... colle che gli prospetta per una volta ancora tutta la sua valle, si volta, si ferma,
indugia –, così viviamo per dir sempre addio. (R.M. Rilke, Elegie duinesi, VIII) ...
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Antonio Di Gennaro
Metafisica dell’addio
Studi su Emil Cioran presentazione di Roberto Garaventa
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[email protected] via Raffaele Garofalo, 133/A–B 00173 Roma (06) 93781065 ISBN 978–88–548–3916–8 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: marzo 2011
Alla memoria di mio padre
Ma chi ci ha rigirati così che qualsia quel che facciamo è sempre come fossimo nell’atto di partire? Come colui che sull’ultimo colle che gli prospetta per una volta ancora tutta la sua valle, si volta, si ferma, indugia –, così viviamo per dir sempre addio. (R.M. Rilke, Elegie duinesi, VIII)
Indice
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Presentazione di Roberto Garaventa Nota biografica
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Capitolo I La filosofia come “ermeneutica delle lacrime” §1. Dio, la creazione, il nulla, 21 – §2. Insonnia, disperazione, cafard, 25 – §3. Coscienza, conoscenza, sofferenza, 29 – §4. Liberazione, salvezza, felicità, 33 – §5. La preghiera, la scrittura, le lacrime, 38
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Capitolo II Dalla “fede nel nulla” alla “preghiera muta” §1. Il nulla e la vita, 43 – §2. La noia come Lebensgefühl, 47 – §3. L’inferno del tempo e il bisogno di Dio, 52 – §4. La preghiera in assenza di Dio, 57 – §5. Considerazioni conclusive, 62
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Capitolo III Filosofia del sonno e scrittura della morte §1. Nascita, coscienza, desiderio, 65 – §2. Sonno, incoscienza, liberazione, 70 – §3. La scrittura come pratica terapeutica, 75 – §4. L’idea del suicidio e la morte, 79
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Epilogo Fonti Riferimenti bibliografici
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Presentazione di Roberto Garaventa
Il filosofo rumeno Emil Cioran, da molti considerato come il più corrosivo “scettico” della seconda metà del Novecento, è stato non solo uno dei critici più radicali della cultura occidentale, ma anche uno dei maggiori scrittori di lingua francese. Nato nel 1911 in un paesino della Transilvania – regione multietnica (di magiari, rumeni e tedeschi) che a quel tempo faceva ancora parte della zona ungherese dell’impero asburgico, ma passò alla Romania subito dopo la fine della prima guerra mondiale –, dopo aver frequentato il liceo nella cittadina di Hermannstadt (l’odierna Sibiu), aver studiato filosofia ed estetica all’Università di Bucarest e aver soggiornato un paio d’anni a Berlino, nel 1937 ricevette dall’Institut Français di Bucarest una borsa di studio per addottorarsi a Parigi – città dove, a causa prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e poi dell’avvento al potere dei comunisti in Romania, rimase da apolide fino alla morte nel 1995. Dopo aver trascorso quasi dieci anni nella capitale francese conducendo una vita ritirata e modesta (abitando in camere d’hotel o in minuscole mansarde e mangiando sistematicamente alla mensa universitaria), apprezzato dagli amici (tra cui alcuni suoi celebri connazionali, a loro volta emigrati, come Mircea Eliade, Eugene Ionesco e Paul Celan) per il suo affascinante eloquio e la sua sterminata cultura, ma sconosciuto ai più, decise di troncare definitivamente col proprio passato e di imparare a scrivere in francese, mostrando in questo una straordinaria capacità (forse derivatagli dal fatto di essere cresciuto in un ambiente multiculturale) di muoversi
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tra mondi linguistici differenti. Fu una decisione sofferta – “A 37 anni cambiare lingua non è un’impresa facile. In fondo è una tortura, ma una tortura produttiva, un’avventura capace di dare senso all’esistenza (e sa Dio quanto l’esistenza ne abbia bisogno!). A chi soffra di crisi depressive raccomando d’imparare una lingua straniera; la parola dà nuova forza, la parola rinnova. Se non mi fossi pervicacemente impegnato a imparare il francese, probabilmente mi sarei suicidato. Ogni lingua è un continente, un universo, e chi se ne appropria è un conquistatore” –, ma vincente. Pur avendo già dato alle stampe in patria una nutrita serie di opere – a cominciare da quel Pe culmile disperrii (Al culmine della disperazione) del 1934 in cui troviamo condensate tutte