NORMA CEI 11 27, TERZA EDIZIONE - Sicurweb

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impianti di I categoria, e la Norma CEI Sperimentale 11-27/1, attinente i requisiti ... L'odierna edizione della Norma CEI 11-27 si pone come traduzione della ...
Cosa cambia nella sicurezza dei lavori sugli impianti elettrici.           

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Dallo scorso aprile è entrato in vigore la terza edizione della Norma CEI 11-27: “lavori su impianti elettrici”, febbraio 2005, fasc. 7522. di conseguenza, sono annullate l’edizione prima, dell’aprile 1993, reingegnerizzata nel 1997 con l’edizione seconda, riguardante i lavori fuori tensione e sotto tensione sugli impianti di I categoria, e la Norma CEI Sperimentale 11-27/1, attinente i requisiti minimi di formazione previsti per operare fuori tensione sui sistemi elettrici di categoria 0, I, II, III e sotto tensione sui sistemi 0 e I. Una delle ragioni che ha determinato l’aggiornamento è da ricercarsi nell’uscita della seconda edizione, dopo quella del 1998, della Norma CEI EN 50110-1 (1): “Esercizio degli impianti elettrici”, febbraio 2005, fasc. 7523, cui aveva fatto seguito solamente la Variante V1, novembre 2001. Era, inoltre, sentita l’esigenza di armonizzare gli aspetti operativi dell’attività sugli impianti di bassa tensione con i principi concettuali introdotti in ambito europeo e di regolamentare, sempre in termini operativi, i lavori fuori tensione ed in prossimità sulle installazioni AT. L’odierna edizione della Norma CEI 11-27 si pone come traduzione della Norma CEI EN 50110, che fissa i requisiti minimi di sicurezza che ogni Paese aderente al CENELEC deve garantire nella produzione della propria normativa nazionale. Essa si colloca come strumento applicativo, esplicativo ed integrativo per gli aspetti non trattati dalla Norma base, nei confronti della quale resta in tutto coerente, con l’unica eccezione del rispetto della normativa di legge ancora in vigente in materia. L’articolo costituisce un commento ed un’illustrazione delle principali e più significative novità intervenute. Sono riportate anche osservazioni sugli adattamenti operati rispetto alla Norma CEI EN 50110, allo scopo di contenerne le ricadute operative sulle realtà organizzative nazionali. 67587785$'(//$1250$  Nella tabella 1 è riportata la struttura della Norma CEI 11-27, nel seguito della Norma. Il capitolo delle definizioni è piuttosto articolato. Le 36 definizioni utilizzate sono funzionali alla descrizione delle procedure operative e delle misure di sicurezza previste per i tre metodi di lavoro fondamentali, di cui ai capitoli 11, 12 e 13. Altresì essenziali, ai fini della comprensione dello spirito della Norma, sono le parti dedicate alla pianificazione/organizzazione del lavoro e all’individuazione delle competenze attribuite alle varie figure organizzative. Praticamente invariata è rimasta la parte riguardante la formazione, trattata sia nel capitolo 5, sia nel capitolo 12, per gli aspetti attinenti il conferimento della idoneità ad operare sotto tensione. &$032'¶$33/,&$=,21( E’ ribadita l’applicabilità anche ai lavori non elettrici, definiti come quelli che non coinvolgono impianti elettrici oppure che li coinvolgono esclusivamente quando sono in sicurezza, ma sempre per l’esecuzione di attività di natura non elettrica. Un esempio classico sono i lavori edili in prossimità di linee elettriche aeree in conduttori nudi, come noto a tutt’oggi regolati dagli articoli 1 e 11 del DPR n. 164/56. A tale proposito, la Norma non esprime in ordine la possibilità, per le aziende che operano con persone esperte nel settore della costruzione e dell’esercizio delle linee elettriche, di essere escluse dall’obbligo di estendere comunque la distanza di prossimità al valore di cinque metri, purché si siano dotate al riguardo di procedure/metodi di lavoro nell’ambito della valutazione dei rischi aziendali [1]. Non sono trattati, inoltre, i lavori sotto tensione su impianti con tensione nominale superiore a 1.000 V (impianti di II e III categoria), che continuano ad essere disciplinati dalla Norma CEI 11-15, parte integrante dei Decreti Ministeriali 9 giugno 1980 [2] e 13

luglio 1990 [3]. In tabella 2 è riportata la sintesi delle normative in vigore e il relativo campo d’ applicazione, riferite ai valori delle tensioni nominali previste dalla Norma impianti [4]. '(),1,=,21, Per una migliore comprensione del commento, si prende spunto da alcune delle principali definizioni introdotte.

