salva la fiaba

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27 dic 2013 ... 4 - Nigeria: il fratello ingrato gosciato Anansi, sapendo quanto al re premesse il suo nano-giullare. Il fatto è che Anansi non era un malandrino.
4 - Nigeria: il fratello ingrato Le FIABE AFRICANE di Okombo

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- FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

Le FIABE AFRICANE di Okombo Lo sapete perché talvolta vediamo per terra o in un prato una formica che procede a gran fatica, portandosi appresso o sulla testa un grosso seme, che per lei dev’essere uno sforzo tremendo? Questa fiaba che viene dalla Nigeria ci spiega il perché di questo strano comportamento… Il più vecchio si chiamava Anansi, il più giovane Tsin. Erano due fratelli contadini che avevano i propri campi uno a oriente e l’altro a occidente del loro villaggio. Un giorno, sul più brutto di una lunga siccità che aveva bruciato in poco tempo tutto il raccolto, Anansi decise di andar a far visita a suo fratello Tsin per vedere come se la stava cavando. Vi lascio immaginare la sua sorpresa quando, fatta l’ultima curva, si trovò di fronte a un campo lussureggiante di piante verdi e ricche di frutti gtrossi e succosi. Anansi si precipitò a casa del fratello e spalancò la porta urlando: – Ma com’è possibile, Tsin, che il tuo sia l’unico campo della valle ad aver dato frutti? Come hai fatto a non patire le disgrazie della siccità? Ti ha forse aiutato un diavolo? – Se quel diavolo ha le sembianze di un nano con la gobba, allora sì, sono stato aiutato da un demone! – Spiegati meglio, che non capisco… – Tempo fa, – cominciò a raccontare Tsin, – mentre passavo accanto alla

fontana del nostro villaggio ho visto il giullare del re seduto sul bordo che giocherellava con una fune. “Potresti aiutarmi, piccolo nano, a dar acqua al mio campo assetato?” gli ho chiesto. “È la cosa più facile che ci sia: basta chiedere con gentilezza e io rivelo a chicchessia il mio segreto. Procurati due bastoncini sottili e tamburella leggermente sulla mia gobba: l’acqua comincerà a cadere dalle nubi raccolte sopra il tuo campo e la siccità almeno per te sarà sconfitta!”. Effettivamente è bastato toccare la schiena curva del nano con due bastoncini e una pioggia torrenziale ha quasi allagato il mio podere… Anansi naturalmente decise di imitare il fratello ma, volendo ottenere un effetto ancor più portentoso, invece di due bastoncini sottili si procurò due bei bastoni nodosi che nascose dietro la schiena. Così conciato passò dalle parti della fontana del villaggio e vide il giullare del re seduto sull’orlo… – Mio fratello m’ha già detto tutto, nano, e so bene quel che devo fare per far piovere sul mio campo. Mi dai il permesso di tamburellare sulla tua schiena? – Accomodati pure, uomo, ma dove sono i tuoi bastoncini? – Eccoli qua! – esclamò Anansi, tirando fuori da dietro la schiena due randelli robusti, coi quali percosse così forte il poveretto da farlo morire di botte. “E adesso che faccio?” si disse an-

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4 - Nigeria: il fratello ingrato gosciato Anansi, sapendo quanto al re premesse il suo nano-giullare. Il fatto è che Anansi non era un malandrino qualsiasi, era un malandrino molto astuto: prese infatti il corpo esanime del nano e lo trascinò fin quasi in cima a un albero lì vicino. Poi corse a chiamare il fratello Tsin e con una scusa qualsiasi lo convinse a recarsi con lui alla fontana del villaggio. – Si può sapere dov’è andato il giullare del re? – chiese Tsin guardandosi in giro. – S’è arrampicato su quell’albero per vedere se trovava delle noci, ma non è più sceso! Tsin si coprì gli occhi con due mani e cercò di scrutare nel folto del fogliame. – Magari s’è bloccato a metà del tronco e non è più capace né di andar avanti né di scendere. Salgo a vedere… Accadde che, arrivato quasi in cima, Tsin trovò il corpo senza vita del nano ma, non appena fece per afferrarlo, il poveretto scivolò di lato e cadde dall’albero con un gran tonfo. E senza un grido di spavento. Tsin capì subito quel che era successo, perciò non appena ridiscese terra ascoltò tranquillo quel che aveva da dirgli il fratello. – Ma sei matto? – stava urlando Anansi con le mani nei capelli. – Hai ucciso il giullare del re e adesso l’ira del sovrano si abbatterà si di te! – L’ira? L’ira di chi?

