LIMINA - Aracne editrice

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irrigidisca ciò che è flessibile e non si solidifichi ciò che è fluido. SANti RomANo, Glissez, morters, n'appuyez pas, in ID., Frammenti di un dizionario giuridico ...
LIMINA



Direttori Adriano B Università degli Studi di Macerata

Carla F Alma mater studiorum — Università di Bologna

Eugenio R Università di Pisa

Francesco R Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Comitato scientifico Giovanni M Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Alberto S Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro

Massimo L T Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro

Paolo S Università degli Studi di Teramo

Giorgio T Università degli Studi di Macerata

Franco B Università di Pisa

Tommaso G Università di Pisa

Francesco R Università degli Studi di Napoli “Federico II”

Enrico F Università degli Studi di Napoli “Federico II”

LIMINA

Limina è il plurale di limen che nella lingua latina significa architrave, soglia, casa, entrata, ma anche confine, frontiera, fino a inizio o compimento. Secondo questi significati, Limina vorrebbe essere una piccola collana di progetti e ricerche il cui contenuto è espresso dal termine latino. Così potranno esserci planimetrie di quello che, scientificamente, è l’ambito di una disciplina, progetti che si pongono sulla soglia, o che vogliono essere un inizio, ma anche ricerche capaci di indicare l’architrave di una disciplina, ovvero, al contrario, le sue frontiere, così come anche il punto di compimento. È in questo senso una collana che intende segnare dei limiti e mantenersi sul limite. Limiti delle singole discipline, limite sul quale le discipline si intersecano con altre, varcando il loro proprio limen. La casa ospitante, il limen della collana, è la filosofia del diritto in tutti i suoi ambiti di ricerca, dalla teoria generale alla bioetica, dalla teoresi all’informatica. I progetti e le ricerche ospitati nella collana sono tutti quelli che la filosofia del diritto è in grado di impostare esplorando i campi che il sociale storico ed istituzionale ad essa impone attraverso le proprie trasformazioni. Sono anche i progetti e le ricerche che con la filosofia del diritto condividono i punti cardine, i limiti, le frontiere, gli inizi e i compimenti, a qualunque disciplina questi progetti e queste ricerche appartengano. Conoscere ed esplorare il proprio limen, la propria casa, senza tuttavia aver timore di varcarne la soglia, portando la propria disciplina al limite e, se necessario, oltrepassandolo: questa è l’identità che la collana assume dandosi Limina come nome. La collana nasce su iniziativa di alcuni Dottorati di ricerca. Ne costituiscono le fondamenta i curricula riconducibili alle discipline filosofico giuridiche attivi nelle Scuole di dottorato dell’università di Bologna, di Macerata, di Pisa e di Napoli. Nata da Dottorati di ricerca, di questi conserva anche in parte la struttura. I progetti e le ricerche pubblicati hanno prevalentemente la forma di lezioni o di materiale utile alla didattica. Del Dottorato mantiene inoltre l’aspetto di promozione della ricerca scientifica. La Collana ha, non da ultimo, tra i suoi obbiettivi quello di permettere a giovani studiosi di pubblicare le loro ricerche anche quando queste sono agli inizi, o in fase preparatoria, seppure progettuale o schematica. Nella collana “Limina” sono pubblicate opere sottoposte a valutazione con il sistema del « doppio cieco » (« double blind peer review process ») nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore, sia dei due revisori che sono stati scelti dal Comitato scientifico della collana. I revisori sono professori di provata esperienza scientifica italiani o straniere o ricercatori di istituti di ricerca notoriamente affidabili. Ciascun revisore formulerà una delle seguenti valutazioni: a) pubblicabile senza modifiche; b) pubblicabile previo apporto di modifiche; c) da rivedere in maniera sostanziale; d) da rigettare; tenendo conto della: a) rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; b) attenzione adeguata alla dottrina e all’apparato critico; c) adeguato aggiornamento normativo e giurisprudenziale; d) rigore metodologico; e) proprietà di linguaggio e fluidità del testo; f ) uniformità dei criteri redazionali. Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta dal direttore, salvo casi particolari in cui il direttore medesimo provvederà a nominare un terzo revisore a cui rimettere la valutazione dell’elaborato. Le schede di valutazione verranno conservate, in doppia copia, nell’archivio del direttore e dell’editore. Il termine per la valutazione non deve superare i venti giorni, decorsi i quali il direttore della collana, in assenza di osservazioni negative, ritiene approvata la proposta. Sono escluse dalla valutazione gli atti di convegno, le opere dei membri del comitato e le opere collettive di provenienza accademica. Il direttore, su sua responsabilità, può decidere di non assoggettare a revisione scritti pubblicati su invito o comunque di autori di particolare prestigio.