 

%DVVDWHQVLRQH>S@ Per il rispetto dovuto alle disposizioni di legge [5], viene assunto come BT il livello di 1.000 V, sia in corrente continua, sia in corrente alternata, essendo questa la soglia oltre la quale non è più consentita l’ attività sotto tensione senza l’ abilitazione di legge prevista dai riferiti Decreti ministeriali(3). /DYRURHOHWWULFR>S@ Si è in presenza di lavoro elettrico quando si accede alle parti attive di un impianto e, in conseguenza di ciò, se ne adattano le misure di sicurezza, si è esposti ad un rischio elettrico (4). 'LVWDQ]DOLPLWH' HGLSURVVLPLWj' >SSH@ DL e DV rappresentano (figura1), rispettivamente, il limite esterno della zona di lavoro sotto tensione e della zona prossima; zone la cui invasione comporta un rischio che la Norma impone di controllare. DL assume, in pratica, il significato a suo tempo attribuito alla distanza di guardia. Nella tabella 3 sono messi a confronto alcuni valori di DL e DV previsti dalla Norma CEI EN 50110 e dalla Norma in argomento. L’ aspetto più significativo è senz’ altro costituito dalla marcata differenza concettuale, per gli impianti di bassa tensione, fra l’ approccio utilizzato in sede comunitaria (DL = 0 e DV = 30 cm) e quello nazionale, dove si continua ad assumere: DL = 15 cm e DV = 65 cm, non potendo non tener conto dei vincoli presenti nella legislazione nazionale(5). L’ impostazione europea è solo apparentemente meno restrittiva, sussistendo l’ obbligo di attuare delle misure di sicurezza, per non andare a contatto con la parte attiva, non appena viene invaso la spazio di prossimità, fissato dalla Norma CEI EN 50110 in 30 cm. Tutto ciò deriva dal fatto che DL e DV sono distanze con un significato convenzionale e non prettamente fisico. Per le tensioni maggiori, si può notare il criterio maggiormente conservativo adottato dal CEI, in particolare per la determinazione della distanza di prossimità, ripresa da una regola non più esplicitata in sede europea: DV = DL + K dove K vale: - 50 cm per U ≤ 1 kV - 100 cm per 1 < U ≤ 110 kV - 200 cm per U > 110 kV, con U: tensione nominale del sistema elettrico interessato. Decadono, pertanto, anche i valori riportati dalla Variante V1, già richiamata, in funzione della tensione di tenuta ad impulso dei componenti dell’ impianto. Va detto, però, che l’ adozione di distanze limite più elevate porta a ridurre, come vedremo a proposito del lavoro in prossimità, i margini utili per non penetrare nella zona di lavoro sotto tensione. 0DJJLRUD]LRQHHUJRQRPLDH'LVWDQ]DVLFXUD>SSH@ La prima va sommata a DL per ottenere la seconda, definita coma la misura cautelativa per non invadere involontariamente il volume della zona di lavoro sotto tensione. La distanza sicura, che viene utilizzata nei lavori in prossimità di parti attive non in sicurezza, può essere adottata solamente in casi particolari, dopo aver verificato l’ effettiva efficacia. =RQDG¶LQWHUYHQWR>S@ E’ riferito all’ attività sotto tensione in BT. Viene specificato che deve essere di dimensioni contenute (nella pratica si è consolidato accettabile un volume non superiore a 50 x 50 x 30 cm), affinché l’ operatore possa

