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La topografia, è un elemento di grande importanza nello studio delle caratteristiche ...... 9.12 viene mostrato il profilo A3 prima e dopo il trattamento ...... TORALDO DI FRANCIA, G. BRUSCAGLIONI, P. "Onde elettromagnetiche" Zanichelli, 1988.
DOTTORATO DI RICERCA IN GEOFISICA PER L’AMBIENTE E IL TERRITORIO XV CICLO Università consorziate Lecce, Messina, Palermo

I METODI ELETTROMAGNETICO IMPULSIVO, ELETTRICO E SISMICO TOMOGRAFICO A RIFRAZIONE PER LO STUDIO DI PROBLEMATICHE AMBIENTALI: SVILUPPI METODOLOGICI E APPLICAZIONI

Coordinatore del Dottorato: Ch.mo Prof. Antonio Bottari

Tutori: Ch.ma Prof.ssa Maria Teresa Carrozzo

Ch.mo Prof. Paolo Sansò Dottorando di Ricerca: Dott. Giovanni Leucci

anno accademico 2002-2003

Indice INTRODUZIONE

pag 1

CAPITOLO 1 IL METODO ELETTROMAGNETICO IMPULSIVO Introduzione

4

1.1 Principi generali del metodo elettromagnetico impulsivo

4

1.2 Propagazione, riflessione e rifrazione delle onde elettromagnetiche in un mezzo

6

1.3 Parametri fisici che influenzano la propagazione delle onde elettromagnetiche nel sottosuolo

9

1.4 Profondità di penetrazione e risoluzione

10

1.5 Propagazione dell’energia elettromagnetica

13

1.6 Attenuazione del segnale elettromagnetico

16

1.7 Misure di velocità

18

1.7.1 METODO 1 – Localizzazione di oggetti a profondità conosciuta

19

1.7.2 METODO 2 – Riflessione da un punto sorgente

20

1.7.3 METODO 3 – Registrazione di un semplice CDP

22

1.7.4 METODO 4 – Uso di velocità standard

23

CAPITOLO 2 IL METODO GEOELETTRICO Introduzione

25

2.1 Proprietà elettriche delle rocce

25

2.2 Metodo di resistività

27

2.3 Concetto di resistività apparente

30

2.4 Dispositivi elettrodici quadripolari

30

2.5 Tecniche di misura: profili e sondaggi verticali

31

2.6 Dispositivi multielettrodici e tecniche di misura

32

2.7 Concetto di pseudosezione

39

2.8 La profondità di investigazione

42

2.9 Intensità del segnale e rapporto segnale rumore

44

2.10 Sensibilità

46 I

2.11 Copertura orizzontale e risoluzione

49

2.12 Effetti della topografia

50

2.13 Confronto tra i vari dispositivi elettrodici

52

2.14 Dispositivi elettrodici nei rilievi 3D

52

2.15 Importanza delle prospezioni geoelettriche 3D

59

CAPITOLO 3 PRINCIPI FONDAMENTALI DEL METODO DI ESPLORAZIONE SISMICA E DELLA TOMOGRAFIA SISMICA A RIFRAZIONE Introduzione

60

3.1 Cenni sulla teoria dell’elasticità – stress e deformazioni

60

3.2 Onde sismiche

63

3.3 Fronti d’onda e raggi sismici

65

3.4 Velocità delle onde P nelle rocce

66

3.5 Attenuazione dell’energia sismica lungo il percorso dei raggi

66

3.6 Riflessione e trasmissione dei raggi sismici con incidenza normale

69

3.7 Riflessione e rifrazione di raggi incidenti obliquamente

72

3.8 Rifrazione critica

73

3.9 Diffrazione

73

3.10 Rilevamento delle riflessioni e rifrazioni

74

3.11 Sorgenti sismiche

77

3.12 Sistemi di acquisizione dei dati sismici

78

3.13 Rilevatore sismico (geofono)

79

METODO SISMICO TOMOGRAFICO A RIFRAZIONE 3.14 Formulazione del problema e linearizzazione

82

3.14.1 Formulazioni sulla velocità

82

3.14.2 Formulazione con ipotesi di presenza di una interfaccia

84

3.15 Metodi di risoluzione

86

3.16 L’algoritmo SIRT per raggi curvilinei

87

3.17 Considerazioni conclusive sull’algoritmo SIRT

89

II

CAPITOLO 4 RELAZIONI FRA PARAMETRI FISICI CARATTERIZZANTI IL GRADO

DI

FRATTURAZIONE

DI

UNA

FORMAZIONE

ROCCIOSA E PARAMETRI GEOFISICI Introduzione

90

4.1 Cenni sul concetto di faglia e frattura

90

4.2 Parametri caratterizzanti il grado di fratturazione di una formazione rocciosa

91

4.3 Il metodo sismico per la valutazione del grado di fratturazione di una formazione rocciosa

92

4.4 Relazioni fra parametri caratterizzanti il grado di fratturazione di una formazione rocciosa e parametri sismici

94

4.5 Il metodo geoelettrico per la valutazione del grado di fratturazione di una formazione rocciosa: variazioni della resistività in presenza di fratture

102

4.6 Il metodo elettromagnetico impulsivo per la valutazione del grado di fratturazione di una formazione rocciosa: analisi di ampiezza

105

CAPITOLO 5 INDAGINI GEOFISICHE PRESSO LA GROTTA DELLE VENERI (PARABITA – LECCE) Introduzione

109

5.1 Inquadramento storico – geologico del sito

109

5.2 Esecuzione del rilievo elettromagnetico impulsivo

113

5.2.1 Scelta dell’antenna

113

5.2.2 Elaborazione dati

116

5.2.3 Misure di velocità

118

5.2.4 Analisi dei dati

124

5.2.5 Tecniche di visualizzazione 3D dei dati radar

127

5.3 Rilievo elettrico 2D

131

5.3.1 Rilievo elettrico tomografico 3D 5.4 Considerazioni conclusive

133 135

III

CAPITOLO 6 VALUTAZIONE SEMI – QUANTITATIVA DELLA STABILITA’ DELLA

GROTTA

DELLE

VENERI

MEDIANTE

METODI

GEOFISICI INTEGRATI Introduzione

141

6.1 Tomografia sismica a rifrazione e discussione dei risultati ottenuti

142

6.2 Tomografia elettrica e risultati ottenuti

148

6.3 Indagine elettromagnetica impulsiva

150

6.4 Integrazione dei risultati ottenuti dalle diverse indagini

157

CAPITOLO 7 STUDIO

DELLA

PERICOLOSITA’

GEOMORFOLOGICA

DI

UN’AREA COSTIERA ATTRAVERSO INDAGINI INTEGRATE GEOFISICHE GEOLOGICHE E GEOMORFOLOGICHE Introduzione

161

7.1 Inquadramento storico – geologico del sito

162

7.2 Inquadramento geomorfologico del sito

165

7.3 Indagini geofisiche 2D

178

7.3.1 Indagine elettrica

178

7.3.2 Indagine elettromagnetica impulsiva

182

7.3.3 Indagine sismica tomografica a rifrazione

183

7.3.4 Confronto tra i risultati ottenuti con l’indagine geofisica 2D

188

7.3.5 Misure elettriche 2D ripetute nel tempo per l’individuazione delle zone di possibile distacco della falesia 7.4 Indagini geofisiche 3D

190 193

7.4.1 Tomografia elettrica 3D

193

7.4.2 Tomografia sismica a rifrazione orizzontale 2D

196

7.4.3 Indagine elettromagnetica impulsiva 3D

203

7.5 Considerazioni conclusive

206

IV

CAPITOLO 8 USO

DEI

METODI

IMPULSIVO,

GEOFISICI

ELETTRICO

E

ELETTROMAGNETICO

SISMICO

TOMOGRAFICO

A

RIFRAZIONE PER STIMARE IL CONTENUTO VOLUMETRICO IN ACQUA DEI SUOLI Introduzione

209

8.1 Stima del contenuto volumetrico in acqua con il metodo elettromagnetico impulsivo

210

8.1.1 Velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche

211

8.1.2 Relazioni che legano la costante dielettrica al contenuto volumetrico d’acqua

213

8.1.3 Acquisizione ed analisi dei dati GPR

215

8.1.4 Stima del contenuto volumetrico d’acqua

216

8.2 Il contributo della metodologia elettrica per lo studio semi – quantitativo del contenuto volumetrico di acqua nei suoli

219

8.2.1 Modello di conduttività dell’acqua

222

8.3 Il contributo della metodologia sismica tomografica a rifrazione per lo studio semi – quantitativo del contenuto volumetrico di acqua nei suoli

224

8.3.1 Analisi dei dati sismici tomografici a rifrazione

255

8.4 Considerazioni conclusive

228

CAPITOLO 9 INDAGINI

GEOFISICHE

CON

GEORADAR

NEL

CENTRO

STORICO DEL COMUNE DI MESAGNE (BRINDISI) Introduzione

229

9.1 Descrizione del sito

230

9.2 Acquisizione, elaborazione ed analisi dei dati

232

9.2.1 Area A

233

9.2.2 Area A: time slice

238

9.2.3 Area B

241

9.2.4 Area B: time slice

245

V

9.2.5 Area B: calcolo del contenuto volumetrico in acqua attraverso l’analisi di velocità

246

9.3 Considerazioni conclusive

251

CONCLUSIONI

253

Bibliografia

VI

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Introduzione La Geofisica è la scienza che si occupa, sotto l’aspetto fisico, della Terra e dello spazio che la circonda. La Geofisica Applicata, detta anche di esplorazione, si rivolge solamente alla parte più superficiale della crosta terrestre, per la ricerca di minerali, di strutture geologiche, di acque sotterranee, ecc... In Geofisica si utilizzano metodi di indagine di tipo indiretto: la presenza di corpi o strutture nel sottosuolo è messa in evidenza misurando in superficie le variazioni di alcuni parametri fisici nel sottosuolo stesso. Ogni metodo ha proprie caratteristiche e può aiutare a risolvere problemi specifici. La scelta del metodo e la progettazione delle relative operazioni di campagna per l’esecuzione di un rilievo sono operazioni che vengono generalmente pianificate in fase preliminare, a volte anche mediante l’aiuto di modelli teorici. Le prospezioni geofisiche, impiegando metodi di indagine non distruttiva, permettono di investigare in tempi rapidi vaste aree di territorio senza dover intervenire, almeno nella fase preliminare di ricerca, direttamente nel sottosuolo. Con il termine di “Geofisica Ambientale” si intende l’insieme delle metodologie della Geofisica Applicata rivolta alla risoluzione di alcune problematiche ambientali. I contributi della Geofisica per la salvaguardia ambientale sono infatti molteplici e vanno dalla gestione alla tutela del territorio sia in fase di progettazione e valutazione di impatto ambientale, sia in quella di recupero di aree degradate o ad elevato rischio ambientale. Si pensi ad esempio agli studi sui siti da adibire a discarica controllata (dove è necessario rivolgere particolare attenzione al grado di fratturazione del basamento roccioso che ospita la falda acquifera), alla soluzione di casi inerenti la presenza di acqua come causa di dissesto nei terreni (è importante conoscere le principali vie di scorrimento dell’acqua nel sottosuolo, valutare il contenuto volumetrico d’acqua dei suoli che, assieme alla stima di altri fattori, contribuiscono, per esempio, alla realizzazione di mappe del rischio alluvione). Inoltre le informazioni ricavate dalle indagini geofisiche forniscono spesso strumenti efficaci per l’elaborazione di strategie di intervento sia per quanto riguarda l’impatto ambientale sia nello studio per il ripristino di aree degradate, ed anche per il monitoraggio di situazioni ad elevato rischio ambientale. Troppo spesso le attività di gestione e sviluppo in ambito urbano non tengono conto delle più elementari regole per prevenire situazioni di rischio. Si pensi al crescente abusivismo edilizio nelle aree costiere. Qui il fenomeno dell’erosione costiera si trasforma in rischio per l’uomo. Lo sviluppo di questa ricerca si inserisce nell'ambito di un più vasto progetto che l'Osservatorio di Chimica, Fisica e Geologia Ambientali del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell'Università di Lecce ha intrapreso con lo scopo di mettere a punto tecniche di misura, di elaborazione e interpretazione dei dati utilizzando metodologie di indagine geofisiche diverse. Data la complessità delle situazioni reali sulle quali una metodologia geofisica deve operare, un corretto sviluppo conoscitivo della metodologia stessa necessita di uno studio sistematico dei fenomeni fisici di base, realizzato almeno nella fase preliminare, in condizioni ambientali più semplici. E' di fondamentale importanza poter comprendere e classificare le diverse risposte strumentali in condizioni note a priori prima di affrontare i problemi che si presentano poi in una vera campagna di misure. Si è quindi impostato un lavoro che può essere suddiviso in due fasi: • una fase preliminare che cerca di chiarire determinati aspetti legati all'acquisizione dei dati e alle risposte delle metodologie elettromagnetica impulsiva (Ground Penetrating Radar), sismica tomografica a rifrazione ed elettrica; • una fase applicativa in cui le metodologie elettromagnetica impulsiva, sismica tomografica a rifrazione ed elettrica vengono applicate a problematiche ambientali.

1

Introduzione

Un corretto impiego delle metodologie elettromagnetica impulsiva, elettrica e sismica tomografica a rifrazione (al di là dei semplici problemi legati all’uso pratico della strumentazione) richiede la conoscenza, almeno in termini generali, di tutte le problematiche relative a tali metodologie, problematiche concernenti campi diversi quali la teoria della propagazione di onde elastiche, elettromagnetiche e della distribuzione della corrente in mezzi dissipativi, le proprietà elettriche, elettromagnetiche ed elastiche dei corpi investigati, i fenomeni di riflessione, rifrazione e scattering, la teoria dei segnali e le tecniche di elaborazione dei segnali. Alcuni di questi aspetti riguardano l’interazione tra sorgenti e ricevitori ed il mezzo investigato, altri ancora la trasmissione dei segnali elettromagnetico, elastico ed elettrico all’interno di tali mezzi. Pertanto nei primi tre capitoli di questo lavoro verrà fatta una descrizione generalizzata della teoria di propagazione delle onde elettromagnetiche, della distribuzione della corrente e della propagazione delle onde sismiche all'interno della Terra. I metodi elettromagnetico impulsivo e sismico consentono la stima della velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche ed elastiche da cui è possibile avere indicazioni sui parametri fisici (costante dielettrica, caratteristiche elastiche, ecc..) e sulle loro variazioni nell’interno della Terra. Il metodo elettrico consente la stima della resistività e quindi permette un controllo diretto sui valori di conduttività stimati, in modo implicito, con l’utilizzo del metodo elettromagnetico. Il quarto capitolo illustra le relazioni tra parametri caratterizzanti il grado di fratturazione di una formazione rocciosa e parametri fisici misurabili attraverso l’utilizzo dei diversi metodi geofisici impiegati. Questi ultimi costituiscono una valida alternativa ai metodi di investigazione diretta che potrebbero essere costosi e pericolosi da eseguire, specialmente in situazioni in cui le strutture da indagare sono di notevole importanza storico - archeologica. In particolare è stata realizzata una ricerca che, con l’utilizzo di una sperimentazione in situazioni controllate, ha consentito di legare le variazioni della velocità di propagazione dell’onda P e dell’onda S e del rapporto Vp/Vs ai parametri di frattura della roccia (densità di frattura, qualità della roccia, ecc...). Nel quinto capitolo sono stati presentati i risultati sperimentali delle indagini geofisiche effettuate presso la Grotta delle Veneri (Parabita - Lecce). In questo capitolo, dopo un inquadramento di carattere storico – archeologico dell’area sono state descritte le modalità dell’esecuzione dei profili radar, elettrici e sismici passando, infine, all’analisi e all’interpretazione dei dati ottenuti da tali profili. Nel sesto capitolo sono riportati i risultati delle indagini geofisiche integrate, tomografia sismica a rifrazione (per onde P e S), tomografia di resistività elettrica e GPR, allo scopo di dare un contributo allo studio della stabilità della Grotta delle Veneri. Nel settimo capitolo vengono presentati i risultati di un’indagine integrata geofisica e geomorfologica, che ha avuto lo scopo di acquisire i parametri necessari a definire l’evoluzione della linea di riva (altezza, spessore degli strati, presenza di cavità, stato di fratturazione, individuazione dei corpi di frana, etc.). nel tratto costiero di Roca (Melendugno-Lecce) antistante la Grotta della Poesia. Nel capitolo ottavo viene affrontato uno studio, in situazioni semi – controllate, per il monitoraggio della distribuzione spaziale del contenuto volumetrico in acqua e l’individuazione di vie preferenziali di deflusso dell’acqua stessa. Attraverso misure realizzate nel sito test verrà illustrato come le metodologie geofisiche elettromagnetica impulsiva, elettrica e sismica tomografica a rifrazione possano essere utili nella soluzione del problema “stima del contenuto volumetrico in acqua nei suoli”. Nel capitolo nono viene presentata una applicazione della metodologia elettromagnetica impulsiva per la stima del contenuto volumetrico di acqua. Il rilievo è stato eseguito nel centro storico del Comune di Mesagne (BR) allo scopo di indagare su due problematiche: la prima di tipo archeologico legata alla presenza nell’area di numerosi resti di civiltà antiche; la seconda di tipo idrogeologico allo scopo di mettere in evidenza i possibili fenomeni di dissesto causati

2

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

dalla presenza di una falda quasi superficiale e dalle reti idrica e fognaria ormai datate ed in cui numerose sono le rotture con conseguenti perdite. Infine la descrizione dettagliata della strumentazione utilizzata in questa ricerca viene riportata nell’appendice A. Viene quindi effettuata una ricerca di tipo metodologico verificando sia in fase di acquisizione che in fase di elaborazione dei dati quali siano le tecniche e gli accorgimenti più opportuni da impiegare in una campagna di misure.

3

Il metodo elettromagnetico impulsivo

Capitolo 1 IL METODO ELETTROMAGNETICO IMPULSIVO INTRODUZIONE La metodologia elettromagnetica impulsiva, meglio conosciuta con il nome anglosassone Ground Penetrating Radar (GPR), è una tra le più recenti tecniche sviluppate nel campo della geofisica (relativamente ad altre tecniche come sismica, gravimetria, ecc..), anche se l’idea di utilizzare le onde elettromagnetiche per investigare il sottosuolo risale all’inizio del secolo. La tecnica GPR è tra le più usate dalla comunità scientifica, grazie alle potenzialità applicative offerte in campi diversi quali l’ingegneria civile, l’idrogeologia, la geologia, i beni culturali, l’archeologia, l’ambiente, ecc… In molti casi (soprattutto nella seconda metà degli anni ’80), tale tecnica è stata considerata come la panacea di molte problematiche geofisiche che non potevano essere affrontate con altre metodologie. Solo negli ultimi anni ha preso piede un approccio più razionale, finalizzato a sviluppare una sperimentazione sistematica mirata ad individuare le sue reali potenzialità ed i suoi limiti. Un corretto impiego di tale tecnica richiede la conoscenza, in termini generali, delle problematiche relative a tale metodologia che pertanto affronteremo nei prossimi paragrafi. 1.1 PRINCIPI GENERALI DEL METODO ELETTROMAGNETICO IMPULSIVO La tecnica radar, consiste nell’identificazione delle discontinuità elettromagnetiche (EM) presenti nel sottosuolo dovute a strati o corpi isolati, aventi caratteristiche dielettriche differenti rispetto all’ambiente circostante. Le discontinuità che generano riflessioni, sono legate a cambiamenti nelle caratteristiche dielettriche del terreno, che possono essere dovute a cambiamenti litologici, a variazioni del contenuto d’acqua, a spazi vuoti presenti nel terreno, come sepolture, tombe, tunnel, fratture, ecc. L’effettiva profondità di penetrazione e il potere risolutivo di un rilievo GPR dipendono dal tipo di terreno, dalla composizione chimica dei sedimenti, dal contenuto in argilla, dall’umidità del terreno, dalla profondità dell’oggetto della ricerca, e non ultimo dalla topografia e dalla vegetazione. Si tratta di una tecnica non distruttiva che utilizza brevi impulsi e.m. (durata compresa tra 1 e 10 ns) ad alta frequenza (dai 10 MHz a qualche GHz), emessi e ricevuti da una o più antenne. Nel caso di una sola antenna che funziona sia da trasmittente (Tx) che da ricevente (Rx) il sistema è detto “monostatico”, nel caso di due (o più) antenne separate il sistema è detto “bistatico”. In quest’ultimo le due antenne, distinte, vengono tenute a distanza fissa l’una dall’altra durante l’esecuzione del rilievo. Chiaramente la scelta delle antenne da adoperare (ne esistono in commercio diversi tipi, ognuno dei quali è caratterizzato da un ben determinato valore di centro banda), è determinato dagli scopi della prospezione, principalmente dalla profondità di indagine e dalle dimensioni dei corpi anomali da investigare. In entrambe le configurazioni, la tecnica di acquisizione normalmente usata è quella del “profilo continuo (si vedano le Fig. 1.1a, b).

