mezzo della fronte; di Ciclopi avevano il nome veritiero perché 30 un solo occhio rotondo avevano nella fronte; e vigore e forza e destrezza in ogni loro opera. 6. che rompe le membra: il dio dell’amore s’impone su tutti, uomini e dèi; egli scioglie e apre i corpi preparandoli alle unioni sessuali, con una forza irrazionale. 7. Erebo: tenebra totale e assoluta, associata alla Notte. 8. Etere e Giorno: etere è il principio della luce, associato perciò al giorno. 9. che lei concepì… in amore: che essa (la Notte) generò unendosi in amore a Erebo. Il giorno nasce dalla notte, per
opposizione. 10. Urano stellato: il cielo con tutti i suoi astri, che nasce dalla Terra di cui condivide la forma, come una sua emanazione che l’avvolge. 11. Ninfe: divinità greche dei monti, dei fiumi, dei boschi; qui esse indicano le forme geologiche e vegetali della Terra. 12. Ponto: formazione primordiale delle acque salate del mare; nasce da Gea per evoluzione spontanea, come Urano e i monti.
Il Caos Si tratta di un vuoto originario, un vertiginoso baratro primordiale. Anche nel poema babilonese Enuma elish («Quando in alto»), che narra delle origini del cosmo, si afferma che, quando non era ancora nominato il cielo, la terra al di sotto non aveva nome, non esisteva nulla se non
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13. Oceano: il mare che circonda le terre emerse, considerato dagli antichi greci come un fiume che scorre circolarmente alle estremità. Per questo è considerato figlio della Terra e del Cielo (Urano). 14. Oceano… Teti: i cinque figli e le sei figlie di Gea e di Urano sono stati poi denominati Titani. Teti che compare qui non va confusa con l’omonima ninfa, figlia di Nereo e madre di Achille. 15. Crono: il dio, padre di
Zeus, fu poi identificato con la divinità latina di Saturno. Esiodo collega il suo regno con l’età dell’oro, periodo felice e armonioso. Egli è definito «dai torti pensieri» per la complessità dei suoi piani astuti. 16. Ciclopi: mostruosi esseri con un solo occhio rotondo. 17. la folgore: si anticipa qui la formazione, ad opera dei tre divini fabbri originari, del tuono e della folgore, gli strumenti del potere di Zeus che gli consentirono di prevalere sui Titani ribelli.
l’abisso. Anche nella narrazione della Genesi ( p. 18) si dice: «la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso». La parola greca Chaos allude a qualcosa che si apre, si spalanca. Dal significato secondario di «massa informe», «indifferenziata», la parola poi è passata a indicare, in italiano e in molte lingue europee «confusione», «non distinzione».
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Origini e forma del mondo
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Poi da Gaia e Urano nacquero altri tre figli grandi e forti, che non si osa nominare, Cotto Briareo e Gige, prole tracotante18; cento mani si protendevano dalle spalle di loro terribili, e cinquanta teste a ciascuno dalle spalle nascevano sulle membra vigorose; e forza terribile e grande s’aggiungeva alla loro grande figura. Ma quanti da Gaia e da Urano nacquero ed erano i più tremendi dei figli, furono presi in odio dal padre fin dall’inizio, e appena uno di loro nasceva tutti li nascondeva, e non li lasciava venire alla luce, nel seno di Gaia19; e si compiaceva della malvagia sua opera, Urano, ma dentro si doleva Gaia prodigiosa20, stipata; allora escogitò un artificio ingannevole e malvagio. Presto, creata la specie del livido adamante21, fabbricò una gran falce e si rivolse ai suoi figli e disse, a loro aggiungendo coraggio, afflitta nel cuore: «Figli miei e d’un padre scellerato, se voi volete obbedirmi potremo vendicare il malvagio oltraggio del padre vostro, ché per primo concepì opere infami». Così disse e tutti allora prese il timore, né alcuno di loro parlò; ma, preso coraggio, il grande Crono dai torti pensieri rispose con queste parole alla madre sua illustre:
18. prole tracotante: figli di enorme potere, che tentarono l’assalto al cielo. Si tratta di esseri mostruosi dalle cento mani. 19. nel seno di Gaia: Urano
Gaia La parola si è poi contratta, già nel greco antico, in Ghéa o Ghé; ne derivano diverse parole italiane come «geologia», «geografia» ecc. Il termine “Gaia” è stato riutilizzato in tempi recenti, soprattutto nella cultura ecologista, per indicare il pianeta Terra nella sua totalità (chimico-fisica e biologica, atmosfera compresa) e nell’equilibrio delle sue leggi. Nei versi di Esiodo Gaia è la vera prima entità vivente, che genera da sé il cielo, tutti i minerali e tutti gli esseri animati. Essa è madre e moglie di Urano, quindi da lei dipende tutta la generazione delle divinità, di cui inoltre prevede e guida le fasi. La centralità della figura di Gaia testimonia l’impronta lasciata nella cultura greca dalla precedente religione preellenica ( “Il mito pelasgico”, p. 7), basata sulla Grande Dea originaria secondo la prevalenza
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non consente ai figli di venire al mondo, ma li ricaccia nel grembo della madre divina, che ne soffre. 20. Gaia prodigiosa: enorme
e produttrice di straordinarie forme di vita. 21. adamante: si tratta dell’acciaio, che Gaia genera da sé, come gli altri minerali.
del principio femminile (matriarcato). Il successivo sviluppo del mito, basato su protagonisti maschi, indica invece il prevalere del principio patriarcale (Urano, Crono, Zeus).
Stele votiva fenicia in tufo con una figura
femminile che regge i fiori di loto, IV-III secolo a.C., Cagliari, Museo Archeologico Nazionale.
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Esiodo Teogonia
22. un padre esecrabile: un padre indegno, che compie opere atroci. Esiodo sottolinea più volte la negatività del comportamento di Urano. 23. sia pur mio: anche se si tratta di mio padre. 24. incombette: il dio sovrasta e avvolge Gaia per unirsi con lei. 25. non fuggirono invano dalla sua mano: la castrazione di Urano produce la generazione di altri esseri divini, in parte nati dal suo sangue, in parte dallo sperma uscito dai suoi genitali gettati in mare.
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«Madre, sarò io, lo prometto, che compirò questa opera, ché d’un padre esecrabile22 cura non ho, sia pur mio23, ché per primo compì opere infami». Così disse, e gioì grandemente nel cuore Gaia prodigiosa, e lo pose nascosto in agguato; e gli diede in mano la falce dai denti aguzzi e ordì tutto l’inganno. Venne, portando la notte, il grande Urano, e attorno a Gaia desideroso d’amore incombette24 e si stese dovunque; ma dall’agguato il figlio si sporse con la mano sinistra e con la destra prese la falce terribile, grande, dai denti aguzzi, e i genitali del padre con forza tagliò, e poi via li gettò, dietro; ma non fuggirono invano dalla sua mano25: infatti, quante gocce sprizzarono cruente tutte le accolse Gaia e nel volger degli anni generò le Erinni26 potenti e i grandi Giganti27 di armi splendenti, che lunghi dardi tengono in mano, e le Ninfe che chiamano Melie28 sulla terra infinita. E come ebbe tagliati i genitali con l’adamante li gettò dalla terra nel mare molto agitato, e furono portati al largo, per molto tempo; attorno bianca la spuma dall’immortale membro sortì, e da essa una figlia nacque, e dapprima a Citera29 divina
26. Erinni: divinità primordiali della vendetta, che perseguitano gli autori di delitti compiuti contro i consanguinei. 27. Giganti: presentati qui
Il mito pelasgico Lavorando su antiche testimonianze lo scrittore britannico appassionato di mitologia Robert Graves ricostruisce così l’origine del mondo immaginata dalla cultura mediterranea dei Pelasgi (gli abitanti “primitivi” della Grecia), incentrata sul principio femminile. «All’inizio Eurinome, Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde. Sempre danzando si diresse verso sud e il vento che turbinava alle sue spalle le parve qualcosa di nuovo e di distinto; pensò dunque di iniziare con lui l’opera della creazione. Si voltò all’improvviso, afferrò codesto Vento del Nord e lo sfregò tra le mani: ed ecco apparire il gran serpente Ofione. Eurinome
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come guerrieri armati, essi furono autori di una rivolta contro gli dèi olimpici e vennero sconfitti. 28. Melie: ninfe associate alle
piante di frassino, da cui si formavano le aste di legno delle lance da guerra. 29. Citera: isola in cui c’era un importante culto della dea.
danzava per scaldarsi, danzava con ritmo sempre più selvaggio finché Ofione, acceso di desiderio, avvolse nelle sue spire le membra della dea e a lei si accoppiò. Ora il Vento del Nord, detto anche Borea, è un vento fecondatore; spesso infatti le cavalle, accarezzate dal suo soffio, concepiscono puledri senza l’aiuto di uno stallone. E così anche Eurinome rimase incinta. Subito essa, volando sul mare, prese la forma di una colomba e, a tempo debito, depose l’Uovo Universale. Per ordine della dea, Ofione si arrotolò sette volte attorno all’uovo, finché questo si schiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti, figlie di Eurinome: il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra con i suoi monti, con i suoi fiumi, con i suoi alberi e con le erbe e le creature viventi.» (Robert Graves, I miti greci, trad. it. Elisa Morpurgo, Longanesi, 1983)
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giunse, e di lì poi giunse a Cipro30 molto lambita dai flutti; lì approdò, la dea veneranda e bella, e attorno l’erba 8 0 sotto gli agili piedi nasceva; lei Afrodite31, cioè dea Afrogenea32 e Citerea dalle belle chiome, chiamano dèi e uomini, perché dalla spuma nacque; e anche Citerea, perché prese terra a Citera; o Ciprogenea ché nacque in Cipro molto battuta dai flutti. 30. Cipro: grande isola greco-turca, anch’essa sede di culto per la dea; entrambe le isole si contendevano il vanto di averla accolta, appena nata dal mare. 31. Afrodite: la potente dea dell’amore, del desiderio e della seduzione, che s’impone su uomini e dèi come Eros. 32. Afrogenea: il nome greco indica che la dea è “nata dalla spuma” (in greco afrós) cioè dalla schiuma del mare, emanata dai genitali di Urano. La parte finale del nome, -genea, si riferisce alla generazione.
Il seguito del racconto Dopo aver narrato la genesi di innumerevoli divinità, ninfe marine e mostri, venti e stelle del cielo, il testo prosegue con la nascita dei figli di Rea e di Crono, che saranno poi divinità olimpiche: Estia, Demetra, Era, Ade, Posidone: ma il padre, geloso, divora i figli appena nati, perché un oracolo di Gea e di Urano gli predice che uno di loro è destinato a togliergli il potere. Così, alla nascita del piccolo Zeus, Rea, aiutata da Gaia, lo nasconde nell’isola di Creta e dà a Crono da divorare una pietra avvolta in fasce. Una volta cresciuto, Zeus vince il padre, gli toglie il potere e lo costringe a vomitare i figli che aveva ingoiato: ottiene quindi il dominio del mondo e la riconoscenza dei fratelli e delle sorelle divine. Il fulmine è l’emblema e lo strumento del suo comando.
Teogonie mediterranee e mediorientali
Venere su una conchiglia trasportata sulle rive di Cipro
nel dipinto di William-Adolphe Bouguereau, 1879, Parigi, Museo d’Orsay. Un amorino suona una conchiglia-corno per annunciare la primavera, la stagione con cui si identifica la dea dell’amore.
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Una notizia antica ci riporta una teogonia fenicia che è molto simile a quella esiodea: si parla di quattro generazioni divine. Alla seconda il dio principale, denominato Cielo, viene spodestato e castrato dal figlio El con una falce donata dalla madre Terra. Due poemi hurrito-ittiti (dell’Alta Mesopotamia) risalenti al 1300 a.C., riportati su tavolette cuneiformi, propongono simili conflitti tra le divinità primordiali: l’iniziale dominio del dio Alalu, poi detronizzato da Anu che regna per nove anni come signore del cielo, finché il dio Kumarbi lo castra e ne divora gli organi genitali. In una specie di “gravidanza maschile” egli concepisce figli dai genitali di Anu ingoiati e cerca di ucciderli ingoiando una pietra, ma infine dal ventre di Kumarbi esce il “dio atmosferico” che prende il potere. Questo ultimo dio, evidente divinità celeste come Zeus, combatte contro il mostruoso Ullikummi e lo sconfigge con l’astuzia. Nella cosmogonia mesopotamica compaiono come coppia primordiale divina Apsu (che rappresenta le acque dolci originarie) e Tiamat (la sua sposa, il principio delle acque salate). Esiste poi una terza divinità acquatica, Mummu, che a volte è considerato figlio della coppia primordiale. Anche Tiamat, come Gaia in Esiodo, contiene al proprio interno altri esseri, divinità più giovani, che incontrano l’ostilità di Apsu.
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Esiodo Teogonia
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Comprensione e analisi Struttura
Il poeta narra in ordine di tempo le evoluzioni e le nascite avvenute a partire dal Caos primordiale. Da esso si formano Gaia, Tartaro ed Eros, e la coppia di Erebo e Notte, dalla quale nascono Etere e Giorno. Da Gaia si formano per evoluzione Urano, i monti e il mare; dall’unione di Gaia e Urano nascono dodici figli, tra cui Oceano, Rea e Mnemosine, e per ultimo Crono, poi i tre Ciclopi, e tre mostruosi esseri dalle cento mani. Ma il geloso padre Urano non permette loro di venire al mondo e li ricaccia nel grembo della sacra ma-
dre. Gaia allora crea una grande falce d’acciaio e chiede aiuto ai figli. Si offre Crono, che, nel momento dell’unione sessuale tra i due genitori, taglia il pene del padre. Dal sangue di Urano nascono esseri vendicativi e guerreschi, le Erinni, i Giganti, le Ninfe Melie; dal pene gettato in mare esce la spuma che genera la dea dell’amore, Afrodite. L’ordine cronologico delle genealogie divine è interrotto da qualche anticipazione di eventi mitici successivi, come l’accenno alla folgore di Zeus.