le tematiche da lui sviluppate nelle sue opere successive –, egli raggiunse infatti la celebrità proprio in Francia con la pubblicazione, presso la rinomata casa editrice parigina Gallimard, di una serie di lavori in lingua francese dai titoli paradossali, ma al contempo estremamente provocanti: Sommario di decomposizione, Sillogismi dell’amarezza, La tentazione di esistere, La caduta nel tempo, Il funesto demiurgo, L’inconveniente di essere nati, Squartamento. Paragonato, per il modo saggistico-aforismatico di scrivere e la verve polemica nei confronti delle verità tradizionali e della cultura dominante, al suo “maestro” Friedrich Nietzsche (da lui per altro più tardi accusato di aver sostituito gli antichi idoli con degli idoli nuovi e quindi di essere un “falso iconoclasta”), questo eretico moderno, tormentato da un’insonnia cronica e dall’ossessione della morte, accusato (ingiustamente) di essere un pessimista e un misantropo, capace di rifiutare “per onestà” il “Grand Prix Morand” attribuitogli dalla Académie Française, ha incarnato in maniera esemplare quel modo di filosofare antiaccademico e antisistematico, d’impronta fortemente autobiografica, che ha avuto in Kierkegaard, Nietzsche e Wittgenstein i suoi più significativi rappresentanti. Pur avendo costruito la sua “incompiuta” visione del mondo attingendo alle tradizioni di pensiero più diverse (le antiche dottrine sapienziali dell’estremo oriente, lo scetticismo della classicità greco-romana, la mistica cristiana, la moralistica francese, lo spiritualismo russo –
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testimonianze per nulla scolorite del disperato tentativo dell’umanità di dare una risposta all’esperienza tragica e inquietante dell’assurdità dell’esistere), Cioran è stato influenzato soprattutto da quella filosofia tedesca della vita che, sviluppatasi nella temperie romantica a cavallo tra Settecento e Ottocento come reazione alle pretese assolutizzanti della ragione illuministica e scientista, utilizzava forme di scrittura e di pensiero molto più ricche e flessibili di quelle della logica formale o dell’ontologia tradizionale. Mi riferisco non solo a Arthur Schopenhauer e a Friedrich Nietzsche, ma anche a Georg Simmel, Oswald Spengler e Ludwig Klages – pensatori accomunati dalla convinzione che la riflessione filosofica abbia un valore solo se è utile alla vita, ovvero se è riflessione esistentivamente mossa, e che l’esperienza vissuta abbia in filosofia una netta preminenza rispetto all’intelletto astraente che frantuma la realtà e ci estranea da essa: “Tutto ciò di cui mi sono occupato, tutto ciò di cui ho discorso durante la mia vita, è indissociabile da ciò che ho vissuto. Non ho inventato nulla, sono stato soltanto il segretario delle mie sensations”. Ora, allo scandaglio, all’analisi e alla ricostruzione del pensiero di Cioran, la lettura delle cui opere produce sempre uno straordinario effetto catartico, è dedicato questo meditato e accurato lavoro di Antonio Di Gennaro, che si inserisce autorevolmente nel (per altro non vastissimo) panorama degli studi più recenti su questo “scettico religioso”, alieno sì da ogni simpatia per fedi dogmaticamente consolidate o progetti utopicorivoluzionari, ma anche da ogni forma di quietismo filisteo e indifferentismo nichilistico. Esso focalizza la sua attenzione sugli aspetti centrali del pensiero di questo filosofo “inattuale”: l’esperienza dell’assurdità, tragicità e vanità dell’esistere, che s’impone prepotentemente e ineluttabilmente nei momenti di insonnia, di cafard (noia profonda), di disperazione; la rivolta contro l’idea di un dio (il “demiurgo malvagio”) che avrebbe creato una realtà segnata nel profondo dalla caducità, dalla sofferenza e dal male; la ricerca costante e inquieta (quasi religiosa) di un’impossibile Sinngebung (donazione di senso). Ho detto “quasi religiosa”, perché la religiosità, lungi dall’identificarsi
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con l’adesione a una fede storico-rivelata particolare (ben nota a Cioran, visto che suo padre era un pope greco-ortodosso), è piuttosto il prodotto di quella costitutiva e strutturale apertura della coscienza del singolo individuo a un orizzonte ultimo di senso (che potremmo chiamare “spazio della trascendenza”) da cui discende il giudizio di condanna sul male del mondo, ma che muove altresì da sempre la riflessione filosofica più autentica, nonché l’impegno politico-sociale più serio e la creatività poetico-artistica più alta.