avere sotto controllo tutte le parti attive su cui interviene. Nel quale caso, è accettato anche che le installazioni non siano tutte perfettamente frontali alla visuale dell’ operatore. La non tassatività della delimitazione si riferisce alle situazioni presenti in molti quadri di bassa tensione, dove le parti attive diverse da quelle su cui si opera sono diverse.  3HUVRQDHVSHUWD 3(6 >S@ La definizione europea è stata integrata (p. 5.2.1, Cap.5: “ formazione e profili professionali” ) con l’ indicazione delle caratteristiche attitudinali necessarie per ricoprire il ruolo di preposto, che costituiscono i veri elementi distintivi rispetto alla Persona Avvertita (PAV), ossia: la capacità di sovrintendere , coordinare e istruire altri lavoratori a lui affidati. Questa figura assomma in sé la più elevata professionalità e capacità, per cui è ad essa che devono essere affidati i lavori più complessi e a maggior rischio. Per logica, si pone pertanto in posizione gerarchicamente superiore alla figura della persona avvertita (PAV)(6) . Importante sottolineare che possono essere classificati come PES solamente lavoratori adibiti professionalmente a lavori elettrici (7). 3HUVRQDSUHSRVWDDOODFRQGX]LRQHGHOO¶LPSLDQWR UHVSRQVDELOHGHOO¶LPSLDQWR5, >S@ La definizione di per sé non dice molto. Occorre, quindi commentarla globalmente con i compiti assegnati a tale figura (p. 6.1, Cap.6: “ Ruoli operativi del RI e del PL” ) e con le deleghe che RI può conferire per l’ espletamento del proprio ruolo (p. 11.3, Cap.11: “ Il processo” ). Ogni soggetto, a qualsiasi titolo detentore di un impianto elettrico che espone dei lavoratori, in regime di lavoro dipendente, ai rischi derivanti dall’ esercizio dello stesso, assume il ruolo di Datore di Lavoro. Conseguentemente, deve nominare,all’ interno dei documento di valutazione dei rischi aziendali, di cui all’ Art.4 del D.Lgs 626/94 (Piano della sicurezza), un Responsabile della conduzione dell’ impianto (RI). In presenza di impianti di grandi dimensioni e potenza, la conduzione dell’ impianto è affidata ad una vera e propria organizzazione di uomini, mezzi e tecnologie (reparto interno dell’ azienda). In altri casi, le risorse possono essere esterne all’ azienda (outsourcing – affidamento in appalto di servizi a ditta specializzata delle attività di conduzione e manutenzione ovvero della sola manutenzione). Il capo di queste unità operative è il RI. Poiché il RI non può normalmente svolgere in prima persona tutti i compiti che la Norma gli assegna (conduzione/esercizio, lavori e manutenzione), è prevista la possibilità di delegare, di volta in volta, una parte degli stessi. Nel primo caso e pure nel secondo, se è stata esternalizzata anche la conduzione, sulla scorta delle disposizioni contenute nel Piano della sicurezza, il RI conferisce deleghe a persone a lui subordinate, ad esempio:  trasferimento della conduzione della parte d’ impianto oggetto dei lavori: ossia autorizzazione a porlo fuori servizio per un determinato tempo (durante io lavori, il nome della persona indicato nel Pino di lavoro – PdL, vedi p. 3.28 – come RI diventa Responsabile dell’ impianto limitatamente alla parte oggetto dei lavori)  individuazione delle persone autorizzate ad elaborare i PdL  individuazione delle persone abilitate ad attuare i PdL (esecuzione delle manovre, consegna dell’ impianto, individuazione e delimitazione della zona di lavoro). 3HUVRQDSUHSRVWDDOODFRQGX]LRQHGHOO¶DWWLYLWjODYRUDWLYD SUHSRVWRDLODYRUL3/ >S@ Anche per questa figura occorre comparare l’ iniziale definizione, molto sintetica, con i punti:  6.2 del Cap. 6 (I ruoli operativi/attribuzione dei compiti)  12.4.1 del Cap. 12 (Lavori sotto tensione)  4.3 Organizzazione – Norma CEI EN 50110. Non risulta esplicito che il PL non effettua alcuna valutazione del rischio e che non spetta a lui pianificare l’ esecuzione dei lavori. Il PL deve attuare a far in mantenere in opera sul posto di lavoro le misure di sicurezza stabilite da altri e riportate nei documenti, quali il PdL, il Piano della sicurezza aziendale e i relativi metodi di lavoro di cui è destinato, verificandone l’ effettiva applicabilità, ossia la conformità delle condizioni impiantistiche ed ambientali con quelle previste nei riferiti documenti. Al più è chiamato a risolvere le insorgenze di rischio non previste in sede di pianificazione. Può, invece, delegare una parte dei compiti quando riscontra, durante l’ esecuzione dei lavori, l’ impossibilità di sovrintendere ad una parte delle operazioni pianificate di cui è responsabile dell’ effettuazione in sicurezza. Da qui l’ eventuale esigenza di designare un secondo preposto, a lui comunque subordinato (art. 4.3 Norma CEI EN 50110).