Michele Fabio Tenuta Le sovranità ordinamentali Lineamenti di una teoria a partire da Santi Romano e dalla scienza giuridica del Novecento

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 ----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre 

Ad Anna e Achille, genitori giuristi

Nel formulare un concetto, nell’enunciare un principio, nel delineare un istituto, bisogna essere esatti e precisi, ma la esattezza e la precisione richiedono che non si irrigidisca ciò che è flessibile e non si solidifichi ciò che è fluido S R, Glissez, morters, n’appuyez pas, in I., Frammenti di un dizionario giuridico, Milano , p. 

Il nucleo di questo lavoro risale alla dissertazione finale da me discussa in occasione del conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca in “Teorie del diritto e della politica” presso l’Università degli Studi di Macerata. Ho successivamente sviluppato i contenuti iniziali della mia tesi dottorale sino a giungere alla attuale stesura. Esprimo vivo ringraziamento ai Proff. Adriano Ballarini e Francesco Riccobono, i quali, dopo essere stati rispettivamente tutor e membro della Commissione per il conferimento del titolo dottorale, mi hanno esortato a proseguire nell’approfondimento del tema di ricerca sino a conferirgli struttura monografica. Senza il loro giudizio positivo e la loro esortazione l’opera attuale non avrebbe visto la luce.

Indice



Introduzione di metodo e di merito

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Capitolo I L’istituzionalismo romaniano nella tensione tra essere e dover essere . Cornice storico–geografico–istituzionale della ricerca. Aspetti della scienza giuridica italo–tedesca sul crinale otto–novecentesco: la progressione Jellinek–Orlando–Romano,  – . I primi tre nuclei tematici dell’opera di Santi Romano: le teorie istituzionalista, pluralista e della necessità,  – .. Cenni preliminari: critica del normativismo e dello sfalsamento dei piani di Sein e Sollen,  – .. Elementi della dottrina istituzionale quale mixtum compositum di essere e dover essere,  – .. L’idealrealtà romaniana. L’equazione imperfetta tra diritto e fatto e la circolarità di essere e dover essere,  – .. Fattualizzazione dell’origine giuridica (o giuridicizzazione dell’origine fattuale): principio di effettività e teoria della necessità, .



Capitolo II La teoria delle sovranità ordinamentali . Le sovranità private,  – .. Impostazione dei problemi: problematizzazioni e apparenti discordanze,  – .. Autonomia e Sovranità private,  – .. L’autonomia privata nella teoria istituzionalistica di Romano, nella teoria normativistica di Kelsen e nella teoria del negozio giuridico di Betti,  – .. I connettivi inter–ordinamentali: riconoscimento di giuridicità, riconoscimento di azionabilità giudiziaria, recezione e rinvio,  – .. Il principio della multi– giuridicità, la teoria dei punti di vista ordinamentali e il corollario della multi– appartenenza ordinamentale,  – . Le sovranità pubbliche,  – . Le sovranità ordinamentali,  – .. Sguardi storici,  – .. Le sovranità ordinamentali interne ed il cosiddetto “problema della spettanza”,  – .. Le sovranità ordinamentali esterne e la funzione matematica della sovranità, .



Bibliografie 

Indice

 