4

Capitolo 1

Fig. 1.1: esempio di acquisizione col metodo del profilo continuo

Come si può intuire dal termine, tale tecnica prevede che l’antenna (o la coppia di antenne) venga spostata in maniera continua lungo il profilo preventivamente definito, cercando di mantenere costante la velocità di trascinamento. La tecnica di acquisizione “per punti” è invece utilizzata in situazioni di particolare disagio o impedimento nello spostamento dell’antenna, (presenza di asperità strutturali del sito) e nelle misure di velocità. In questo caso, una o entrambe le antenne vengono spostate ad intervalli spaziali discreti anziché in maniera continua. Il risultato di un rilievo GPR è un profilo radar o sezione radar, in cui è visualizzato l’insieme delle tracce acquisite mentre l’antenna si sposta sul terreno; in queste sezioni bidimensionali, una delle dimensioni rappresenta la linea lungo la quale è stata mossa l'antenna e l'altra il tempo doppio di viaggio dell'onda EM. Il tempo doppio di viaggio, una volta definita la velocità di propagazione dell'onda EM all'interno del materiale, può essere trasformato in profondità. Le sezioni radar possono essere visualizzate in modalità wiggle-trace (formato preso in prestito dalla sismica in cui le singole tracce sono posizionate una accanto all’altra) o in linescan a colori (in cui piccole fascette sono poste una accanto all’altra con tonalità di colori diverse a seconda dell’intensità del segnale), (Fig.1.2).

a

b

Fig. 1.2: Esempi delle sezioni radar in rappresentazione linescan a colori (a) e wiggle trace (b) (Leucci, 2003).

5

Il metodo elettromagnetico impulsivo

L’applicazione di tecniche di filtraggio e di amplificazione dei dati, è talvolta indispensabile per migliorare la visualizzazione delle riflessioni di piccola ampiezza, provenienti da riflettori profondi nel terreno. Affinché un rilievo fornisca buoni risultati, è necessario adattare le tecniche alla condizione morfologica e geologica del sito, tenendo anche conto delle probabili dimensioni e della profondità degli oggetti cercati. 1.2 PROPAGAZIONE, RIFLESSIONE E RIFRAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE IN UN MEZZO. I fenomeni di propagazione del campo elettromagnetico all’interno di materiali omogenei ed isotropi, sono governati dalle equazioni di Maxwell, che in un mezzo elettricamente neutro (ρ= 0 dove ρ indica la densità di carica), sono:

∇⋅E = 0 ∇⋅H = 0

(1.1) (1.2)

∇×E= −

(1.3)

∂B ∂H = −µ ∂t ∂t ∂D ∂E ∇ ×H = J + = σE + ε ∂t ∂t

(1.4)

dove E è il vettore campo elettrico, B è il vettore induzione magnetica, D è il vettore spostamento elettrico, H è il vettore intensità del campo magnetico, J è la densità di corrente di conduzione. Le equazioni di Maxwell sono accompagnate dalle relazioni costitutive: D=εE

B=µH

J=σE

(1.5)

dove σ, ε e µ sono rispettivamente la conducibilità (S/m), la permettività elettrica (farad/m) e la permeabilità magnetica (henry/m); tali parametri, in un mezzo omogeneo e isotropo, sono quantità costanti. Calcolando il rotore di entrambi i membri delle Eq. (1.3) e (1.4), dopo opportune sostituzioni, si ottengono le Equazioni di D’Alembert

∂ 2H ∂H =0 ∇ H − εµ 2 − σµ ∂t ∂t ∂ 2E ∂E 2 ∇ E − εµ 2 − σµ =0 ∂t ∂t 2

(1.6.a) (1.6.b)

Queste sono equazioni vettoriali, il che significa che ognuna delle componenti dei vettori E ed H soddisfa ad una equazione scalare del tipo

∇ 2Ψ − εµ

∂ 2Ψ ∂Ψ − σµ =0 2 ∂t ∂t

(1.7)

la cui soluzione più semplice (ma non la più generale) è quella del tipo onda piana in cui Ψ è funzione solo del tempo t e di una delle coordinate spaziali, per esempio z:

Ψ ( z, t ) = Ψ0 e i ω t −γ z Sostituendo nell’Eq. (1.7), si ottiene

⎛ ⎝

γ 2 = iωσµ − ω 2 εµ = −ω 2 µ ⎜ ε − i

σ⎞ ⎟ ω⎠

Essendo γ un numero complesso possiamo sempre scriverlo nella forma γ=α+iβ e quindi γ2 = α2 - β2 +2iαβ.

6

Capitolo 1

Confrontando le due espressioni di γ2, si ottiene α2 - β2 +2iαβ = - ω2εµ + iωσµ da cui è possibile ricavare α e β: 2 ⎧ ⎡ ⎤ ⎫⎪ ⎪1 ⎢ ⎛σ ⎞ 1+ ⎜ α = ±ω εµ ⎨ ⎟ − 1⎥ ⎬ ⎥⎪ ⎝ ωε ⎠ ⎪⎩ 2 ⎢⎣ ⎦⎭

1

2 ⎧ ⎡ ⎤ ⎫⎪ ⎪1 ⎢ ⎛σ ⎞ 1+ ⎜ β = ±ω εµ ⎨ ⎟ + 1⎥ ⎬ 2 ωε ⎢ ⎥⎪ ⎝ ⎠ ⎪⎩ ⎣ ⎦⎭

1

2

(1.8.a) 2

(1.8.b)

dove α è detta costante di assorbimento e β è detta costante di fase. I valori delle costanti in (1.8) sono: µ = µ0µr = (4π) 10-7 Henry/m (µr = 1) ε = ε0 εr = 8.85 10-2 εr = εr /(36 π 109) F/m ω=2πf Il valore della costante dielettrica εr per varie rocce, può essere ottenuto dalla letteratura o da misure su piccoli campioni in laboratorio. Utilizzando l’espressione complessa di γ, possiamo scrivere

Ψ ( z , t ) = Ψ0 e i ω t −γ z = Ψ0 e i ω t −(α +iβ ) z = Ψ0 e −α z e −i ( β z −ω t ) (1.9)

che rappresenta un onda piana che si propaga lungo la direzione z, con velocità di fase vF=ω/β e che viene attenuata di un fattore exp(-αz). Da notare che se il mezzo non è conduttivo (dielettrico perfetto), σ=0, quindi α=0 e allora β = ± ω εµ . In tal caso, l’Eq. (1.9) rappresenta un’onda piana che si propaga, senza attenuazione, con velocità.

vF =

ω ω 1 c = = = β ω εµ εµ ε r µr

Il rapporto n=c/v=(εrµr)1/2 è l’indice di rifrazione del mezzo. Applicando la soluzione trovata ai vettori, E e H, otteniamo E = E 0 e i ω t −γ z e H = H0 e i ω t −γ z . Poiché E=E(z,t) e H=H(z,t), tutte le derivate parziali delle componenti di E e di H rispetto a x e ad y sono nulle, per cui sostituendo nelle equazioni di Maxwell otteniamo che le componenti lungo l’asse z dei campi elettrico e magnetico, cioè Ez ed Hz, sono nulle. Quindi questi campi sono ortogonali tra loro e ortogonali rispetto alla direzione di propagazione dell’onda piana. L’onda piana è quindi “trasversale”:

H=

1 k ×E Z

dove k è un versore associato alla direzione di propagazione. Inoltre, i campi vettoriali E ed H, sono legati tra loro dalla relazione che coinvolge la quantità Z detta “impedenza dell’onda”:

Ey Ex ωµ =− =Z =± = Ey Ex ωε − jσ

jσ ⎞ µ⎛ ⎜1 − ⎟ ε ⎝ ωε ⎠

.

7



1 2

(1.10)

Il metodo elettromagnetico impulsivo

Nello spazio vuoto, σ=0 e Z 0 =

µ0 ≅ 376,6 (ohm) . ε0

L’ampiezza I di un’onda che si propaga all’interno di un mezzo supposto dispersivo (con σ≠0 e Z complesso) subisce un’attenuazione che, in termini differenziali, è pari a:

dI = -αdz I Integrando ambo i membri, per un corpo omogeneo ed isotropo, si ottiene: I(z)=I0e-αz la distanza z alla quale l’ampiezza si riduce ad 1/e del valore originale (pari a 0.368 o 36.8%) è detta “profondità di penetrazione δ” (in inglese skin depth) e vale δ=1/α (1.11) L’effetto dell’attenuazione dell’onda EM, che si propaga nel terreno, è conosciuto in letteratura come “effetto pelle”. Per quanto riguarda la riflessione e rifrazione delle onde piane in mezzi dissipativi, possiamo definire il coefficiente di riflessione R come rapporto tra l’ampiezza dell’onda riflessa e quella dell’onda incidente, e il coefficiente di trasmissione T come rapporto tra l’ampiezza dell’onda trasmessa e quella dell’onda incidente. Nel caso di incidenza normale, tali coefficienti possono essere scritti in funzione delle impedenze caratteristiche dei due mezzi (considerati semi-infiniti) come R=

Z 2 − Z1 Z 2 + Z1

(1.12)

T=

2Z2 Z 2 + Z1

(1.13)

Dall’espressione (1.10) si vede che Z è espressa in termini dei parametri che descrivono le proprietà elettromagnetiche del materiale, questo da l’opportunità di esprimere i coefficienti R e T in funzione di tali parametri e di distinguere quattro differenti situazioni a seconda del valore della quantità σ/ωε. 1. Nel caso di mezzi dielettrici (bassa conduttività σ), abbiamo:

R=

ε1 − ε 2

(1.14)

ε1 + ε 2

2. Nel caso di primo mezzo dielettrico (basso σ) e secondo mezzo σ);



ε1 − ε2 ⎜ 1 − j ⎝

R=

σ2 ⎞ ⎟ ωε2 ⎠

⎛ σ ⎞ ε1 + ε2 ⎜ 1 − j 2 ⎟ ωε2 ⎠ ⎝

conduttore (alto

(1.15)

3. Il terzo caso prevede il primo mezzo conduttore e il secondo dielettrico, quindi analogo al precedente con inversione dei pedici; 4. Nel caso di entrambi i mezzi conduttori: R=

σ1 − σ 2 σ1 + σ 2

8

(1.16)

Capitolo 1

Ci sono da fare due importanti osservazioni: • la prima è che si è considerato il caso di materiali non magnetici, come sono in genere quelli geologici, in cui si è assunto µ1=µ2=µ0, dove µ0 è la permeabilità magnetica nel vuoto ; • la seconda è che dei quattro casi menzionati solo i primi due hanno interesse per l’esplorazione GPR (Hara e Sakayama,1984) in quanto, quando lo strato superiore è conduttivo, il fattore di attenuazione è elevato. • 1.3 PARAMETRI FISICI CHE INFLUENZANO LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE NEL SOTTOSUOLO. La velocità v di propagazione dell’onda EM e l’attenuazione α, dipendono sostanzialmente dalle proprietà dielettriche e conduttive dei materiali (ε e σ). La dipendenza dalla permeabilità magnetica µ è, invece, trascurabile (Lazaro – Mancilla e Gomez – Treviño, 1996) in quanto, come spiegato in precedenza, i materiali geologici sono generalmente non magnetici perciò si assume µ ≈ µ0. Quando il mezzo attraversato dall’onda elettromagnetica ha una elevata conducibilità, l’energia si attenuerà molto velocemente. Mezzi estremamente conduttivi sono l’acqua salata, l’argilla (specie se umida), terreni e sedimenti che contengono sali disciolti o elettroliti. La proprietà fisica più importante, che influenza la propagazione delle onde elettromagnetiche attraverso un mezzo è la “permettività dielettrica relativa εr“; essa si può ritenere un indice della capacità di un materiale di acquisire un grado di polarizzazione quando è posto in un campo elettromagnetico. La permettività dielettrica relativa è data dal rapporto tra le permettività elettriche del materiale ε e del vuoto ε0 ( ε r =

ε ), e varia con la composizione, il contenuto ε0

d’acqua, la densità, la porosità, la struttura fisica e la temperatura del materiale; essa inoltre dipende dalla frequenza dell’onda EM irradiata. In generale, più alta è la εr del materiale, minore è la velocità dell’onda elettromagnetica che in esso si propaga. Inoltre, più grande è la differenza di εr tra i materiali del sottosuolo, più grande è l’ampiezza delle riflessioni generate. Per generare una riflessione significativa, la variazione di εr tra due materiali deve avvenire su corte distanze; un graduale cambiamento genera solo deboli riflessioni o addirittura nessuna riflessione. La permettività εr può essere definita in modo complesso dalla relazione (Von Hippel, 1954)

⎛ σ ⎞ (1.17) ε r = ε 'r + i⎜⎜ ε 'r' + s ⎟⎟ ωε 0 ⎠ ⎝ ' dove ε r è la parte reale, σs è la conducibilità in continua, cioè legata alle condizioni di campo statico, ε 'r' è la permettività associata a fenomeni di rilassamento molecolare, dovuti al fatto che all’applicazione di un campo elettrico alternato non segue un processo di polarizzazione istantanea (questo ritardo è il rilassamento) e ω è la frequenza dell’onda incidente. Alle frequenze radar (10 – 1000 MHz), le proprietà dielettriche dominano su quelle conduttive. In tale intervallo, le velocità non sembrano molto influenzate dalla frequenza.

9

Il metodo elettromagnetico impulsivo

Fig. 1.3: Andamento della velocità in funzione della frequenza (Annan e Davis, 1989)

Per conduttività minori di 100 mS/m, la velocità rimane sostanzialmente costante nell’intervallo di frequenze radar e può essere espressa in funzione della parte reale ε 'r della permettività dielettrica relativa

v=

c

ε r'

(1.18)

Può essere data una tabella in cui si riportano la costante dielettrica relativa εr, la conducibilità elettrica σ, la velocità e l’attenuazione in alcuni materiali (Annan e Davis , 1989): Tab.1.1: Valori della costante dielettrica relativa εr, della conducibilità elettrica σ, della velocità e dell’attenuazione in alcuni materiali (Annan e Davis, 1989) Materiale V(m/ns) α(dB/m) εr = ε/ε0 σ(mS/m) Aria 1 0 0.30 0 Acqua distillata 80 0.01 0.033 2*10-3 Acqua dolce 80 0.5 0.033 0.1 Acqua salata 80 3*104 0.01 103 Sabbie asciutte 3-5 0.01 0.15 0.01 Sabbie sature 20-30 0.1-1 0.06 0.03-0.3 Calcare 4-8 0.5-2 0.12 0.4-1 Argillite 5-15 1-100 0.09 1-100 Limo 5-30 1-100 0.07 1-100 Argilla 5-40 2-1000 0.06 1-300 Granito 4-6 0.01-1 0.13 0.01-1 Sale asciutto 5-6 0.01-1 0.13 0.01-1

Si può notare che la parte reale della costante dielettrica dell’acqua è 80, mentre quella di molti materiali geologici asciutti e nel range di 4-8: questa grande differenza spiega perché la velocità del segnale è fortemente dipendente dal contenuto d’acqua nei terreni.

1.4

PROFONDITÀ DI PENETRAZIONE E RISOLUZIONE

Molto importante nei rilievi GPR è la scelta dell’antenna da adoperare: la capacità di risolvere corpi sepolti e la profondità che si vuole raggiungere sono infatti, principalmente determinate dalla frequenza e perciò dalla lunghezza dell’onda trasmessa. I fattori che devono essere considerati sono soprattutto le dimensioni e la profondità dell’oggetto che si vuole mettere in evidenza e inoltre occorre esaminare accuratamente l’area di indagine, allo scopo di individuare la presenza di ostruzioni o impedimenti sulla superficie,

10

Capitolo 1

linee elettriche, ripetitori, radio, ecc. che possono limitare o impedire l’utilizzo di alcune antenne. I sistemi GPR usano generalmente antenne a dipolo che hanno una larghezza di banda di due ottave, cioè le frequenze variano tra 1/2 e 2 volte la frequenza centrale. Antenne ad alta frequenza (> 500 MHz) forniscono elevate risoluzioni spaziali, ma limitate profondità di penetrazione, quindi sono adatte per investigare spessori modesti. Al contrario, antenne a bassa frequenza consentono una penetrazione superiore, ma la risoluzione spaziale diminuisce. La banda di frequenza, normalmente utilizzata dai sistemi GPR, va da circa 10 MHz fino a superare 1 GHz (la profondità di penetrazione, in quest’ultimo caso, si riduce drasticamente a pochi cm). Inoltre le antenne a bassa frequenza sono più larghe, più pesanti e meno maneggevoli rispetto alle antenne a frequenza maggiore. La profondità di penetrazione e la risoluzione, dipendono anche da molti fattori specifici del sito, come la composizione del terreno, la sua porosità, l’umidità trattenuta, ecc. La risoluzione, per radar di tipo impulsivo, è definita dalla durata dell’impulso trasmesso Tp. Infatti, la minima distanza ∆L che deve esserci tra due bersagli perché possano essere risolti, è legata a Tp dalla relazione:

Tp
∆y k , la linea di bersaglio è diritta con y = costante = y(gk), altrimenti è presa una linea diritta con x = costante = x(gk). Un ricevitore risulta “colpito” quando il raggio emerge in un certo intervallo sulla linea di bersaglio; la lunghezza di tale intervallo, dipende dall’accuratezza con cui sono determinate le posizioni attuali del geofono. Se l’area del bersaglio non è colpita, l’azimut del punto in cui il raggio emerge è confrontato con quello del bersaglio per determinare l’angolo di radiazione per la prova successiva. Se l’azimut del punto emergente supera l’azimut del bersaglio, è scelto un angolo di radiazione più piccolo, altrimenti tale angolo viene aumentato. Questa procedura è ripetuta fino a che l’area del bersaglio viene colpita. Vengono così registrati i tempi di viaggio e i coefficienti del raggio rik. Se è stato già trovato un altro percorso del raggio da sorgente a ricevitore, viene preso quello più corto e l’altro scartato. Per prendere i raggi con percorsi più brevi, il programma usa incrementi variabili dell’angolo di radiazione, regolati dal gradiente della funzione azimut del punto emergente. Può essere scelto un massimo incremento secondo la distribuzione di lentezza: contrasti crescenti individuano zone d’ombra, che appaiono come salti nella funzione azimut dei punti emergenti, in cui non sono trovati raggi tra sorgente e ricevitore. 88

Capitolo 3: il metodo sismico

3.17 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULL’ALGORITMO SIRT La risoluzione spaziale nelle immagini topografiche, dipende da parametri geometrici come densità dei raggi e spaziatura delle celle della griglia e dalla precisione del tempo di viaggio, che è influenzata da errori statistici. Un’anomalia di bassa velocità, sarà riconoscibile nell’immagine tomografica solo se causa un ritardo del tempo di viaggio dei raggi che la attraversano più grande dell’incertezza sul tempo stesso. Perciò la condizione teorica per la minima dimensione dell’anomalia che può essere risolta, è determinata da: ∆t ⋅ v A ⋅ v M (3.21) ∆rmin = v A − vM dove vA è la velocità dell’anomalia, vM è la velocità di matrice e ∆t è l’incertezza sul tempo di viaggio. Dall’eq. (3.21) segue che: la migliore risoluzione spaziale che può essere raggiunta, dipende dalla precisione dei dati dei tempi di viaggio e dai contrasti di velocità presenti nella zona d’indagine. Quando si progetta un’indagine tomografica, di solito è possibile stimare ∆rmin , da una conoscenza a priori della situazione geologica, e la precisione dei dati che ci si può aspettare. Il passo successivo è quello di trovare la migliore dimensione delle celle, che dovrebbe essere un valore scelto tra 1 e 1.5 volte la dimensione della minima anomalia che ci si aspetta essere risolvibile (Krajewski et al., 1989). Da prove comparative con dati privi di errori, risulta che la risoluzione locale dell’immagine ricostruita dipende dalla densità locale dei raggi. Inoltre, per assicurarsi che vengano determinati unicamente gli elementi dell’immagine nell’area di interesse, si deve scegliere una adeguata spaziatura tra le sorgenti e tra i ricevitori: la più piccola ragionevole spaziatura tra stazioni, dovrà essere uguale alla dimensione delle celle se è richiesta la massima risoluzione in tutta l’immagine. Una limitazione della risoluzione raggiungibile, può essere causata dagli effetti di errori statistici (incertezze sui tempi di viaggio), che portano ad inconsistenze nel sistema di equazioni lineari, cioè alla divergenza del processo di ricostruzione dopo un certo numero di iterazioni; diminuisce, così, la somiglianza fra il modello e l’immagine. Quando si fanno inversioni di dati sperimentali rumorosi, bisogna prestare molta attenzione a fermare il processo di iterazione prima che l’immagine cominci a deteriorarsi (in generale, non si può sapere il numero necessario di iterazioni in modo da migliorare la risoluzione spaziale e di velocità, in quanto dipende da numerosi fattori, come la quantità di rumore, il contrasto di velocità, il numero di raggi, la struttura dettagliata delle anomalie e l’esperienza dell’operatore).