Linguaggio
Il testo greco è composto dai tipici versi della tradizione epica, gli esametri; la traduzione italiana riporta fedelmente, a ogni riga, il contenuto di un esametro. Ciò che noi leggiamo in italiano, perciò, si presenta come un particolare testo poetico, che ha però l’andamento cronologico di una narrazione. Si mantiene così, in una traduzione fedele verso per verso all’originale greco, una caratteristica tipica del testo poetico: la possibilità di inversioni rispetto alla posizione più comune dei complementi (per esempio un complemento di specificazione che precede il sostantivo di riferimento, o un complemento oggetto che precede il predicato verbale.
La sintassi del testo, modellata su quella dell’originale greco, è piuttosto semplice e basata su un ampio uso della coordinazione; tra le proposizioni subordinate troviamo soprattutto relative e temporali. Nel testo greco ricorrono spesso espressioni tipiche, riferite allo stesso personaggio o realtà: la Notte è «nera», Urano «stellato», il mare «infecondo», Gaia «prodigiosa», Crono è detto «dai torti pensieri», la falce d’acciaio «dai denti aguzzi», Citera «divina», Afrodite «dalle belle chiome». Queste espressioni ricorrenti si definiscono “epiteti formulari”. Ritroveremo tutti questi usi linguistici anche nei testi omerici.
La centralità originaria del femminile Gaia, la Terra «prodigiosa», «dall’ampio seno», è la realtà divina più importante, da cui ogni altra realtà prende origine. Il suo ruolo centrale si fa più evidente se si confronta la genealogia di Esiodo con quella contenuta nei poemi hurrito-ittiti. A una narrazione incentrata sul protagonismo, sulla preveggenza e sul ruolo creativo della madre Terra, che da se stessa genera i monti, l’acqua e lo sposo Urano, con cui ha una serie di figli, si sovrappone poi la vicenda tutta maschile del conflitto tra Urano e Crono, e in seguito tra quest’ultimo e Zeus. Gaia lotta perché i suoi figli vedano la luce, mentre Urano è ostile, geloso e sospettoso. Nel racconto di Esiodo possiamo leggere le tracce di una vicenda fondamentale della storia in terra greca: prima dell’arrivo dei Greci
era diffusa una cultura a prevalenza femminile, che è stata chiamata “pelasgica” o “mediterranea”, incentrata sulla figura e sul culto della Dea, come è avvenuto anche in altre zone d’Europa; ad essa si è poi sovrapposta una cultura a dominanza maschile e patriarcale.
Temi
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La rivalità tra padre e figlio Nel mito greco ricorre più volte il tema della rivalità tra padri e figli, una lotta spietata per la sopravvivenza e per il potere. Nelle pagine della Teogonia leggiamo il conflitto che oppone a tutti i figli che gli nascono da Gea: egli non vuole che escano nel mondo e li risospinge nell’ampio grembo della Terra, che si addolora per questa interminabile gravidanza senza sbocco, fino a che Crono evira il padre Urano. Molto simile è la sua vicenda: egli ingoia
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i figli avuti da Rea fino a che Zeus, salvo per l’inganno della madre e per l’aiuto di Gaia, lo sconfigge e gli toglie il potere, consentendo ai fratelli e alle sorelle di venire al mondo. Le divinità maschili adulte temono di avere nei figli dei rivali e si oppongono allo sviluppo di nuovi esseri; le madri sono invece portate a favorire la nascita dei figli e si alleano con loro contro i padri possessivi, che tentano di violare le leggi della natura e di bloccare le energie giovani. Anche nei miti relativi agli eroi si riproduce a volte un conflitto mortale tra padre e figlio, per esempio tra Laio e il figlio Edipo ( 4. Il teatro greco classico, p. 345).
L’unione della terra con l’acqua, dipinto di Pieter Paul Rubens, 1615, San Pietroburgo, Ermitage.
Laboratorio sul testo 1. Nel testo puoi trovare casi di nascite di origine spontanea e autogena, cioè una derivazione che prescin-
de dall’unione sessuale, e casi invece di nascita dovuta all’incontro amoroso tra esseri di sesso diverso. In base a questa differenza distingui in due liste le origini di Gaia, Tartaro, Eros, Erebo e Notte, Etere e Giorno, Urano, Ponto, Oceano, Rea, Temi, Teti, Mnemosine, Iperione, Iapeto, Crono, Zeus, Afrodite.
2.
A quale lista appartengono le divinità che presiedono all’amore, cioè Eros e Afrodite? Perché? Scegli la risposta più convincente tra le seguenti: a. perché sono le divinità più antiche; b. perché sono i primi figli sorti da Gaia; c. perché essi rappresentano il principio che spinge all’unione sessuale, quindi precedono gli accoppiamenti; d. perché sono divinità androgine, maschili e femminili insieme.
3.
Le divinità originate spontaneamente costituiscono – con l’eccezione di Afrodite – la prima generazione divina. Dopo aver letto “Il seguito” considera le divinità nate da incontri sessuali e costruisci una specie di “albero genealogico” delle divinità completando questo schema:
Seconda generazione Terza generazione
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Dalla madre Gaia e dal padre
nascono i figli
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......................................................
Dalla madre Rea e dal padre
nascono i figli
......................................................
......................................................
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Dopo aver riletto l’analisi del linguaggio del testo, cerca nei versi: a. i casi in cui un epiteto formulare si ripete (per esempio: «Crono dai torti pensieri» si ripete ai versi 22 e 53); b. esempi di proposizioni coordinate e di subordinate relative, temporali o di altro tipo. Iniziamo insieme il lavoro nello schema sottostante; c. scegli una parte del testo e verifica se ci sono delle inversioni rispetto alla normale posizione dei complementi. Per esempio, nell’ultima proposizione dello schema il complemento di specificazione «di tutti gli dèi e di tutti gli uomini» si trova prima dei sostantivi di riferimento, che sono «il cuore e il saggio consiglio».
Dunque, per primo fu Caos
proposizione principale
E poi (fu) Gaia dall’ampio petto, sede per sempre di tutti gli immortali
coordinata alla principale
che tengono la vetta nevosa d’Olimpo
subordinata di 1° grado relativa
E poi (fu) Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade
coordinata alla principale
Poi (fu) Eros, il più bello tra gli immortali
coordinata alla principale
che rompe le membra
subordinata di 1° grado relativa
E di tutti gli dèi e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio
coordinata alla subordinata di 1° grado relativa
5.
Fa’ la parafrasi di una parte dei versi, soprattutto dove ci sono inversioni o termini o significati poco usati nell’italiano corrente, che è meglio sostituire. Per esempio, la parafrasi dei primi versi potrebbe essere:
Dunque, per primo fu Caos, e poi Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti gli dèi immortali che abitano la vetta innevata dell’Olimpo, e Tartaro nebbioso nelle profondità della terra dalle ampie strade, poi Eros, il più bello tra gli immortali, che dissolve le membra e sottomette nel petto il cuore e la saggia mente di tutti gli dèi e di tutti gli uomini.
6.
Oltre ai termini citati nelle pagine precedenti, quali parole italiane o di lingue europee conosci come derivate dai termini greci «Chaos» e «Gaia» o «Ghe»? Indica anche il significato delle parole che trovi.
7. Rileggi gli approfondimenti dedicati alle altre cosmologie e formula oralmente un confronto tra ciascuna di esse e il testo di Esiodo, rilevando rassomiglianze e differenze.
8. Degli dèi figli di Zeus Esiodo non parla in questi versi, ma essi sono protagonisti importanti dell’epica omerica e romana e di tutta la cultura classica. Fa’ una ricerca su di loro ( e indica la loro genealogia.
anche scheda a p. 48)
Approfondimenti
9. Quali sono, secondo te, le ragioni dell’ostilità dei padri divini verso i figli? A volte Esiodo le esplicita, a volte no. Rispondi per iscritto, riportando anche ipotesi e riflessioni personali.
10. Se conosci già cosmologie di altre culture, o ne trovi altre in una tua ricerca, riferiscile sinteticamente in un testo scritto espositivo e opera confronti.
11. Documentati sulla divinità femminile originaria consultando siti e testi. In particolare ti suggeriamo
il volume di M. Gimbutas, Il linguaggio della Dea, Neri Pozza, 2002. Presenta poi i risultati della tua ricerca e le tue riflessioni in un testo espositivo-argomentativo.
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Esiodo, Le opere e i giorni Se nella Teogonia la successione di generazioni divine porta alla fine a un ordine stabile, guidato da Zeus, nel poema successivo, Le opere e i giorni, sono invece al centro le diverse generazioni umane, distinte in cinque età, che vanno dall’ordine armonioso della prima età dell’oro (nell’epoca di Crono) a un progressivo peggioramento nelle successive età dell’argento, del bronzo, degli eroi guerrieri e infine del ferro, l’epoca in cui vive il poeta. Nell’età aurea gli uomini conducono una vita felice, senza malattie e vecchiaia, e non hanno bisogno di lavorare perché la terra offre loro spontaneamente le sue messi. Questa epoca serena termina sotto il dominio di Zeus, a causa di un contrasto scoppiato tra Zeus e Prometeo dopo che il titano, nella distribuzione delle carni e delle ossa degli animali sacrificati, aveva favorito gli uomini anziché gli dèi. Zeus allora aveva privato gli uomini del fuoco, ma poi Prometeo lo aveva rubato per restituirlo agli uomini. A questo punto per ordine di Zeus gli dèi “fabbricano” la prima donna, Pandora, creatura ricca di ogni attrattiva e qualità, ma inviata sulla terra con un vaso ben chiuso che contiene tutti i mali del mondo.
Pandora, la prima donna
Esiodo, Le opere e i giorni, vv. 48-105, trad. di Fausto Codino, Roma 1977.
Esiodo aveva già narrato l’episodio del furto del fuoco nella Teogonia; lo riprende nei versi 48-105 delle Opere e i giorni mettendo l’accento sull’origine dei mali che perseguitano gli uomini dopo l’età dell’oro.
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1. Per riversare… uomini: Zeus vuole mandare dolori agli uomini, perché essi erano stati avvantaggiati nella distribuzione delle vittime animali sacrificate, eseguita da Prometeo che aveva riser-
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Per riversare tristezze e dolori sugli uomini1, Zeus volle nascondere il fuoco2, ma glielo rubò con l’inganno il generoso Prometeo3 per gli uomini, a Zeus il sapiente, dentro una canna. Il folgoratore rimase beffato4. Pieno di collera Zeus, che raduna le nuvole, disse: «Figlio di Giapeto, tu che conosci più astuzie di tutti, ladro del fuoco, tu ridi di avere ingannato il mio cuore: grande sventura per te e per gli uomini dell’avvenire. Io darò loro un malanno, a compenso del fuoco, e che tutti godano nel circondare d’affetto la loro disgrazia5».
vato le ossa agli dèi, le carni agli uomini. 2. volle nascondere il fuoco: il fuoco esisteva già e gli uomini lo conoscevano, ma Zeus lo tolse loro per punirli. 3. Prometeo: figlio del titano
Iapeto (o Giapeto), nel mito greco Prometeo è benefattore degli uomini, dei quali sviluppa la cultura tramite l’uso del fuoco. 4. Il folgoratore… beffato: Zeus è dio del fulmine, quindi detiene il potere sul fuoco;
Prometeo lo beffa sottraendoglielo nascosto in una canna. 5. godano la loro disgrazia: gli uomini sono condannati ad amare le donne, anche se esse vengono considerate qui come la loro disgrazia.
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6. Atena… tele variate: Atena è dea della sapienza, delle strategie di guerra e delle arti femminili. 7. il desiderio… che prostra: Afrodite dà alla donna la grazia che suscita il desiderio amoroso, fonte di ansia e di affanni. 8. Ermes: divinità olimpica, figlio di Zeus e della ninfa Maia;
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Disse, il padre di tutti gli dèi e degli uomini, e rise. Ordina a Efesto glorioso d’intridere rapidamente terra con acqua, d’infonderci voce di essere umano, impeto umano, di fare, prendendo le dee a modello, corpo di vergine bella, attraente; comanda ad Atena che nei lavori l’addestri, nel tessere tele variate6; ordina all’aurea Afrodite di metterle in viso la grazia, il desiderio inquietante e l’ansia affannosa che prostra7; al Messaggero Argheifonte, ad Ermes8, impone di darle animo senza pudore9 e disposizione all’inganno. Zeus aveva parlato, e loro obbedirono al padre. Svelto, lo Zoppo glorioso10 plasmò una figura di terra, come una vergine pura, secondo il comando di Zeus. Dopo che Atena la ebbe fornita di fascia e abbigliata,
è detto «Messaggero» perché è l’ambasciatore degli dèi, e «Argheifonte» perché aveva ucciso un mostro di nome Argo. 9. animo senza pudore: un animo sfrontato, sleale. 10. lo Zoppo glorioso: è il dio fabbro Efesto, figlio di Zeus e di sua moglie Era, rimasto zoppo dopo essere stato scaraventato giù dall’Olimpo.