7HUUDGLVH]LRQDPHQWR>S@ La definizione richiama l’ opportunità di valutare casso per caso l’ inserimento della messa a terra nei punti in dove vengono effettuati i sezionamenti. Per fare un esempio (figura 2), la chiusura del sezionatore di terra ST in un impianto, quando non sostitutiva della messa a terra di lavoro perché non visibile e non sotto il controllo del PL e degli addetti, è sovente effettuata allo scopo di impedire la richiusura intempestiva del sezionatore di linea SL’ assolvendolo così alla seconda delle cinque regole essenziali per operare fuori tensione (8) . Ciò, però, comporta il trasferimento sul posto di lavoro, quando questo si trovi in posizione indipendente, dalla tensione totale di terra UE nel caso si verifichi un guasto a terra all’ interno dell’ impianto dove è stata effettuata la messa a terra di sezionamento. Sulla questione si ritornerà per commentare i provvedimenti da prender per l’ equipotenzializzazione del posto di lavoro, qualora in sito non sia presente una rete di terra. 7HUUDGLODYRUR>SH@ La messa a terra ed il cortocircuito costituisce la fondamentale misura di sicurezza per lavorare fuori tensione. Tuttavia, la sua messa in opera non è sempre obbligatoria(9) . lo diventa, ad esempio, per lavori sugli impianti di bassa tensione, se non è stato possibile il sezionamento di tutte le fonti di possibile alimentazione, e sulle linee elettriche aeree BT, se sussistono rischi di contatti diretti i influenze con altre linee intersecate o parallele. In questi casi, se non è possibile l’ installazione della messa a terra ed in cortocircuito sul posto di lavoro, ad esempio per inaccessibilità delle parti attive dell’ impianto, occorre operare secondo le procedure previste per l’ esecuzione dei lavori sotto tensione. Le caratteristiche ed i requisiti della messa a terra ed in cortocircuito, sono:  deve risultare visibile dal posto di lavoro a tutti gli addetti  deve essere apposta da entrambi i lati in caso d’ interruzione del circuito  per i cavi AT deve essere effettuata ed entrambi gli estremi sezionati o nei punti nudi più vicini ad essi; in questo caso le terre di sezionamento assumono la valenza di terre di lavoro  la sua installazione è completa del PL. Nella figura 3 è rappresentata l’ applicazione delle cinque regole essenziali per la messa in sicurezza di una linea in cavo MT. L’ accesso ai conduttori o anche semplicemente allo schema del cavo, se questo non è identificabile a vista da terminale a terminale, è subordinato alla sua univoca individuazione sul posto di lavoro, anche mediante tranciatura o perforazione. Nel diagramma di figura 4 è,invece, riportato il caso tipico delle condizioni, tutte da verificare, per operatori fuori tensione su una linea elettrica di AT, mettendo a terra solamente il conduttore su cui si lavora, senza, quindi, dover installare anche il cortocircuito fra tutti i conduttori (art. 6.2.4.3, Norma CEI EN 50110). La condizione più difficile da realizzare è l’ ultima, perché comporta un posizionamento degli addetti, dimensione dell’ attrezzatura e dei mezzi di accesso tali da rendere impossibile l’ invasione della distanza DL degli altri conduttori. ,PSLDQWRGLODYRURFRPSOHVVR>S@ La definizione è molto articolata. L’ emissione dei Piani di lavoro e d’ intervento è obbligatoria se il lavoro deve essere eseguito su un impianto complesso. Forse era sufficiente demandare al Piano della sicurezza aziendale l’ individuazione degli impianti e dei lavori complessi. Ad esempio, considerando a maggior rischio i lavori sulle installazioni a tensione superiore a 1 kV e anche sugli impianti BT qualora sussista la possibilità di invadere la zona prossima di impianti AT, avendo però cura di attuare una drastica coincidenza del RI con il PL. Una individuazione univoca dell’ impianto complesso, aderente al dettato della Norma, si può ricavare seguendo il diagramma della figura 5, dove per altro resta ancora l’ indeterminatezza dovuta alla locuzione: “ presenza di circuiti AT” che, in senso restrittivo, può essere estesa alle situazioni di lavoro in prossimità. Lascia qualche perplessità la delega rilasciata al PL, al quale, come già detto, non spetta la valutazione del rischio, nel caso di specie, di stabilire se particolari condizioni, possono elevare un lavoro a livello complesso con le relative considerazioni procedurali. La valutazione della complessità del lavoro deve precedere la fase operativa, proprio perché può risultare pregiudizievole della sicurezza doverlo decidere sul campo. La regola dovrebbe essere sempre quella: “ di preparare per prevenire” .