89

Giovanni Leucci: Capitolo 4

Capitolo 4 RELAZIONI FRA PARAMETRI FISICI CARATTERIZZANTI IL GRADO DI FRATTURAZIONE DI UNA FORMAZIONE ROCCIOSA E PARAMETRI GEOFISICI INRODUZIONE Nello studio della stabilità di tunnel e altre strutture (ponti, strade, monumenti, ecc…), l’uso di indagini geofisiche non distruttive sta diventando sempre più frequente. Infatti esse permettono una rapida analisi semi - quantitativa della qualità delle strutture indagate e, in molti casi, sono una valida alternativa ai metodi d’investigazione diretta che potrebbero essere costosi, difficili da eseguire e che possono provocare spiacevoli danni alle strutture, soprattutto in situazioni in cui esse sono di notevole importanza storico – artistica o archeologica. Lo studio delle condizioni di stabilità di una qualsiasi struttura, è legato allo studio del grado di fratturazione della roccia su cui insiste la struttura stessa (edifici, strade, ponti, ecc..) o in cui la struttura è stata ricavata (tunnel, cavità e strutture di interesse archeologico). La progressiva fratturazione nella base di una roccia, che potrebbe causare cedimenti negli strati sovrastanti, costituisce un serio problema nella manutenzione delle strutture per la prevenzione di disastri: è molto importante quindi conoscere la continuità e la distribuzione di tali fratture per stimare il pericolo di collasso. Inoltre le fratture giocano un ruolo centrale in ingegneria civile, in geotecnica, in idrogeologia e in geologia - ambientale. Il grado di fratturazione è legato a proprietà idrogeologiche delle rocce, come la porosità (proprietà delle rocce correlata alla presenza di spazi vuoti (pori) tra gli elementi solidi che compongono la roccia stessa) e la permeabilità (capacità delle rocce di farsi attraversare dalle acque e, conseguentemente, anche dagli inquinanti in esse disciolti). È di estrema importanza sviluppare tecniche che, a costi ragionevoli, permettano di caratterizzare quantitativamente il grado di fratturazione di un banco roccioso. In questo capitolo verranno discussi i contributi che i metodi geofisici, e in modo particolare quelli sismici, elettromagnetici ed elettrici, possono dare nella risoluzione di queste problematiche. Le proprietà fisiche di un mezzo, esprimibili attraverso parametri geofisici misurabili come la resistività, velocità di propagazione delle onde sismiche ed elettromagnetiche nel mezzo stesso, sono influenzate dai parametri delle fratture come la lunghezza, l’apertura, la densità di frattura, il tipo di materiale infiltrato (viscosità) e la frazione di area in contatto fra facce opposte alla frattura. Quindi, le informazioni ottenibili con l’utilizzo della geofisica, dovrebbero essere di particolare utilità per la caratterizzazione di risorse naturali, per la valutazione dell’integrità di fondazioni, grotte sotterranee e altre strutture, per l’individuazione di fratture artificiali e/o naturali, ecc. 4.1

CENNI SUL CONCETTO DI FAGLIA E FRATTURA I parametri che influenzano il verificarsi delle deformazioni nella crosta terrestre sono la temperatura, la pressione, la velocità, il tempo durante il quale i materiali sono soggetti allo sforzo, le caratteristiche meccaniche dei materiali, la presenza o meno di acqua o altri fluidi, le variazioni col tempo dei fattori precedenti. Si può quindi immaginare, quanto varie e complicate possano essere tutte le situazioni fisiche che si vengono a trovare variando uno solo dei parametri sopra esposti. A seconda della profondità a cui avviene la deformazione all’interno della crosta 90

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

aumenteranno o meno, per esempio, la pressione e la temperatura; la velocità della deformazione potrà essere legata alle velocità relative delle placche, mentre il periodo di tempo per il quale i materiali saranno soggetti allo sforzo sarà funzione della durata di certi eventi geodinamici; le stesse caratteristiche meccaniche dei materiali variano in funzione del tempo per il quale essi sono soggetti ad uno sforzo. Ovviamente la crosta terrestre è costituita da materiali assai vari, che si deformano chiaramente in modo molto diverso. A seconda, quindi, del tipo di materiale e delle condizioni fisiche in cui avviene una deformazione, una roccia può, per esempio, piegarsi o invece fagliarsi o fratturarsi, oppure deformarsi in modo duttile o plastico. Le fratture possono essere definite come rotture di origine geologica, che interrompono la continuità di una formazione rocciosa e lungo le quali non c’è segno visibile di scorrimento. Esse sono presenti in tutta la parte superficiale della crosta terrestre e sono una manifestazione della fragilità delle rocce. Queste discontinuità, sono spesso riempite con un piccolo spessore di materiale di altra natura, il quale è frequentemente caratterizzato da scadenti proprietà meccaniche. Un gruppo di fratture approssimativamente parallele costituisce una famiglia o set di fratture; una serie di famiglie di fratture costituisce un sistema di fratture. In una formazione rocciosa possono essere presenti anche fratture di grande lunghezza, le faglie, lungo le quali sono chiaramente visibili segni di scorrimento (l’entità del movimento fra le due masse di rocce viene definita rigetto). Queste grandi discontinuità, conseguenti ad eventi tettonici di grande importanza, sono una risposta di tipo fragile ad uno sforzo che opera sulla crosta terrestre. Le faglie possono essere suddivise in base alla loro inclinazione e rigetto in tre principali classi: normali, trascorrenti e inverse. Quando una roccia presenta delle fratture, vengono alterate le sue proprietà meccaniche ed idrauliche. Lo studio delle fratture è quindi un compito importante per la ricostruzione delle deformazioni subite da una regione, per lo studio della permeabilità delle rocce (fattore fondamentale per l’idrogeologia e la ricerca di idrocarburi), nonché per problemi di meccanica e stabilità delle rocce stesse. 4.2 PARAMETRI CARATTERIZZANTI IL GRADO DI FRATTURAZIONE DI UNA FORMAZIONE ROCCIOSA Prima di ogni cosa, è opportuno prendere in considerazione i parametri caratterizzanti la qualità delle rocce. Consideriamo un sistema consistente in R differenti set di fratture con orientazioni diverse; scegliendo ora il set j-esimo e il profilo perpendicolare alla direzione delle fratture di tale set, si definisce densità lineare di frattura Γ il numero di fratture presenti per unità di lunghezza lungo il profilo stesso. Un altro parametro della roccia fratturata che può essere usato per caratterizzare il suo stato meccanico ed idraulico, è la densità di frattura C definita come: C=

Γ cos θ j (1 - ln rmin )

(4.1)

dove θj è l’orientazione del j-esimo set di fratture rispetto alla perpendicolare, verso il basso, al profilo preso in considerazione (θ = 0° per fratture verticali), . denota il

91

Giovanni Leucci: Capitolo 4

valore medio, Γ è la densità di frattura lineare, rmin è la lunghezza della frattura più piccola. Un altro parametro importante è il fattore di qualità della roccia RDQ (Rock Quality Designation), definito come il rapporto tra la somma delle distanze (superiori a 10 cm) fra le fratture lungo il profilo, e la lunghezza del profilo stesso; tale rapporto è espresso in termini percentuali. Questo “indice di qualità”, può fornire una valutazione preliminare delle principali caratteristiche fisiche e meccaniche di una formazione rocciosa (tab.4.1) . Tab. 4.1: Classificazione della qualità della roccia secondo l’indice RDQ

RDQ %

QUALITA’ ROCCIA Molto scadente Scadente Discreta Buona Eccellente

0-25 25-50 50-75 75-90 90-100

DELLA

L’indice di discontinuità Id, è usato come un indicatore della permeabilità di una roccia: la permeabilità aumenta all’aumentare di Id (Wei et al., 1995). Per una lunghezza di frattura media L, in una data distribuzione, Id è definito come lunghezza media di frattura = ΓL. (4.2) Id = dis tan za media fra fratture poiché la densità lineare è per definizione l’inverso della distanza media fra fratture. La lunghezza di frattura, tende ad avere una maggiore influenza sulla permeabilità della densità di frattura (Long e Witherspoon, 1985). Così, rocce fratturate con lunghezze più piccole e densità più alte, hanno una permeabilità più bassa di quelle che hanno fratture più lunghe e densità più basse. Inoltre le rocce fratturate tendono ad essere permeabili per Id≥1. Il grado di fatturazione, è definito come rapporto fra la velocità sismica nella roccia fratturata e quella nella roccia intatta. Le proprietà descritte in questo paragrafo sono definite “parametri delle rocce fratturate”.

4.3

IL METODO SISMICO PER LA VALUTAZIONE DEL GRADO DI FRATTURAZIONE DI UNA FORMAZIONE ROCCIOSA. I metodi d’indagine sismica, basati sullo studio delle caratteristiche di propagazione delle onde elastiche in un mezzo, si presentano di estrema utilità anche nel campo della meccanica delle rocce, in quanto forniscono utili informazioni sulla “qualità” di una formazione rocciosa. Le velocità di propagazione delle onde sismiche nelle rocce dipendono, come già visto nel capitolo 3, da numerosi fattori: ¾ composizione chimica e mineralogica; ¾ tessitura; ¾ struttura; ¾ grado di cementazione; ¾ porosità; ¾ presenza di acqua; ¾ grado di fratturazione.

92

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

Sino ad oggi, è stata utilizzata prevalentemente la velocità delle onde longitudinali che sono facilmente rilevabili in quanto, essendo le più veloci, arrivano per prime al ricevitore. Tuttavia nelle rocce più scadenti, la velocità delle onde longitudinali risulta molto diversa in relazione alla presenza o meno di acqua; infatti l’acqua presente nelle fratture permette un agevole transito delle onde di compressione, mascherando in tal modo lo stato di fratturazione esistente. Pertanto in alcune situazioni, può risultare più valida l’esecuzione della misura della velocità di propagazione dell’onda di taglio. L’importanza dell’impiego del metodo sismico per la valutazione del grado di fratturazione di una formazione rocciosa, è basata sulle seguenti evidenze sperimentali: al crescere della densità di frattura diminuiscono le velocità delle onde di compressione (VP) e di taglio (VS) e aumenta il coefficiente attenuazione α . Il problema, è ora quello di stabilire le reali relazioni fra i parametri che caratterizzano il grado di fratturazione (densità di frattura, lunghezza media della frattura, spaziatura media tra fratture) e altri parametri quantificabili attraverso il metodo sismico (velocità di propagazione delle onde sismiche e coefficiente di attenuazione delle stesse nel mezzo indagato). Per stimare i parametri sismici (velocità e attenuazione), viene considerata una sezione geologica caratterizzata da R differenti set di fratture; se il j-esimo set ha densità lineare di frattura Γj nella direzione di propagazione dell’onda sismica, l’attenuazione (o il coefficiente di assorbimento) α e la velocità V dell’onda sismica nel sistema di frattura possono essere scritti come (Boadu, 1997): α = α0 +

∑ Γ (− ln | t |) R

j =1

V=

j

pp

V0 R

1 + V0 ∑ Γ j (−arg(tpp ) / ω )

(4.3)

(4.4)

j =1

dove V0 e α0 denotano rispettivamente la velocità e il coefficiente di assorbimento della sezione di roccia intatta e tpp è il coefficiente di trasmissione associato ad un’onda incidente e ricevuta P. Per queste equazioni la conoscenza di tpp (da misure sismiche) e V0 e α0 (da bibliografia) può definire la densità di frattura Γ. I coefficienti di trasmissione tpp, sono funzioni dipendenti dalla frequenza, dalla lunghezza e apertura della frattura, dalla frazione d’area di contatto, dalla viscosità del materiale infiltrato e dall’angolo d’incidenza dell’onda che si propaga nel mezzo (Boadu, 1997). Dal momento che la velocità e l’attenuazione sono calcolate dai coefficienti di trasmissione, ci si aspetta che anche questi due parametri siano dipendenti dalla frequenza e dalle altre proprietà delle fratture appena elencate. Si ottengono espressioni simili per l’attenuazione e la velocità di onde S. Ricordiamo che un’onda piana di frequenza angolare ω(=2πf) che viaggia nella direzione x può essere scritta nella forma U(x, t) = e −αx e iω (t −( x / V )) dove V è la velocità di propagazione dell’onda e α il coefficiente di attenuazione. Secondo O’Conneell e Budiansky (1978), per materiali altamente dissipativi, l’equazione che esprime il fattore di merito Q in funzione di α è data da: Q(ω) =

ω /(αV ) − (αV ) / ω 2

⇔ Q(f) =

(2πf ) / (αV ) − (αV ) / (2πf ) (4.5) 2 93

Giovanni Leucci: Capitolo 4

Tale equazione è applicabile sia ad onde P che ad onde S, ed è usata per calcolare i fattori di merito dei mezzi indagati. 4.4 RELAZIONI FRA PARAMETRI CARATTERIZZANTI IL GRADO DI FRATTURAZIONE DI UNA FORMAZIONE ROCCIOSA E PARAMETRI SISMICI (Leucci et al., 2003) Lo studio condotto in questa parte del lavoro di tesi, basato su una serie di esperimenti condotti su di un campione di calcarenite contenente fratture, ha permesso di mettere in relazione le velocità di propagazione delle onde sismiche con i parametri delle rocce fratturate. E’ stato considerato (Fig.4.1) un blocco di calcarenite di dimensioni 0.6x0.4x0.4 m, contenente quattro fratture allineate di lunghezza media 0.4 m; la zona fratturata si estende per circa 0.36 m, mentre la distanza fra i confini laterali del modello e la zona fratturata è 0.12 m. Sono state create fratture artificiali, in numero via via crescente a partire da 1 fino a 4. Sono state realizzate 4 prove con fratture riempite con quattro diversi tipi di materiale: aria, terra rossa, terra rossa bagnata e argilla. Il segnale sismico di input, è una sorgete di onda P ed S collocata ad un’estremità del blocco considerato; i ricevitori sono posti all’estremità opposta. In questo studio sono stati utilizzati gli accelerometri, o trasduttori piezoelettrici, di piccole dimensioni (dal diametro di circa 1 cm), costo contenuto e dal peso piuttosto modesto, pertanto facili da applicare alla parete da investigare tramite l’impiego di un semplice adesivo (silicone nel nostro caso). Gli accelerometri hanno una frequenza propria di 4KHz, pertanto riescono a risolvere segnali di frequenza compatibile con questo valore. La sorgente impiegata è un semplice martello da 1 Kg. (Per maggiori informazioni sulla strumentazione si faccia riferimento all’appendice A di questa tesi). La geometria di acquisizione dei dati è riportata in Fig.4.1. SORGENTE S RICEVITORE S FRATTURE RICEVITORE P

SORGENTE P

Fig. 4.1: Blocco di calcarenite con ubicazione delle fratture, dei punti sorgente di onde sismiche e dei ricevitori.

Per ogni test è stata analizzata la variazione delle velocità delle onde P ed S in funzione dei parametri delle rocce fratturate definiti nei paragrafi precedenti. I risultati sono riassunti nelle seguenti tabelle: Tab. 4.1: variazione delle velocità delle onde P ed S in funzione dei parametri di fratturazione delle rocce con fratture riempite d’aria Fratture riempite d’aria Densità Densità lineare di frattura frattura (1/m) (m/mq) Γ 0 0 1,667 0,064 3,334 0,128 5 0,192 6,667 0,255

di RDQ (%) C

100 80 60 40 20

Indice di Velocità discontinuità dell’onda (Id) (m/s) 0 0,667 1,334 2 2,667

94

1867 1495 1121 987 900

Velocità P dell’onda (m/s) 1037 590 423 357 271

Vp/Vs S

1.80 2.53 2.65 2.76 3.32

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

Tab. 4.2: variazione delle velocità delle onde P ed S in funzione dei parametri di fratturazione delle rocce con fratture riempite di terra rossa Fratture riempite di terra rossa Densità Densità di RDQ (%) lineare di frattura C frattura (m/mq) (1/m) Γ 0 0 100

Indice di Velocità discontinuità dell’onda (Id) (m/s)

Velocità P dell’onda (m/s)

0

1867

1037

1,667

0,064

80

0,667

1560

721

3,334

0,128

60

1,334

1200

530

5

0,192

40

2

1002

390

6,667

0,255

20

2,667

936

300

S

Vp/Vs

1.80 2.16 2.26 2.56 3.12

Tab. 4.3: variazione delle velocità delle onde P ed S in funzione dei parametri di fratturazione delle rocce con fratture riempite di terra rossa bagnata Fratture riempite di terra rossa bagnata Densità di RDQ (%) Densità lineare di frattura C (m/mq) frattura (1/m) Γ 0 0 100 1,667 0,064 80 3,334 0,128 60 5 0,192 40 6,667 0,255 20

Indice di Velocità discontinuità dell’onda (Id) (m/s) 0 0,667 1,334 2 2,667

1867 1604 1290 1100 1054

Velocità Vp/Vs P dell’onda S (m/s) 1037 800 590 410 387

1.80 2.00 2.19 2.68 2.72

Tab. 4.4: variazione delle velocità delle onde P ed S in funzione dei parametri di fratturazione delle rocce con fratture riempite di argilla Fratture riempite di argilla Densità di RDQ (%) Densità lineare di frattura C (m/mq) frattura (1/m) Γ 0 0 100 1,667 0,064 80 3,334 0,128 60 5 0,192 40 6,667 0,255 20

Indice di Velocità discontinuità dell’onda (Id) (m/s) 0 0,667 1,334 2 2,667

1867 1615 1290 1112 1061

Velocità Vp/Vs P dell’onda S (m/s) 1037 808 620 430 390

1.80 1.99 2.08 2.59 2.72

L’esperimento condotto in situazioni controllate della propagazione delle onde sismiche attraverso tale modello, ha fornito come risultato la variazione della velocità delle onde P in funzione dei parametri delle rocce fratturate (Fig. 4.2a, b, c, d).