Prometeo Il “preveggente” e saggio figlio di Giapeto è una figura che favorisce gli uomini e lo sviluppo della civiltà. Nel primo inganno a Zeus egli attribuisce agli dèi le ossa rivestite di grasso degli animali sacrificati; agli uomini le carni. Così effettivamente avveniva nelle antiche cerimonie di sacrificio degli animali: alle divinità venivano offerte le ossa avvolte nel grasso e bruciate, mentre i partecipanti al sacrificio si spartivano le carni. Prometeo sembra perciò l’inventore della pratica rituale del sacrificio. La distribuzione di Prometeo scatena la rabbia di Zeus che, per punire gli uomini, toglie loro il fuoco. Di nuovo interviene Prometeo a rubare la scintilla divina in una canna e a donarla agli uomini. Il titano sembra perciò rappresentare la scoperta della conservazione del fuoco: un altro aspetto essenziale dell’incivilimento umano. Secondo il mito greco Zeus punì il titano incatenandolo a una rupe sul Caucaso, dove ogni giorno un’aquila veniva a rodergli il fegato; infine l’eroe Eracle (Ercole per i Romani) lo liberò dal
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Prometeo incatenato, opera neoclassica e romantica
insieme, di Nicolas-Sébastien Adam (1705-1778), Parigi, Louvre.
supplizio trafiggendo l’aquila. Alla vicenda il tragico greco Eschilo dedicò un’intera trilogia, della quale è giunta fino a noi solo una delle opere, il Prometeo incatenato (470 a.C.). Prometeo sembra perciò indicare il doppio carattere dell’incivilimento umano, fonte di progresso ma anche di inconvenienti e tormenti. E così anche i nomi dei due fratelli, Prometeo ed Epimeteo, alludono a una duplice caratteristica della cultura umana, che da un lato consente agli uomini di dominare in parte il futuro mediante la ragione, ma dall’altro li espone a rischi e conseguenze imprevedibili.
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Persuasione, la dea veneranda, e le Grazie celesti11 vezzi preziosi sul corpo le misero; intanto le Ore12, belle di chioma, dintorno intrecciavano fiori di maggio. Pallade13 Atena curava e aggiustava ogni cosa sul corpo. Al Messaggero Argheifonte toccò d’introdurle nel petto false parole, malizie, la disposizione all’inganno come voleva il Cronide tonante; l’araldo divino14 fece parlare la femmina15, un nome le dette: Pandora16, dono di tutti gli dèi abitanti le case d’Olimpo per la disgrazia degli esseri umani che mangiano pane. Tesa l’insidia terribile, ineluttabile, il Padre manda a Epimeteo17 il regalo divino, portato da Ermes, il messaggero veloce. Epimeteo non tenne presente che da Prometeo era stato avvertito: non devi accettare doni mandati da Zeus olimpio, ma rimandarli subito indietro, se vuoi evitare malanni ai mortali. Quello riceve e, quando gli tocca il malanno, capisce18. Prima di allora, le razze degli uomini sopra la terra erano immuni dai mali: ignari di dure fatiche, non conoscevano i morbi penosi che danno la morte19. Quando la mano di donna levò dal gran vaso il coperchio sparse i malanni, versando sugli uomini pianti e dolori. Solo Speranza20 rimase serrata nel carcere chiuso, sotto la bocca del vaso, perché non poté oltrepassare l’orlo; già prima Pandora rimise sul vaso il coperchio. Ma le tristezze si sono disperse a migliaia nel mondo, tutta la terra è piena di mali, il mare ne è pieno. Infermità si diffondono, prendono gli uomini a caso, questa di giorno, quell’altra di notte, che portano i mali, zitte21, perché le privò della voce Zeus il sapiente. Non è possibile dunque scampare al volere di Zeus.
Il seguito del racconto Il poema prosegue con la narrazione delle stirpi umane delle diverse età e col triste quadro della attuale età del ferro, destinata a peggiorare per la mancanza di senso morale tra gli uomini. Seguono poi i consigli di saggezza e le indicazioni delle attività agricole e dei giorni adatti per i vari lavori e per le festività, destinati soprattutto ai coltivatori.
11. Persuasione… le Grazie celesti: divinità che presiedono all’incivilimento e alle belle arti. 12. le Ore: divinità che presiedono alla bella stagione e alla grazia naturale. 13. Pallade: epiteto fisso della dea Atena. 14. l’araldo divino: si tratta sempre di Ermes, che usa con
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abilità diplomatica la parola e la trasmette alla donna. 15. femmina: nel testo greco la parola corrispondente è gyné, che indica la donna adulta in generale e in particolare la sposa. 16. Pandora: questo nome significa “tutti i doni”. Si può intendere che Pandora ha avuto tutti i doni, o che viene
data in dono agli uomini da tutti gli dèi. 17. Epimeteo: il nome significa “colui che pensa dopo”. Il nome Prometeo indica invece “colui che pensa prima, il preveggente”. 18. Quello riceve e, quando… capisce: Epimeteo si rende conto delle calamità arrecate da Pandora solo dopo
averla accettata in dono. 19. non conoscevano… morte: nell’età dell’oro gli uomini incontravano una morte dolce, senza dolori, come un sonno. 20. Speranza: la Speranza è sia un male, perché illude gli uomini, sia un conforto. 21. zitte: così vengono definite le infermità, perché colpiscono gli uomini senza preavviso.
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Comprensione e analisi Struttura
Il testo riassume velocemente nei primi quattro versi gli antefatti (la collera di Zeus per l’ingiusta distribuzione degli animali sacrificati e il furto del fuoco narrati più estesamente nella Teogonia) e poi si sofferma sul progetto punitivo del signore degli dèi, che si compiace nel donare agli uomini un malanno amabile. Seguono poi, con ricchezza di particolari, le azioni delle varie divinità che, seguendo gli ordini di Zeus, plasmano Pandora e la dotano di tutte le qualità proprie di una civiltà raffinata: la competenza nell’arte della tessitura, la grazia e la seduzione, gli abiti preziosi, i gioielli, le corone di fiori, un linguaggio ricco di risorse, ma
anche di ambiguità e di possibili inganni. Segue poi la presentazione di Epimeteo, che nonostante gli avvisi del previdente fratello accoglie la bella nella sua casa e troppo tardi se ne pente. A questo punto il testo introduce il gesto di Pandora, che toglie il coperchio al vaso, di cui finora non si è parlato: bisogna supporre che sia anch’esso un ambiguo dono divino. Termina così la serena età dell’oro; le malattie e tutte le disgrazie si diffondono tra gli uomini, tanto più nocive perché inattese. Il passo si conclude con parole di rassegnazione al volere di Zeus, che realizza in modo ineluttabile i suoi piani.
Linguaggio
Anche in questo, come già nel passo della Teogonia, si possono riscontrare l’uso di epiteti formulari («il generoso Prometeo», «Zeus il sapiente», «Efesto glorioso», «lo Zoppo glorioso», «morbi penosi», «le Ore belle di chioma», «l’aurea Afrodite»), la sintassi semplice con ampio uso della coordinazione, la presenza di subordinate normalmente di primo grado, soprattutto relative, finali, strumentali, causali e temporali. Alcuni versi contengono espressioni argute, per esempio le parole di Zeus riferite agli uomini. «che tutti godano nel circondare d’affetto le proprie disgrazie», e il verso che allude al rimpianto tardivo di Epimeteo: «Quello riceve e, quando gli tocca il malanno, capisce».
Dante Gabriele Rossetti, Pandora, 1869, collezione privata.
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Temi
La figura della prima donna In questo passo si legge una conferma dell’ostilità della cultura patriarcale greca verso la donna: è lei che porta con sé i mali e apre il famoso vaso; è lei «l’ambiguo malanno», come si ripeterà più volte nel mondo greco e romano. Tuttavia la responsabilità di Pandora viene attenuata dal piano ostile di Zeus e dall’imprevidenza di Epimeteo. Inoltre Pandora non è semplicemente la prima femmina umana, ma soprattutto un frutto raffinato e prezioso della civiltà. Essa è plasmata a immagine delle dee, molte divinità si adoperano per farla bella e seducente; è dotata di un linguaggio ingannevole, ma anche complesso, dono dell’astuto messaggero Ermes. Pandora non pare quindi semplicemente la femmina dell’uomo (a differenza della traduzione, al v. 32 l’originale greco non usa la parola “femmina”, ma “donna”, gyné), ma la donna che si viene formando attraverso la divisione del lavoro e dei ruoli, con lo sviluppo della cultura. Tra l’altro Esiodo riflette l’ostilità dei coltivatori maschi del suo tempo, abituati al duro lavoro dei campi, per le donne che nella cultura greca arcaica fanno vita riparata all’interno delle case e che sono considerate come un “lusso”, perché richiedono doti nuziali, gioielli, begli abiti.
Non intendiamo certo negare la misoginia greca, ma approfondire la riflessione sulla diversità delle condizioni e dei ruoli sessuali nel tempo e nello spazio. La “donna” è sempre frutto di una complessa evoluzione culturale. Lo sviluppo della cultura umana Uso del fuoco, sacrifici alle divinità, capacità di tessere, di forgiare gioielli, di abbellire il corpo, linguaggio elaborato: sono dei segnali che contraddistinguono una cultura umana non più primitiva. Il racconto mitico di Prometeo e di Pandora allude perciò allo sviluppo della civiltà, che si configura come uscita da uno “stato di natura”. Oggi sappiamo che l’evoluzione dell’umanità ha richiesto molti millenni e molte fasi; che le culture umane sono state innumerevoli e dotate di diversi gradi di complessità. Il mito greco allude a queste trasformazioni con il racconto pessimistico delle cinque età, e fa coincidere la fine della serena o oziosa età dell’oro con l’avvento di Zeus e con il suo contrasto con Prometeo, da cui scaturiscono per gli uomini da una parte l’uso del fuoco, dall’altra il piano divino di inviare Pandora col suo vaso di mali: gioie e dolori della civiltà. Esiodo sembra vederne soprattutto i dolori.
Laboratorio sul testo 1. Perché Zeus volle riversare dolori sugli uomini? Che cosa fece, a tale scopo?
2.
Perché e come Prometeo rubò il fuoco? Quali furono le conseguenze del suo gesto?
3.
Completa la tabella indicando i doni che le singole divinità fanno a Pandora.
Efesto
Voce e impeto umani, corpo di vergine bella
Atena
abilità al lavoro, alla tessitura, fascia e abbigliamento
Afrodite Ermes Persuasione e le grazie
ornamenti preziosi
Le ore
4. In che cosa consiste la colpa di Pandora? Essa ne è interamente responsabile?
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5.
Utilizzando gli esempi forniti nel Laboratorio del primo testo: a. esegui l’analisi delle proposizioni coordinate e subordinate di una porzione di testo indicata dall’insegnante; b. riconosci i casi più evidenti di inversione del normale ordine sintattico (vedi in particolare i vv . 26 e 32); c. fa’ la parafrasi di una porzione del testo.
6.
Dalla parola greca gyné, oltre che “misoginia”, derivano parecchi altri termini italiani. Ritrovane alcuni e spiegane i significati.
Approfondimenti
7.
Che cosa significano i nomi greci “Prometeo” ed “Epimeteo”? Quali significati possiamo attribuire alla coppia dei due fratelli?
8.
Il “vaso di Pandora” è diventato un’espressione proverbiale. Che cosa indica questa espressione, nel linguaggio comune? Che cosa rappresenta il vaso, nel mito esiodeo?
Sviluppi
Si è discusso a lungo sul finale del mito, nel quale, quando ormai tutti i disastri si sono diffusi nel mondo, in fondo al vaso rimane la Speranza. La speranza va considerata un male o un bene? Il testo lascia supporre entrambe le cose, e anche nel nostro commento abbiamo sostenuto che la speranza è un dono ambiguo. Qual è il tuo parere in proposito? Che cosa significa per te “avere speranza”? Discutine con i compagni e l’insegnante. Ancora di più si è discusso sul ruolo della donna nelle diverse epoche e sul modo in cui è stata considerata. Il tema è ovviamente amplissimo. Puoi consultare utilmente, per esempio, il libro di Eva Cantarella L’ambiguo malanno e poi scrivere un testo espositivo-argomentativo sugli aspetti della condizione e dell’immagine della donna nel mondo antico che emergono dal libro. Nell’analisi dei temi abbiamo indicato in Pandora un simbolo, non tanto della femmina umana in generale, ma piuttosto della donna nella civiltà della Grecia antica a economia agricola, come è quella a cui Esiodo si rivolge. A distanza di millenni siamo in grado di contestualizzare quell’immagine e quella condizione della donna. Ti pare che Pandora possa essere paragonata alle donne d’oggi? Discutine con i compagni e con l’insegnante. Il mito di Prometeo ha alcune varianti soprattutto nel finale. Documentati consultando testi e siti; poi stendi una relazione che lo illustri.
Antico volto femminile conservato ad Atene, Museo dell’Acropoli.
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Bibbia, Genesi Per quanto riguarda la Bibbia, il testo sacro della cultura ebraica e cristiana, si può leggere l’introduzione a 6. La Bibbia, p. 522. Qui riportiamo i tre capitoli iniziali del primo libro, intitolato Genesi (dal greco ghénesis, “inizio”, “nascita”), che narra, appunto, le origini del mondo, la creazione dell’uomo e della donna, le prime relazioni tra Dio e gli uomini, poi le vicende degli antenati del popolo ebraico, i Patriarchi (da Noè ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe, a Giuseppe). Il libro della Genesi ha avuto una lunga gestazione, essendo il frutto di un complesso lavoro letterario che si è protratto per più generazioni, fino alla stesura definitiva, che risale al V secolo a.C. circa. Nel testo si riconoscono le tracce di più tradizioni e di più stili. Nella narrazione della creazione e del diluvio universale si risentono le influenze di altre tradizioni orientali, in quanto il popolo ebraico, fin dall’epoca dei suoi progenitori seminomadi e poi nel suo stanziamento nella zona palestinese, gravitava ai margini della Mezzaluna fertile; era perciò in contatto con tutte le culture dell’antico Medio Oriente e in particolare con quella babilonese. La tradizione ebraica si distingue però nettamente dalle altre per la sua impostazione rigorosamente monoteista.