3LDQRGL/DYRUR 3G/ H3LDQRG¶LQWHUYHQWR>SSH@ Avendo la Norma CEI EN 50110 (art. 4.3) sancito l’ obbligo della preparazione scritta dei lavori complessi, la nuova Norma prevede di darvi attuazione mediante la predisposizione di due documenti, che devono contenere l’ individuazione e la valutazione dei rischi dello specifico lavoro. In essi s’ intrecciano, senza una distinta collocazione, prescrizioni d’ esercizio (manovre per cambio dell’ assetto dell’ impianto, taratura delle protezioni, ecc..) con disposizioni e comunicazioni che attengono l’ applicazione delle regole fondamentali per operare in sicurezza, nonché le altre misure eventualmente necessarie. Il PdL (mod. PL1) è di competenza del RI, con la collaborazione del PL (vedasi anche art. 11.3) (10). Quest’ ultimo deve poi redigere il Piano d’ intervento (mod. PI 1), che costituisce una vera e propria pianificazione delle fase operative. Il Piano d’ intervento è una sorta di documento autoreferenziale del PL, in quanto non è previsto che sia sottoposto ad alcuna approvazione da parte delle figure che entrano nel processo lavorativo. Nella pratica c’ è da attendersi che sarà applicata sistematicamente la deroga, di cui all’ art. 8.4, che contempla la possibilità di elaborare un unico documento. La Norma, in questo caso, non fornisce un facsimile di modulistica, la cui compilazione verosimilmente compete al RI, ancorché non sia esplicitato. &RQVHJQDGHOO¶LPSLDQWR>SH@ Per l’ espletamento di questa azione è previsto un documento (mod. CR1), con il quale l’ impianto oggetto dei lavori viene consegnato dal RI al PL e da questi restituito al termine dagli stessi. La disposizione trae la sua origine, per gli impianti AT,, dall’ art. 346 del DPR 547/55. ora, riprendendo quanto già contemplato dalla cessata normativa (11) , l’ obbligo viene esteso anche agli impianti BT tutte le volte che RI non coincide con il PL. Per altro, nei lavori fuori tensione non appare possibile effettuare la consegna mediante una comunicazione orale documentata, dovendo RI trovarsi sul posto di lavoro per poter identificare e delimitare, al PL, l’ impianto o la parte di esso sede dei lavori. Nella figura 6 sono sintetizzate le varie fasi del processo previsto per i lavori fuori tensione in relazione alla complessità dell’ impianto. E’ possibile, pur in presenza di lavoro complesso, omettere la compilazione del Pino d’ intervento se il lavoro è di tipo ripetitivo/standardizzato, per il quale l’ azienda abbia predisposto delle apposite schede metodo di lavoro (mod. PI 2) ,che descrivono:  in quali condizioni devono trovarsi gli impianti presi in consegna  le misure di sicurezza da adottare  l’ attrezzatura di sicurezza e DPI da impiegare  la sequenza e la descrizione delle fasi operative. In questo caso il PL, in pratica, sottoscrive solamente il mod. PI 2, che contiene le disposizioni di cui sopra, impegnandosi al loro rispetto. La consegna dell’ impianto è prevista anche nel caso di lavori sotto tensione [art. 12.5.1 – i]. Poiché il soggetto responsabile di garantire la continuità del funzionamento dell’ impianto è il RI, questi deve comunque mantenersi in ogni istante in contatto con il PL, sia per poter ripristinare il servizio in modo tempestivo, qualora durante i lavori sia stato provocato un guasto temporaneo, sia, soprattutto, per la salvaguardia della sicurezza degli operatori durante il rilancio di tensione per la riattivazione del servizio momentaneamente interrotto, sostitutiva della consegna, per gli impianti non complessi, è la delega temporanea alla conduzione dell’ impianto per la durata dei lavori e limitata alla sola parte sede dei lavori. In questo modo, il PL è autorizzato ad operare sugli organi di sezionamento e protezione per la disalimentazione dell’ impianto in tutti i casi ne ravvisi la necessità ai fini della sicurezza. La Norma non esemplifica né il modulo per la consegna di impianti in tensione, né quello per l’ eventuale delega. 127(  Classificazione CEI 11-48. Resta in vigore la seconda parte: CEI EN 50110-2, classificazione CEI 11-49, che consiste di un insieme di allegati normativi che riportano le prescrizioni tecniche e di legge nazionali di sicurezza, valide nei Paesi aderenti al CENELEC e riconosciute come fonti normative prioritarie.  Quando non diversamente specificato, i punti richiamati fanno riferimento al testo della Norma CEI 11-27 in argomento.  La Norma definisce anche il livello media tensione (MT) come il range 1 ÷ 30 kV, che però nel seguito non ha pratica utilizzazione. Nel testo, infatti, si fa riferimento solamente alla discriminante BT/AT, ossia 1.000 V. Per altro, tale definizione appare, almeno in parte, in contrasto con quella riportata