95

Giovanni Leucci: Capitolo 4

a

b

c

d

Fig. 4.2: Variazione della velocità dell’onda P in funzione della densità di fratturazione C: a) con fratture riempite d’aria; b) con fratture riempite di terra rossa; c) con fratture riempite di terra rossa bagnata; d) con fratture riempite di argilla.

Una lettura dei dati sperimentali, indica una diminuzione della velocità dell’onda P all’aumentare della densità di frattura C. A partire da una velocità di circa 1867 m/s per la calcarenite intatta fino ad arrivare a valori via via più bassi a seconda del materiale di 96

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

riempimento delle fratture. Dal momento che la densità è una misura della trasmittività idraulica, è ragionevole affermare che una diminuzione di velocità implica un aumento della trasmittività della frattura. Comunque, c’è una velocità limite (in questo caso circa 800 m/s, che rappresenta il limite massimo raggiungibile se le fratture sono riempite d’aria) al di sotto della quale la velocità non subisce grandi diminuzioni, pur aumentando la densità di frattura. Questa velocità limite può essere un’utile informazione nel delineare zone altamente trasmissive. La velocità sismica associata al modello di frattura, decresce all’aumentare dell’indice di discontinuità Id (Fig.4.3a). Questo implica che, per un mezzo fratturato, una diminuzione della velocità sismica è, in generale, il risultato di un aumento della permeabilità della frattura.

Fig. 4.3: Variazione della velocità delle onde P, in funzione dell’indice di discontinuità a); della densità lineare di fratturazione Γ b); di RDQ c). All’interno di ogni grafico è inserita l’equazione della linea di tendenza con il coefficiente di correlazione al quadrato. 97

Giovanni Leucci: Capitolo 4

Inoltre, esiste una velocità limite (∼800 m/s), oltre la quale non si ha una ulteriore diminuzione della velocità stessa all’aumentare di Id. Questa informazione può essere utile nelle applicazioni pratiche, quando si vogliono mappare zone permeabili in un terreno fratturato. Così le zone che presentano valori di velocità VP ≤800 m/s in una stessa formazione geologica, possono essere identificate come zone permeabili. La velocità delle onde P diminuisce all’aumentare della densità lineare di frattura Γ. La velocità diminuisce in modo abbastanza pronunciato per valori di densità lineare di frattura Γ più piccoli, meno pronunciato per valori di densità di frattura lineare più alti. Una possibile spiegazione di questo è che, quando la densità di frattura aumenta, la velocità totale diventa sempre più sensibile alle proprietà della calcarenite fratturata e meno sensibile alle proprietà di quella intatta. Si può quindi pensare di poter usare il rapporto tra velocità nella roccia fratturata e intatta come indice per quantificare il grado di fratturazione. La velocità delle onde di compressione aumenta all’aumentare del parametro RDQ. Nelle Fig. 4.4(a-d), sono mostrati gli effetti dei parametri della roccia fratturata sulla velocità di un’onda SH. Le tendenze nelle variazioni di ciascuno di questi parametri, sono essenzialmente simili a quelle delle onde P: la velocità delle onde SH, in generale, diminuisce all’aumentare di Id, Γ, C, mentre aumenta all’aumentare di RDQ.

98

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

a

b

c

d

Fig.4.4: Variazione della velocità delle onde SH (VS) in funzione dei parametri delle rocce fratturate. 99

Giovanni Leucci: Capitolo 4

Le diminuzioni di velocità per l’onda SH sono minori di quelle per l’onda P; per cui le onde P risentono di più delle fratture delle onde SH, sotto le stesse condizioni di propagazione. Le due velocità, quando sono usate insieme, danno un’informazione più completa sulle masse delle rocce fratturate. Infatti il rapporto Vp/Vs è legato al coefficiente di Poisson (σ) attraverso la relazione: VP 1− σ = (4.6) VS 1/ 2 −σ Il coefficiente di Poisson, che può essere calcolato dalla relazione (4.6), è un parametro che dà un criterio di valutazione della deformazione che può subire una roccia, ed è ovviamente legato al grado di litificazione, alla porosità ed al grado di fratturazione della roccia stessa. Nelle figure 4.5(a-d), sono mostrate le variazioni del rapporto fra velocità dell’onda di compressione e dell’onda di taglio VP/VS , in funzione dei parametri dei mezzi fratturati.

100

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

a

b

c

d

Fig.4.5: Variazione del rapporto tra la velocità delle onde P e la velocità delle onde SH (VP/VS) in funzione dei parametri delle rocce fratturate.

101

Giovanni Leucci: Capitolo 4

VP/VS diminuisce a circa il 41% del valore per la roccia intatta per una densità di fratture 0.064 m/mq, a circa il 20% per una densità di fratture di 0,26 m/mq. Queste variazioni della densità lineare di frattura con il rapporto VP/VS , sono ovviamente differenti da quelle osservate nei valori delle singole VP e VS. I risultati delle prove eseguite, sono stati inoltre analizzati usando il metodo delle regressioni dei minimi quadrati. Sono state calcolate l’equazione della linea di best-fit e il coefficiente di correlazione R2. Le equazioni di regressione ed il relativo coefficiente di correlazione sono riportate di seguito: Vp = 11210 C2 – 6428 C + 1886,6 R2 = 0,9667 Vp = 16,464 Γ2 – 246,36 Γ + 1886,6 2 Vp = 102,91 (Id) – 615,95 (Id) + 1886,6 Vp = 0,1143 (RDQ)2 – 2,3359 (RDQ) + 976,85

(4.7)

Vs = 9455 C2 – 5128,9 C + 1032 R2 = 0,9494 Vs = 13,886 Γ2 – 196,55 Γ + 1032 2 Vs = 86,798 (Id) – 491,43 (Id) + 1032 Vs = 0,0964 (RDQ)2 – 2,9064 (RDQ) + 358,35

(4.8)

Vp/Vs = 2,216 C2 + 3,8446 C + 1,8333 R2 = 0,8154 Vp/Vs = 0,0033 Γ2 + 0,1473 Γ + 1,8333 2 Vp/Vs = 0,0203 (Id) + 0,3685 (Id) + 1,8332 Vp/Vs = 0,00002 (RDQ)2 – 0,0168 (RDQ) + 3,287

(4.9)

Le relazioni empiriche, ricavate sperimentalmente possono consentire la determinazione dei parametri di fratturazione in situazioni meno controllate, quando sono noti i valori delle velocità di propagazione delle onde sismiche P ed SH. Nel capitolo 6 si farà vedere come la combinazione di questi tre parametri VP, VS e VP/VS , ottenuti usando la tecnica di tomografia sismica a rifrazione 2D, riesca a fornire informazioni più precise per caratterizzare la massa di una roccia fratturata. Utilizzando gli andamenti di VP, VS, VP/VS, si ottiene uno strumento unico ed altamente informativo per valutare e caratterizzare le condizioni meccaniche ed idrauliche dei mezzi fratturati. Per esempio, valori consistentemente più bassi dei parametri sismici sono buoni indicatori di un mezzo altamente fratturato permeabile o trasmissivo. 4.5

IL METODO GEOELETTRICO PER LA VALUTAZIONE DEL GRADO DI FRATTURAZIONE DI UNA FORMAZIONE ROCCIOSA: VARIAZIONI DELLA RESISTIVITA’ IN PRESENZA DI FRATTURE

Lo studio delle variazioni di resistività in presenza di fratture è stato realizzato attraverso l’utilizzo di semplici modelli sintetici. Il modello sintetico permette di capire, in fase di progettazione di una campagna di misure, se un rilievo elettrico sarà in grado di delineare le strutture di un certo interesse che nel nostro caso sono le fratture. Una volta assunto un modello di sottosuolo, è possibile calcolare facilmente la sua risposta elettrica utilizzando differenti disposizioni elettrodiche (Cap. 2), e differenti spaziature interelettrodiche e quindi determinare il tipo di acquisizione più adatta. Le pseudosezioni di resistività apparente, simulate al computer con l’utilizzo del software Res2Mod, vengono generate ipotizzando il 102

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

percorso teorico della corrente all’interno dei vari mezzi con specifici valori di resistività elettrica. Per generare il caso più reale possibile, nel modello vengono programmate sia la geometria bidimensionale della stratigrafia del sottosuolo che le strutture di interesse. E’ stato così realizzato un semplice modello a due strati omogenei di resistività pari rispettivamente a 100 ohm m e 1000 ohm m (Fig. 4.6a). I valori di resistività scelti, sono quelli tipici delle calcareniti (circa 100 ohm m) e dei calcari più compatti (1000 ohm m) presenti nel territorio salentino Leucci et al., 2003). L’inversione effettuata sui dati relativi al modello di partenza (Fig 4.6b), ipotizzando una disposizione elettrodica dipolo-dipolo con distanza interelettrodica pari ad 1 m, vede perfettamente i due strati seguendone l’andamento.

Fig. 4.6: a) Modello di sottosuolo costituito da due strati principali omogenei; b) risultato dell’inversione della sezione sintetica di resistività ottenuta in relazione al modello in a) con dispositivo elettrodico dipolo-dipolo (distanza interelettrodica di 1m).

In un secondo momento il modello omogeneo a due strati di Fig. 4.6a, è stato modificato con l’aggiunta di quattro fratture di geometria variabile. Ad ogni frattura è stato associato un materiale di riempimento diverso. In Fig. 4.7a viene mostrato il nuovo modello con a partire da sinistra verso destra: • una frattura con riempimento di terra rossa umida (resistività di circa 10 ohm m); • una frattura con riempimento di materiale asciutto con pori riempiti di aria e acqua (resistività di circa 300 ohm m); • una frattura con riempimento di materiale asciutto con pori riempiti di aria (resistività di circa 1000 ohm m); • una frattura con tutti i tre tipi di materiali prima elencati.

103

Giovanni Leucci: Capitolo 4

Fig. 4.7: a) Modello di sottosuolo costituito da due strati principali omogenei con l’aggiunta di quattro fratture; b) risultato dell’inversione della sezione sintetica di resistività ottenuta in relazione al modello in a) con dispositivo elettrodico dipolo-dipolo (distanza interelettrodica di 1m).

Sono state eseguite diverse inversioni, sullo stesso modello, variando la distanza interelettrodica. In figura 4.7b, è mostrato il risultato dell’inversione ottenuta ipotizzando una disposizione elettrodica Dipolo – dipolo e una distanza interelettrodica pari a 1m. Si nota come i due strati del modello vengano bene messi in evidenza e come i valori di resistività varino in corrispondenza delle fratture, assumendo valori alti o bassi, a seconda del materiale che riempie le fratture stesse. Le dimensioni delle fratture, data la distanza interelettrodica di 1 m, non vengono evidenziate. In figura 4.8, è mostrato il risultato dell’inversione ottenuta ipotizzando una disposizione elettrodica Dipolo – dipolo e una distanza interelettrodica pari a 0.5 m.

Fig. 4.8: Risultato dell’inversione della sezione sintetica di resistività ottenuta in relazione al modello in Fig.4.9a con dispositivo elettrodico dipolo-dipolo (distanza interelettrodica di 0.5m).

Si nota, in questo caso, che la minore distanza interelettrodica ha consentito di definire meglio la geometria delle fratture. Non è consigliabile scendere al di sotto dei 0.5 m di spaziatura interelettrodica, in quanto questo comporterebbe un notevole aggravio di tempo.

104

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

4.6 IL METODO ELETTROMAGNETICO IMPULSIVO PER LA VALUTAZIONE DEL GRADO DI FRATTURAZIONE DI UNA FORMAZIONE ROCCIOSA: ANALISI DI AMPIEZZA La progettazione di una campagna di indagini geofisiche, che prevede l’utilizzo della metodologia elettromagnetica impulsiva, per la valutazione del grado di fratturazione di una formazione rocciosa richiede le seguenti considerazioni: a) analisi del fenomeno in studio, determinazione della profondità d’indagine, della risoluzione e scelta della frequenza d’antenna da utilizzare; b) valutazione della complessità della zona d’indagine: nonostante l’antenna sia direzionale, il terreno sul quale si effettuano i profili GPR dovrebbe essere il più possibile omogeneo al fine di ridurre il numero di arrivi dovuti a diffrazione da oggetti posti in superficie ed evitare interpretazioni errate delle anomalie radar; c) la differenza tra valori di costante dielettrica relativa della roccia intatta e di quella fratturata deve essere abbastanza grande da determinare una buona riflessione. In secondo luogo il problema è quello di trovare una tecnica di visualizzazione che, evidenziando particolari caratteristiche presenti nei dati, riuscisse a produrre immagini 3D in cui si potessero evidenziare posizione ed estensione delle fratture. L’uso di tecniche di visualizzazione 3D è, di fatto, di primaria importanza in ogni tipo di applicazione delle indagini geofisiche, in quanto permette di visualizzare dati complessi in un modo facilmente comprensibile, aumentando così la qualità e l’efficienza dell’interpretazione. Se i dati vengono acquisiti lungo profili equispaziati (all’interno di griglie progettate sull’area del rilievo prima di acquisire i dati), l'analisi e la correlazione delle riflessioni, permette di costruire una accurata immagine tridimensionale di lineamenti sepolti e quindi della stratigrafia ad essi associata. Il modo più usato di visualizzare in 3D i dati radar è mediante time slice. Questo metodo di trattamento e visualizzazione dei dati radar, detto di analisi dell’ampiezza, crea mappe dell’onda riflessa di diversa ampiezza nella griglia. Ogni traccia, all’interno della griglia, contiene una serie di onde che variano in ampiezza in modo dipendente dalla quantità e intensità di energia riflessa che si ha alle interfacce sepolte. Un’analisi della distribuzione spaziale delle ampiezze delle onde riflesse, è importante perché i cambiamenti delle ampiezze sono il risultato diretto di cambiamenti nelle formazioni presenti nel sottosuolo. Al fine di essere interpretate correttamente, le differenze di ampiezze devono essere analizzate in termini di “time slice”, che esaminano solo cambiamenti all’interno di profondità specifiche nel terreno. Le slices di ampiezza sono costruite in intervalli uguali di tempo doppio misurato in nanosecondi (ns) ed ognuna di esse rappresenta uno spessore approssimato del materiale sepolto. I cambiamenti di ampiezza visibili in una serie di time slices orizzontali nel terreno, sono analoghi allo studio dei cambi geologici nello strato ad uguale profondità (Arnold et al. 1997; Goodman et al. 1995; Malagodi et al. 1996; Milligan and Atkin 1993). Basse variazioni di ampiezza dentro ogni slice, denotano riflessione piccola dal sottosuolo e, perciò, indicano la presenza di materiale abbastanza omogeneo. Alte ampiezze indicano discontinuità significative nel sottosuolo e, in molti casi, rivelano la presenza di lineamenti sepolti. Un brusco cambiamento tra un area di bassa ampiezza e un area di alta ampiezza, può essere molto significativo e può indicare la presenza di una interfaccia sepolta tra due mezzi. Ai gradi di variazione di ampiezza in ogni time slice possono essere assegnati colori arbitrari o toni di grigio lungo una scala nominale: le anomalie saranno evidenziate da netti contrasti. In Fig. 4.10 è riportato un diagramma schematico che illustra il principio generale nella creazione di una time slice orizzontale. Sui profili radar raccolti lungo linee parallele e/o 105

Giovanni Leucci: Capitolo 4

incrociate dentro una griglia si considera un intervallo di tempo dt e si rappresenta su una sezione gli eventi riflessi in quest’intervallo temporale. La distanza tra le linee (dy) in una griglia, è determinata dalla frequenza dell’antenna utilizzata: essa deve essere minore o uguale ad ½ della lunghezza d’onda associata a questa frequenza. Le ampiezze relative delle onde radar riflesse registrate in quell’intervallo temporale (la slice), sono poi mediate e interpolate prima di stamparle in forma di mappa. Se le analisi di velocità sono fatte in anticipo e vengono effettuate le trasformazioni tempo – profondità, ogni time slice orizzontale può essere vista come una sezione profondità (depth slice). Realizzando più time slices per diversi valori del tempo e correlando le anomalie in esse relative, possiamo costruire rappresentazioni tridimensionali delle ampiezze riflesse. A causa delle differenze di velocità che si possono verificare in punti diversi di una stessa griglia, è possibile che in una slice compaiano eventi riflessi da corpi posti a profondità diverse: per cui ciò che appare essere un riflettore orizzontale può essere inclinato. Inoltre, se i dati radar sono raccolti lungo un terreno topograficamente accidentato e non vengono apportate correzioni topografiche, le riflessioni relative ad ogni slice, saranno provenienti da una struttura parallela alla superficie del terreno, ma non orizzontale.

Fig.4.10: Rappresentazione diagrammatica della costruzione delle time slice orizzontali dai profili GPR bidimensionali standard in una griglia delineata dai valori x e y. dy è la distanza tra i profili; dx è la distanza lungo i profili in cui le onde riflesse sono mediate; dt è lo spessore delle slice, misurato in nanosecondi (tempo doppio di viaggio). La media delle ampiezze al quadrato nelle finestre dx, dt collocate in x,y nella griglia, è il parametro di ampiezza visualizzato nelle mappe di anomalia di ampiezza.

Assumendo una finestra temporale (dt) minore, si può avere una più alta risoluzione, con il rischio, però, che il rumore possa coprire dati utili. L’importanza primaria della visualizzazione 3D, è dovuta al fatto che essa può essere un valido ed intuitivo modo di comunicare informazioni complesse anche ai non addetti ai lavori. Le time slices sono il modo più oggettivo, facile e rapido di rappresentare, in un piano sintetico, le forme dell’anomalia, specialmente per larghe zone, ma non forniscono una visione dell’intero volume con la stessa immediatezza. Nel prossimo capitolo, oltre alle classiche time slices, verranno utilizzati due nuovi interessanti metodi di visualizzazione, che sono stati proposti in lavori recenti al fine di ricostruire, nello spazio 3D, forma e dimensioni di mine antiuomo nascoste nel sottosuolo (Zanzi e Valle, 1999; Zanzi e Valle, 2000). Il primo caso esaminato da Zanzi e Valle (1999), relativo a dati sperimentali acquisiti in condizioni favorevoli in laboratorio, dopo un appropriato processing dei dati, ha portato 106

Giovanni Leucci: caratterizzazione dell’ammasso roccioso

ad una rappresentazione 3D delle riflessioni o diffrazioni degli oggetti cercati, procedendo nel modo seguente: 1. Estrazione di particolari ampiezze del segnale complesso (inviluppo delle tracce radar); 2. Sogliatura (la calibrazione delle soglie è il passo più delicato); 3. Tracciamento delle superfici di equi-ampiezza.(Fig.4.11a)

Fig. 4.11: Rappresentazione 3D del volume ispezionato durante un esperimento di laboratorio (Zanzi e Valle, 1999) mediante: a) estrazione di superficie di equi-ampiezza; b) stack di energia e ampiezza.