Bibliografia di Santi Romano



Cenni essenziali di bibliografia critica



Studi generali citati

Introduzione di metodo e di merito Piano generale dell’opera

Il presente lavoro di ricerca volge alla individuazione ed esplicazione di un quarto nucleo teorico di articolazione e svolgimento del pensiero e dell’opera giuridica di Santi Romano, suscettibile di andare sotto la denominazione di teoria delle sovranità ordinamentali, giustapposto ai tre nuclei per l’addietro additati dalla dottrina giuridica e dagli interpreti dell’illustre giurista siculo rispettivamente come: teoria del diritto come istituzione, teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici e teoria della necessità nell’ordinamento giuridico. Le prime due cennate teorie trovarono già espressa enunciazione nella precipua opera romaniana, L’ordinamento giuridico , recandone traccia expressis verbis altresì gli scritti ad essa posteriori, ma ricevettero e ricevono tutt’ora larghissima accoglienza presso studi critici teorico–generali e filosofico–giuridici, nonché presso la manualistica istituzionale giuridica . La teoria menzionata per terza fu rintracciata entro il sistema concettuale romaniano da Antonio Tarantino in una monografia del  . La teoria delle sovranità ordinamentali si interpola, . S. R, L’ordinamento giuridico, Pisa  (prima edizione), Firenze  (seconda edizione), Firenze  (ristampa della seconda edizione). Si citerà infra d’ora innanzi dalla ristampa del . Anteriormente alla edizione pisana del , lo scritto erà già comparso in due fascicoli degli Annali delle università toscane del  e . . Su tutti cfr. N. B, Teoria e ideologia nella dottrina di Santi Romano, in Dalla struttura alla funzione. Nuovi studi di teoria del diritto, Milano , pp. –, ora in P. B D R (a cura di), Le dottrine giuridiche di oggi e l’insegnamento di Santi Romano, Milano , pp. –, da cui si cita. . “Volendo, quindi, fare riferimento alla dottrina del Romano, secondo l’ipotesi interpretativa, da noi affacciata, si dovrebbe usare il trinomio concettuale necessità–istituzioni– pluralità degli ordinamenti giuridici”, A. T, La teoria della necessità nell’ordinamento giuridico. Interpretazione della dottrina di Santi Romano, Milano  (si cita dalla II edizione del ). Lo spunto di ricerca era già reperibile nel saggio precorritore del medesimo Autore, La necessità come fondamento della dottrina romaniana, in P. B D R (a cura di), Le dottrine, cit., pp. –, presentato per l’occasione del Convegno tenuto a Milano il – ottobre del  in ragione della ricorrenza del centenario di nascita di Santi Romano.



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Introduzione di metodo e di merito

in progressione logica, alle tre asserite teoriche, quale ulteriore step analitico della riflessione di Romano, riguardabile come un possibile posterius o consecutivum logico della teoria pluri–ordinamentale. In sintesi ossea, e preannunciando gli sviluppi argomentativi dell’indagine, il lavoro attraversa l’opera romaniana progredendo su un vettore poli–nucleare che legge come interconnessi i prefati nuclei teorici in guisa che è possibile stilizzare come segue: giacché è dato di riscontrare nella realtà sociale plurimi enti o corpi sociali organizzati (appellabili istituzioni), ed atteso che il loro assetto organizzatorio (arrangement) è eo ipso il riflesso della vigenza di un complesso ordinamentale di norme istitutive e di comportamento (donde l’equazione romaniana istituzione = ordinamento), vi sono plurimi ordinamenti giuridici, aventi la loro fons juris primaria nella necessità, alcuni dei quali contrassegnabili come originari e non derivati e, in quanto tali, sovrani (giusta la seconda equazione romaniana originarietà = sovranità). Nello svolgimento dei passaggi suenunciati il pensiero e l’opera romaniani vengono costantemente immessi nella loro cornice storico– geografico–istituzionale, nella temperie di studi ed orientamenti scientifici, teorici e dommatici in cui essi trovano luogo, ponendo l’Autore di riferimento in interlocuzione con le precipue voci della scienza giuridica levatesi nel XX secolo ed a vario titolo correlabili al pubblicista siculo. Nella prima parte dell’indagine si mostrerà come l’asserto relativo all’essere dei corpi istituzionali attenga al piano diagnostico della fatticità, quale datità empiricamente verificabile, e, dunque, afferente al campo del Sein. L’istituzionalità si darà nel sistema romaniano quale assioma o auto–evidenza, dalla quale — formulata l’ipotesi di lavoro: istituzione = ordinamento — si addiverrà alla pluralità degli ordinamenti. Specularmente, posta la seconda ipotesi di lavoro onde ogni istituzione–ordinamento originario è sovrano, sarà desunta la teoria delle sovranità plurali ordinamentali, dalla quale si caveranno corposi corollari discendenti dal punctum saliens di tale lettura, radicantesi nella circostanza che la qualità sovrana non spetti al popolo, allo Stato ovvero alla nazione, come nelle costruzioni dommatiche classiche, sibbene all’ordinamento giuridico. Tal’ultimo sviluppo argomentativo prenderà luogo nella terza sezione dell’opera, la parte propriamente teorico–generale, mentre