dalla Norma CEI EN 50160: “ Caratteristiche della tensione fornita dalle reti pubbliche di distribuzione dell’ energia elettrica” , che definisce MT il livello di tensione compreso fra 1 kV e 35 kVeff utilizzato per la fornitura di elettricità all’ utenza.  Questo porta ad escludere, ad esempio, che le manovre siano lavori elettrici. Non sempre, invece, le manovre, ancorché effettuate su organi conformi alle relative Norme di prodotto, sono prive di rischi elettrici. Ad esempio, nell’ uso dei sezionatori a vuoto o degli interruttori di manovra sezionatori, non protetti all’ interno dei quadri, sussiste sempre il rischio dell’ alimentazione diretta da arco elettrico, per guato o malfunzionamento, per cui l’ operatore deve fare uso degli appositi occhiali o visiera di materiale inattinico per filtrare i raggi ultravioletti. Un’ altro esempi di manovra con presenza di rischio elettrico (contatti indiretti) è costituito all’ azionamento dei sezionatori montati su palo nelle reti di distribuzione.  L’ art. 344 del DPR n. 547/55, recita: “ E’ vietato eseguire lavori su elementi in tensione e nelle loro immediate vicinanze…” , volendo con questo sottolineare che il lavoro sotto tensione si determina non solo quando si va a contatto con le parti attive, ma anche quando si opera vicino ad essa.  La Norma, tuttavia, non si spinge a decretare l’ obbligo di riservare il ruolo di RI e di PL esclusivamente alle PES, classificate teli dal Datore di lavoro (DL) nell’ ambito del documento di valutazione dei rischi aziendali (Piano della Sicurezza).  Questo porterà a riconsiderare le decisioni al riguardo assunte da molte aziende i cui lavoratori, oltre a lavori elettrici svolgono anche altre attività ( ad esempio, di natura edile) necessarie per la realizzazione delle opere assegnate. Oggi non è raro rintracciare attribuzioni di PES a lavoratori adibiti ad una pluralità di mansioni, fra cui anche alcune caratteristiche dalla presenza di rischio elettrico, ma svolte saltuariamente.  Le cinque prescrizioni essenziali per operare fuori tensione, introdotte fin dalla prima edizione della Norma CEI EN 50110, come noto sono:  sezionare completamente  assicurarsi contro le richiusure  verificare l’ assenza di tensione  mettere a terra e in cortocircuito  proteggere contro le parti attive adiacenti  La messa a terra ed in cortocircuito, secondo il DPR n. 547/55, art. 345, è obbligatoria solamente per lavori sulle installazioni AT (>1.000 V).  Che disposizioni contenute nel documento debbano essere condivise dal PL non v’ è dubbio. Ma le prescrizioni d’ esercizio, propedeutiche ai lavori, dovrebbe essere contenute in un documento separato, che esuli dalla sicurezza, quindi non destinato al PL. Quest’ ultimo, infatti, è soggetto molto spesso estraneo alla conduzione dell’ impianto, quasi sempre appartenente ad impresa appaltatrice, che opera continuamente su realtà impiantistiche diverse da committente a committente, pertanto oggettivamente impossibili a fornire un contributo su aspetti d’ esercizio.  Norma CEI 11-27, ed. II, art. 2.4.01 %,%/,2*5$),$ >@D.Lgs. N.626 del 19 settembre 1994: “ Attuazione delle direttive CEE, riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro” . >@ Decreto Ministeriale 9 giugno 1980: “ Riconoscimento di efficacia di un sistema di sicurezza per i lavori elettrici sotto tensione dall’ Ente nazionale per l’ energia elettrica” . >@ Decreto Ministeriale n. 442 del 13 luglio 1990: “ Regolamento recante riconoscimento di efficacia di un sistema di sicurezza per lavori sotto tensione effettuati su impianti elettrici alimentati a frequenza industriale con tensione nominale d’ esercizio compresa tra 1.000 e 30.000 V” . >@ Norma CEI 11-1: “ Impianti elettrici con tensione superiore a 1 kV in corrente alternata” , Variante V1, ed. novembre 2000, fasc. 5887. V1/Ec, fasc. 6240-6241. >@ DPR n. 547 dl 27 aprile 1995: “ Norme per la prevenzione degli infortuni” .