Nota biografica
La vita ed io: due linee parallele che si incontrano nella morte. (E. CIORAN, 1940)
«Il fatto che io esisto prova che il mondo non ha alcun senso. Quale senso potrei trovare, infatti, nei tormenti di un uomo infinitamente tragico e infelice, per il quale tutto si riduce in ultima istanza al nulla, e per il quale la sofferenza è la legge di questo mondo? Che il mondo abbia permesso un esemplare umano della mia fatta prova soltanto che le macchie sul cosiddetto sole della vita sono così estese che finiranno per nasconderne la luce. La bestialità della vita mi ha calpestato e schiacciato, mi ha tagliato le ali in pieno volo e derubato di tutte le gioie a cui avevo diritto»1. Con queste parole, cariche di avversione e di malinconia, si esprime un giovane, tormentato Cioran al suo esordio letterario nel 1934. Parole che certamente testimoniano un disagio interiore, una in-sofferenza alla vita, ma che al tempo stesso delineano l’indole, la personalità e il destino di una delle voci filosofiche di maggior rilievo nell’ambito del “pensiero tragico” contemporaneo. Nato l’8 aprile 1911 a Rinari (Sibiu), un piccolo villaggio di pastori e contadini in Transilvania, da Emilian Cioran (prete ortodosso) e Elvira Comaniciu (presidentessa dell’associazione delle donne di religione ortodossa), Emil Cioran trascorre un’infanzia felice, decantata e amaramente rimpianta in tutte le sue opere con una forte vena di nostalgia: «Quando rievoco i 1 E. CIORAN, Al culmine della disperazione, tr. it. di F. Del Fabbro e C. Fantechi, Adelphi, Milano, 1998, p. 25.
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Nota biografica
miei primi anni di vita nei Carpazi – ricorda nei Cahiers – devo fare uno sforzo per non piangere. È molto semplice: non riesco a immaginare nessuno che abbia avuto un’infanzia paragonabile alla mia. Cielo e terra mi appartenevano, letteralmente. Persino le mie apprensioni erano felici. Mi alzavo e mi coricavo – da Signore del Creato. Ero consapevole della mia felicità e presentivo che l’avrei perduta»2. Dopo aver frequentato le scuole elementari nel piccolo villaggio natio, nel 1920, infatti, Cioran è costretto a trasferirsi a Sibiu, cittadina medievale a dodici chilometri da Rinari. Tale evento risulta per il piccolo Emil profondamente traumatico, vissuto come una incommensurabile perdita, come l’allontanamento dalla libertà, dai giochi, dalle montagne e dalla spensieratezza di bambino: «Quando ho compiuto dieci anni, i miei genitori mi hanno trapiantato in città. Mi ricordo ancora di quel viaggio, che ho fatto in una carrozza a cavallo; ero completamente disperato. Mi avevano sradicato, e durante il tragitto, che è durato un’ora e mezzo, ho avuto il presentimento di una perdita irreparabile»3. A Sibiu Cioran frequenta prima le scuole medie poi il Liceo “Gheorghe Lazr”, imparando man mano ad ambientarsi e ad amare il nuovo centro di residenza, soprattutto per l’elemento multietnico (a quei tempi convivevano a Sibiu rumeni, ungheresi e tedeschi). Nel 1932 Cioran si laurea in filosofia all’Università di Bucarest con una tesi su Bergson. Durante gli anni universitari ha come colleghi Mircea Eliade (futuro storico delle religioni) e Constantin Noica (scrittore e filosofo) e come suo principale professore Nae Ionescu, docente di logica e di metafisica. Tra il 1933 e il 1935 approfondisce gli studi di filosofia a Berlino, affascinato dal pensiero di Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche, Heidegger, Sèstov, Simmel. Qui subì l’influenza del partito nazionalsocialista hitleriano, tanto che, al suo ritorno in pa2 E. CIORAN, Quaderni 1957-1972, tr. it. di T. Turolla, Adelphi, Milano, 2001, p. 151. 3 E. CIORAN, Un apolide metafisico. Conversazioni, tr. it. di T. Turolla, Adelphi, Milano, 2004, p. 127.