Introduzione di metodo e di merito



la seconda sezione ospiterà una dissertazione a larghi tratti storico– teoretica e filosofico–giuridica intorno alla impermeabilizzazione giuspositivistica che Romano porrà in essere ipostatizzando alla sua maniera il ditterio ex facto oritur jus, id est “fattualizzando” l’origine del diritto, il cui modulo sintattico è dato dalla istituzione–ordinamento, reperendo nella necessità la fonte giuridica suprema e nell’effettività la ratio essendi dell’ordine giuridico, sciogliendo e liberando, di converso, l’ordine giuridico da fondamenti legittimanti naturalistici (fisici o metafisici) o da ontologie fondamentali. L’incastellatura teorico–teoretica condurrà Romano all’inedito approdo di uno sconvolgimento della rigida partizione dei piani dell’essere o del Sein e del dover essere o del Sollen, del campo della fatticità e della giuridicità, dell’ordine dei fatti e dell’ordine del diritto, sfumando, se non infirmando, la coppia classica della filosofia del diritto factum/ius. Si riserva ragguardevole risalto — nelle anzidette sezioni — alla interazione dialogica in cui Romano sarà posto con due grandi giuristi del suo tempo: in ordine di attinenza, Hans Kelsen ed Emilio Betti, cifre della teoria giuridica novecentesca e, ai nostri fini, ineluttabili pietre di paragone. La teoria delle sovranità ordinamentali, quale quarto nucleo teorico della dottrina di Santi Romano, trova radice nell’ultima e più tarda produzione scientifica del giurista palermitano: ne recano traccia preponderante — secondo la presente lettura critica — la seconda edizione de L’ordinamento giuridico del  (riedizione immutata della prima edizione con addizione di copiose note critiche bibliografiche), i Frammenti di un dizionario giuridico (segnatamente le voci: “Atti e negozi giuridici” e “Autonomia”) del , i Principii di diritto costituzionale generale del  (e, in seconda edizione riveduta, del ). Ciò dissimilmente dalle residue tre teoriche romaniane: le teorie istituzionale e pluri–ordinamentale affiorano già tersamente nelle pagine della prima edizione de L’ordinamento giuridico del , mentre l’organica esposizione della teoria della necessità si rinviene sin nel contributo scientifico Sui decreti–legge e lo stato di assedio in occasione del terremoto di Messina e di Reggio–Calabria del  . . Cfr. S. R, Frammenti di un dizionario giuridico, Milano . . Cfr. S. R, L’ordinamento giuridico, Pisa . . Cfr. S. R, Sui decreti–legge e lo stato di assedio in occasione del terremoto di

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Introduzione di metodo e di merito

L’incidenza delle vicende biografiche romaniane, particolarmente degli uffici pubblici ricoperti sotto il regime fascista, sulle formulazioni teoriche dell’Autore è sensibile con riguardo a ciascuno dei quattro nuclei teorici, ma affligge più tenacemente i nuclei individuati per terzo e quarto: posto che i regimi totalitaristici raffigurano sub specie juris l’acme del giusvolontarismo, “la necessità come fonte del diritto non poteva trovare pieno accoglimento nel regime fascista, perché, come è noto, essa è espressione di realismo giuridico e non di giusvolontarismo” . Va parimenti da sé come la profilazione di sovranità plurali, riconnesse, non già allo Stato–persona, sibbene ad ordinamenti giuridici, perfino dei privati, con tutto ciò che ne segue, urti patentemente contro il monismo giuridico–statualista di un regime totalitario diretto a ricalcare il confine del diritto sul confine dello Stato–persona territoriale. Non deve tuttavia sottacersi che nemmeno la teoria del pluralismo ordinamentale (qui visualizzabile come prodromica alla teoria delle sovranità) mancò di ingenerare imbarazzate perplessità tra la classe dirigente del regime e tra gli studiosi irreggimentati: in tal senso depone la prolusione del ministro e giurista del tempo, Giuseppe Bottai, agli Scritti giuridici in onore di Santi Romano, ove si denunzia l’inapplicabilità della teoria pluri-ordinamentale allo “Stato corporativo fascista”, Stato “tipicamente totalitario e sovrano” , unico Messina e di Reggio–Calabria, (), in Scritti minori, vol. I, Diritto costituzionale, Milano  (ristampa dell’edizione del ), pp. –. . A. T, La teoria della necessità, cit., p. . . Si riporta il passo de quo nella sua interezza: “I dubbi e le critiche, sollevate intorno alla dottrina dell’ordinamento giuridico, sono rivolte, non tanto alla tesi del Romano, quanto ad alcune applicazioni, assolutamente fuor di posto, che ne sono state fatte da altri scrittori. Mi riferisco a coloro, che hanno preteso di applicare la teoria degli ordinamenti al sistema sindacale e corporativo, proprio dello Stato fascista. Tale applicazione si pretende basata sull’origine del sistema, consistente nell’assunzione di una serie di organizzazioni sociali entro l’ordinamento pubblico dello Stato e sul valore giuridico da questi attribuito ai contratti, alle norme, agli atti d’impero di tali associazioni. Tutto questo, però [. . . ] non ha nessun rapporto con una pluralità di ordinamenti. Com’è noto, lo Stato fascista [. . . ] ha realizzato [. . . ] l’unificazione della società: in esso, tipicamente totalitario e sovrano, non v’è posto per associazioni, che non ripetano dallo Stato stesso ogni loro diritto e potestà, che non siano parti della sua stessa organizzazione. Ben altri e profondamente diversi sono gli esempi, che il Romano aveva indicato come espressioni della pluralità: quello della società medioevale, scissa e frantumata in molte comunità fra loro indipendenti e viventi ciascuna secondo i propri statuti e le proprie leggi, fuori della sfera di azione dell’Impero, ridotto a una larva di Stato; e quello della stessa società moderna del tempo in cui l’Autore scriveva, nella quale lo Stato aveva perduto gran parte della sua influenza a causa di quei