Il secondo approccio è stato proposto dagli stessi autori, nell’analisi dei dati di campagna, con lo scopo di migliorare il rapporto segnale-rumore, che nei casi reali può essere molto basso. Esso prevede: 1. Estrazione degli attributi più promettenti del segnale complesso (energia e inviluppo del segnale) 2. Tre stack fatti separatamente su ciascun asse coordinato: lo stack dell’energia lungo l’asse profondità, produce una vista in pianta in cui localizzare le aree a maggior contenuto energetico, sufficiente per individuare le coordinate x e y di un bersaglio; per dare, inoltre, una stima della profondità di tale oggetto e produrre un’immagine 3D dell’area esplorata, si esegue anche lo stack dell’inviluppo delle tracce nelle direzioni x e y; 3. Sogliatura 4. Ricostruzione 3D ( procedura di rendering): le aree dell’immagine stack, sono selezionate automaticamente e proiettate nello spazio 3D per produrre il volume d’intersezione che ricostruisce la posizione e l’estensione dei bersagli. (Fig.4.12). Questo metodo, utilizzato per riflessione, viene sfruttato quasi esclusivamente per individuare contatti tra strati, cavità, fratture ecc. e non per avere una rappresentazione quantitativa delle condizioni geotecniche della roccia. Nel caso in cui il georadar investiga una roccia integra, l’energia dell’onda elettromagnetica viene in gran parte trasmessa, mentre in caso di roccia fratturata e quindi di bassa qualità l’energia viene scatterata. Partendo da questo presupposto, si può ipotizzare che la valutazione dell’energia scatterata può dare informazioni semi - quantitative della qualità della roccia (capitolo 6). 107

Giovanni Leucci: Capitolo 4

Fig. 4.12: Visualizzazione 3D attraverso la procedura consistente nell’estrazione degli attributi complessi, sogliatura e ricostruzione 3D (rendering); a) stack dell’energia sui lati superiore e laterale; b) sogliatura; c) ricostruzione 3D (Nuzzo et al. 2003)

108

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Capitolo 5 INDAGINI GEOFISICHE PRESSO LA GROTTA DELLE VENERI (PARABITA-LECCE)

INTRODUZIONE Nel mese di Ottobre 2002 sono stati realizzati, ad opera dell’Osservatorio di Chimica, Fisica e Geologia Ambientali - Dipartimento di Scienza dei Materiali - Università degli Studi di Lecce e in collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni Archeologici di Taranto, alcuni rilievi geofisici nella zona della Grotta delle Veneri a Parabita, in provincia di Lecce. Le indagini condotte avevano lo scopo di individuare la reale posizione su mappa della grotta e valutarne lo stato di conservazione, mediante una stima del grado di fratturazione dello strato di roccia che costituisce il tetto della grotta e della sua stabilità. A tale scopo sono state eseguite indagini sismiche, elettromagnetiche

impulsive

(ground

penetrating

radar,

GPR)

e

geoelettriche (electrical resistivity tomography, ERT).

5.1

INQUADRAMENTO STORICO-GEOLOGICO DEL SITO

Gli abitati di Parabita, Matino e Casarano sorgono ai piedi di una serra orientata NNO-SSE che prende il nome di Serra di S. Eleuterio in corrispondenza dei punti più alti della quale si raggiungono quote anche superiori ai 195 m sul livello del mare. Dal punto di vista geologico il rilievo è caratterizzato da calcari e calcari dolomitici stratificati in strati di spessore variabili da pochi cm a 1 m. Nella parte ad est della serra, in cui il territorio è più pianeggiante, affiorano sedimenti più recenti nascosti da estese coperture di terra rossa e che si possono suddividere in: − Calcareniti

del Salento, costituite da calcareniti grossolane con fossili del

Pleistocene inferiore − Argille

subappenniniche caratterizzate da depositi argillosi del Pleistocene

inferiore, che, in caso di pioggia, impediscono il deflusso dell’acqua favorendone il ristagno. 109

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni − Depositi

terrazzati di spiaggia e di piana costiera del Pleistocene medio e

superiore La presenza dell'uomo sul territorio di Parabita ha origini remote (80.000 a.c. circa). Nel 1966, infatti, in una grotta denominata poi "Delle Veneri" (Fig. 5.1a), furono trovati reperti risalenti in parte al Paleolitico medio, appartenuti all'Homo Sapiens Neanderthalensis (Neanderthal) e in parte al Paleolitico superiore (35.000-10.000 a.c.), appartenuti all'Homo SapiensSapiens (Cro-Magnon), due scheletri acefali (Cro-Magnon 35.000 a.c.) e due statuine (12.000-10.000 a.c.) scolpite in osso di cavallo dell'altezza di 9,6 cm. l'una e 6,7 cm. l'altra, riproducenti donne in stato di gravidanza (Fig. 5.1b). L’ampia cavità si apre sulle Murge salentine a circa 36 Km a sud di Lecce ed è stata suddivisa, da geologi ed archeologi, in due porzioni, diverse per situazione cronostratigrafica e per gli eventi verificatisi nel corso del riempimento: la grotta-riparo esterna e la grotta interna (Cremonesi, 1987).

Fig. 5.1: a) foto dell’ingresso della Grotta delle Veneri (Parabita, Lecce); b) foto delle due statuine riproducenti donne in stato di gravidanza

Dalle evidenze archeologiche osservate, la grotta esterna è ridotta ad un ampio riparo di forma semicircolare dai progressivi arretramenti della volta, testimoniati da numerosi resti di crollo; essa presenta una sequenza così composta a partire dal basso: −

terreno

sciolto

giallastro,

probabilmente

dissolvimento della roccia di base; 110

derivato

dal

parziale

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni −

concrezione carbonatica discontinua di spessore variabile compreso tra 2

e 10 cm; −

terreno molto compatto che tende a divenire rossastro e più sciolto nella

parte superiore; −

piccoli lembi di sedimento aderenti alle pareti, residuo di accumuli più

consistenti asportati dal processo di svuotamento che ha interessato gran parte del riparo; −

grandi massi fortemente inclinati verso l’interno, che testimoniano un

importante episodio di crollo di volta; −

imponente formazione di argilla sabbiosa mista a pietrisco di piccole

dimensioni −

formazione a terra nera sciolta con ceramiche dal Neolitico all’età storica

rimaneggiate. La grotta interna consiste in un tronco centrale e in due cunicoli Nord ed Ovest. La sequenza stratigrafica presenta continue variazioni nei diversi ambienti in cui si articola la cavità, a causa delle diverse modalità di riempimento ed erosione differenziale, che ha scavato profondamente i sedimenti lasciando solo lembi di breccia sospesi e “ponti”. La sequenza rinvenuta all’imboccatura del cunicolo Nord, unica zona della cavità in cui essa presenta livelli chiaramente definiti, appare così formata, partendo dal basso: −

roccia di base con numerose marmitte circolari, come anche nella

porzione esterna; −

terreno grigiastro più bruno o rossastro alla base e alla sommità;



terreno argilloso rosso con abbondante pietrisco cementato



terreno argilloso bruno con abbondante pietrisco cementato;



formazione a terra nera sciolta, identica a quella rinvenuta nella porzione

esterna, con ceramiche appartenenti al Neolitico e all’Eneolitico prevalentemente. Sia nella porzione interna della grotta, sia in quella esterna, sono stati rinvenuti numerosi reperti incisi, come lastre, ciottoli e frammenti di roccia calcarea (389 reperti), frammenti ossei di macromammiferi (116 reperti), che presentano un’incredibile varietà di motivi (moderni strumenti ottici ed 111

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

elettronici hanno permesso di risalire al processo tecnico impiegato nell’eseguire tali decorazioni). La grotta delle Veneri rappresenta certamente il sito più importante di tutto il Salento sotto il profilo dell’arte astratta a carattere esclusivamente geometrico, malgrado il pessimo stato di conservazione di gran parte dei manufatti artistici. Le indagini geofisiche, in accordo con la Sovraintendenza ai Beni Archeologici di Taranto, sono stati eseguiti in due zone distinte indicate con zona 1 e zona 2 in Fig.5.2. Le due zone sono state scelte in base alle priorità per la programmazione degli interventi da parte della Sovraintendenza e in base alla possibilità di poter effettuare delle indagini a tappeto e quindi in zone prive di ostacoli in superficie.

Griglia elettrica

112

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

5.2 ESECUZIONE DEL RILIEVO ELETTROMAGNETICO IMPULSIVO 5.2.1

SCELTA DELL’ANTENNA

Una delle decisioni più importanti in un rilievo di tipo elettromagnetico impulsivo, ground penetrating radar (GPR), è la scelta dell’antenna con la corretta frequenza operativa necessaria per ottenere adeguate profondità di penetrazione e risoluzione dei lineamenti di interesse (Huggenberger et al., 1994; Smith e Jol, 1995). Allo scopo di scegliere l’antenna più adatta al rilievo GPR nel sito d’indagine, preliminarmente

sono state effettuate

misure su uno stesso profilo, usando quattro tipi di antenne, da 35, 100, 200, 500 MHz, in configurazione monostatica e sono stati confrontati i risultati. L’acquisizione dati è stata fatta lungo il profilo A1 (zona 1, Fig.5.2), trascinando le antenne da 100, 200, 500 MHz in modo continuo lungo la superficie del terreno con velocità pressoché costante; anche l’antenna da 35 MHz, tenuta sospesa a circa 1 m dalla superficie del terreno, è stata spostata con continuità lungo lo stesso profilo. Un’operazione molto importante, durante l’acquisizione dei dati radar, è stata la collocazione dei marker, cioè i riferimenti spaziali sul profilo radar: essi permettono di localizzare nella sezione radar un’anomalia in un determinata posizione rispetto all’origine del profilo e soprattutto di confrontarla più facilmente con le anomalie presenti sui profili adiacenti. I marker sono stati posizionati o manualmente (per l’antenna da 35 MHz), tramite un pulsante azionato a vista da un operatore o in modo automatico (per le antenne da 100, 200, 500 MHz), tramite una rotella, di diametro fissato, solidale con l’antenna. Prima di iniziare il lavoro sono stati impostati sul computer alcuni parametri di base: −

Fondo scala (Time window), definito come l’intervallo di tempo misurato in nanosecondi (ns) in cui l’antenna ricevente percepisce e registra l’energia delle onde radar riflesse; generalmente il valore di fondo scala viene fissato in modo da ricevere riflessioni da una profondità superiore a quella stimata.

113

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni −

Numero di campioni per traccia (samples per scan) dove un

“campione” è un valore digitale che definisce una porzione dell’onda riflessa sulla traccia: più elevato è il numero dei campioni in formato digitale, più accurata è la forma dell’onda. Per le sezioni radar di questo lavoro il fondo scala è stato fissato a 320 ns per le antenne da 35 e 100 MHz, a 250 ns per l’antenna da 200 MHz e 150 ns per quella da 500 MHz; mentre il numero di campioni per scan impostato è di 1024. La Fig.5.3 mostra le sezioni radar, non elaborate, ottenute per ciascuna antenna: l’asse orizzontale indica il profilo lungo il quale è stata spostata l’antenna, mentre l’asse verticale i tempi doppi di arrivo delle onde radar riflesse dalle discontinuità incontrate nel sottosuolo. Dal confronto delle quattro sezioni si ottengono i seguenti risultati: −

Il

valore

medio

di

velocità

di

propagazione

delle

onde

elettromagnetiche, stimato con il metodo delle iperboli di diffrazione (si veda il paragrafo 5.2.3a), è risultato essere dell’ordine di 0.09 m/ns. Esso è stato utilizzato per trasformare la scala dei tempi in scala delle profondità. La massima profondità d’investigazione raggiunta è circa 6.5 m (130 ns) per l’antenna da 35 MHz, circa 6 m (120 ns) per l’antenna da 100 MHz, 5m (110 ns) per l’antenna da 200 MHz e 4.5 m (100 ns) per quella da 500 MHz.. −

La zona di campo vicino (near field) è di circa 50 ns per l’antenna da 35 MHz, 25ns per l’antenna da 100 MHz, 13 ns per l’antenna da 200 MHz e 8 ns per quella da 500 MHz.



La sezione ottenuta con l’antenna da 500 MHz evidenzia la migliore

risoluzione del segnale riflesso dal top della cavità: l’andamento del riflettore è più dettagliato, confrontato con quello, più grossolano, ottenuto dalle acquisizioni con le altre antenne; al di sotto di tale superficie riflettente il segnale risulta confuso e nessuna indicazione è possibile evincere circa la base della cavità. −

L’antenna da 200 MHz consente di ottenere una profondità di

penetrazione maggiore della precedente e permette di individuare riflessioni 114

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provenienti dal top della cavità; ed al di sotto di esse è evidente un pacchetto di riflessioni sovrapposte fino al bottom della cavità stessa. Sembra quindi che l’antenna da 200 MHz offra un buon compromesso tra profondità di penetrazione e risoluzione; essa è stata pertanto scelta per l’esecuzione del rilievo.

Fig. 5.3: Confronto delle sezioni radar ottenute lungo il profilo A1 utilizzando l’antenna da: a) 35 MHz; b) 100 MHz; c) 200 MHz; d) 500 MHz. 115

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5.2.2

ELABORAZIONE DATI

La qualità dei dati acquisiti in campagna è stata ulteriormente migliorata con un appropriato processing, fatto utilizzando il software REFLEXW (Sandmier, 2000). E’ stato scelto, come esempio, il profilo A1, allo scopo di analizzare i cambiamenti apportati da ogni passo di elaborazione (Fig.5.4). La prima operazione che si effettua sulle tracce registrate è quella di editing per visualizzare le tracce lungo il profilo. L’editing consente anche di effettuare semplici operazioni sui dati come l’eliminazione di alcune tracce relative ad eventi noti e indesiderati oppure la normalizzazione. 1.

Normalizzazione

della

scala

orizzontale.

Questa

operazione,

indispensabile se i dati devono essere sottoposti a tecniche di processing più avanzate, consiste nel generare una sezione radar in cui il numero di tracce per metro è costante. E’ stata effettuata una normalizzazione di 50 tracce per metro, che corrisponde ad un intervallo di campionamento di 1/50= 0.02 m. 2.

Background removal. Questo tipo di filtro permette la rimozione della banda orizzontale visibile nelle sezioni radar, che può rappresentare riflessioni da oggetti che si mantengono

a distanza costante

dall’antenna. Il programma, basandosi su un semplice processo aritmetico, che somma tutte le ampiezze delle riflessioni generate allo stesso tempo lungo il profilo e divide per il numero delle tracce sommate, permette di rimuovere la traccia media e di esaltare, così, gli eventi non perfettamente orizzontali presenti nelle sezioni radar. 3.

Normalizzazione dell’ampiezza (declipping) per eliminare locali saturazioni nell’ampiezza delle tracce. Si sceglie un fattore di scala (0.6 nel nostro caso) per il quale saranno moltiplicati tutti i valori dell’ampiezza: una procedura di interpolazione che utilizza un polinomio di terzo ordine permetterà la ricostruzione delle forme d’onda saturate.

4. Migrazione, una tecnica che permette di eliminare distorsioni introdotte nei dati registrati. Una sezione GPR non contiene informazioni unidirezionali a causa del lobo conico di radiazione dell’energia per cui 116

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alcune riflessioni presenti possono essere generate anche da oggetti posti lateralmente rispetto alla posizione dell’antenna. Questo carattere omnidirezionale della registrazione delle riflessioni GPR si manifesta nella generazione di iperboli che possono causare seri problemi nell’interpretazione. La migrazione risolve questo problema di immagine riportando l’energia al suo vero punto di riflessione. Il programma permette di effettuare una Kirchhoff migration, cioè una media pesata per ogni punto del profilo su un’iperbole calcolata: introducendo i valori di ampiezza dell’iperbole (100, rappresentante il numero di tracce su cui si farà la somma) e di velocità (0.08 m/ns di poco inferiore a quella stimata con il metodo delle iperboli di diffrazione 0.09 m/ns), le iperboli di diffrazione verranno focalizzate e collassate nel punto in cui sono state generate. 5. Ulteriore declipping. 6. Correzione topografica Questa sequenza di elaborazione dati è stata, in seguito, applicata alle sezioni radar relative a tutti i profili acquisiti nel sito.

a

b

c 117

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d

e

f Fig.5.4: Passi di elaborazione della sezione radar relativa al profilo A1 con antenna da 200 MHz: a)normalizzazione della scala orizzontale; b)background removal; c)declipping; d)Kirchhoff migration; e)declipping; f) correzione topografica.

5.2.3

MISURE DI VELOCITA’

La stima della velocità di propagazione delle onde EM nel sottosuolo, è uno dei problemi chiave ed è indispensabile per stabilire la profondità delle interfacce che hanno provocato le principali riflessione. Per la stima della velocità sono stati utilizzati tre metodi: a) iperboli di diffrazione presenti nelle sezioni radar; b) WARR (Wide Angle Refraction Reflection) c) CDP (Common Depth Point)

118

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METODO DELLE IPERBOLI DI DIFFRAZIONE Le iperboli che si notano in una sezione radar sono dovute al fatto che l’energia EM non si propaga in un’unica direzione, ma all’interno di un lobo conico (capitolo 1, paragrafo 1.5); per cui l’antenna “vede” un oggetto sepolto, e ne registra la riflessione, non solo quando ci passa direttamente sopra, ma anche prima di arrivarci e dopo essersi allontanata. Il software ReflexW (Sendmaier, 2003) consente di sovrapporre alla sezione radar un’iperbole teorica e di variare posizione e forma, fino ad ottenere un buon accordo visivo con l’iperbole di diffrazione reale, presente sul profilo: al variare della velocità si ottengono iperboli con aperture differenti. Mediante l’adattamento delle iperboli di diffrazioni presenti sulle sezioni radar con iperboli di velocità e ampiezza definite, si è potuta stimare una velocità media delle onde EM nel primo strato di circa 0.09 m/ns.

Fig.5.5: Stima della velocità media del primo strato con il metodo delle iperboli di diffrazione sulla sezione radar relativa al profilo A1

Sono state inoltre effettuate 11 misure WARR e 1 CDP lungo il profilo A1 utilizzando l’antenna da 500 MHz come trasmittente e quella da 200 MHz come ricevente. Non è necessario che le due antenne, trasmittente e ricevente, abbiano la stessa frequenza di centro banda, perché l’ampia larghezza di banda delle antenne a dipolo usate permette loro di comunicare: l’antenna di frequenza di 500 MHz trasmette energia radar in un range approssimativamente da 250 a 1000 MHz può essere usata con una antenna ricevente da 200 MHz, il cui range in frequenza va da 100 a 400 MHz, perché le loro larghezze di banda si sovrappongono.

119

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MISURE WARR

Per le misure WARR, eseguite fissando il fondo scala a 150 ns, l’antenna trasmittente è stata mantenuta fissa nel punto T1 (Fig.5.6) mentre quella ricevente veniva trascinata lungo la superficie del terreno partendo dalla posizione di ascissa, letta sul prfilo A1, R1 =10 m (relativa al profilo A1), di minima separazione fra le antenne è di 0.60 m. Si è poi incrementata la posizione iniziale dell’antenna ricevente di un metro per volta rispetto a quella precedente (R2, R3,…..R11). Mediante un apposito pulsante collegato all’antenna da 200 MHz è stato registrato il segnale guida (marker) ogni 0.5 m.