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tria, divenne sostenitore della “Guardia di Ferro”, movimento romeno di estrema destra fondato da Corneliu Zelea Codreanu. In questi anni pubblica diversi articoli su riviste quali: “Gândirea”, “Vremea”, “Floarea de foc”, “Calendarul”, “Cuvântul”, “Azi”. In realtà, sin dagli anni giovanili, Cioran soffre di una profonda, acuta depressione con conseguente/persistente crisi di insonnia. A causa di tale condizione, stremato mentalmente e fisicamente, Cioran matura una concezione assai funesta della vita, caratterizzata dalla nullità di tutte le cose e dal dolore universale: «[…] ricordo che girovagavo per ore nel centro della città – Sibiu […] uscivo verso mezzanotte e passeggiavo senza meta, eravamo soltanto qualche puttana e io in una città vuota, nel silenzio totale della provincia. Girovagavo per ore, come una specie di fantasma, e tutto ciò che ho scritto in seguito è stato elaborato durante quelle notti»4. In balìa dell’insonnia Cioran scrive il suo primo libro Pe culmile disperrii (Al culmine della disperazione), pubblicato nel 1934, che contiene già i concetti fondamentali della sua drammatica “visione del mondo” (angoscia, solitudine, morte) e che gli valse il Premio come opera prima dell’Accademia Reale per giovani autori. Tale volume segna l’addio di Cioran alla filosofia e l’adesione ad un’esperienza di pensiero “eremitica”, patica: «L’ho scritto a ventidue anni, – riferisce in un’intervista a Sylvie Jaudeau – dopo aver terminato gli studi di filosofia. È un libro esplosivo e barocco […] Questo mio lavoro è una sorta di addio, rabbioso e stizzito, alla filosofia, è il bilancio negativo di una forma di pensiero rivelatasi un passatempo ozioso, incapace di affrontare uno smarrimento sostanziale. In preda all’insonnia che devastava la mia salute, ho scritto una requisitoria contro una filosofia priva di qualsiasi efficacia nei momenti gravi, le ho rivolto un ultimatum carico di odio»5.
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Ivi, p. 322. Ivi, p. 243.