La creazione nel pensiero ebraico
Bibbia TOB1, Libreria della Dottrina Cristiana, Torino 2009.
Della Genesi riportiamo i capitoli 1-3, che narrano della creazione del mondo, dell’uomo e della donna, della loro originaria sede nel Paradiso Terrestre (Eden), di come avvenne il peccato originale e la cacciata dei progenitori umani da quel Paradiso, eventi da cui ha avuto inizio la storia dell’umanità e della cultura.
Capitolo 1 1 In principio Dio creò2 il cielo e la terra. 2 La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso3 e lo spirito4 di Dio aleggiava sulle acque. 3 Dio disse5: «Sia la luce!». E la luce fu6. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. 5 Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo7. 1. Bibbia TOB: si tratta dell’edizione francese intitolata Traduction Oecuménique de la Bible. 2. Dio creò: il mondo è opera e volontà di un unico Dio. Il verbo “creare” indica il carattere straordinario dell’azione divina, e viene impiegato anche per designare l’intervento di Dio
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nella storia del suo popolo. 3. l’abisso: prima dell’opera creatrice, c’è assenza di vita e di forma, tenebra e una massa caotica di acqua. 4. lo spirito: il soffio divino è principio di vita per tutti gli esseri e per l’uomo; se questo soffio aleggia al di sopra delle
acque, non è possibile la vita. 5. Dio disse: l’azione creatrice si attua mediante la Parola, che anche nella tradizione babilonese ed egiziana indica la volontà divina efficace. Nel Nuovo Testamento, nel quarto Vangelo ( p. 574), la Parola si identifica col Verbo
incarnato, con Cristo. 6. e la luce fu: non si tratta solo della luce che si vede, ma anche quella della vita e della gioia. 7. giorno primo: nella cultura dell’epoca e del popolo, la sera è considerata l’inizio del nuovo giorno.
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6 Dio disse: «Sia un firmamento8 in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». 7 Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. 8 Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno. 9 Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne. 10 Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. 11 Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie9». E così avvenne. 12 E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: terzo giorno. 14 Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni10 15 e siano fonti di luce nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. 16 E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte11, e le stelle. 17 Dio lo pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra 18 e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina: quarto giorno. 20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi12 uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini, e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. 21 Dio vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse13: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno. 24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. 25 Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. 26 Dio vide che era cosa buona. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza14: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». 8. firmamento: una superficie solida, piatta o fatta a volta. 9. secondo la propria specie: la vegetazione viene divisa in tre gruppi: semplice erba verde, di cui non si vedono i semi; erba con stelo e semi visibili; albero con frutti. 10. per le feste, per i giorni e per gli anni: gli astri del cielo non sono realtà divine, crea-
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ture destinate a illuminare la terra e a indicare il calendario, in particolare per le feste liturgiche. 11. per governare la notte: evidentemente si tratta del sole e della luna. 12. Le acque brulichino di esseri viventi: la vita animale comincia sulle acque e poi si sviluppa sulla terra. 13. li benedisse: nella Bib-
bia la benedizione divina non è solo un fatto spirituale, ma si manifesta nella proliferazione e nello sviluppo vitale. 14. secondo la nostra somiglianza: Dio crea a propria immagine l’uomo, sia maschio che femmina; infatti l’essere umano, a somiglianza di Dio, è dotato di iniziativa e domina sul resto della creazione.
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27 E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. 28 Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
29 Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo15. 30 A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
Capitolo 2 15. saranno il vostro cibo: nella tradizione sacerdotale sembra più appropriato all’umanità delle origini il nutrimento vegetale, non animale. 16. e lo consacrò: nella tradizione ebraica il settimo giorno, il sabato, era una giornata di riposo. 17. il Signore Dio: da questo punto in poi il testo è frutto di una tradizione diversa, che attribuisce a Dio il titolo di “Signore”. 18. Eden: la parola ebraica “Eden” indica la steppa, ma è associata al significato di “godimento”, “delizia”; scheda in basso.
1 Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2 Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. 3 Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò16, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. 4 Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Nel giorno in cui il Signore Dio17 fece la terra e 5 il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, 6 ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. 7 Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente . 8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden18 a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. 9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo
Eden Nella Genesi l’Eden è collocato a oriente. Il fiume che esce da questo territorio si dirama in quattro bracci: non abbiamo altre citazioni del fiume Pison; il nome Ghicon apparteneva anche a una sorgente posta nei pressi di Gerusalemme; il Tigri e l’Eufrate ci sono ben noti da diverse tradizioni mediorientali e sono nomi in uso tuttora. I quattro bracci o corsi possono anche indicare le quattro direzioni fondamentali. La
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descrizione del giardino posto in Eden è quella di un luogo incontaminato, che l’uomo può coltivare senza fatica e che è chiamato a custodire e governare, dando il nome a tutti gli animali plasmati da Dio che lo popolano. All’uomo Dio ordina di mangiare a suo piacimento i frutti di tutti gli alberi, ma non quelli dell’albero della conoscenza del bene e del male. Nel linguaggio corrente oggi “Eden” è sinonimo di luogo meraviglioso, pieno di bellezze naturali e di risorse spontanee.
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19. l’albero della vita: nella tradizione mediorientale era la pianta di cui si nutrivano uomini, animali e dèi; nella cultura ebraica è associato all’immortalità. 20. conoscenza del bene e del male: conoscenza non in senso intellettuale, ma pratico, concreto. Il bene e il male indicano felicità e disgrazia. 21. quattro corsi: qui il testo unisce alcune nozioni geografiche con l’immagine del fiume paradisiaco e del numero 4, simbolo di universalità (i quattro punti cardinali). 22. Avìla: sembra si tratti dell’Arabia, dove si trovano resina odorosa e pietre preziose. 23. Etiopia: Africa. 24. una delle costole: in ebraico antico la parentela e la somiglianza tra due esseri si esprime con le parole “essere le ossa e la carne di qualcuno”.
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ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita19 in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male20. 10 Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi21. 11 Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla22, dove si trova l’oro 12 e l’oro di quella regione è fino; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. 13 Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia23. 14 Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. 15 Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. 16 Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire». 18 E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». 19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20 Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole24 e richiuse la carne al suo posto. 22 Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. 23 Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa,
La nascita della donna dalla costola dell’uomo, rilievo nella facciata del Duomo di Orvieto (XIV secolo).
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carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo25 è stata tolta». 24 Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. 25 Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna26.
Capitolo 3
25. donna… uomo: in ebraico donna si dice issah e uomo is. Le due parole, così simili, indicano la profonda somiglianza tra i due esseri; sui nomi e sul loro significato scheda in basso. 26. vergogna: la parola ebraica indica il pudore, ma anche la debolezza e la mancanza di protezione, la sconfitta. 27. il bene e il male: solo Dio possiede la completa capacità di discernimento tra ciò che costituisce felicità (il bene) e ciò che porta alla disgrazia (il male), scheda a p. 23. 28. se ne fecero cinture: l’uomo e la donna, divenuti infedeli a Dio, scoprono la propria debolezza e insufficienza e si nascondono l’uno all’altra.
1 Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». 4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! 5 Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male27». 6 Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture28. 8 Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». 11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dall’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». 12 Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Uomo e donna Nei capitoli 1-3 della Genesi nella traduzione ufficiale CEI, quella che pubblichiamo, il nome “Adamo” non compare mai, mentre “Eva” compare una sola volta. Normalmente il testo si riferisce ai progenitori dell’umanità con le parole «l’uomo», «la donna». In ebraico Adam è il nome proprio; se preceduto dall’articolo significa “uomo”, “essere umano”. La parola
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adamah significa “suolo”, da cui l’uomo trae origine, per cui c’è uno stretto legame di significato oltre che di suono tra le due parole Adam e adamah. Il termine ebraico per indicare l’essere umano di sesso maschile è is; quello per indicare l’essere umano di sesso femminile è issah. La prima donna viene chiamata Eva da Adamo in 3.20, in contiguità con il termine “vita” (hayyah in ebraico): «L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu madre di tutti i viventi».
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La conoscenza del bene e del male
Il primo uomo e la prima donna compiono il peccato
originale, rilievo nella facciata del Duomo di Orvieto (XIV secolo).
L’espressione ebraica si può tradurre con “conoscenza della prosperità e della disgrazia”; il termine “conoscenza” in ebraico non rimanda a una dimensione solo teorica, ma anche pratica. Il verbo “conoscere” indica anche l’unione sessuale («Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì…», dal capitolo 4). L’espressione ebraica indica dunque la saggezza pratica, che consente di discernere e giudicare in vista della felicità o della infelicità propria e altrui. Questa conoscenza nel suo grado più alto appartiene a Dio e agli esseri che compongono la sua corte, gli angeli. Quando Eva e Adamo mangiano il frutto dell’albero proibito per possederla, prendono invece coscienza della propria nudità, cioè della propria debolezza, marginalità nel mondo e sconfitta.
14 Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. 15 Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno29». 16 Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto30, ed egli ti dominerà». 17 All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: «Non devi mangiarne», maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. 18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai 1’erba dei campi. 19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane31 finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». 20 L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi32. 21 Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì. 22 Poi il Signore Dio disse: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi33 quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli 29. e tu le insidierai il calcagno: ci sarà una lotta senza fine tra la discendenza della donna e quella del serpente. La tradizione cristiana ha visto in queste parole un’anticipazione della vittoria del Messia, nato da donna, sul male. 30. sarà il tuo istinto: il tuo
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desiderio ti spingerà verso tuo marito. 31. con il sudore del tuo volto mangerai il pane: la terra dovrà essere faticosamente dissodata per produrre il cibo; «l’erba dei campi» indica le messi agricole. 32. madre di tutti i viventi:
il testo ebraico ricollega il nome di Eva (Hawwah) alla vita (hayyah). 33. è diventato come uno di noi: l’uomo condivide la capacità di discernimento tra la felicità e la disgrazia con Dio e con gli esseri della sua corte celeste (gli angeli).
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34. cherubini: nel mondo mesopotamico, il nome indica un genio che custodisce l’ingresso dei palazzi reali, dei luoghi di culto e del trono di Dio. 35. la fiamma della spada guizzante: la folgore, strumento della divinità del cielo.
non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!». 23 Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. 24 Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini34 e la fiamma della spada guizzante35, per custodire la via all’albero della vita.
Il seguito del racconto Il testo prosegue con le vicende di Caino e di Abele, figli di Adamo e di Eva. Il primo era agricoltore, il secondo pastore. Tra i due fratelli si stabilisce una competizione; Caino uccide Abele e viene maledetto da Dio. L’angelo del Signore ferma Abramo che sta
per sacrificare il figlio Isacco, dipinto di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, 1598, Firenze, Uffizi. L’episodio è narrato nella Genesi.
Miti mediorientali sulla creazione La Genesi presenta somiglianze ma anche differenze con il poema babilonese Enuma Elish (“Quando in alto”), dove il mondo si forma in seguito alla vittoria della divinità Marduk, sulle potenze del caos, Tiamat. Nella Genesi, invece, si afferma subito l’onnipotenza dell’unico Dio. Sia nella cultura ebraica sia in quella babilonese c’è la nozione dell’efficacia della parola divina, che nella Bibbia assume una più spiccata centralità. Già in un testo egizio del 2000 a.C. circa compare
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il concetto della somiglianza tra l’uomo e Dio. Un sovrano egizio dice al figlio Merikarè: «Gli uomini sono le immagini di Dio, uscite dalle sue membra». Ancora nella cultura egizia l’uomo viene plasmato da un dio, come dimostra l’azione del vasaio Hnum, che modella l’uomo con l’argilla sul suo tornio. La figura del serpente simboleggiava la potenza della fecondità (nella cultura di Canaan e anche in altre) e la potenza politica (in Egitto). Nel poema mesopotamico Gilgamesh (1500 a.C. circa), è un serpente che ruba al protagonista la pianta dell’immortalità.
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Comprensione e analisi Struttura
Il primo capitolo della Genesi, dedicato alla creazione del mondo e dell’essere umano, è scandito in base ai sette giorni. Il lavoro della creazione si articola in otto opere divise in sei giorni, mentre il settimo è giorno di riposo. Queste pagine appartengono alla cosiddetta “tradizione sacerdotale”, che si riconosce perché gli autori sottolineano gli aspetti rituali: gli astri del cielo segnalano il calendario e le festività, il riposo divino del settimo giorno indica la sacralità del sabato come giorno in cui il lavoro è proibito. Quando si inizia a usare il termine «Signore Dio» (in ebraico Yahwè) si riconosce la presenza di un’altra tradizione, denominata appunto “iahvista”. A questo punto la narrazione ritorna in parte indietro e presenta con maggiori particolari la formazione degli alberi, degli animali e soprattutto di Adamo e di Eva, collocati all’interno del giardino dell’Eden. Il testo sottolinea la stretta somiglianza tra uomo
e donna e il loro predominio sugli altri esseri viventi. Segue la narrazione del peccato originale: su istigazione menzognera del serpente Eva, e poi Adamo, infrangono il divieto divino di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. Non diventano come Dio, anzi si rendono conto della propria nudità, insufficienza e debolezza. Confessano la propria colpa a Dio, che già ne è consapevole. Il Signore maledice il serpente, prevedendo una lotta senza fine tra la sua discendenza e quella della donna; impone a Eva come punizione il dolore del parto e la sottomissione all’uomo; maledice il suolo, condannando con ciò Adamo a un duro lavoro nei campi per potersi mantenere in vita fino alla propria morte, che incombe su di lui come ritorno alla terra da cui è stato tratto. I due progenitori vengono scacciati dal giardino in Eden per evitare che possano nutrirsi anche dell’albero della vita, che li renderebbe immortali.