Fig.5.6: Tecnica di acquisizione WARR

Il processing eseguito sulle sezioni di campagna è il seguente: −

Normalizzazione della scala orizzontale (50 tracce per metro; intervallo

di campionamento pari a 0.02 m); −

Stacking delle tracce. I dati GPR acquisiti contengono generalmente

quello che viene definito “rumore”, cioè tutta una serie di interferenze dovute a riflessioni o disturbi che mascherano il segnale riflesso dal bersaglio di interesse. Lo stacking delle tracce permette di ridurre, in generale, questo rumore associato all’onda riflessa. La tecnica consiste nel mediare aritmeticamente più tracce consecutive riportando solo la traccia mediata (Fisher et al., 1992; Grasmueck, 1994; Maijala, 1992). Questa operazione permette di aumentare il rapporto segnale/rumore di circa un fattore

n dove n è il numero di tracce

sommate . La scelta del fattore di stacking è legata al miglioramento nella qualità del segnale che vogliamo ottenere. 120

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Anche se mediare su un numero molto alto di tracce può dare ottimi risultati, nella maggior parte dei casi, uno stacking con un fattore compreso tra 3 e 10 tracce può già migliorare notevolmente la visualizzazione e la gestione dei dati radar. Per queste misure è stato applicato uno stacking di 4 tracce. Ciascuna sezione ottenuta dalle misure WARR, permette di stimare la velocità media dell’onda diretta nel terreno e dell’onda riflessa dai differenti strati incontrati nel sottosuolo. La Fig. 5.8 riporta, come esempio, la sezione radar acquisita con metodo WARR relativa alla posizione R1 =10 m: sull’asse orizzontale è riportata la distanza (in metri) percorsa dall’antenna trasmittente, su quello verticale il tempo. La prima onda registrata (andamento lineare dei primi arrivi) è l’onda diretta che viaggia nel terreno, lungo l’interfaccia aria-terreno; il secondo e ogni arrivo successivo (andamento iperbolico)

sono

generalmente onde riflesse dalle diverse interfacce incontrate nel terreno. Le stime di velocità vengono fatte dal programma stesso mediante l’adattamento di curve teoriche ai dati sperimentali: per l’onda diretta l’adattamento viene cercato con una retta, la cui pendenza varia al variare del valore di velocità che viene assegnato, mentre per l’onda riflessa l’adattamento viene fatto con un’iperbole (il programma riporta gli arrivi delle riflessioni nel grafico di t2 in funzione di x2 e dalla pendenza della retta di best-fit ai minimi quadrati ottenuta, ricava un valore della velocità media dell’onda riflessa). I risultati che si ottengono danno una stima della velocità media per l’onda diretta nel terreno e per l’onda riflessa dalla prima interfaccia incontrata di 0.09 m/ns, in accordo con quella trovata con il metodo delle iperboli di diffrazione. Le velocità medie delle onde riflesse dalle successive interfacce hanno valori che aumentano progressivamente.

121

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Fig.5.7: Stima della velocità media delle onde dirette e riflesse con il metodo WARR eseguito lungo il profilo A1 con l’antenna ricevente in R1=10 m

MISURE CDP Il CDP è stato eseguito con fondo scala di 150 ns lungo il profilo A1. Le due antenne sono state posizionate l’una di fronte all’altra con punto medio in W1=10 m (Fig. 5.8) e mosse in direzioni opposte lungo il profilo e per punti: si è partiti da una minima distanza di separazione pari a 0.60 m e, si è incrementata la distanza di 10 cm alla volta. Per ogni punto di acquisizione è stato realizzato uno stacking di 256×5 tracce.

Fig.5.8 : Tecnica di acquisizione CMP

Basandosi sullo stesso procedimento descritto per il WARR, di adattamento di curve teoriche a quelle sperimentali, si è ricavato un profilo verticale di velocità quadratica media RMS (Fig. 5.10a) relativa al punto comune W1. Utilizzando l’opzione “semblance”, il programma, adottando la formula di Dix (Dix, 1955), trasforma queste velocità RMS in intervalli di velocità che hanno portato al modello di velocità 1D, relativo al punto W1 mostrato nella Fig. 5.9b. Si sono potuti individuare 122

tre strati a diversa velocità: il primo

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strato, che rappresenta

circa i primi 0.80 m di spessore, presenta una

velocità di circa 0.10 m/ns; il secondo strato, di circa 2 m di spessore (da 0.80 m a 2.80 m di profondità), una velocità di circa 0.11 m/ns; mentre il terzo strato ( al di sotto dei 2.80 m di profondità) una velocità di circa 0.12 m/ns. Il graduale aumento delle velocità degli strati con la profondità, ci ha permesso di confermare la presenza della cavità nel sottosuolo indagato.

Fig.5.9: a) Analisi di velocità con il metodo CMP lungo il profilo A1, con punto comune W1 = 10 m; b) modello 1D di velocità usando il metodo di Dix: velocità RMS (linea tratteggiata) e intervalli di velocità (linea continua).

123

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5.2.4

ANALISI DEI DATI

ZONA 1 Nella Zona 1 sono stati eseguiti 34 profili per uno sviluppo complessivo di 1500 m circa utilizzando il georadar Sir System2 (GSSI) e l'antenna da 200 MHz in configurazione monostatica. I dati georadar sono stati acquisiti lungo profili paralleli con spaziatura di 1 m. Da un’analisi delle sezioni radar, di cui un esempio è riportato in Fig. 5.10b, si è osservato: 1. la presenza di una serie di anomalie di forma iperbolica (indicate con A ) di grande estensione, la cui parte superiore è compresa in un intervallo tra 20 ns e 60 ns, caratterizzate da una ampiezza del segnale molto alta. Esse presentano estensione sulla sezione radar dell’ordine dei 8-10 m e risultano organizzate spazialmente; per tale motivo sono state interpretate come parte inerente la Grotta delle Veneri; 2. una serie di anomalie di forma iperbolica (indicate con B), di estensione limitata, la cui parte superiore è compresa in un intervallo di tempo tra 50 ns e 80 ns. Esse presentano estensione dell’ordine dei 0.5-1.0 m; per tale motivo sono state interpretate come caratterizzanti un basamento roccioso al di sotto della grotta fortemente fratturato. La profondità delle strutture responsabili delle anomalie è di interesse primario in ogni tipo di prospezione geofisica. Nel caso della prospezione con georadar la trasformazione tempo-profondità può essere ovviamente effettuata solo se è stata stimata la velocità di propagazione dell'onda elettromagnetica nel mezzo interessato. Nel caso specifico la velocità dell'onda elettromagnetica nel sottosuolo, è stata stimata con i metodi illustrati nel paragrafo precedente; tale stima ha fornito per la velocità il valore medio di circa 0.09 m/ns.

124

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Fig. 5.10: Zona 1: a) modello 2D di resistività relativo al profilo G1; b) sezione radar relativa al profilo A1

ZONA 2 A causa della presenza di numerosi ostacoli (alberi, massi) la zona 2 è stata suddivisa in due piccole aree denominate rispettivamente area C e area D in Fig. 5.2. Sono stati realizzati 10 profili nell’area C e 5 nell’area D per uno sviluppo complessivo di 600 m circa. In entrambe le aree i dati georadar sono stati acquisiti lungo profili paralleli con spaziatura di 1 m. Area C

Da una analisi delle sezioni radar, di cui un esempio è riportato in Fig. 5.11b, si è osservato: 1. la presenza di una zona, compresa tra le ascisse 0 – 20 m, in cui il segnale radar viene fortemente assorbito, indice questo di materiale fortemente conduttivo; 2. una anomalia di forma iperbolica (indicata con C), compresa tra le ascisse 30 – 35 m, la cui parte superiore è compresa in un intervallo tra 60 ns e 80 ns, caratterizzata da una ampiezza del segnale molto alta. Esse presentano estensione dell’ordine dei 4.0-5.0 m e risultano organizzate spazialmente;

questo

indica

la

probabile presenza di 125

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

una cavità non completamente vuota o una zona fortemente fratturata. In questa zona il metodo che utilizza le iperboli di diffrazione presenti nelle sezioni georadar ha fornito per la stima della velocità dell'onda elettromagnetica nel sottosuolo il valore medio di 0.09 m/ns.

Fig. 5.11: Zona 2: Area C: a) modello di resistività relativo al profilo G4; b) sezione radar relativa al profilo C4. Area D

Da una analisi delle sezioni radar, di cui un esempio è riportato in Fig. 5.12 si è osservato la presenza di una serie di anomalie di forma iperbolica (indicata con D), la cui parte superiore è compresa in un intervallo tra 20 ns e 80 ns, caratterizzata da una ampiezza del segnale molto alta. Esse presentano estensione dell’ordine dei 4.0-5.0 m e risultano organizzate spazialmente; per tale motivo sono state interpretate come probabili cavità. In quest’area è stato stimato un valore medio della velocità dell'onda elettromagnetica nel sottosuolo di 0.09 m/ns.

126

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Fig. 5.12: Zona 2: esempio di sezione radar relativa ad uno dei profili acquisiti nell’Area D.

5.2.5

TECNICHE DI VISUALIZZAZIONE 3D DEI DATI RADAR

La rappresentazione tridimensionale dei dati gioca un ruolo importante nelle indagini geofisiche in quanto fornisce una indicazione immediata della posizione e dimensione delle più importanti anomalie presenti nell’area indagata. Time slice La posizione planimetrica dei profili ha consentito di correlare spazialmente le anomalie presenti su ciascuna sezione, utilizzando l’analisi dell'ampiezza degli eventi riflessi entro assegnati intervalli di tempo (time slice). Come è noto, l’ampiezza degli eventi riflessi, è direttamente correlabile con il contrasto tra le caratteristiche elettriche dei mezzi presenti nel sottosuolo; pertanto la visualizzazione tridimensionale, per intervalli di ampiezza, della distribuzione degli eventi riflessi consente la localizzazione spaziale delle strutture che determinano le riflessioni stesse. Ogni time slice corrisponde, come è ovvio, ad uno strato di terreno la cui profondità ed il cui spessore dipendono, oltre che dai valori assunti per il tempo, dalla velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel sottosuolo. Sono state calcolate time slices ad intervalli temporali di 20 ns, con interpolazione dei punti dei profili 2D pesata secondo il quadrato della distanza usando la somma delle ampiezze assolute; utilizzando i valori di velocità precedentemente calcolati lo spessore di terreno corrispondente ad ogni slice è di circa 0.9 m. Nella Fig.5.13 sono riportate le time slices più significative. La rappresentazione in time slices ha meglio definito 127

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arealmente le anomalie più intense (A in Fig. 5.11b e 5.15). Qui risulta evidente un allineamento principale verso Nord della riflessione indicata con A, sia nella slice 20-40 ns che nella slice 40-60 ns, indicativi della presenza della grotta compresa almeno tra le profondità 0.9 – 2.7 m. La presenza di anomalie di alta ampiezza sparse in tutto il resto della slice 4060 ns, indicate con B, conferma l’ipotesi di un basamento fortemente fratturato.

Fig.5.13 : Time slices più significative per la zona 1

128

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Superfici di equi_ampiezza Un ulteriore metodo di visualizzazione 3D dei dati radar prevede il calcolo delle superfici di equi-ampiezza, proposto da Zanzi e Valle (1999, 2000) e discusso nel paragrafo 4.6. Un appropriato processing dei dati, ha portato ad una rappresentazione 3D delle riflessioni o diffrazioni degli oggetti cercati, procedendo nel modo seguente: 1. Estrazione di particolari ampiezze del segnale complesso (inviluppo delle tracce radar); 2. Sogliatura; 3. Tracciamento delle superfici di equi-ampiezza. In Fig. 5.14a il set di dati GPR, relativo alla zona 1, è stato rappresentato mediante superfici di equi-ampiezza considerando soltanto valori di ampiezza

dell’energia esterni all’intervallo [0-1800]. Aumentando

ulteriormente l’intervallo di energia escluso dalla rappresentazione [02000], vengono visualizzate superfici di equi-ampiezza relative a energie scatterate più elevate (Fig. 5.14b). Ovviamente, scegliendo un intervallo di energia più piccolo aumenta la visibilità delle anomalie provocate da oggetti più piccoli, ma anche il rumore provocato dalle eterogeneità. In entrambi i casi si riesce a seguire bene la distribuzione tridimensionale delle ampiezze esterne agli intervalli selezionati. L’esclusione di una maggiore quantità di energia consente una migliore visualizzazione delle anomalie di maggiore ampiezza e quindi di seguire meglio l’estensione della grotta nelle tre dimensioni spaziali. La scelta della soglia è un fatto soggettivo ed è legato all’esperienza dell’interpretatore.

129

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Fig.5.14: Superfici di equi-ampiezza: a)ampiezza di energia [0-1800]; b) ampiezza di energia [0-2000]

130

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5.3

RILIEVO ELETTRICO 2D

ZONA 1 Nella zona 1 sono stati realizzati tre profili geoelettrici con disposizione elettrodica Dipolo-Dipolo: sono stati impiegati 48 elettrodi con distanza interelettrodica pari a 1 m per i profili G1 e G2 e con distanza interelettrodica di 2 m per il profilo G3 (Fig. 5.2). I profili G1 e G2 sono sovrapposti ai profili radar A1 e P1 rispettivamente (Fig. 5.2). Il primo passo nell’interpretazione dei dati, consiste nel costruire una pseudosezione ottenuta plottando la resistività apparente in funzione della profondità per ogni punto medio di una data configurazione elettrodica. L’inversione dei dati viene fatta secondo un processo iterativo che minimizza la differenza fra la resistività apparente misurata e quella calcolata basata sul modello. Questo modello viene aggiornato dopo ogni iterazione, fino al raggiungimento di un accettabile accordo fra dati misurati e calcolati o fino a che non è possibile un ulteriore miglioramento. Per l’inversione si è impiegato il software Res2dinv (Loke, 2001) che utilizza il metodo dei minimi quadrati elaborato da Loke e Barker (1996), ed è particolarmente utile in presenza di forti variazioni laterali di resistività (modelli geologici complessi come le aree carsiche). La sua applicazione ai dati raccolti in campagna, ha permesso di elaborare un modello 2D di resistività del terreno con transizioni graduali lungo zone di differenti resistività. Il modello ottenuto per profilo G1 è mostrato in Fig. 5.11a. L’analisi di tale modello ha messo in evidenza la presenza di: 1. una serie di anomalie (indicate con A) il cui tetto è posto alla profondità di circa 1 m,

e resistività maggiore di 10000 ohm.m associabili alla

probabile presenza di cavità ; 2. varie anomalie (indicate con B), il cui tetto è posto a profondità variabile tra 1 m e 3 m circa, con resistività compresa tra 2000 e 3000 ohm.m che confermano la presenza di materiale fortemente fratturato. Il profilo G3 (Fig. 5.15) ha messo in evidenza una serie di anomalie (indicate con A) il cui tetto è posto alla profondità di circa 1.5 m e con resistività

maggiore

di

22000 131

ohm.m, anche esse associabili alla

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probabile presenza cavità. In particolare l’anomalia più estesa, compresa tra le ascisse 28 – 46 m, potrebbe essere associata ad un prolungamento verso nord – est della grotta stessa.

Fig. 5.15: Zona 1: modello di resistività relativo al profilo G3

ZONA 2 Nella zona 2, esattamente nell’area C, è stato realizzato un profilo geoelettrico con disposizione elettrodica Dipolo-Dipolo: sono stati impiegati 48 elettrodi con distanza interelettrodica pari a 1 m. Il profilo, denominato G4 in Fig. 5.2, è sovrapposto al profilo radar denominato C4. Il modello di distribuzione di resistività nel sottosuolo lungo il profilo G4 è mostrato in Fig. 5.12a. L’analisi di tale modello ha messo in evidenza la presenza di: −

una zona, compresa tra le ascisse 0 – 20 m (indicata con F), di materiale

fortemente conduttivo con resistività comprese tra 20 e 50 ohm . m; −

una serie di anomalie (indicate con E) il cui tetto è posto alla profondità

di circa 2 m, di estensione variabile, e resistività compresa tra 2000 e 4000 ohm.m indice della presenza di materiale fortemente fratturato come confermato anche nella sezione radar di Fig. 5.12b; −

una anomalia (indicata con C), il cui tetto è posto alla profondità di 4.0

m circa, con resistività maggiore di 9000 ohm.m indice della probabile presenza di una cavità non completamente vuota o di una zona fortemente fratturata.

132

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5.3.1

RILIEVO ELETTRICO TOMOGRAFICO 3D

Per le misure 3D di resistività apparente è stata arrangiata una griglia, centrata sulla grotta (Fig. 5.2), di dimensioni 32 m x 31 m. La griglia era costituita da 992 elettrodi disposti in 31 file da 32 elettrodi ciascuna, ad una distanza interelettrodica di 1 m e disosizione elettrodica tipo Dipolo-Dipolo. Allo scopo di minimizzare le resistenze di contatto agli elettrodi, il terreno è stato inumidito con acqua. Non avendo a disposizione le tecnologie per operare con un numero così elevato di elettrodi, si è scelto di eseguire misure in una direzione, ovvero di acquisire per linee parallele nella direzione x (Fig. 5.16). 1

16

1

16

31 y

Fig. 5.16: Griglia di elettrodi usata nel rilievo 3D. 133

32

x

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Di seguito (Fig. 5.17)

vengono riportate le mappe di resistività che

descrivono le variazioni di resistività nel sottosuolo a vari livelli di profondità.

N

B

B

B A

B

A

A B

B

A

Fig. 5.17: Zona 1: modello 3D di variazione della resistività nel sottosuolo a varie profondità.

Nelle mappe di resistività risulta evidente un allineamento principale verso NE dell’anomalia di altissima resistività (> 20000 Ω m) indicata con A, nelle sezioni che partono dalla profondità di 1.08 m e arrivano alla profondità di 4.4 m circa, indicativo della presenza della grotta compresa almeno tra queste profondità. La presenza di anomalie di alta resistività (1500 < ρ < 4000 Ω m) indicate con B in tutte le sezioni confermano l’ipotesi di un basamento fortemente fratturato. Un ulteriore metodo di visualizzazione 3D dei dati elettrici prevede il calcolo delle superfici di equi-resistività (De Domenico et al., 2003). Un appropriato processing dei dati, ha portato ad una rappresentazione 3D delle resistività. In Fig.5.17 il set di dati elettrici, relativo alla zona 1, è stato rappresentato mediante superfici di equi-resistività considerando soltanto valori di resistività maggiori di 2800

Ωm. Ovviamente, scegliendo un

134

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intervallo di resistività più piccolo aumenta la visibilità delle anomalie provocate da

oggetti più piccoli, ma anche il rumore provocato dalle

eterogeneità. In Fig. 5.17 si riesce a seguire bene la distribuzione tridimensionale delle resistività più alte e quindi consente di seguire meglio l’estensione della grotta nelle tre dimensioni spaziali. La scelta della soglia è un fatto soggettivo ed è legato all’esperienza dell’interpretatore.

Fig. 5.18: Visualizzazione 3D delle anomalie di resistività maggiori di 2800 Ωm.

5.4 Le

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE indagini

geofisiche

hanno

interessato

due

zone,

indicate

convenzionalmente come zona 1 e zona 2 (Fig. 5.2). I risultati di sintesi dei dati di campagna sono mostrati nelle Figg 5.18, 5.19 e 5.20, mentre nella Fig. 5.21 è mostrata l’ubicazione della grotta. Si può ipotizzare che tutte le anomalie, o quasi, possano essere correlate alla probabile presenza di cavità.

Nella zona 1: −

le anomalie presenti nelle sezioni radar bidimensionali che appaiono

allineate nelle time slices 20-40 ns e 40-60 ns (A nelle Fig. 5.10 e 5.13 ), sono probabilmente correlabili ad una parte della grotta delle Veneri il cui 135

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

tetto è alla profondità di circa 0.9 m; −

il segnale molto confuso interrotto da una serie di iperboli di diffrazione

(B in Fig. 5.10) è probabilmente correlabile alla presenza di un basamento roccioso molto fratturato. Il rilievo elettrico 2D e 3D sembra confermare questi risultati. In Fig. 5.19 vengono riportate le sezioni di resistività del sottosuolo, che descrivono le variazioni di resistività al variare della profondità, relative ai profili G1, G3 e G4

rispettivamente. In Fig. 5.20 è riportata la sezione che mette in

evidenza le variazioni di resistività alla profondità compresa tra 1.74 e 2.50 m. Notiamo la corrispondenza delle zone con alti valori di resistività (rosso intenso) con le cavità relative alla grotta. Nella zona 2, a causa della conformazione dei luoghi e della presenza di alberi, non è stato possibile effettuare rilievi su tutta l’area ma solo su due porzioni di essa indicate con area C e area D rispettivamente. L’integrazione delle tecniche geofisiche (elettromagnetiche ed elettriche) ad alta risoluzione ha consentito di individuare: nell’area C: −

una zona anomala (E nelle Fig. 5.11a e 5.20) tra le ascisse 0-20 m, che

sembra correlabile

con la presenza di un basamento roccioso molto

fratturato; −

una zona anomala (C nelle Fig. 5.11a e 5.20), tra la ascisse 30-35 m, che

inizia alla profondità di 4 m circa e sembra correlabile ad una cavità non completamente vuota o con una zona fortemente fratturata; nell’area D: −

una serie di anomalie di forma iperbolica (D in Fig. 5.12), correlabili a

cavità. In definitiva, le indagini geofisiche hanno consentito il posizionamento su mappa della grotta (Fig. 5.18 e 5.20).