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Accusata di «eludere i veri tormenti»6, Cioran critica la filosofia di essere un sapere astratto delle cose (lontana dalla realtà e dall’uomo), e predilige invece il filosofare, forma di pensiero non sistematica, frammentaria, intesa come meditazione esistenziale del singolo sui conflitti e le lacerazioni dell’anima. Cioran vede ora in Heidegger, autore amato durante gli anni di Università, l’antifilosofia, la filosofia inautentica, una filosofia astrusa, accademica, ebbra di sé, incentrata unicamente sul linguaggio e sui giochi di parole: «Manipolatore senza pari, Heidegger è dotato di un vero e proprio genio verbale, che spinge però troppo oltre, dando al linguaggio un’importanza vertiginosa. È stato proprio questo eccesso a suscitare in me dei dubbi, quando nel 1932 leggevo Sein und Zeit. La vanità di un tale esercizio saltava agli occhi. Ho avuto l’impressione che si cercasse di abbindolarmi con le parole. Devo ringraziare Heidegger perché è riuscito, con la sua prodigiosa inventiva verbale, ad aprirmi gli occhi. Ho capito che cosa si doveva assolutamente evitare»7. Nel 1936 Cioran pubblica Cartea amgirilor (Il libro delle lusinghe) e nel 1937 Schimbarea la fa a României (La trasfigurazione della Romania), opera controversa di carattere politico nella quale esprime la propria adesione all’ideologia nazionalista, alternando sentimenti antidemocratici e antisemiti che gli provocheranno forti critiche. Dopo una brevissima esperienza lavorativa come docente di filosofia presso il Liceo “Andrei Saguna” di Braov e dopo aver pubblicato a proprie spese il volume Lacrimi i sfini (Lacrime e santi), nel 1937, grazie ad una borsa di studio offerta dall’Istituto francese di Bucarest, Cioran si trasferisce in Francia per lavorare ad una tesi di dottorato. In realtà non porterà mai a termine tale lavoro, ma continuerà a restare a Parigi, vivendo di espedienti, e quindi in ristrettezze economiche, soggiornando in modesti alberghi del Quartier Latin e frequentando la mensa universitaria sino ai quarant’anni.
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Ivi, p. 245. Ivi, p. 244.
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Del 1940 è Amurgul gândurilor (Il crepuscolo dei pensieri), ultima opera in lingua rumena. A partire dal 1947, infatti, Cioran inizia a scrivere esclusivamente in francese. La svolta avviene durante una vacanza in Normandia mentre cerca di tradurre in rumeno Mallarmé. Cioran percepisce l’inutilità di tale compito e decide di abbandonare la lingua materna, adottando il francese come unica lingua: «Cambiare lingua a trentasette anni – ricorda – non è un’impresa facile. Per la verità è un martirio, ma un martirio fecondo, un’avventura che conferisce un senso all’esistenza (essa ne ha davvero bisogno!). Raccomando a chiunque attraversi una crisi di depressione di andare alla conquista di un idioma straniero, di rinvigorirsi, attraverso il Verbo. Senza il mio accanimento a conquistare il francese mi sarei forse suicidato»8. Vedono così la luce, presso l’editore Gallimard, opere importanti nelle quali Cioran continua a rappresentare la propria inquietudine nei riguardi dell’esistenza e a delineare, con penetrante lucidità, la propria tragica Weltanschauung. Tra le più importanti ricordiamo: Précis de décomposition (Sommario di decomposizione, 1949), Syllogismes de l’amertume (Sillogismi dell’amarezza, 1952), La Tentation d’exister (La tentazione di esistere, 1956), Histoire et utopie (Storia e utopia, 1960), La Chute dans le temps (La caduta nel tempo, 1964), Le Mauvais Démiurge (Il funesto demiurgo, 1969), De l’inconvénent d’être né (L’inconveniente di essere nati, 1973), Écartelèment (Squartamento, 1979), Exercices d’admiration (Esercizi di ammirazione, 1986), Aveux et Anathèmes (Confessioni e anatemi, 1987). Colto dal morbo di Alzheimer, Cioran muore a Parigi il 20 giugno 1995, all’età di 84 anni. Postumi vengono pubblicati, grazie al lavoro di Simone Boué (compagna di Cioran), i Cahiers 1957-1972 (Quaderni 1957-1972), autobiografia segreta del Nostro contenuta in trentaquattro quadernetti, preziosissima
8 E. CIORAN, Fascinazione della cenere. Scritti sparsi (1954-1991), a cura di M. A. Rigoni, Il Notes Magico, Padova, 2005, p. 45.
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Nota biografica
fonte di informazioni per ricostruire il percorso filosofico ed umano del pensatore rumeno.