Introduzione di metodo e di merito

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ed esclusivo monopolista della giuridicità. Ed è in considerazione di tale ordine di rilievi che la delineazione del quarto enunciando nucleo teorico romaniano circa il pluralismo degli ordinamenti sovrani (sotto il profilo gius–politico quello maggiormente scabroso) vive un travaglio sotterraneo o filigranato, che sarà portato in superficie analitica nella terza sezione del presente lavoro critico. Un travaglio che si snoda tra le pagine delle ultime fatiche scientifiche del giuspubblicista, le quali pervadono “gli ultimi anni della sua vita, dal  al , quando i profondi rivolgimenti politici avvenuti in Italia lo avevano forzatamente allontanato dalle pubbliche funzioni fin’allora esercitate” . Solo in corrispondenza storico–biografica con siffatto allontanamento verrà in maggiore chiarezza la tesi sulle sovranità ordinamentali plurali nella riedizione dei Principii di diritto costituzionale generale ed in talune voci dei Frammenti di un dizionario giuridico, sino a coonestare l’inferenza logica che qui si affaccia di una sovranità privata, mai ex professo segnalata, ma resa logicamente arguibile al lettore. Tesi codesta, precorritrice della opzione del costituente italiano scolpita all’art.  del tuttora vigente testo costituzionale , ove le relazioni giuridiche tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica sono risolte alla stregua del principio pluralistico dacché essi vivono “ciascuno nel proprio ordine”, costituendosi, dunque, in distinti ordinamenti giuridici, nonché alla stregua del principio delle sovranità ordinamentali plurali giacché sono riconosciuti “indipendenti e sovrani” e dacché tali predicati sono ascritti, non allo Stato od alla Chiesa in quanto persone giuridiche, sibbene ad essi in quanto ordinamenti, come il tenore della littera legis (“ciascuno nel proprio ordine”, dove ordine è sinonimicamente equipollente ad ordinamento) pare attestare. Non è escludibile, a tal riguardo, una influenza diretta o mediata di Romano sul consesso costituente atteso forti gruppi sociali, di cui egli aveva parlato nel precedente lavoro sulla crisi dello Stato moderno. Bastano questi esempi [. . . ] per dimostrare come lo Stato corporativo fascista rappresenti perfettamente l’opposto delle situazioni, per le quali può parlarsi di pluralità”, G. B, Santi Romano, in A.V., Scritti giuridici in onore di Santi Romano, vol. I, Filosofia e teoria generale del diritto. Diritto costituzionale, Padova –XVIII, pp. XVII–XVIII (corsivo mio). . P. B D R, Introduzione generale, in ID. (a cura di), Le dottrine giuridiche di oggi, cit., p. . . “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”, art.  della Costituzione della Repubblica italiana.