Linguaggio
Il linguaggio biblico presenta una sintassi piuttosto semplice e spesso fa uso della ripetizione. Puoi subito osservare come si ripetano le parole chiave Dio, terra, luce, firmamento, acque ecc.; e anche il ritorno di espressioni identiche: «Dio disse», «e fu sera e fu mattina», «Dio vide che era cosa buona», «Dio li benedisse»; così pure la ripetizione quasi identica di interi periodi o paragrafi, perché prima viene narrata la Parola creatrice, poi il contenuto viene
ripetuto per indicare l’effettiva realizzazione della volontà divina. Tutte queste ripetizioni confermano il carattere sacrale e liturgico del testo e facilitano la sua comprensione e memorizzazione. Si riconoscono subito nel testo due sezioni articolate in versi: quella che ribadisce la creazione e la benedizione dell’essere umano e le parole con cui Adamo saluta Eva. Nel testo ebraico originale queste sezioni hanno un andamento ritmico.
L’unico Dio e la sua Parola A differenza di tutte le altre cosmogonie antiche che conosciamo, il testo della Genesi afferma con evidenza l’unicità di Dio. Egli agisce con la sua Parola onnipotente e crea tutti gli esseri. Né il sole, né la luna, né la terra o il mare o il firmamento hanno carattere divino, a differenza di quanto avviene nelle cosmogonie orientali e nella formazione del mondo che abbiamo letto nella Teogonia di Esiodo. L’originalità della cultura ebraica si esprime con nettezza in questa concezione monoteistica, che nel testo biblico troviamo già affermata, ma che
storicamente si formò per gradi, in parallelo con la formazione dell’identità nazionale. Gli unici esseri a cui si accenna nella Genesi come dotati di conoscenza superiore (sono impliciti nel “noi” di Genesi 3.22) saranno poi precisati negli altri libri biblici come appartenenti alla corte celeste (angeli). L’uso centrale della Parola nella creazione rende particolarmente forte e sistematica l’idea dell’efficacia della parola divina, presente anche nella cultura mesopotamica e greca. La Parola di Jahweh ha la stessa potenza nel creare il mondo e nell’intervento sulla storia umana. Nel Nuovo Testamento e in particolare nel Vangelo
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Eva Prima Pandora, dipinto
di Jean Cousin, 1550, Parigi, Louvre.
di Giovanni il Verbo divino viene poi a coincidere con la sua incarnazione nel Cristo che redime il mondo e riscatta la storia. L’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio Questa idea era già presente nelle altre culture antiche: per esempio nel testo egizio citato a p. 24, ma anche nella creazione di Pandora ad opera di Efesto «prendendo le dee a modello» ( Esiodo, Le opere e i giorni v. 14, p. 13). Anch’essa viene ripresa nel testo biblico con particolare rilievo. Il termine “somiglianza” attenua una relazione che la parola “immagine” potrebbe far sembrare troppo materiale. La somiglianza dell’essere umano (maschio o femmina) con Dio si esprime nella capacità di dominare tutta la terra e le creature in essa contenute. Nel Nuovo Testamento questa relazione tra l’uomo e Dio sarà precisata come un legame di tipo filiale: il “figlio dell’Uomo” è visto come “figlio di Dio”, Dio è Padre. Il primo uomo e la prima donna Il racconto della creazione dell’uomo e della donna sottolinea la stretta somiglianza tra i due esseri, che sono “osso delle stesse ossa” e “carne della stessa carne”; la donna è “un aiuto che corrisponde” in tutto e per tutto ad Adamo, e i due sono destinati a essere un’unica carne. Uomo e donna sono entrambi fatti a somiglianza di Dio, dominano insieme la Terra e il giardino dell’Eden. Nella loro forma originaria non conoscono divisioni rigide di lavoro e di ruoli: entrambi si nutrono dei frutti degli alberi nel giardino dell’Eden, dotato di straordinaria fertilità. Eva però è coinvolta per pri-
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ma nel compiere l’infrazione al comando divino, su istigazione del serpente: in questo particolare si può leggere un’impostazione più negativa nei confronti della donna (simile, per certi aspetti, a quella che riguarda la figura di Pandora nei poemi di Esiodo). Resta il fatto che come conseguenza del peccato originale si afferma, per punizione divina, una netta divisione dei ruoli tra i sessi e la subordinazione della donna all’uomo (Genesi 3, 16-17). La colpa originaria e l’inizio della cultura Con il peccato dei progenitori ha inizio la storia umana: cacciata dal Paradiso originario, esperienza del dolore nel partorire e nel vivere, duro lavoro agricolo, divisione dei ruoli tra i sessi, subordinazione della donna. D’ora in poi l’essere umano è inesorabilmente esposto alla morte, che avrebbe invece potuto evitare mantenendosi fedele a Dio nel suo stato originario. Il peccato originale è perciò colpa e decadenza, ma Dio provvederà a una sua redenzione e al riscatto dell’essere umano: questa è la vicenda complessiva che la Bibbia esprime, nell’insieme dell’Antico e del Nuovo Testamento. Bisogna però osservare che questa “colpa” si può leggere anche in un significato non moralistico: da essa deriva l’effettivo svolgimento della cultura e della storia umana, che non esiste ancora nello stato edenico del Paradiso terrestre. Questa interpretazione può dare anche una diversa lettura della responsabilità attribuita ad Eva e poi ad Adamo, che inaugurano la vicenda dell’umanità in tutto il suo carico di “prosperità” e di “disgrazia” («conoscenza del bene e del male»).
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Laboratorio sul testo 1.
Ricostruisci, secondo le opere e le sei giornate, le tappe della creazione secondo il testo biblico. Es.: primo giorno: creazione del cielo e della terra, della luce e delle tenebre, del giorno e della notte.
2.
Che cosa avviene nel settimo giorno? Qual è il significato rituale di questo fatto?
3.
Quali esseri ricevono la benedizione divina?
4.
Quali condizioni e poteri vengono attribuiti da Dio all’essere umano?
5.
Da quali indizi riconosciamo la presenza di una tradizione diversa, a partire dal paragrafo 2.4?
6.
Descrivi oralmente le caratteristiche di Eden e del giardino creato per l’uomo.
7.
L’uomo nel giardino di Eden riceve da Dio delle possibilità e un divieto importante: ricostruiscili oralmente.
8.
Come avviene la creazione della donna? Come la saluta e la denomina il primo uomo?
9.
Il serpente ha un ruolo importante nell’indurre Eva a infrangere il divieto. In che cosa consiste il suo inganno? Scegli la risposta giusta tra le seguenti: a. nel presentare la morte inevitabile, prevista da Dio per i trasgressori, come una morte immediata; b. nell’affermare che il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male dà consapevolezza; c. nel rendere buono il frutto dell’albero proibito; d. nell’indicare ad Eva un albero diverso da quello proibito.
10. Quali sono le conseguenze, immediate e successive, della trasgressione compiuta dai progenitori? 11. Per quali ragioni Adamo ed Eva vengono scacciati dal giardino di Eden? 12. Quali sono i rivestimenti che indossano Adamo ed Eva? Perché hanno bisogno di coprirsi? Sviluppi
Confronta la creazione del mondo narrata dalla Bibbia con il racconto contenuto nella Teogonia di Esiodo, rilevando rassomiglianze e differenze. Confronta la creazione della donna contenuta nella Genesi con il racconto interno al poema di Esiodo Le opere e i giorni. Confronta la colpa originaria commessa da Eva e da Adamo con le responsabilità di Prometeo e di Pandora, contenute nelle Opere e i giorni. Si può sostenere che il racconto della Genesi e quello nelle Opere e i giorni, contengono una spiegazione dell’origine della cultura e della storia umana? Se sì, con quali somiglianze e quali differenze? Motiva la tua risposta in un testo argomentativo.
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Omero, Iliade Nella seconda unità tratteremo estesamente l’Iliade di Omero. Il passo che presentiamo qui, tratto dal libro XVIII, descrive lo scudo divino fabbricato dal dio Efesto per l’eroe greco Achille. Il poeta descrive con molti particolari la decorazione dello strato esterno dello scudo. Ne risulta un “pezzo di bravura” probabilmente appartenente a una tradizione di narrazioni simili, la cui esistenza è testimoniata da un’opera, attribuita ad Esiodo ma risalente al VI secolo a.C., che contiene una descrizione dello scudo di Eracle che somiglia a questa omerica dello scudo di Achille, probabilmente da essa derivata. L’interesse della descrizione dello scudo sta nel fatto che le immagini raffigurate su di esso rispecchiano la visione del mondo secondo la mentalità greca dell’VIII secolo a.C. Mentre generalmente le imprese degli eroi dell’Iliade vengono collocate dal poeta in un passato remoto, distante nel tempo e appartenente a un’altra fase della storia umana (sia pure con inserimento di elementi di epoche diverse), il cosmo raffigurato sullo scudo sembra riflettere l’epoca di composizione del poema: non ci sono eroi protagonisti dei fatti; la descrizione si focalizza sulle città, nelle quali compaiono primitive forme di attività giudiziaria; sono riprodotti anche oggetti di raffinata metallurgia, forse effettivamente presenti nella società del poeta. Non è del tutto chiaro se le raffigurazioni siano disposte in fasce orizzontali in uno scudo rettangolare o piuttosto, come sembra più probabile, in cerchi concentrici di un’arma rotonda; ma questa seconda disposizione ha avuto più fortuna in seguito.
Il cosmo di Omero: lo scudo di Achille
Omero, Iliade, trad. di Giovanni Cerri, Rizzoli, Milano 1996. Libro XVIII, vv. 481- 540 e 593-605
Il cosmo raffigurato sullo scudo di Achille appare già formato con i suoi elementi; sullo sfondo ci sono due città, una in pace, con la vita sociale e le attività umane che vi si svolgono, l’altra impegnata in una guerra molto simile a quella di Troia. Sono inoltre descritti un paesaggio civilizzato, con i campi arati, le colture, i pascoli, e un’elegante scena di danza. Infine, sull’orlo esterno dello scudo, è raffigurato il grande fiume dell’Oceano, che abbraccia tutte le terre. 1. cinque gli strati: lo scudo miracoloso costruito da Efesto si compone di cinque strati metallici (di bronzo, argento, oro e altri metalli). 2. di cui… il cielo: di cui il cielo si adorna, nobilitandosi. 3. le Pleiadi… Orione: le Pleiadi, le Iadi e Orione sorgono e tramontano tra maggio e novembre, nel periodo dell’attività agricola.
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Erano cinque gli strati1 di questo scudo; e su di esso tracciava molte figure con arte sapiente. Vi scolpì la terra ed il cielo ed il mare, il sole che mai non si smorza, la luna nel pieno splendore, e tutte le costellazioni, di cui s’incorona il cielo2, le Pleiadi, le Iadi, la forza d’Orione3 e l’Orsa, detta anche Carro per soprannome, che gira su se stessa guardando Orione,
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A q f g d P
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; e . o
Omero Iliade
All’VIII secolo a.C. risale questa grande anfora funeraria con decorazione geometrica e una scena di cerimonia funebre. Parigi, Louvre.
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4. e l’Orsa… nelle acque d’Oceano: anche ruotando durante la notte, le stelle dell’Orsa (Orsa maggiore, detta anche Grande Carro) appaiono sempre al di sopra dell’orizzonte, senza tramontare nell’Oceano (immaginato come un fiume che scorre all’intorno del disco piatto delle terre emerse). 5. due belle città di uomini mortali: queste due città rappresentano lo stato di pace e quello di guerra. 6. imeneo: il canto gioioso dei
matrimoni, che comportano rapporti pacifici e fecondi. 7. due uomini… persona uccisa: tra i due uomini c’è una contesa giudiziaria che riguarda un compenso stabilito come risarcimento («ammenda») per una persona uccisa. 8. se saccheggiare… in due parti: i guerrieri che assediano la città sono incerti tra due possibilità: continuare l’assedio fino a distruggerla saccheggiando tutti i beni o accettare una resa, che comporta la divisio-
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ed è l’unica a non immergersi nelle acque d’Oceano4. Vi scolpì due belle città di uomini mortali5. Nella prima si celebravano nozze e banchetti, portavano le spose dalle loro stanze alla rocca con le torce accese, dappertutto echeggiava l’imeneo6; giovani danzatori volteggiavano, ed in mezzo a loro suonavano flauti e cetre; le donne ammiravano, stando ciascuna sulla porta della sua casa. Altra gente s’accalcava in piazza: lì era sorta una lite, due uomini erano in causa riguardo all’ammenda per una persona uccisa7; l’uno diceva d’aver tutto pagato, giurandolo davanti al popolo, l’altro negava d’aver ricevuto; si rimettevano entrambi ad un giudice, per aver la sentenza. L’uno e l’altro acclamava la gente, in due partiti; gli araldi tenevano indietro la folla; mentre gli anziani sedevano su pietre lisce, nel cerchio sacro, e stringevano in mano bastoni, come araldi potenti di voce; poi con questi s’alzavano e giudicavano a turno. Stavano al centro due talenti d’oro, da consegnare a colui che desse giudizio più retto. Stavano intorno all’altra città due schiere di guerrieri splendenti nell’armi; erano incerti se saccheggiare o dividere tutto in due parti8, quante ricchezze la bella città racchiudeva; ma quegli altri non s’arrendevano, tendevano anzi un agguato9. Le spose loro ed i piccoli figli facevano guardia stando sul muro10, come anche quelli gravati dagli anni11; gli altri andavano12; li guidavano Ares e Pallade Atena, l’uno e l’altra d’oro, e vestivano abiti d’oro, belli, grandi, armati, e come dèi ben ravvisabili13: gli uomini erano molto più piccoli. Appena giunsero dove sembrava opportuno appostarsi, lungo un fiume, dove tutte le bestie venivano a bere, s’imboscarono, armati di bronzo splendente. Stavano poi, separate dal gruppo, due scolte14, pronte ad avvistare le pecore ed i buoi dalle corna ricurve.
ne in due parti delle ricchezze contenute in essa. 9. ma quegli altri… un agguato: gli assediati non hanno nessuna intenzione di arrendersi, anzi organizzano una controffensiva segreta («agguato»). 10. le spose… sul muro: la situazione è molto simile a quella che Ettore propone al suo popolo nel libro VIII, ai vv. 518-521. 11. gravati dagli anni: ormai anziani. 12. gli altri andavano: gli altri
abitanti andavano a compiere l’agguato, in armi. 13. l’uno e l’altra d’oro… ben ravvisabili: secondo una tecnica molto diffusa, gli dèi si distinguono perché sono raffigurati più grandi e più belli degli uomini, e in abiti d’oro. 14. due scolte: due esploratori, mandati a spiare la presenza di bestiame da razziare. Gli assediati, evidentemente, cercano di procurarsi il cibo di cui hanno bisogno, perché sono circondati dall’esercito nemico.