136

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

A Zona 1

B

Zona 2 E Area D

D

Area C C

Fig. 5.18: Mappa riassuntiva dei risultati ottenuti con il rilievo georadar

137

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

A A

G3 A

A

G1 A Zona 1

A B

Zona 2

F E E Area D C Area C

G4

Fig.5.19: Mappa riassuntiva dei risultati ottenuti con il rilievo elettrico 2D.

138

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Fig. 5.20: Mappa riassuntiva dei risultati ottenuti con il rilievo elettrico 3D.

139

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Fig. 5.21: Mappa riassuntiva dei risultati ottenuti con i rilievi geofisici.

140

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Capitolo 6 VALUTAZIONE SEMI-QUANTITATIVA DELLA STABILITA’ DELLA GROTTA DELLE VENERI MEDIANTE METODI GEOFISICI INTEGRATI

INTRODUZIONE Nei paragrafi seguenti sono riportati i risultati delle indagini geofisiche, eseguite con l’uso delle metodologie sismica tomografica a rifrazione (per onde P e S), tomografia di resistività elettrica (ERT) ed elettromagnetica impulsiva (ground penetrating radar, GPR), allo scopo di valutare le condizioni di stabilità della grotta delle Veneri (Leucci, 2003c).

Le condizioni di

stabilità della grotta, la cui

conoscenza può essere utile per garantire un corretto restauro, dipendono dalla presenza di fratture nel materiale calcarenitico che costituisce il tetto della grotta stessa. Per studiare le condizioni di stabilità di una struttura, bisogna spesso ricorrere a metodi diretti, come le perforazioni, che hanno un inconveniente: non sempre possono essere utilizzati perché la struttura non deve essere danneggiata, sono molto costosi e forniscono informazioni che non sempre possono essere estrapolate su larghe scale. Le tecniche non distruttive di prospezione geofisica, potrebbero essere applicate per mappare il grado di fratturazione delle rocce nella parte superficiale del sottosuolo. Numerosi studi, descrivono l’efficacia delle applicazioni delle tecniche geofisiche per individuare e rappresentare le fratture del sottosuolo e determinare le condizioni di stabilità delle strutture presenti (Toshioka et al., 1995; Grandjean et al., 1996; Demanet et al., 2001, Cardarelli et al., 2003; Leucci, 2003c; Orlando, 2003).

141

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Il grado di fratturazione può essere stimato da (Leucci, 2003c): −

Valori delle velocità delle onde P e S misurati da indagini di

tomografia sismica a rifrazione; −

Valori di resistività misurati da tomografia elettrica 2D;



Valori di energia scatterata misurati con la tecnica GPR;



Valori della velocità di propagazione dell’onda elettromagnetica

misurati da indagini GPR. L’interpretazione integrata delle tecniche geofisiche descritte in questo lavoro hanno permesso di stimare il grado di fratturazione delle rocce carbonatiche che costituiscono il tetto della Grotta delle Veneri.

6.1

TOMOGRAFIA

SISMICA

A

RIFRAZIONE

E

DISCUSSIONE DEI RISULTATI OTTENUTI Il termine “tomografia” si riferisce a quelle particolari tecniche di ricostruzione dell’immagine, che permettono di rappresentare, relativamente ad una zona del sottosuolo, la distribuzione di un parametro fisico in una sezione piana 2D o spaziale 3D. Il metodo di tomografia sismica a rifrazione, è considerato come un utile strumento per la mappatura della velocità di propagazione delle onde sismiche e quindi per l’individuazione di vuoti e fratture in zone carsiche (Sumanovac et al., 2001, Leucci, 2003b). L’area d’indagine è stata coperta con un profilo di sismica a rifrazione lungo 23 m (denominato S1 in Fig. 6.1).

142

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

G2=P1=S1 Profili elettrici Profili sismici Profili radar Griglie radar Fig.6.1: Mappa dei profili

I dati sismici sono stati raccolti con un sismografo Geometrics Strataview ( modello Ninbus 1220) con 48 canali attivi (24 per le onde S e 24 per le onde P rispettivamente). Sono stati usati geofoni sia verticali che orizzontali con frequenza propria pari a 100 Hz. La sorgente di energia usata è stata un martello da 5 Kg che colpiva una piastra metallica (piastra di battuta). La piastra d’acciaio, consente di non distruggere fisicamente il sito per compattamento del terreno ed inoltre migliora lo spettro di ampiezza dell’impulso (Leucci, 1999): infatti senza di essa, soprattutto nel caso di terreno morbido e non compatto, il martello penetrerebbe nel terreno perdendo in attrito parte dell’energia trasferita al momento dell’impatto. In altre parole, con lo

143

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

sprofondamento aumenta il tempo di contatto tra terreno e martello e questo fa spostare lo spettro del segnale verso frequenze più basse. La spaziatura tra i geofoni era di 1 m. Le misure per le onde P e le onde S sono state effettuate usando come punto di scoppio ogni posizione geofonica (Fig. 6.2). Sono state eseguite tre energizzazioni per ogni shot ed è stato effettuato uno stacking delle tre energizzazioni per tentare di eliminare il rumore casuale. La descrizione completa della strumentazione è riportata in appendice A. E’ stato usato un sistema di analisi per sismica a rifrazione e il software Reflexw per elaborare ed interpretare i dati raccolti.

PROFILO S1

Fig. 6.2: Geometria di acquisizione dei dati sismici

Fig. 6.3: Sismogrammi relativi allo scoppio denominato S24: a) onde P; b) onde S.

144

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

La Fig. 6.3 mostra un esempio di dati di campagna, onde P a) e onde S b), relativi alla stessa posizione di scoppio, (scoppio S24). Il software ReflexW versione 3.0 sviluppata da K.J. Sandmeier, (2003), permette di effettuare l’interpretazione completa dei dati di sismica a rifrazione raccolti in campagna: import dei dati, picking dei primi arrivi, mettere insieme le dromocrone provenienti da diversi scoppi, assegnandole ai vari strati e facendone l’inversione. Il primo passo nell’indagine tomografica per sismica a rifrazione, consiste nel misurare i tempi dei primi arrivi delle onde diretta e rifratte: il picking dei tempi dei primi arrivi è stato effettuato manualmente su un PC (Fig. 6.4).

Fig.6.4: Esempio di sismogramma con il picking dei primi arrivi

L’interpretazione delle dromocrone, prosegue mettendo insieme le curve dirette e inverse provenienti da punti di scoppio coniugati (Fig. 6.5a): il programma poi le assegna ai vari strati e, utilizzando il metodo reciproco generalizzato GRM (Carrara, Rapolla, Roberti,

145

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

1992), crea automaticamente un modello di sottosuolo a strati con velocità assegnate dall’analisi di regressione lineare delle dromocrone assegnate. Nel nostro caso si è ottenuto un modello a due strati di velocità media di 750 m/s il primo e 1500 m/s il secondo per le onde P (Fig. 6.5b) e un modello a due strati con velocità medie pari a 200 m/s e 920 m/s rispettivamente per le onde SH (Fig. 6.5c).

Scoppio S1 Scoppio S12 Scoppio S24

a

b

c

Fig. 6.5: a) dromocrone relative ai tempi di arrivo delle onde dirette, riflesse e rifratte (onde P); b) modello interpretativo a due strati relativo alle onde SH; c) modello interpretativo a due strati relativo alle onde P.

Una volta elaborato il modello si passa a determinare la distribuzione di velocità per onde P e S su una sezione bi-dimensionale. L’inversione numerica usata in questo lavoro è il SIRT (Simultaneous Iterative Reconstruction tecnique) sviluppata da Gilbert nel 1972, e presentata in dettaglio da Krajewski e al. (1989). I risultati 146

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

dell’inversione sono mostrati nelle Fig. 6.6a e b. Il modello generato dalla tomografia sismica a rifrazione, mostra una variazione delle velocità delle onde P e S nella roccia stessa. A distanze dall’origine del profilo comprese tra 0-3 m e 8-12 m si hanno valori di velocità intorno a 700-1000 m/s per le onde P e 300-500 m/s per le onde S, velocità tipiche della roccia molto fratturata e quindi di bassa qualità (Reynolds, 1998). Come già detto nel paragrafo 3.1, le velocità di propagazione delle onde sismiche attraverso mezzi elastici dipendono dai moduli elastici e densità delle rocce attraversate:

VP =

λ + 2µ ρ

e

VS =

µ ρ

(6.1)

Il rapporto VP/VS, sensibile indicatore delle condizioni litologiche, è definito in termini di rapporto di Poisson (σ) ed è dato da: VP 1− σ = VS 1/ 2 −σ

(6.2)

Nella Fig. 6.6c sono mostrate le stime del rapporto VP/VS. A distanze x tra 0-3 m e 8-12 m rispettivamente sono chiaramente visibili alti valori di VP/VS da 2.6 a circa 3.2, corrispondenti ad una zona molto fratturata ( denotata con A in Fig. 6.6).

147

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

N

S

A

Vp (m/s)

B a

Vs (m/s)

B

A

b

Vp/Vs

B

A

c

Fig.6.6: a) modello di distribuzione della velocità delle onde P ottenuto con la tecnica di inversione Simultaneous Iterative Reconstruction Technique (SIRT) (capitolo 3); b) modello di distribuzione della velocità delle onde S; c) modello di distribuzione del rapporto Vp/Vs; nelle aree A e B il rapporto assume valori compresi tra 2.6 e 3.2;

6.2

TOMOGRAFIA

ELETTRICA

E

RISULTATI

OTTENUTI

Per l’indagine ERT 2D è stato usato il georesistimetro Syscal-R1 a 48 canali in configurazione multielettrodica, descritto in appendice. I dati sono stati raccolti in campagna usando la disposizione elettrodica dipolo-dipolo su stendimenti lineari di 48 elettrodi equispaziati di 1 m. Effettuando un’inversione con il metodo dei minimi quadrati, mediante il software Res2dinv, si è ottenuto il modello di resistività

148

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

per il profilo G2, dopo 6 iterazioni, mostrato in Fig. 6.7. Il modello di variazione della resistività nel sottosuolo mostra una stratigrafia quasi orizzontale, con resistività crescenti con la profondità da valori inferiori a 3000 Ω m, caratterizzanti lo strato superficiale da 0 a 1-2 m circa di profondità, a valori vicini ai 25000 Ω m, caratterizzanti strati più profondi di 2 m. L’anomalia ad alta resistività (denotata con A), in cui c’è un aumento della resistività al di sopra dei 20000 Ω m a circa 1-2 m di profondità, potrebbe essere interpretata come dovuta alla presenza della grotta. Il valore di resistività di circa 3000 Ω m nei primi 2 m potrebbe essere dovuto alla presenza di fratture, non completamente riempite, nella roccia.

A a

b

Fig.6.7: Modello di distribuzione a) della resistività b) della conducibilità del sottosuolo.

Per ottenere una rappresentazione 3D della zona fratturata, sono stati presi in considerazione i dati della tomografia elettrica 2D acquisiti in una griglia orizzontale di dimensione 31×32 m lungo profili paralleli equispaziati di 1 m. E’ stato utilizzato il metodo di visualizzazione delle superfici di equi-resistività con valori compresi tra 880 e 2600 Ωm (Fig. 6.8). L’area fratturata viene così meglio evidenziata. L’area

più fratturata, con valori di resistività maggiori di 2000 Ωm, risulta essere quella che ricopre la grotta. 149

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

N

Fig. 6.8: Zona 1: superfici di equa resistività.

6.3

INDAGINE ELETTROMAGNETICA IMPULSIVA

Allo scopo di confrontare i differenti metodi geofisici utilizzati in questa indagine, è stato realizzato un profilo radar coincidente con il profilo S1 di sismica e G2 di elettrica. E’ stata usata l’antenna da 200 MHz e i dati sono stati acquisiti in modo continuo, con 512 campioni per traccia, 150 ns come tempo di fondo scala, funzione di gain manuale e marker di riferimento ogni metro. Il punto di partenza per un’efficace

interpretazione

dei

dati

si

basa

sulla

seguente

considerazione: se le fratture sono sufficientemente aperte sarà scatterata una grande quantità di energia radar (Grandjean et al., 1996). Come già visto nel capitolo 1, la propagazione delle onde elettromagnetiche è influenzata dalla costante dielettrica relativa εr e dalla conduttività elettrica σ del materiale attraverso il quale passa l’energia

elettromagnetica

(Conyers

e

Goodman,

1997).

L’attenuazione del segnale radar è comunemente espressa come

150

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

funzione dei parametri εr e σ. La relazione semplificata è espressa come (Davis e Annan, 1989): α=

1.69 ⋅ 103 ⋅ σ

εr

(dB/m)

(6.3)

La velocità di propagazione delle onde EM, gioca un ruolo importante nella definizione dell’attenuazione delle onde EM stesse e, per le bande di frequenza di uso comune nella metodologia GPR, dipende dalla costante dielettrica del materiale ed è espressa dalla relazione semplificata (Davis e Annan, 1989): v=

c

εr

(6.4)

Dove c è la velocità delle onde EM nel vuoto (0.3 m/ns). La velocità di propagazione dell’onda EM nel sottosuolo, può essere stimata con l’utilizzo dei metodi già descritti nel capitolo 5 (paragrafo 5.2.3). Invertendo la relazione (6.4) si può poi ricavare la costante dielettrica relativa εr. Nei profili radar acquisiti nella zona d’indagine, sono presenti molte iperboli di rifrazione (Fig. 6.9) che permettono un’accurata analisi della velocità di propagazione dell’onda EM nel sottosuolo. L’applicazione di questo metodo ha fornito un valore medio di velocità di 0.09 m/ns (si veda anche il capitolo 5 paragrafo 5.2.3). Usando entrambe le relazioni, (6.3) e (6.4) e i risultati ottenuti dall’indagine elettrica tomografica, è stata stimata un’attenuazione dell’onda EM. pari a circa 1.13 dB/m.

Fig. 6.9: Sezione radar di campagna relativa al profilo P1, acquisita con l’antenna da 200 MHz.

151

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

L’elaborazione dei dati, gioca un ruolo importante nell’esaltare il segnale di ritorno da piccole discontinuità che rappresentano le fratture. L’energia delle onde EM trasmesse, è principalmente diffratta da queste discontinuità, che rappresentano essenzialmente vuoti carsici pieni di aria, acqua e terra rossa. I dati radar sono stati processati nel modo seguente: −

Rimozione della funzione di gain;



Compensazione dell’ampiezza; in questo caso è stata applicata alla

sezione radar la funzione g(t), che consiste in una parte lineare ed una esponenziale (Leucci, 1999; Leucci 2001): g (t ) = (1 + a ⋅ t )e b⋅t

(6.5)

con a=

a' ampiezza dell' impulso

b=α

v 8.69

(6.6)

(6.7)

L’ampiezza dell’impulso è automaticamente presa dalla frequenza nominale. I due parametri a' (guadagno lineare, non dimensionale) e α (esponenziale in dB/m) sono rispettivamente lo spreading geometrico e l’attenuazione dell’energia; −

Backgrond removal;



Kirchhoff migration;



Inviluppo.

I primi 12 ns non sono stati considerati a causa dell’effetto di near field (Conyers e Goodman, 1996; Leucci et al., 2003). La Fig. 6.10 mostra i dati elaborati. Le fratture sono caratterizzate dalla presenza di piccole discontinuità, che rappresentano vuoti carsici o zone recristallizzate, dove l’energia EM è diffratta. Se le fratture sono composte da una serie di discontinuità allineate, per esempio in modo sub verticale, sulle sezioni radar si osserveranno delle piccole

152

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

iperboli di diffrazione. Ogni iperbole, in seguito al tipo di elaborazione eseguita sui dati (migration), viene fatta collassare nel proprio punto sorgente. La correlazione dei punti sorgente così ottenuti, consente la ricostruzione dell’andamento delle discontinuità (Fig. 6.11b). Questo tipo di interpretazione è confermata dalle osservazioni dirette delle discontinuità presenti in superficie (Fig 6.11a).

153

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Fig. 6.10: Passi di elaborazione per una sezione radar acquisita con l’antenna da 200MHz: a) sezione radar di campagna; b) deamplificazione; c) reamplificazione tenendo conto dello spreading geometrico e del coefficiente di attenuazione; d) rimozione del background removal e migrazione; e) inviluppo dell’energia

154

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Fig. 6.11: Grotta delle Veneri: a) roccia carbonatica costituente il tetto della grotta con indicazioni delle principali fratture; b) particolare dell’inviluppo relativo al profilo radar P1.

Lungo il profilo P1, sono state realizzate 11 misure di velocità di propagazione dell’onda EM con l’utilizzo della metodologia WARR (si veda il capitolo 5, paragrafo 5.2.3b). Sono state utilizzate l’antenna da 500 MHz come trasmittente e quella da 200 MHz come ricevente. Il risultato è mostrato in Fig. 6.12. v (m/ns)

F

F1

F

Fig. 6.12: Variazioni della velocità dell’onda e.m. lungo il profilo P1.

155

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Il campo di variazione della velocità dell’onda EM mostra forti contrasti laterali. La velocità varia da un minimo di circa 0.06 m/ns ad un massimo di 0,11 m/ns. Le zone indicate con F in Fig. 6.12 coincidono con le zone di maggiore fatturazione, già messe in evidenza con l’utilizzo delle metodologie elettrica e sismica. In queste zone notiamo, infatti, un aumento della velocità dell’onda EM fino a 0.11 m/ns. Questo potrebbe indicare presenza di fratture vuote o parzialmente riempite con terra rossa. Nella zona compresa tra le ascisse 7 – 12 m (indicata con F1) la velocità dell’onda EM diminuisce fino a raggiungere un valore minimo di circa 0.06 m/ns. In tale zona sono presenti fratture che potrebbero essere riempite con materiale umido (terra rossa bagnata). Per ottenere una rappresentazione 3D della zona fratturata, sono stati presi in considerazione i dati GPR acquisiti in una griglia orizzontale di dimensione 40×50 m lungo profili paralleli equispaziati di 1 m. Le ampiezze delle riflessioni dovute alle fratture di ogni profilo, sono state correlate con quelle del profilo più vicino. E’ stato utilizzato il metodo di visualizzazione delle superfici di equi-ampiezza, dopo aver eseguito l’elaborazione dati, precedentemente spiegata. La Fig. 6.13 rappresenta le superfici di equi-ampiezza ottenute usando un valore di soglia del 48% per la massima ampiezza della traccia complessa. In questo caso otteniamo un enfatizzazione dell’area fratturata che si sviluppa lungo il ricoprimento della grotta.

156

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

Fig.6.13: Zona 1:Superficie di equi-ampiezza 3D con soglia pari al 48%

6.4

INTEGRAZIONE

DEI

RISULTATI

OTTENUTI

DALLE DIVERSE INDAGINI

In questo capitolo sono stati discussi i risultati ottenuti utilizzando tre diversi

metodi

d’indagine

elettromagnetico impulsivo)

(metodo

sismico,

elettrico

ed

nell’area della Grotta delle Veneri;

ciascun risultato ci ha fornito informazioni sulle condizioni di fratturazione delle rocce carbonatiche costituenti il tetto della grotta stessa: −

con la tomografia elettrica sono stati ottenuti valori di resistività di

poco inferiori a 3000 Ω m (zone indicate con F in Fig. 6.14b), sapendo che i valori di resistività associabili ad una roccia carbonatica di buona qualità sono compresi tra circa 500 e 1500 Ω m (Leucci et al., 2003a), si può ipotizzare di essere in presenza di una roccia carbonatica fratturata con fratture piene d’aria.