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Introduzione di metodo e di merito

che “certamente parecchi dei nostri costituenti ebbero tra le mani il volume del Romano [ i Principii di diritto costituzionale generale , n.d.A.]”, al punto che “si potrà, allora, rilevare come un certo numero di indicazioni, o di suggestioni, contenute nei Principii abbiano trovato puntuale riscontro nel nostro attuale ordinamento costituzionale” . Talché lo Stato costituzionale democratico si gioverà dell’insegnamento pluralistico romaniano dandogli quella recezione che per l’addietro le fu negata dallo Stato corporativo totalitario: Romano, giurista ricoprente cariche istituzionali sotto il regime, ma in pari tempo autore di teoriche di cui si avvarrà il costituzionalismo post-bellico o secondo costituzionalismo . Ancora in sede di premessa, trascorrendo ora al metodo scientifico romaniano, esso può dirsi wertfrei e giuspositivo, come denunciato dallo stesso Autore mediante la formulazione del proposito di permanere “rigorosamente sul terreno di una concezione positiva del diritto ed evitando ogni veduta giusnaturalistica” . L’orditura metodologica passa per talune nevralgiche asseverazioni di metodo o programmatiche del nostro giurista, di cui se ne censiscono tre di spiccata salienza: a) si ricomprende nello spettro semiotico– semantico del lemma ‘diritto’, “soltanto quello che ha avuto la forza di divenire e d’imporsi come diritto positivo: i principii puramente razionali che questa forza non hanno avuto [. . . ] non sono per ciò stesso diritto; si chiamino pure, se così vuolsi, diritto naturale, teoretico, filosofico — e più accortamente si è insistito adesso per sostituire a queste . Cfr. S. R, Principii di diritto costituzionale generale, Milano , . . P. B D R, Il diritto costituzionale, in ID. (a cura di), Le dottrine giuridiche di oggi, cit., p. . . Quanto precede non deve accreditare l’illazione onde in Romano convivano due anime di pensiero nella medesima mens: una allineata al pensiero organico al regime ed un’altra soggettivamente ancorata ai propri studi ed alle proprie vicende formative (la giuspubblicistica tedesca, Vittorio Emanuele Orlando ed altro), giacché l’apparato delle tesi romaniane non mostra ambivalenza ma unitaria compattezza: gli ordinamenti sono plurimi, così le relazione tra i medesimi. Muta il riscontro esecutivo ed il credito di cui tali teoriche godranno presso i reggimenti politici che si susseguiranno nella prima turbolenta metà del XX secolo, ut sopra rilevato. Contra cfr. N. B, Teoria e ideologia nella dottrina di Santi Romano, cit. . “L’ordinamento giuridico e i Frammenti di un dizionario giuridico [. . . ] sono due libri di teoria pura, che per il deliberato proposito del loro autore di essere ‘wertfrei’, sembrano non avere data, essere fuori del tempo”, N. B, Teoria e ideologia, cit., p. . . S. R, L’ordinamento, cit., p. .

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la parola meno equivoca ‘giustizia’ — purché si riconosca che l’aggettivo aggiunto alla parola ‘diritto’ sta a dimostrare che di vero e proprio diritto non si tratta” (asseverazione ontologica); b) “non la realtà di deve — dal giurista — subordinare al concetto, ma questo a quella” (asseverazione programmatica); c) “ci siamo, naturalmente, dovuti spingere sino alle ultime regioni, in cui è dato respirare l’atmosfera giuridica, ma non le abbiamo mai oltrepassate. E, mentre la teoria comune è costretta a delimitare il campo del diritto astrattamente e quindi non senza incertezza, noi abbiamo tentato di concludere il diritto in sé medesimo, cioè in un’entità obiettiva, che è il suo principio, il suo regno e la sua fine” (asseverazione delimitativa). La divisa metodologica che si indosserà nella enucleazione del quarto nucleo teorico romaniano ricalcherà e dichiarerà la propria fedeltà al modus procedendi ed explanandi dell’Autore di riferimento, alla sua metodica di teorizzazione, per certo tributaria del metodo scientifico della Scuola giuspubblicistica germanica ottocentesca . Per tale via, ogni sembiante teorico delle tesi di Romano sarà coerenziato sotto il profilo storico–geografico–istituzionale, circostanziato, riportato e tradotto entro coordinate spazio–temporali e giuridiche, nonché giaciuto e disteso entro lo spazio giuridico reale la cui delimitazione ontologica è data dalle tre asseverazioni sopra riportate. Nella trattazione presente si trasceglie ed opta per il metodo scientifico della circostanziazione storico–geografico–istituzionale delle proposizioni teorico–giuridiche, alla stregua del quale l’asserto teorico è ubicato entro lo spazio, il tempo ed il quadro giuridico vigente della originaria ideazione e pro–posizione del medesimo. Tale metodica, ostativa a qualsivoglia assolutizzazione delle categorie di pensiero che saranno tolte in esame, non precluderà certo la possibilità che le medesime . S. R, L’instaurazione di fatto di un ordinamento costituzionale e la sua legittimazione, in “Archivio giuridico”, LXVIII, Modena , ora in Scritti minori, vol. I, cit., pp. –. . S. R, L’ordinamento, cit., p. . . S. R, L’ordinamento, cit., p. . A detta asseverazione fa eco un’asserzione pronunciata per l’occasione della indagine circa l’instaurazione de facto di un nuovo ordine costituzionale, indagine la quale — per sua stessa natura — reca “sui più alti culmini ed agli estremi confini del diritto costituzionale: ancora un passo più in alto o più avanti, e ci si troverà o nel regno delle nuvole o nel campo di ben altre discipline”, S. R, L’instaurazione di fatto, cit., p. . . Sul punto cfr. infra l’incipit della seconda sezione.