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Presto arrivarono, e due pastori venivano dietro, che si svagavano con le zampogne15: non sospettavano inganno. Quelli attaccarono, appena li videro, e in un battibaleno presero in mezzo le mandrie di buoi e le splendide greggi di pecore bianche, uccidendo sul posto i pastori. I nemici, come sentirono il grande frastuono venir dalle mandrie, mentre sedevano in assemblea16, in fretta saliti sui cavalli dal piede leggero, accorsero e giunsero subito. Si schierarono e combattevano lungo le acque del fiume, colpendosi a vicenda con le lance armate di bronzo. Erano in campo con loro la Furia, il Tumulto, la Morte17 funesta, che sovrastava ad un vivo non ancora ferito, ad un altro, ferito, ed un altro già morto trascinava via per i piedi: sulle spalle aveva la veste intrisa di sangue umano. Come uomini veri18, s’affrontavano e combattevano, gli uni strappavano agli altri i corpi dei caduti.
Il filo del racconto La descrizione dello scudo prosegue: un campo arato meravigliosamente; la mietitura, con un banchetto festivo; la vendemmia, accompagnata da canti e danze; l’allevamento del bestiame, con la scena di due leoni che attaccano un toro; un grande pascolo; una pista di danza, in cui si muovono agilmente cori di ragazzi e ragazze. 65 70
15 che si svagavano… zampogne: i pastori non si aspettano agguati e suonano tranquillamente le loro zampogne. 16. I nemici… in assemblea: l’esercito nemico, riunito in
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Vi danzavano giovani e fanciulle desiderabili, al polso gli uni alle altre tenendo la mano. Queste avevano vesti sottili di lino, quelli indossavano chitoni19 ben lavorati, ancora brillanti d’olio; le une portavano belle corone, gli altri avevano spade d’oro appese a cinturoni d’argento. Talvolta con piede esperto giravano su se stessi agilmente, come quando la ruota girevole tra le sue mani il vasaio prova seduto, per vedere se scorre; altre volte in fila si venivano incontro tra loro. Molta folla era intorno al bel coro e ne godeva; tra loro due acrobati, aprendo la danza, piroettavano al centro.
assemblea per decidere sulla condotta da seguire (vedi i vv. 30-32), accorre sentendo il frastuono delle mandrie predate. 17. Furia, Tumulto, la Morte: sono personificazioni divine
delle tensioni che si scatenano durante una battaglia. Sono rappresentate, come le divinità, in un formato più grande degli uomini. 18. come uomini veri: i sol-
dati raffigurati sullo scudo sono del tutto simili a uomini veri, impegnati in uno scontro mortale, che si contendono i corpi dei caduti. 19. chitoni: tuniche.
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Comprensione e analisi Struttura
Il testo si articola secondo le scene che compongono lo scudo. Terra, cielo, mare, sole, luna, stelle costituiscono la prima scena, posta in orizzontale se lo scudo è visto come rettangolare, o al centro se esso è rotondo. La descrizione della città è articolata in due sezioni, secondo un modo di pensare basato su coppie di elementi opposti comune alla mentalità greca: la città in pace e la città in guerra. Lo stesso principio si riproduce all’interno delle due scene: la città in pace ha due aspetti, le nozze (che comportano la divisione tra le spose, accompagnate fuori dalle case, e le altre donne che le ammirano stando sulle porte delle loro abitazioni) e le attività giudiziarie; in queste si formano due “partiti” in appoggio ai due contendenti. La scena della città in guerra prevede la distinzione tra guerrieri che l’attaccano (divisi a loro volta tra due “partiti”, i favorevoli al saccheggio e quelli che vorrebbero fare un patto di resa dividendo a metà le ricchezze) e i difensori, tra cui si di-
stinguono pure due gruppi: gli abitanti inermi che sorvegliano le mura e i guerrieri che compiono una sortita per conquistare animali, riserva di cibo. La scena prosegue poi in episodi cronologicamente successivi (l’agguato, il combattimento tra i due eserciti), rappresentati da altre figure, come in un fumetto. Dopo la vita urbana, lo scudo raffigura le attività agricole: aratura, mietitura, festa agricola, vendemmia. Seguono le scene che rappresentano l’allevamento, quindi un’immagine campestre di pascolo, in una valle con poche abitazioni sparse. La scena gioiosa dei ragazzi e delle ragazze che ballano tenendosi per mano richiama in modo esplicito la cultura cretese. La danza si sviluppa ora con movimenti circolari, ora su due file che s’incontrano.
Caccia agli uccelli, interno di una coppa ionica, Parigi, Louvre.
Linguaggio
Possiamo riscontrare nel testo la stessa disposizione per versi (esametri nell’originale) e la sintassi piana e semplice, con molte coordinate, che abbiamo descritto a proposito dei brani dall’opera di Esiodo ( pp. 9 e 15). Anche in questi versi di Omero compaiono aggettivi che si ripetono ed espressioni formulari, anche se la grande varietà delle scene raffigurate rende meno riconoscibili le ripetizioni interne (possiamo però osservare
il frequente ritorno degli aggettivi «bello», «bellissimo», «d’oro»). Ai vv. 67-69 puoi osservare una breve similitudine: l’agile danza circolare dei ragazzi è paragonata al gesto del vasaio che fa scorrere la ruota del tornio. Questa similitudine introduce nel testo il tema del lavoro artigianale, che non viene raffigurato sullo scudo, ma è l’attività stessa di Efesto, fabbro divino, forgiatore, scultore e decoratore di metalli.
Il cosmo omerico In questo passo dell’Iliade si rispecchia l’immagine del cosmo della cultura greca arcaica. La terra era considerata come un disco piatto, ai cui margini scorreva l’Oceano, al di là del quale, in un punto poco precisato, si situava l’ac-
cesso al regno dei morti, l’Ade. La dimora degli dèi si collocava sulle sommità dell’Olimpo. La mentalità greca arcaica identificava dei punti limite come accessi a realtà diverse: all’estremo occidente la sede dei morti, sulla vetta del monte greco più alto quella
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degli dèi. Al centro del cosmo si collocava l’essere umano con le sue vicende. L’uomo è considerato come un punto di incontro delle energie fondamentali. Egli partecipa della realtà naturale (piante, animali, ciclo di nascita e morte), ma è anche in contatto con gli dèi, nonostante la differenza che separa i viventi mortali dagli immortali (divinità, corpi celesti, elementi atmosferici e geologici permanenti, come la terra e il mare). Le scene raffigurate sullo scudo di Achille sono in accordo con questa immagine. Possiamo distinguere tre momenti fondamentali: il cielo con gli astri principali, a cui corrisponde l’Oceano che abbraccia le terre; le due città, che rappresentano la civiltà urbana, divisa tra pace e guerra; le attività agricole, compresa la pastorizia e l’allevamento, più vicine al mondo della natura, completate dalla scena armoniosa delle danze. Pace e guerra Nella città in pace i simboli principali della composizione dei conflitti sono i matrimoni e la contesa giudiziaria. Quando avvengono le nozze, le differenze tra le famiglie e le persone producono alleanze, parentele, unioni feconde. La contesa giudiziaria ha il compito di risolvere pacificamente, senza vendette interminabili, anche un caso grave come l’omicidio. La città assediata comporta, invece, un conflitto che non si può risolvere. I nemici vogliono appropriarsi violentemente delle sue risorse. Una parte dell’esercito assediante potrebbe forse accontentarsi della metà delle sue ricchezze, ma gli assediati non vogliono scendere a patti e organizzano un agguato; la battaglia divampa e arriva presto al culmine della discordia tra gli esseri umani, che si uccidono e si contendono aspramente i corpi dei caduti. L’immagine della città assediata sembra riassumere il contenuto di tutto il poema, che rappresenta il conflitto nella sua forma più acuta, ma in qualche modo aspira a superarlo, come vedremo analizzando i libri conclusivi del poema. Questa volontà di superare, infine, il conflitto può trovarsi rispecchiata nelle ultime
Atena in armi su un’anfora del V secolo a.C., Londra, British Museum.
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scene dello scudo, dove cori di ragazze e ragazzi danzano tenendosi per mano, e le armi sembrano solo oggetti decorativi. Uomini, dèi e natura Come puoi constatare, le attività umane sono al centro dell’interesse e della raffigurazione. Il cosmo naturale fa come da sfondo e da cornice a una descrizione che s’incentra sulla vita delle città e sulle attività (agricoltura, allevamento, pastorizia, danza). Non c’è una raffigurazione dedicata esclusivamente alle divinità. Tra gli dèi si riconoscono Atena e Ares, come divinità della guerra, all’interno della scena di combattimento tra i due eserciti; essi sono raffigurati in forma umana, ma in proporzioni più grandi e più belli e solenni. Altre figure divine sono la Furia, il Tumulto, la Morte, che come immagini personificate partecipano alla battaglia e imperversano tra i combattenti. La lite giudiziaria Il passo è molto interessante per ricostruire antiche forme di accordo giudiziario, anche in caso di omicidio. Pare di poterlo ricostruire così: l’omicida (magari involontario, ma non si facevano queste distinzioni) e un parente ed erede stretto della vittima si sono accordati sul pagamento di una determinata somma (che poteva anche consistere in beni preziosi, metalli, tessuti, oggetti artigianali) per compensare l’uccisione senza ricorrere a vendette. L’omicida sostiene di aver pagato, l’altro di non aver ricevuto nulla (e forse non si tratta di una truffa banale, ma di debiti o crediti precedenti). Essi rimettono la questione a un giudice, il quale si servirà dei pareri espressi da un gruppo di saggi anziani. La folla si divide in due partiti, che appoggiano l’uno o l’altro; gli anziani stringono in mano bastoni che fungono da scettri, come se fossero araldi dalla voce potente, e a turno si alzano per proporre il loro parere. Chi di loro pronuncerà la sentenza più soddisfacente riceverà un premio. La resa di una città Gli assedianti si dividono in due gruppi: alcuni vorrebbero distruggere tutta la città, altri si accontenterebbero di fare un patto con gli assediati e dividere a metà i beni in essa contenuti. Gli abitanti della città, però, non si arrendono. È comprensibile la proposta della resa: lo scopo del primo gruppo di assedianti è ottenere buona parte del bottino, senza dover continuare la guerra e senza operare saccheggi; gli altri, invece, vogliono ottenere di più, oppure vendicarsi o aggredire più a fondo, attraverso la distruzione della città. Per gli assediati, la resa è, però, molto costosa e umiliante; finché possono, cercano di colpire i loro nemici e tentano una controffensiva.
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Laboratorio sul testo 1.
Ricostruisci tutte le scene raffigurate sullo scudo divino. L’esercizio è avviato. 1. Efesto traccia figure sullo scudo (vv. 1-2) 2. Immagine del cosmo (vv. 3-9) 3. Immagine di due belle città (v. 10) 4. SCENE DI PACE NELLA PRIMA CITTÀ: a. scena di nozze (vv. 11-16) b. scena di lite giudiziaria (vv. 17-28) 5. SCENE DI GUERRA NELLA SECONDA CITTÀ:
a. b. c. d.
e. Ares e Pallade Atena erano vestiti . ......................................................................................................
Continua tu.
2.
Come possiamo dedurre che si svolgesse il cerimoniale delle nozze nella Grecia arcaica?
3.
È complessa da comprendere, ma molto interessante per noi, la scena che rappresenta una prima forma di attività giudiziaria. In base al testo, alle note e agli approfondimenti, cerca di ricostruire: a. quali sono i due uomini che si contendono il giudizio, qual è la loro posizione; b. quali personaggi sono chiamati a discutere la contesa; c. come si comporta il popolo che assiste; d. chi darà il giudizio finale, dopo aver sentito il dibattito; e. quale premio verrà assegnato a chi pronuncerà la sentenza più appropriata.
4.