 6WUXWWXUDGHOODHGL]LRQH,,,GHOOD1RUPD&(, &DSLWROR 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

$UJRPHQWR Scopo Campo di applicazione Definizioni Lavoro elettrico e rischio elettrico Formazione profili professionali I ruoli operativi del RI e del PL Principi generali di sicurezza Pianificazione del lavoro Misure - Prove - Ricerca guasti Riepilogo adempimenti e deroghe Lavori fuori tensione Lavori sotto tensione su impianti BT Lavori in prossimità Lavori non elettici Allegato A (informativo)-Modulistica

7$%(//$

 6LQWHVLGHOOHQRUPDWLYHLQYLJRUHHUHODWLYRFDPSRG¶DSSOLFD]LRQH 

)XRULWHQVLRQH

DPR n. 547/55

U > 30 kV

(*)

6RWWRWHQVLRQH DPR n. 547/55

Norma CEI 11-27 ed. III

U ≤ 1 kV U > 1kV U ≤ 30 kV

,QSURVVLPLWj

Dpr n. 547/55

Norma CEI en 50110 ed. II (*)

Norma CEI 11-27 ed. III

DM 13-7-90 CEI 11-15 ed. III

Norma CEI EN 50110ed. II DPR n. 5 Norma CEI 11-27 ed. III

(*)

DM 9-6-80 CEI 11-15 ed. III

Norma CEI EN 50110 ed. II (*) DPR 7-1-56 n. 164. L’ art. 1 estende l’ applicazione anche ai lavori di costruzione e manutenzione sulle linee ed impianti elettrici e l’ art. 11 vieta l’ attività a meno di 5 m da linee aeree nude. 7$%(//$

U [kV] ≤ 1 kV 15 20 132 150 380

 &RQIURQWRWUDDOFXQLYDORULGL' ('     &(,(1 &(, ' >P@ ' >P>@ ' >P@ ' >P>@

No contact 0,16 0,22 1,10 1,20 2,50

0,30 1,16 1,22 3,00 3,00 4,00

7$%(//$

),*85$Distanza limite (DL) e distanza di prossimità (DV)

0,15 0,20 0,28 1,52 1,67 3,94

 1,20 1,28 3,52 3,67 5,94

),*85$Distanza limite (DL) e distanza di prossimità (DV)

 ),*85$Messa in sicurezza linea MT in cavo

),*85$Caso particolare di lavoro su un solo conduttore di una linea AT

),*85$Definizione d’ impianto elettrico complesso

),*85$Le fasi del processo di pianificazione e consegna di un impianto per lavori fuori tensione