scarica il libretto completo in formato pdf. - Alla Chiara Fonte

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senza capire… - È lo stesso - rispondo poi esco, per fare due passi. Bisognerebbe passeggiare di più, anche solo per i viali alberati, l'odore dell'aria, i portoni.
Pietro Montorfani

INTUISCO CHE RIDI

alla chiara fonte

a Marco, Elena e Federica

SULLA SOGLIA

Alla squilla secca del campanello segue sempre un affrettarsi per le scale, una corsa, uno strappo, qualcosa che sbatte, un rumore come di chi armeggi con le chiavi… E sorrido anch’io quando pur dietro il vetro opaco della porta intuisco che ridi.

DEDICHE E RICORDI

CAMERIERE IN UNA TRATTORIA (con Franz)

Sotto il vestito deve avere un tatuaggio a fitte maglie, qualcosa che lo copra per intero dai polsi alle caviglie. La massa attorcigliata dei capelli ricorda quei batuffoli d’ovatta che togli all’ombelico la mattina, gli anelli alle sue dita sono meno del metallo che gli intonaca la faccia. Veste pezze di grigio-militare... Eppure il mio continuo tossicchiare lo chiama un raspeghin.

NELLA PIANA

Ci dev’essere un motivo, mi chiedo, se il campanile è fatto così, se la punta non smussa ma figge ferisce come uno stilo un coltello che pungola il cielo.

BELLINZONA

Può darsi che il vento, di questi tempi, sia stato più fedele di me. - Piccione viaggiatore ! - fa la nonna quando mi vede entrare dalle scale nella sua cucina. So di essere a casa se chiedo un giornale italiano e mi guardano senza capire… - È lo stesso - rispondo poi esco, per fare due passi. Bisognerebbe passeggiare di più, anche solo per i viali alberati, l’odore dell’aria, i portoni che non ti aspetti.

VOLEVI UNA POESIA

Ma non è facile far star buoni in pochi versi quei tuoi riccioli biondi imbizzarriti e la tua dilagante energia. È già tanto se almeno il tuo nome (spilla d’ilare donna) accetta di posare tranquillo in fondo alla pagina.

“Ilaria”

MOULES DE BRETAGNE

La pesca alle cozze si fa col trattore in file infinite di pali invasi dal mare. O col secchiello.

CONSIGLIO (per I. B.)

La sola stanza ritinta di nero che io abbia mai visto fu di una regina dalla triste vita. Sposata in terra straniera, le uccisero il padre, i figli, il marito e lei si rinchiuse tra quelle quattro mura scure più del mondo quando è notte senza stelle in cielo, col suo velo nero di tristezza. La tua stanza di giovane ragazza non lo merita un colore tanto cupo.

I GIOCHI DI FEDERICA

-Schiacciatina, pacchetto o nascondere-cercare?Ci vuole poco per mettermi in crisi, basta ignorare il tuo mondo di bionda bambina che parla quasi solo dialetto, non sapere che pochi cuscini, un péluche e sobbalzi di luce sono degni compagni di gioco prima di andare a dormire. Allora mi butto, e scelgo “pacchetto”… - No, uffa, nascondere-cercare!Va bene, nascondere-cercare. E sei già sparita.

SERA IN MONTAGNA

Di nuovo silenzio, buio fitto, odori notturni portati dal vento e grande quiete in ogni dove.

E RIDEVA

- Che bella musica che facciamo! e gettava bottiglie con gusto: la verde al suo posto, la bianca nel primo, la rosso-marrone… - E il violetto? Chissà... Facciam finta di niente, nessuno ci vede, mettiamola qui -. E rideva. Mi guardava ammiccante dal tondo con voce di nobile dama in età... Ma perso era il vetro, il tempo non era passato del tutto infecondo: - Sono nonna, lo sa? -

CORTE SANT’ANDREA

Fu quella volta che il vecchio Franz ci portò sull’argine del Po. Finito il lardo all’Osteria del popolo volle vedere l’arco dei pellegrini lungo la strada polverosa di far west dritta sparata tra le case.

Ci accolse un’anatra sbilenca sotto un trionfo di incisioni sbiancate: - Giubileo anche qui - disse l’amico - qui dove un tempo si veniva alla taverna, all’unico telefono per miglia e miglia -

Ci accolse anche la fanghiglia, poco più oltre, e un automezzo polacco dalle tende rosse ancorato fra le cicale - Quando la nebbia si alza qui tutto scompare tra falde d’ovatta -

Ci accolse una chiatta, immobile sul guado del sale. L’aria era fonda, la vista cieca, le stelle poche sul mare del Po.