Come sono abbigliati e come si muovono sulla pista i ragazzi e le ragazze che danzano?
5.
Raccogli le numerose parole che derivano dal termine greco polis in italiano e nelle altre lingue europee che conosci; analizza il loro significato.
6.
È stato osservato che, nelle scene raffigurate sullo scudo di Achille, non compaiono eroi o uomini di capacità straordinarie. Rileggi le due descrizioni e sottolinea i punti in cui compaiono uomini dotati di poteri particolari; verifica se si tratta di eroi, oppure no.
Sviluppi
L’immagine del cosmo omerico, raffigurato sullo scudo di Achille, ha il suo centro nelle attività umane e soprattutto nella vita delle città. Consultando il tuo testo di storia nei capitoli dedicati alla fase greca arcaica (secoli VIII, VII, VI), o documentandoti con altri testi e siti, ricostruisci oralmente o per iscritto le tappe principali della formazione della pólis (città-stato) greca e l’importanza di questo istituto per la storia della Grecia. In base al tuo testo di storia antica, e ad altri testi e siti che puoi consultare, documentati sulla formazione degli istituti giuridici nelle città greche, fino ai tribunali popolari dell’Atene democratica (V secolo a.C.). Raccogli le informazioni principali in un testo espositivo. Cerca in altri testi e siti informazioni sul matrimonio e su come si svolgeva presso altri popoli, antichi o più recenti. Scrivi un testo espositivo sull’argomento, operando confronti.
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Gli assediati non vogliono arrendersi, anzi preparano un agguato (vv. ……….........….............….); Donne, bambini e anziani .................................................................................................................. ; Gli assedianti sono incerti se ......................................................................................... (vv. 29-32); Gli uomini andavano guidati dagli dèi (v. 36)
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Lucrezio Tito Lucrezio Caro, tra i più importanti poeti latini, visse all’incirca tra il 98 e il 55 a.C., nell’epoca in cui la repubblica romana volgeva al termine e si ponevano le premesse dell’Impero. Contemporaneo di Cesare e Cicerone, che pare abbia curato l’edizione postuma del poema, Lucrezio fu un seguace attento ed entusiasta dell’epicureismo (detto così dal filosofo greco Epicuro di Samo, vissuto tra il IV e il III secolo a.C.). Contro la mentalità dell’epoca in cui viveva Lucrezio, fondata sul culto degli dèi, questa filosofia si basava su una concezione atomistica del mondo: il cosmo era considerato composto di una materia eterna e indistruttibile, fatta di innumerevoli corpuscoli fondamentali che si aggregano e si disgregano diversamente a costituire i diversi esseri e a determinare i fenomeni della natura. Epicuro pensava che esistessero diversi mondi simili al nostro e che negli spazi tra l’uno e l’altro stessero gli dèi, sereni e immortali, incuranti delle vicende dei mondi. Della vita di Lucrezio non si sa pressoché nulla. Non è stato attribuito alcun fondamento alla leggenda riportata da San Gerolamo (IV-V secolo), che l’avrebbe ricavata da Svetonio (I-II secolo), secondo la quale Lucrezio sarebbe morto impazzito per avere bevuto un filtro d’amore.
De rerum natura «La natura delle cose» (questo il titolo italiano dell’opera) è un poema in esametri che divulga presso il pubblico romano, nell’epoca del crollo istituzionale e delle guerre civili, le rasserenanti tesi, scientifiche e morali, di Epicuro. È diviso in quattro libri. Il primo comincia, secondo la consuetudine del poema epico, con un’invocazione, non a una Musa bensì a Venere, dea della bellezza e dell’amore. Contro le superstizioni della religione tradizionale romana Lucrezio cita in particolare il mito del sacrificio di Ifigenia deciso dal padre per placare la tempesta che bloccava nel porto di Aulide le navi achee dirette a Troia e che, secondo l’oracolo, era stata scatenata dalla collera di Artemide contro Agamennone: un terribile esempio dei misfatti a cui può condurre la superstizione religiosa (su questo episodio vedi il coro dell’Agamennone di Eschilo a p. 304). Contro questa mancanza di razionalità, che genera conseguenze spesso delittuose e terrificanti, Lucrezio si propone di offrire nei suoi versi armoniosi le scoperte del pensiero epicureo, basato sulla realtà naturale e sulla scienza, come fondamento di una vita equilibrata e libera da vani terrori.
Ifigenia viene portata al sacrificio
al cospetto di Calcante, mentre Agamennone si copre il volto; affresco pompeiano del I secolo d.C., Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
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Lucrezio De rerum natura
La struttura del mondo per un poeta-filosofo
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Lucrezio, De rerum natura, trad. di Luca Canali, Rizzoli, Milano 1994. Libro I, vv. 146-173, 232-249, 265-321
Lucrezio sostiene che il mondo non è opera di un creatore divino che lo faccia esistere dal nulla, perché nulla nasce mai dal nulla: se ammettiamo che dal nulla possa nascere qualcosa, ne derivano delle assurdità, contrarie all’esperienza. Inoltre nulla può ritornare nel nulla dopo la morte: se le cose si annullassero del tutto, il mondo sarebbe già interamente scomparso; dunque qualcosa di immortale resta attraverso le varie trasformazioni. Restano eterni i corpuscoli fondamentali, gli atomi, che unendosi e disgregandosi formano tutti gli esseri del mondo. Anche se non li vediamo, ne possiamo comprendere l’esistenza dagli effetti, così come constatiamo la forza del vento e il progressivo assottigliarsi di un anello, di una pietra, di una statua di bronzo, pur non potendo scorgere le singole particelle che se ne distaccano.
Nulla nasce dal nulla 1. Queste tenebre… la scienza: bisogna che queste tenebre e questo terrore (delle superstizioni) non siano dispersi dai raggi del sole («dardi lucenti»: ripetizione), ma dalla osservazione scientifica della realtà della natura. 2. Il suo fondamento… inizio: questo sarà il fondamento del nostro discorso. 3. per cenno divino: non è la volontà divina che crea il mondo, perché nulla mai nasce dal nulla.
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Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell’animo, occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza1. Il suo fondamento per noi di qui assumerà il proprio inizio2: Che mai nulla nasce dal nulla per cenno divino3. Così lo sgomento possiede tutti i mortali, perché scorgono in terra e in cielo accadere fenomeni dei cui effetti non possono in alcun modo vedere le cause, e assegnano il loro prodursi al volere divino. E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla, allora già più agevolmente di qui noi potremo scoprire
Natura La parola latina natura è collegata col verbo nascor, che indica il nascere; anche la corrispondente parola greca, phýsis (da cui l’italiano fisica, fisico…), è collegata con il verbo che indica l’essere e la generazione. Già nel mondo greco a partire dal VII-VI secolo a.C. erano stati composti poemi “sulla natura”, che presentavano un carattere filosofico e scientifico, sia pure in modo iniziale. Questi poemi si distinguevano dall’epica tradizionale perché presentavano degli abbozzi di teorie sul mondo, e non racconti di genealogie e derivazioni divine. La
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parola “natura”, in latino e poi in italiano, è passata a significare la realtà di cui abbiamo esperienza, diretta o indiretta; oppure la struttura interna, caratteristica di ciascun essere. È tipica del mondo industrializzato moderno la concezione di “natura” come di realtà che esiste a prescindere dall’intervento umano. La moderna antropologia, la scienza che studia le società umane, distingue “natura” da “cultura”: il primo termine indica il complesso delle risorse fisiche, biologiche e istintuali della terra, dei viventi e degli esseri umani; il secondo il modo in cui ogni società organizza e dà significato ai dati “naturali”.
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4. da cosa abbia vita ogni essenza: come si formi ogni essere esistente nel mondo. 5. senza opera… di dèi: ogni realtà ha la propria origine e la propria fine a prescindere da qualsiasi intervento divino. 6. ciascuno portato da tutti: ogni albero potrebbe produrre qualsiasi tipo di frutto. 7. ciascuno… germi essenziali: ciascun essere si forma da un proprio germe costitutivo e cresce nutrendosi di materie affini a sé. 8. Tutte le cose… estinte: se tutte le cose fossero composte di parti mortali, nel corso del tempo dovrebbero già essersi estinte del tutto. 9. germi: gli atomi, gli elementi essenziali, che ricombinati tra loro costituiscono il nostro mondo. Se esistono, come è inevitabile dato che il mondo permane, essi sono dotati di natura immortale.
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l’oggetto delle nostre ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza4, e in qual modo ciascuna si compia senza opera alcuna di dèi5. Se infatti nascesse dal nulla, da tutte le cose potrebbe prodursi ogni specie e più nulla avrebbe bisogno di un seme. Anzitutto dal mare potrebbero sorgere gli uomini, dalla terra le specie dei pesci squamosi, ed erompere dall’aria gli uccelli, e gli armenti, e tutte le greggi, e ogni specie di fiere, generati a capriccio vivrebbero nei campi e nei luoghi deserti. I medesimi frutti non avrebbero sede consueta sugli alberi, ma sempre diversa, ciascuno portato da tutti6. E certo, se non esistessero i germi fecondi di ognuno, in che modo potrebbe sussistere una certa matrice alle cose? Ma poiché tutti i corpi si creano da semi specifici, di qui deriva che nasce e affiora alle rive della luce ciascuno dov’è la materia sua propria e i germi essenziali7; ogni cosa non può nascere dunque da ogni elemento, poiché in ognuna di esse è una forza segreta. […]
Nulla ritorna nel nulla 30
Tutte le cose, difatti, che sono di essenza mortale, l’infinito dei giorni e del tempo dovrebbe averle già estinte8. Ma se in questa durata di tempo ci furono germi9 dei quali tuttora consiste, ricreato, questo nostro universo, certamente essi sono dotati di natura immortale;
Gli atomi La parola greca átomos significa “indivisibile”, “che non si può tagliare”. Con questo termine già il filosofo greco Democrito aveva indicato le particelle elementari di un corpo, che restano dopo che sono state effettuate tutte le possibili divisioni. Lucrezio nel suo poema utilizza diverse altre espressioni per indicarli: «semi delle cose», «piccole parti invisibili», «elementi primordiali», «corpi invisibili». Il termine ha avuto grande fortuna e sviluppo nelle scienze moderne. La chimica ci insegna a distinguere gli atomi dalle molecole, formate a loro volta da aggregati atomici; la fisica ha
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Vita nella natura, mosaico
di Ivanoe Zavagno (2001).
indagato anche la composizione interna degli atomi distinguendo il nucleo dagli elettroni che ruotano intorno ad esso e gli sviluppi scientifici più recenti indagano su particelle ancora più piccole. I pensatori greci erano giunti a fare l’ipotesi dell’esistenza di atomi ragionando sugli esseri naturali, sulle loro caratteristiche e sulle loro trasformazioni.
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e dunque ciascuno di essi non può ritornare nel nulla. Infine una medesima forza e causa distruggerebbe in massa tutte le cose, se non le tenesse unite una materia eterna, più o meno serrata nell’intreccio delle sue connessioni. Infatti un semplice contatto sarebbe causa sufficiente di morte, poiché non vi sarebbero corpuscoli di eterna sostanza il cui intreccio ogni singola forza dovrebbe dissolvere. Ma ora poiché connessioni diverse uniscono fra loro gli elementi primordiali, e la materia è eterna, le cose si conservano con il corpo intatto, finché non s’imbattono in una forza così irruente da struggere il contesto di ognuna10. E dunque nessuna sostanza ritorna nel nulla, ma tutte dissolte ritornano alle particelle elementari della materia11. Si perdono infine le piogge quando 1’etere padre le effonde a rovesci nel grembo della madre terra; ma sorgono le splendide messi e verdeggiano i rami agli alberi, questi si accrescono e piegano al peso dei frutti; di qui si alimenta la specie degli uomini e delle fiere, di qui vediamo rigogliose città fiorire di fanciulli, […].
Gli atomi corpi primordiali Proseguendo, poiché ho dimostrato che le cose non possono nascere dal nulla né ugualmente una volta generate dissolversi nel nulla, 55 affinché per caso non prenda a diffidare delle mie parole12, siccome gli elementi primordiali non possono essere visti dagli occhi, ascolta quali altri corpi devi anche tu riconoscere Che esistono in natura pur non potendo essere veduti. Anzitutto la forza sfrenata del vento flagella l’oceano, 60 subissa13 pesanti navigli, disperde le nubi, e talora correndo pianure con rapido turbine14 ne abbatte i grandi alberi, tormenta le cime dei monti con raffiche a schianto di selve15: impazza in tal modo il vento con sibili acuti e infuria con minaccioso ruggito. 65 Senza alcun dubbio i venti sono dunque corpi invisibili che spazzano il mare, le terre e le nubi del cielo, e imperversando rapidi fra di esse le rapiscono in un turbine, e fluiscono e seminano strage in modo non diverso di quando la molle natura dell’acqua d’un tratto s’avventa16 70 in straripante fiume – se l’accresce un torrente ingrossato da copiosi rovesci di pioggia – che discende da alte montagne 10. da struggere il contesto di ognuna: da distruggere la connessione che forma il singolo organismo. 11. particelle… della materia: gli atomi. Quando il singolo essere muore, le sue par-
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ticelle atomiche si disgregano e tornano nella natura. 12. a diffidare delle mie parole: tu potresti non credermi, dato che gli atomi non sono visibili; ma ti dimostrerò che anche altre cose invisibili sono
esistenti ed efficaci. 13. subissa: inabissa, fa naufragare. 14. con rapido turbine: con un vortice veloce. 15. con raffiche a schianto di selve: con folate che possono
anche abbattere i boschi. 16. in modo non diverso… d’un tratto s’avventa: come quando l’acqua, di per sé fluida e innocua, forma una massa che straripa in modo pericoloso.