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Introduzione di metodo e di merito

categorie siano suscettibili di una attualizzazione giuridica o di una trasposizione nell’oggi giuridico, con ogni avvertenza del caso e con la cautela del mutatis mutandis. Detto altrimenti, la scientificità del metodo di indagine passa certamente per il mero ufficio descrittivo di cui la ricerca si fa carico, volto a collocare la formulazione teorica nel tempo, nel luogo e nell’ordine giuridico entro i quali la medesima categoria vide luce (quasi secondo la clausola rebus sic stantibus), tuttavia ciò non appare preclusivo di una proiettabilità delle categorie di pensiero oltre i loro limiti nativi, ferme le avvertenze che rendano scientificamente lecita una tale trasposizione attraverso le dimensioni fisiche spazio–temporali e la dimensione giuridica (principio del mutatis mutandis o ceteris paribus). Ulteriore avvertenza da porre e succintamente svolgere nella presente sedes (atteso che si premettono dati afferenti al merito e non soltanto al metodo della ricerca) attiene alla periodizzazione bio– bibliografica dell’opera di Santi Romano. Qui si accoglie e ratifica la sistemazione trifasica dell’attività scientifica di Romano messa in essere dal suo allievo ed assistente Paolo Biscaretti di Ruffia , con un emendamento in punto di datazione della prima fase. Quest’ultima si apre con la prima fatica scientifica romaniana, Del concetto di istituzione di pubblica beneficienza del , non con la cronologicamente successiva opera La teoria dei diritti pubblici soggettivi del  (come postulato dal Biscaretti), per chiudersi nel –, arco temporale segnato dal vigore dello Stato liberale di diritto antecedente la “fascistizzazione” del sistema di reggimento politico; a tale torno di anni appartengono contributi ed opere di gran conto quali, ex multis, L’instaurazione di fatto di un ordinamento costituzionale e la sua legittimazione del , Lo Stato moderno e la sua crisi del  , le prime edizioni de L’ordinamento giuridico del , del Corso di diritto internazionale del  , nonché del Corso di diritto costituzionale del medesimo anno . L’arco temporale che dal biennio / si congiunge al  marca la seconda fase bio–bibliografica romaniana: siamo sotto il c.d. “Stato autoritario fascista” e Romano, . Cfr. P. B D R, Il diritto costituzionale, cit., p.  segg. . Cfr. S. R, Lo Stato moderno e la sua crisi, in “Rivista di diritto pubblico”, Milano ; ora in Scritti minori, Vol. I, cit., pp. – . Cfr. S. R, Corso di diritto internazionale, Padova . . Cfr. S. R, Corso di diritto costituzionale, Padova .