L’ULTIMO MODELLO (all’amor cortese)

L’hanno voluta alta, bionda, bella da togliere il fiato, fiera e sicura di sé. E non hanno osato pretendere che sapesse fare le imitazioni (come Irene, angelo biondo e cabarettista).

IL GIORNO DEI MORTI

Si aggirano mostri vestiti da bimbi, folletti con zanne di lupo. Si odono scoppi, fischi, rintocchi sotto l’ala di un cupo belare di mucche. Invece di Santi si pregano zucche.

DELEGA (Maria)

Perché tirare in ballo luna e stelle se devo parlare di te? Ci pensino i fiori posati sul tavolo, gli insetti in cornice in vetrina sul muro o il coniglio che annusa il tuo dito quando siedi al telefono senza ascoltare. Lo facciano gli occhi velati di sonno, il sole già basso prima di scomparire.

BANDIERE

Quest’anno, ai balconi, è una rosa di sette colori e una bianca parola che piace. Dev’essere, io credo, qualcosa di più di appendere e sventolare se la chiamano pace.

I CAPELLI SONO PICCOLI BORGHI (a Martina)

I capelli sono piccoli borghi ornati a festa per il giorno nuovo, tra le case s’insinua una brezza che viene da fuori e giù al porto, tra i legni dei moli, le vele mai stanche degli occhi sono pronte a salpare con il primo sole. Ricordi un paese di lago per il tuo stupore L’oceano – dici – è tantissimo Dante è bellissimo e tutto anche il cielo più nero ti desta una voglia di barche e di mare.

LA DAMA DI FIORI

MILANO, D’ESTATE

Da uno scafo di fuoco e pietrame ti penso serena in un mondo d’incanto, lontana da queste caldaie di lastre ritorte. Beata che l’aria respiri non stretta da scatole ardenti, felice sorseggi di certo qualcosa di giallo (che qui non potrebbe far altro che gemere e friggere al sole) amata se tanto ti vuole chi muore di caldo.

COSÌ GENTILE

Ci sono donne che se vivono feriscono si muovono sinuose fra la gente ma ne strappano brandelli come cuori. Tu passi e, lo vedi, trascini con te soltanto sospiri.

LUNGOMARE

Come altalene vecchie sulle spiagge i giorni si lamentano nei cardini rifiutano le spinte silenziose. Ma tu, con le ginocchia raccolte sotto il mento in un contegno di bambina, in un magico equilibrio ti culli, dondolata dalle brezze migliori. E se al largo una tetra ciminiera perde nero sopra il nero dei flutti, consola quel che resta della notte scrollando il biondo capo come un faro.

L’ULTIMO PAIO DI SANDALI

Settembre a Milano risciacqua di pioggia le strade. Incaute, le auto sventagliano pozze lungo i marciapiedi e come ballerini ti rapiscono dopo quelle del mare le vetrine di città. Ma non sai volere che un ultimo paio di sandali nuovi – assaporare ancora un po’ l’estate, tenerla lì non vederla sparire come queste acque scure di cantiere giù nei tombini…

COME ZIVAGO

Chiudo gli occhi e fuori non è più Milano ma steppa, neve, bianche distese gelate segnate dalle slitte e con il buio il magro lamento dei lupi si avvicina… Il fuoco è acceso, al mio tavolo scrivo e tu dormi nell’unica stanza viva della casa, i capelli scomposti sul cuscino. Ma una mossa improvvisa del capo rinnova l’angoscia: d’un tratto ogni cosa è gelosa di te, mi guarda strano… È ancora Milano, fuori, e la neve se cade è per il gelo del muro di cristallo che ci chiude.

LA DAMA DI FIORI

Con te si può volere soltanto una danza come quelle d’altri tempi. Minuetti, sarabande, rigodoni qualche giro di quadriglia e poi inchini, giravolte sottobraccio. Poco più. Che ridere però se nel trambusto (per la musica che insinua controtempi) le gambe si attorcigliano sui passi, e nel toccarsi che sospiri… Tutto questo, mia cara, non è dato alla dama di cuori.

INTUISCO CHE RIDI di Pietro Montorfani

é il n. 18 della collana Quadra

L’ immagine è di Andrea Mariconti

Gennaio 2005