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trasportando frammenti boschivi o alberi interi; né i solidi ponti possono resistere all’improvvisa violenza dell’acqua che sopraggiunge: a tal punto il fiume torbido per le grandi piogge 75 si scaglia con irresistibile forza contro i piloni, semina con alto fragore una strage, travolge enormi macigni sott’acqua e abbatte ogni ostacolo dovunque si oppone ai suoi flutti. Così devono dunque avventarsi anche i soffi di vento, che al pari d’un fiume impetuoso, quando si scatenano 80 in qualunque parte, con frequenti raffiche spingono davanti a sé e abbattono tutte le cose, e talvolta le afferrano in un vortice, e le rapiscono veloci in un turbine rotante. Perciò ancor più i venti consistono di corpi invisibili17, poiché nei fatti e nei modi si dimostrano emuli18 85 dei grandi fiumi, che sono di sostanza visibile. Inoltre percepiamo i diversi odori delle cose e tuttavia non li vediamo mai giungere alle narici, non scorgiamo 1’emanare del caldo, né discerniamo con gli occhi il freddo, né siamo soliti vedere i suoni, 90 che pure devono tutto consistere di natura corporea, poiché possiedono la facoltà di stimolare i sensi. Nessuna cosa, se non un corpo, può toccare o essere toccata. Infine le vesti sospese sul lido dove s’infrangono i flutti19, s’inumidiscono, e invece spiegate al sole si essiccano. 95 Ma non s’è mai visto come l’umore acqueo sia penetrato in esse, né come sia tornato a fuggirne al calore. Dunque l’acqua si suddivide in minuscole parti che gli occhi non possono per nessuna ragione vedere. E anzi nel ciclico ritorno di molti anni solari, 00 un anello, a furia di portarlo al dito, si assottiglia all’interno, 1 una goccia che cada di continuo scava la pietra, il curvo ferreo vomere dell’aratro si logora20 in occulto nei campi, e vediamo i pietrosi lastrici delle vie consunti dai piedi della folla; indi le statue di bronzo 105 presso le porte mostrano la mano destra logorata dal tocco frequente di coloro che salutano, oltrepassandole21. Che tali cose si assottigliano, se sono consunte, lo vediamo. Ma quali corpuscoli si allontanino in ogni momento, l’invida natura22 ci ha negato la vista capace di scorgerlo.
17. ancor più i venti… corpi invisibili: a maggior ragione, per questo, dobbiamo concludere che i venti sono composti da particelle materiali invisibili. 18. si dimostrano emuli: si comportano in modo del tutto
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simile ai fiumi, composti d’acqua visibile. 19. le vesti sospese… i flutti: come ultimo argomento Lucrezio propone l’esempio delle vesti che, appese in una zona umida, s’impregnano di acqua.
20. ferreo vomere… si logora: il vomere di ferro dell’aratro poco a poco, lavorando la terra dei campi, si consuma. 21. oltrepassandole: era costume per coloro che visitavano i templi toccare in segno di venerazione la mano destra
delle statue di bronzo degli dèi o degli eroi poste sulle porte, mentre passavano davanti ad esse. 22. l’invida natura: la natura che ci ha impedito di avere una vista così potente da scorgere gli atomi.
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Comprensione e analisi Struttura
Questo testo, scritto in esametri latini, non ha la struttura di un racconto, come i precedenti che abbiamo letto (i due di Esiodo e la Genesi) né di una descrizione incorniciata in una narrazione, come il brano dall’Iliade, ma è un’argomentazione: propone delle tesi coerenti tra di loro e a supporto di ciascuna di esse fornisce una serie di prove, basate su ragionamenti ed esperienze accessibili a tutti. A sostegno della prima tesi, «nulla nasce dal nulla» si mettono in evidenza le conseguenze assurde che verrebbero dalla sua negazione: se tutto potesse nascere da tutto, e ogni cosa potesse emergere dal nulla, vedremmo uomini nati dal mare, pesci nati dalla terra ecc. Altri argomenti sono contenuti nella parte non citata. A sostegno della seconda, «nulla ritorna nel nulla»,
si sostiene tra l’altro che se gli esseri si annullassero completamente il mondo si sarebbe già annientato. Per comprovare poi l’esistenza degli atomi, pur invisibili, si porta l’esperienza del vento, della consumazione degli anelli, degli aratri, delle pietre delle strade, del bronzo delle statue: non vediamo le parti invisibili che li formano e che se ne staccano, ma dagli effetti è evidente che esse esistono e che si possono aggregare e disgregare. Come vedi, abbiamo qui la testimonianza di un modo di ragionare che si basa sulle osservazioni naturali, sui rapporti di causa e di effetto e sulla logica; si cerca di spiegare tutto su queste basi, prescindendo dall’ipotesi di azioni divine e da tradizioni ancestrali.
Linguaggio
Il testo originale è composto in esametri che il traduttore rende con versi lunghi, ciascuno dei quali riproduce il contenuto di un verso latino. La sintassi è un po’ più complessa di quella dei testi di Esiodo e di Omero. Ci sono parecchi casi di ripetizione dello stesso concetto in forma leggermene diversa: per esempio al secondo verso «raggi del sole» e «dardi lucenti del giorno». Sono meno riconoscibili le formule tipiche e gli epiteti formulari ( pp. 9 e 15), anche se un’analisi accurata le può scorgere nel testo latino.
Ai vv. 68-78 possiamo leggere una specie di simip. 31), in quanto i litudine (per questa struttura movimenti vorticosi e gli effetti distruttivi delle ventate sono paragonati a quelli di una massa d’acqua straripante. Questa similitudine non ha però lo scopo di rendere più vivida ed efficace una narrazione attraverso un paragone, ma si tratta di un ragionamento vero e proprio: dato che vento e acqua hanno gli stessi moti e gli stessi effetti, è evidente che anche il vento è composto di particelle materiali, come l’acqua.
Temi
Gli dèi sono estranei al mondo «Senza opera alcuna di dèi»: a differenza di tutti i testi precedenti, qui si prescinde completamente dall’operare divino. Non che gli dèi non esistano: Lucrezio, come Epicuro, pensa che essi vivano sereni e imperturbabili, composti da atomi ancora più sottili di quelli della luce, negli spazi tra un mondo e l’altro. Gli dèi non hanno creato i mondi, non influiscono sulle trasformazioni interne, non si interessano a quanto vi accade. Per spiegare la realtà e le sue trasformazioni occorre perciò un ragionamento basato esclusivamente sull’esperienza della natura e sulla logica. Quando nel testo di Lucrezio compaiono espressioni come «etere padre» o «madre terra», queste non vanno intese come denominazioni di divinità, ma come espressioni tradizionali che indicano il cielo e la terra, intesi come composti di atomi anch’essi.
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Uccello tra i fiori in un affresco dalla casa del Bracciale d’oro di Pompei, Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
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Origini e forma del mondo
Laboratorio sul testo 1.
Se non sono gli dèi ad agire nel mondo, come si spiegano - secondo Lucrezio - tutte le trasformazioni che vi sperimentiamo?
2.
Su quali basi si sostiene che nulla nasce dal nulla? E che nulla ritorna nel nulla?
3.
Considera i vv. 41-46 («Ma ora poiché… alle particelle elementari della materia»): in che cosa consiste la morte? Che cosa la determina? Che cosa avviene dopo la morte?
4.
Come risponde il poeta all’obiezione che l’interlocutore potrebbe sollevare, e cioè che, dal momento che gli atomi sono invisibili e non accessibili all’esperienza diretta, potrebbero non esistere? Quali esempi concreti Lucrezio porta a sostegno della sua tesi fondamentale, cioè l’esistenza degli atomi?
5.
Rileggi i vv. 86-92 («Inoltre percepiamo… può toccare o essere toccata»). Come viene spiegata la percezione degli odori, del caldo e del freddo, dei suoni? Perché i corpuscoli invisibili di cui tali realtà sono composte devono essere di natura corporea?
6.
Fa’ la parafrasi del periodo che occupa i primi tre versi del testo (come esempio p. 11).
7.
Considera il periodo compreso tra i vv. 10-15 e fanne l’analisi, riconoscendo in esso la presenza di una principale, di due proposizioni interrogative indirette, di una temporale dipendente di 1° grado da cui dipende un’oggettiva di 2° grado. L’esercizio è avviato.
l’esercizio 5 a
[E perciò,] quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla
oggettiva di 2° grado
[allora già] più agevolmente di qui noi potremo scoprire l’oggetto delle nostre ricerche da cosa abbia vita ogni essenza e in qual modo ciascuna si compia senza opera alcuna di dèi
8.
Ritrova nei versi tutti i casi in cui compare la congiunzione condizionale “se”: essa serve a indicare le diverse forme del ragionamento.
Approfondimenti
9.
Dalla parola latina natura e da quella greca phýsis derivano più termini, sia in italiano che in altre lingue europee. Raccogli i termini che riesci a trovare, spiegandone il significato o i significati.
Sviluppi
Confronta la concezione di Lucrezio sull’origine e sulla struttura del mondo con quella contenuta nei testi di Esiodo e della genesi biblica. Quali sono le differenze principali? Il testo di Lucrezio ha forma poetica, ma la sua struttura è quella di un ragionamento “scientifico”. Che cosa distingue un testo scientifico da un racconto mitico? Quali sviluppi ha sulla vita umana e sociale il pensiero atomistico di Lucrezio? Qual è il fine dell’esistenza umana secondo il filosofo-poeta? È importante agire bene e non fare del male?
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Verifica formativa 1.
a. una narrazione sulla formazione e sul ruolo della
a
b. una descrizione, anche se incorniciata in una narrazione e anche se all’interno compaiono ele-
e
4.
Sul piano dei significati, rispondi a queste domande: a. dove riscontri una fede religiosa monoteistica? b. Dove trovi una fede religiosa politeistica? c. Dove trovi un discorso che prescinde dall’esistenza e dal numero delle divinità?
5.
C’è una grande differenza tra i primi quattro testi e il quinto. I primi quattro testi rappresentano narrazioni di carattere tradizionale e sacro: essi basano la propria forza sulla tradizione e sulla capacità di rappresentare efficacemente e coerentemente, in forma narrativa, il cosmo e le sue origini.
6.
Prova ora a fare confronti tra i testi, proseguendo il lavoro che ti abbiamo già proposto negli “Sviluppi” finali. a. Come viene narrata la formazione del cosmo nella Teogonia di Esiodo e nella Genesi biblica? b. Come viene narrata, a grandi linee, la vicenda umana nei poemi di Esiodo e nella Genesi? c. Come viene formata la donna, nel testo di Esiodo e nella Genesi? Quale ruolo svolge? Quali somiglianze e quali differenze trovi tra i due testi? d. Quale è, nel cosmo, la sfera di realtà che interessa di più al narratore omerico? e. Nel poema di Lucrezio c’è qualcosa che permane, attraverso tutte le trasformazioni che notiamo nel mondo: di che cosa si tratta? È opera di un dio creatore, è un’emanazione da divinità, o si tratta di realtà primarie, che sono sempre esistite e sempre esisteranno?
e ragionamenti; . ................................................... d. una narrazione sulle vicende delle divinità primordiali;................................................................. e. una narrazione sulla creazione del mondo, suddivisa per giornate, e sul ruolo svolto dalla prima
i o
-
Dopo aver riconosciuto i testi a cui appartengono i frammenti riportati, costruisci la parafrasi dei versi proposti e analizzali: a. dove compaiono espressioni formulari? b. Dove trovi la ripetizione dello stesso concetto, con parole solo leggermente variate? c. Dove trovi un ragionamento, espresso da un periodo ipotetico che si prolunga?
c. una argomentazione basata su dati di esperienza
a
a
3.
menti narrativi; .....................................................
a i
e
...............................................................................
prima donna; ........................................................
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e
e. Dopo che Atena la ebbe fornita di fascia e abbigliata, / Persuasione, la dea veneranda, e le Grazie celesti / vezzi preziosi sul corpo le misero; intanto le Ore / belle di chioma, dintorno intrecciavano fiori di maggio.
Dopo aver letto i testi di questo modulo, scrivi il titolo di ciascuno a fianco della caratteristica corrispondente. I testi che abbiamo presentato hanno la forma di…
coppia umana. . ....................................................
2.
Ti diamo qui di seguito alcuni gruppi di versi, estratti dai cinque testi. Ricollega ciascuno all’opera da cui è tratto, scrivendo il titolo nello spazio. a. E Dio creò l’uomo a sua immagine, / a immagine di Dio li creò; / maschio e femmina li creò ............................................................................... b. Erano in campo con loro la Furia, il Tumulto, la Morte funesta, / che sovrastava ad un vivo non ancora ferito, ad un altro, ferito / ed un altro già morto trascinava via per i piedi: / sulle spalle aveva la veste intrisa di sangue umano. ............................................................................... c. Così disse e tutti allora prese il timore, né alcuno di loro parlò; / ma, preso coraggio, il grande Crono dai torti pensieri / rispose con queste parole alla madre sua illustre: ............................................................................... d. Se infatti nascesse dal nulla, da tutte le cose potrebbe prodursi / ogni specie e nulla più avrebbe bisogno di un seme. / Anzitutto dal mare potrebbero sorgere gli uomini, dalla terra / le specie dei pesci squamosi, ed erompere dall’aria gli uccelli, / gli armenti, e tutte le greggi, e ogni specie di fiere, / generati a capriccio vivrebbero nei campi e nei luoghi deserti ...............................................................................
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