– Ma del re, no? Gli hai ammazzato il suo buffone preferito… – Tranquillo, Anansi: in realtà devi sapere che il re era molto arrabbiato col suo giullare e ha messo addirittura una taglia di due sacchi d’oro da consegnarsi a chi che gli riporta, vivo o morto, il nano di corte! Anansi cambiò all’istante espressione: – Cosa? Dici sul serio? Due sacchi d’oro? Ma allora devo confessarti la verità: sono stato io a uccidere quel disgraziato e quindi tocca a me portarlo dal re… Tsin dopo un attimo di pausa sospirò e sorrise: – D’accordo, Anansi: pensaci tu! L’accoglienza del re non fu proprio quella che Anansi sperava. Non appena il sovrano si rese conto di quel che era successo al suo povero giullare, fece arrestare il reo confesso, che per colmo dell’ironia pretendeva il pagamento addirittura di due sacchi d’oro! La condanna fu senza appello: dopo aver fatto rinchiudere il corpo del povero nano in una cassetta, Anansi venne portato al cospetto del re. – Qua dentro è racchiuso il corpo del nano di corte, che tu hai ammesso d’aver ucciso a randellate. Bene: vivrai il resto dei tuoi giorni portando giorno e notte questa cassa incollata sulla testa, incatenata con quattro corde robuste! Avrai pace e potrai

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Le FIABE AFRICANE di Okombo liberarti da quel peso solo se riuscirai a trovare qualcuno che accetti di portare la cassa al posto tuo! Provò, Anansi, a rifilare la pena a qualcun altro, ma non trovò nessuno disposto a credere alle sue suppliche: – Solo per cinque minuti… cinque minuti soltanto, poi torno e mi riprendo la cassa! Il tempo di riposare un po’, di tirare il fiato, di bere una tazza di tè… Niente da fare: nessuno gli credeva! Nessuno, tranne una povera formica. Era una formica onesta e di buon cuore, talmente leale da pensare che anche tutti gli altri fossero perbene come lei. Perciò quando Anansi cercò di convincere anche lei… – Ti prego, formichina bella, ti lascio questa cassa per soli dieci minuti: entro in quel negozio, mi compro un paio di scarpe e poi torno. Te l’assicuro, te lo giuro sulla testa di mio fratello Tsin…

– Non giurare mai sulla testa degli altri – lo rimbrottò la formica, – e invece dammi quella cassa e tu va’ pure a comprarti le scarpe che ti servono… Io aspetto qui! Non occorre aggiungere che Anansi entrò nel negozio dalla porta principale, uscì subito da quella di dietro e non si fece più vedere né dalla formica né da suo fratello Tsin. La formica attese per un paio d’ore – “Mi spiacerebbe molto se quell’uomo, magari impedito da chissà quale accidente, tornasse in ritardo e non mi trovasse ad aspettarlo…” – ma alla fine la poveretta tirò un sospiro deluso, si mise la cassa sulla testa e se ne andò… Ecco perché da quel giorno incontriamo spesso delle formiche che trascinano o portano o spingono grossi fardelli verso chissà quale misteriosa meta.

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4 - Nigeria: il fratello ingrato

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Tanti auguri di BUON NATALE da Gellindo e da tutti i suoi amici!

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