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dopo aver ricoperto ragguardevoli uffici istituzionali e magistratuali (primo tra tutti la Presidenza del Consiglio di Stato) sotto il regime, nega l’adesione alla c.d. “Repubblica di Salò”; la vena teorico–generale si placa in questi anni e la produzione cede il luogo a studi di indole eminentemente amministrativistica: si inscrivono sotto tale arco di studi le tre edizioni del Corso di diritto amministrativo rispettivamente del ,  e  . La terza fase, corrente tra il  ed il  (anno della sua scomparsa), sotto l’insegna dell’esordiente “Stato democratico repubblicano” e della incipiente fase costituente, lo vide “obbligato dagli eventi politici a restare quale spettatore passivo dinanzi alle convulse trasformazioni che stavano verificandosi nell’assetto giuridico–sociale della sua Patria” ; in tale segmento temporale, egli “rimeditò ed aggiornò i suoi insegnamenti costituzionalistici, condensandoli nelle due edizioni (del  e del ) dei Principii di diritto costituzionale generale ed in alcune ‘voci’ dei suoi Frammenti di un dizionario giuridico, del  ” , nonché nella seconda edizione del  de L’ordinamento giuridico con testo immutato ma recante interventi di aggiornamento e commento sulle note critiche. I Principii, licenziati e dati alle stampe poco prima della sua scomparsa, costituenti “l’unica trattazione di ‘diritto costituzionale generale’ fino ai giorni nostri”, furono “certo a lungo fra le mani di non pochi dei nostri costituenti (dato che, in quel momento, essi rappresentavano, nell’intera letteratura giuspubblicistica italiana, l’opera più completa ed accurata della materia)” . Sub specie biografica, il primo periodo è contrassegnato, successivamente alla laurea del , dalla frequentazione dello studio legale palermitano di Vittorio Emanuele Orlando, dal conseguimento della libera docenza in diritto costituzionale nel , dall’influenza formativa dei giuspubblicisti tedeschi ottocenteschi, e scandito dall’insegnamento rispettivamente presso le Università di Camerino (–), Modena (–) e Pisa (–). Nel  Romano sarà nominato membro della c.d. “Commissione dei Soloni”, composta di  . . . . . .

Cfr. S. R, Corso di diritto amministrativo, Padova , , . P. B D R, Il diritto costituzionale, cit., p. . Cfr. S. R, Principii, cit. Cfr. S. R, Frammenti, cit. P. B D R, Il diritto costituzionale, cit., p. . Ivi, p. .

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membri e costituita dal Presidente del Consiglio per lo studio delle riforme costituzionali. Il polo tematico attrattivo dei suoi interessi scientifici è, in codesta fase, il diritto costituzionale, assieme alla teoria generale del diritto e dello Stato. Il secondo periodo, il quale si apre negli anni dell’insegnamento presso l’Università milanese (–), ove veniva nominato Preside della Facoltà di Giurisprudenza, si segnala prevalentemente per la nomina, dapprima, a Presidente del Consiglio di Stato (“nomina che gli giunse del tutto inaspettata e che fu dovuta alla sua fama di giuspubblicista di eccezionale valore e di assoluta onestà ed estraneità alle vicende politiche” ) nel  e, dappoi, a Senatore del Regno, nonché per l’insegnamento universitario romano di diritto amministrativo (–) e diritto costituzionale (–). Qui il polo scientifico–letterario prevalente sarà il diritto amministrativo. Il terzo periodo, alfine, lo vedeva, scevro da uffici pubblici, porre mente e mano alla riformulazione della sua opera con gli ormai noti risvolti bibliografici, dirigendo l’attenzione ai sembianti teorico– generali del diritto pubblico. Dalla nostra visuale poli–nucleare, vediamo spalmarsi indistintamente su tutti e tre i periodi suidentificati i primi tre nuclei teorici romaniani: il nucleo istituzionalista e della teoria della necessità, sin dalle opere giovanili, quello pluralista, a far tempo dalla pubblicazione de L’ordinamento giuridico; non così il nucleo della postulanda teoria delle sovranità ordinamentali, il quale traluce unicamente dalle opere prodotte nel terzo periodo richiamato, con ogni probabilità per effetto della distensione scientifica determinata dai disciolti rapporti politico-giuridici con il regime fascista, i quali rendevano maggiormente scabrosa la riconnessione del predicato sovrano ad un ordinamento giuridico (meglio diremmo: istituzione–ordinamento) piuttosto che allo Stato–persona giuridica e rendevano affatto implausibile l’affaccio della categoria della sovranità privata. In chiusura di proemio, la presente postulazione della teoria delle sovranità osserva la collaudata formula “a partire da” l’Autore di riferimento; talché starà al lettore di sceverare in essa quanto sia direttamente riportabile all’intimo pensiero di quest’ultimo e quanto sia, invece, riannodabile alla soggettività dell’interprete che abbia esonda. Ivi, pp. –.

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to dagli argini del suo stretto ufficio interpretativo per svolgerne uno impropriamente creativo nomine alieno. Del resto, la stessa opzione testuale della formula “a partire da”, impiegata sin dal titolo dell’opera, denuncia l’ambivalente, ellittico ed ibrido ubicarsi della ricerca sotto quella zona d’ombra che congiunge e disgiunge la descrizione esplicativa dalla proposizione teorica.