157

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

- con la tomografia sismica a rifrazione, sono stati ottenuti valori di velocità di propagazione delle onde P comprese tra circa 700 e 1000 m/s (zone indicate con F in Fig. 6.14e) e

valori di velocità di

propagazione delle onde S tra circa 300 e 500 m/s; tali valori confermano che la roccia carbonatica è altamente fratturata e piena d’aria, essendo i valori della velocità di propagazione delle onde P in una roccia carbonatica intatta (capitolo 4, paragrafo 4.4) compresi tra circa 1500 a circa 2000 m/s (Leucci et al. 2003b). Le stesse considerazioni possono essere fatte analizzando i valori del rapporto VP/VS : si sono ottenuti valori compresi tra 2.6 e 3.2, che confermano che siamo in presenza di zona fratturata. Utilizzando le relazioni (4.7), (4.8) e (4.9) ed i range di valori trovati per le velocità Vp, Vs ed il rapporto Vp/Vs, troviamo i seguenti parametri di frattura: densità di frattura C: 0,18-0,25 m/mq densità lineare di frattura Γ: 4,71-6,64 1/m indice di discontinuità Id: 1,88-2,65 indice di qualità RDQ: 43,46%-20,37%

questi valori sono indice di bassa qualità della roccia che costituisce il tetto della grotta. - l’indagine elettromagnetica impulsiva ha permesso di individuare le zone fratturate mediante l’analisi dell’energia scatterata: zone che presentano valori di ampiezza più elevati, corrispondono a zone con una maggiore fratturazione. Con lo scopo di eliminare possibili ambiguità nell’interpretazione dei dati ottenuti dai singoli metodi, è stata effettuata un’interpretazione integrata dei risultati ottenuti utilizzando i tre diversi metodi d’indagine. In Fig. 6.14 vengono messi a confronto i risultati ottenuti dall’applicazione delle tre metodologie lungo lo stesso profilo: a) sezione radar non elaborata; b) tomografia elettrica 2D; c) analisi dell’energia elettromagnetica scatterata; d) campo di variazione della

158

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

velocità di propagazione dell’onda EM; e) campo di variazione della velocità di propagazione delle onde P. I diversi risultati ottenuti hanno correlazioni ragionevoli. In Fig. 6.14 si possono osservare, infatti, corrispondenze dirette tra: −

zone in cui le riflessioni sono caratterizzate da un alto contenuto

energetico, (Fig. 6.14c), zone di bassa velocità sismica, (Fig. 6.14e), zone di alta velocità dell’onda EM, (Fig. 6.14d) e zone di alta resistività (Fig. 6.14b), (denotate con F); −

zone in cui le riflessioni sono caratterizzate da un basso contenuto

energetico, zone di alta velocità sismica, di bassa velocità dell’onda EM e di bassa resistività. Da queste osservazioni, si può concludere che la roccia costituente la copertura della grotta presenta numerose fratture non cementate e pertanto può essere a rischio di crollo. L’integrazione di tre metodi geofisici, nello studio qui presentato, ha permesso di effettuare una più completa interpretazione dei risultati ottenuti su una zona d’indagine in cui non erano applicabili metodi diretti, come la perforazione: la tomografia sismica a rifrazione e il metodo elettrico topografico, sono stati di valido supporto per confermare i risultati ottenuti con il metodo elettromagnetico impulsivo, che è risultato essere il più risolutivo dei tre adottati e ha permesso l’individuazione di fratture isolate e la ricostruzione della loro geometria come mostra la Fig. 6.13.

159

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

F

F

F

F c

F

v (m/ns)

F

0,05 0,07 0,09 0,11

d

e

Fig. 6.14: Confronto dei risultati: a) sezione radar di campagna; b) modello di variazione della resistività; c) inviluppo dell’energia EM.; d) campo di variazione della velocità di propagazione dell’onda EM; e) campo di variazione della velocità delle onde P.

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Capitolo 7 STUDIO DELLA PERICOLOSITA’ GEOMORFOLOGICA DI UN’AREA COSTIERA ATTRAVERSO INDAGINI INTEGRATE GEOFISICHE GEOLOGICHE E GEOMORFOLOGICHE

INTRODUZIONE L'evoluzione del litorale, compreso tra Roca e Torre dell'Orso (Lecce), è dominata dall'arretramento delle falesie, che

può essere schematizzato

come un processo ciclico, composto da una lunga fase di preparazione, in cui si verifica l'erosione del corpo di frana e il modellamento del solco di battente, seguita da una fase "catastrofica" rappresentata dal distacco di una frana da crollo (Mastronuzzi et al., 1992). I tempi e le modalità con cui questo ciclo si compie dipendono da fattori meteomarini (energia del moto ondoso, frequenza ed intensità delle mareggiate, morfologia del primo fondale, ecc.), dalle locali condizioni litostrutturali del corpo roccioso (caratteristiche fisico-meccaniche del corpo roccioso, gradi di fratturazione, giacitura degli strati e delle fratture, ecc.) nonchè dalle caratteristiche morfologiche (altezza della falesia, profilo caratteristico, solchi e superfici strutturali, ecc.). In questo capitolo verranno presentati i risultati di un’indagine integrata geofisica e geomorfologica, che ha avuto lo scopo di acquisire i parametri necessari a definire l’evoluzione della linea di riva nel tratto considerato (altezza, spessore degli strati, presenza di cavità, stato di fratturazione, individuazione dei corpi di frana, etc.). Dal rilevamento è stato escluso il tratto costiero dell'area archeologica di Roca, profondamente alterato dall'attività antropica e quindi di scarso interesse per la valutazione dell'evoluzione morfologica naturale del litorale.

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7.1 INQUADRAMENTO STORICO-GEOLOGICO DEL SITO Il tratto di costa adriatica compreso tra Roca e Torre dell'Orso (Provincia di Lecce), è in gran parte costituito da falesie intagliate in calcareniti debolmente cementate riferibili al Pliocene medio-superiore (Bossio et al., 1987). La linea di riva si presenta regolare e composta da una successione di lunghi tratti rettilinei a direzione costante (all'incirca NNW-SSE) interrotta, in corrispondenza dell'area archeologica di Roca, dalla presenza di brevi e strette insenature. In particolare la zona di Roca risulta elevata in media di 10 m sul livello del mare. All’estremo settentrionale della zona (Fig. 7.1), affiorano calcareniti e calciruditi1 con abbondanti macrofossili in strati spessi da alcuni centimetri ad alcuni metri, riferite da Largaioli et al. (1969) alle Calcareniti del Salento del Pleistocene. I depositi marini sono sormontati da sabbie di spiaggia e di duna recenti e attuali. Nell’entroterra le quote si riducono a 1 – 2 m sul livello del mare. Qui sono presenti depositi sabbiosi, limosi e argillosi e si osservano gradini morfologici disposti su almeno quattro ordini, interpretabili come tracce di antichi stazionamenti del mare o di specchi d’acqua costieri. Le differenze altimetriche del territorio rispecchiano lo stile tettonico del substrato geologico (Delle Rose et al., 2003). L’area è sede di numerose cavità carsiche, alcune delle quali da tempo inserite nel catasto regionale della Federazione Speleologica Pugliese (Giuliani, 2000) quali: Grotta dello Spezzale, Grotta della Poesia Grande e Grotta della Poesia Piccola. Quest’ultima, indicata come un importante luogo di culto costiero dell’antichità, presenta all’interno migliaia di segni, simboli, iscrizioni votive, in messapico e in latino, databili fra il II millennio a.C. e l’età romana repubblicana (Pagliara, 1987, 2001, 2002). Gli strati calcarenitici e calcilutitici sono interessati da quattro sistemi di fratture, le cui orientazioni medie si concentrano intorno agli assi N-S ed EO (Fig. 7.2). Tali fratture, in gran parte ricementate da concrezioni carbonatiche, hanno spaziatura variabile da alcuni decimetri ad alcuni metri. Le fratture caratterizzano fortemente la morfologia del sito. Esse

1

Roccia sedimentaria essenzialmente calcarea, formata da elementi clastici (piccoli ciottili) per la maggior parte di dimensioni maggiori di 2 mm 162

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costituiscono infatti le superfici preferenziali di distacco delle numerose frane per crollo e ribaltamento di blocchi rocciosi che frastagliano la costa.

Fig. 7.1: Schema geologico – strutturale dell’area di Roca (da Delle Rose et al., 2003)

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Fig. 7.2: Schema geomorfologico del tratto costiero di Roca. Sono riportati i diagrammi equareali dei sistemi di fratture (da Delle Rose et al., 2003).

Lungo le fratture sono impostate anche le cavità carsiche che si aprono alla base della falesia (Fig. 7.3).

Fig. 7.3: Ubicazione delle principali grotte marine lungo il tratto di area indagata (pallini rossoneri) (da Sansò et al., 2003).

Queste ultime sono costituite da gallerie alte sino a circa 10 m, che si sviluppano in massima parte al di sotto del livello del mare e presentano scallops e concrezioni stallattitiche. Sono anche presenti ampie sale, talora 164

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interessate dal crollo della volta. Il sistema delle Grotte della Poesia (Fig. 7.3) consta di circa 150 m di sviluppo complessivo, ed è costituito da sale collegate da gallerie e sifoni (Forti, 1985; Pagliara, 1987). La Grotta fu il centro di un importante culto messapico (il dio Thaotor), continuato dopo l’occupazione romana del Salento (III secolo a. C.), che tuttavia doveva anche articolarsi in strutture vicine (edifici minori, depositi, abitazioni, ecc..), all’interno cioè dell’area archeologica di Roca. Questa fu esplorata anche in passato, ma fu ritenuta un centro abitato, e perciò i suoi resti vennero interpretati come elementi di mura, tombe, edifici ecc. Il substrato geologico è attualmente privo di coperture detritiche e pedologiche in prossimità del ciglio della falesia, per una fascia irregolare ampia al massimo poche decine di metri.

7.2 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO DEL SITO L'evoluzione del litorale di Roca (Fig. 7.4) è dominata dai processi responsabili dell'arretramento delle falesie. Il moto ondoso produce il modellamento di un solco in corrispondenza del livello medio del mare che, a causa del basso grado di cementazione delle calcareniti plioceniche, si approfondisce rapidamente nel tempo. Il graduale ampliamento del solco di battente, determina una sempre più accentuata instabilità del corpo roccioso sovrastante fino a determinarne il crollo e la formazione di una nuova superficie di distacco, la falesia, in posizione arretrata rispetto a quella originaria. Il corpo di frana, localmente rappresentato da blocchi di dimensioni metriche, si accumula al piede della falesia proteggendola temporaneamente da una ulteriore azione erosiva del moto ondoso ed impedendo la formazione del solco di battente. Quest'ultima ricomincierà solo dopo la completa erosione dei blocchi franati dando inizio ad un nuovo ciclo di arretramento. L'arretramento di una falesia può essere quindi schematizzato come un processo ciclico (Fig. 7.5), composto da una lunga fase di preparazione in cui si verifica l'erosione del corpo di frana e il modellamento del solco di battente, seguito da una fase "catastrofica" rappresentata dal distacco di una frana da crollo. I tempi e le modalità con cui

questo

ciclo

si

compie

dipendono da fattori meteomarini 165

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(energia del moto ondoso, frequenza ed intensità delle mareggiate, morfologia del primo fondale, ecc.), dalle locali condizioni litostrutturali del corpo roccioso (caratteristiche fisico-meccaniche del corpo roccioso, gradi di fratturazione, giacitura degli strati e delle fratture, ecc.) nonchè dalle caratteristiche morfologiche (altezza della falesia, profilo caratteristico, solchi e superfici strutturali, ecc.). Il rilevamento geomorfologico del litorale di Roca è stato eseguito con lo scopo di acquisire alcuni parametri fondamentali per la definizione della sua evoluzione quali l'altezza, lo spessore degli strati, la presenza di cavità, lo stato di fratturazione, l'individuazione dei corpi di frana, etc.

Fig. 7.4: Litorale di Roca.

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Fig. 7.5: Fasi di arretramento di una falesia (x) a causa dello scalzamento al piede prodotto dal moto ondoso (da Sansò et al., 2003).

I risultati del rilievo geomorfologico, derivante dalle riprese fotografiche con pellicola a colori e sensibile all’infrarosso (Fig. 7.6), sono di seguito riassunti:

Fig. 7.6: Esempio di fotointerpretazione eseguita su una delle riprese fotografiche. Sono riportate come linee (da Sansò et al., 2003): a) la distanza tra le due aste di taratura (blu); b) l'altezza della falesia ai due estremi del tratto elementare (blu); c) le superfici di strato (verde); d) fratture (giallo); come aree: e) area grotte (viola); area opere di difesa (celeste).

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1) Altezza media della falesia (m) La falesia del tratto costiero in esame, mostra generalmente profilo semplice, rappresentato cioè da una superficie subverticale regolare (57% del litorale considerato); in alcuni tratti, comunque, essa mostra profilo complesso (30%), caratterizzato dalla presenza poco al di sopra del livello del mare di una piattaforma suborizzontale. Non trascurabili (13%), infine, sono i tratti la cui originaria morfologia è stata profondamente alterata dall'uomo con l'apertura di cave e l'esecuzione di terrapieni. L'altezza della falesia varia da valori minimi di 1 m, nei tratti a profilo complesso, a valori massimi di circa 17 m; l'altezza media è di circa 9 m. Risultano molto estesi i tratti costieri con falesia alta da 5 a 6 metri e, seppur in misura minore, quelli con falesie alte circa 14 m. L'analisi della distribuzione spaziale dell'altezza media della falesia, evidenzia un graduale aumento di questo parametro procedendo lungo la linea di riva da NNW a SSE (Fig. 7.7). I valori minimi si riscontrano nell'area di Roca Vecchia, mentre quelli massimi si raggiungono poco a Nord dell'insenatura di Torre dell'Orso. Fanno eccezioni a questo trend generale i brevi tratti con profilo complesso.

2) Potenza degli strati (m) La falesia del tratto di costa tra Roca e Torre dell'Orso si presenta intagliata in calcareniti a diagenesi variabile generalmente ben stratificate, con strati di spessore variabile debolmente immergenti verso mare (Fig 7.8). L'analisi statistica dello spessore degli strati, evidenzia un valore abbastanza costante tra 0.5 a 1.5 metri. I tratti in cui la roccia si presenta massiccia o caratterizzata da potenti bancate (spessore maggiore di 2.5 m) sono decisamente subordinati. L'analisi della distribuzione spaziale di questo parametro evidenzia un generale, graduale aumento dello spessore degli strati procedendo da NNW a SSE anche se il trend è interrotto da qualche breve tratto in controtendenza, posto per lo più all'interno di piccole insenature.

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Fig. 7.7: Distribuzione spaziale dell’altezza media della falesia (m) (da Sansò et al., 2003).

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Fig. 7.8: Distribuzione spaziale dello spessore degli strati (m) (da Sansò et al., 2003).

3) Densità delle fratture (m/m2) Il corpo roccioso su cui è intagliata la falesia in studio è interessato non solo da discontinuità primarie (i giunti di stratificazione), ma anche da un sistema secondario di discontinuità prodotte dalla tettonica (fratture). Tali fratture mostrano generalmente andamento irregolare e si presentano spesso saldate da riempimento calcitico. L'analisi ha evidenziato che la lunghezza delle fratture presenti in media su di un metro quadro di superficie di

falesia varia da 0 a 0.50 metri. Il

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valore medio della densità di fratture si attesta su 0.39 m/mq (Fig. 7.9). L'analisi della distribuzione spaziale della densità di fratture, evidenzia una sostanziale uniformità del grado di fratturazione interrotta dalla presenza di alcuni brevi tratti di litorale particolarmente fratturati (densità di fratture maggiore di 0.65 m/mq).

4) Area percentuale delle grotte (%) L'arretramento della falesia è in numerosi tratti determinato dal modellamento di grotte costiere ad opera del moto ondoso che, ampliandosi gradualmente nel tempo sia in senso orizzontale che verticale, finiscono con l'intercettare la superficie topografica trasformandosi in blow-holes. Altre volte l'ampliamento di grotte costiere sui due lati di un promontorio finisce col determinarne la coalescenza e la formazione di un arco costiero. Il proseguire dell'azione erosiva del moto ondoso e degli agenti atmosferici determinano infine il crollo dell'arco e la formazione di un faraglione. La presenza di una grotta costiera, determina quindi una locale elevata instabilità della falesia per cui risulta fondamentale conoscerne la posizione e stimarne le dimensioni. L'analisi delle riprese fotografiche evidenzia la presenza di un numero significativo di tratti caratterizzati da grotte costiere (area percentuale maggiore del 5%), alcune di grandi dimensioni (area percentuale maggiore del 20%). La distribuzione spaziale di questo parametro (Fig. 7.10), mostra una maggiore frequenza delle grotte costiere nel tratto di litorale compreso tra il complesso archeologico di Roca e l'insenatura di Torre dell'Orso. Per una visione più realistica della situazione, è stata redatta una carta tematica con l'ubicazione delle principali grotte costiere. Queste risultano essere in numero poco elevato e concentrate per lo più lungo il tratto di litorale compreso tra la zona archeologica di Roca e l'insenatura di Torre dell'Orso.

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Fig. 7.9: Distribuzione spaziale della densità delle fratture (m/m2) (da Sansò et al., 2003).

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Fig. 7.10: Distribuzione spaziale dell’area grotte (%)(da Sansò et al., 2003).

5) Area blocchi (%) L'arretramento della falesia di Roca - Torre dell'Orso, avviene generalmente per frane da crollo indotte da una efficace azione di scalzamento al piede da parte del moto ondoso. Poichè il corpo di frana viene eroso in breve tempo, la presenza di blocchi al piede della falesia indica un'area di distacco recente. Questi tratti costieri risultano i più stabili sia perchè la falesia ha da poco tempo raggiunto una nuova situazione di equilibrio, sia perchè il corpo di frana esercita una azione di protezione nei riguardi del moto ondoso. Viceversa, saranno potenzialmente instabili le falesie prive di blocchi al piede, in quanto non protette dall'azione del moto ondoso e soggette, da un relativamente lungo tempo, all'azione di degradazione meteorica e del moto ondoso. L'analisi eseguita evidenzia la presenza di pochi tratti di litorale caratterizzati da un corpo di frana

relativamente esteso, essendo invece

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gran parte del litorale caratterizzato da valori di questo parametro minori del 2% (Fig. 7.11). L'analisi della distribuzione spaziale dei corpi di frana, evidenzia chiaramente la posizione dei tratti di falesia attualmente caratterizzati da un corpo di frana al piede. Spiccano le situazioni presenti all'estremità settentrionale dell'area e poco a nord di Torre dell'Orso.

6) Opere di difesa (%) Lungo il litorale sono state realizzate delle opere di difesa (Fig. 7.12), generalmente lì dove il rapido arretramento della falesia ha comportato una situazione di rischio per gli edifici costruiti a poca distanza dal ciglio della falesia. Le opere di difesa sono generalmente rappresentate da accumuli di blocchi di calcare micritico di medie dimensioni, disposti a costituire una rampa a protezione del piede della falesia. Tali opere si concentrano lungo brevi tratti posti all'estremità nord dell'area e nella zona della Grotta della Poesia, dove le opere di difesa sono state realizzate con l'intento di proteggere il patrimonio archeologico presente all'interno della grotta.

7) Distanza opere antropiche dal ciglio della falesia (m) La realizzazione di opere antropiche in aree caratterizzate da alta pericolosità geomorfologica, quali per esempio il ciglio di falesie in rapido arretramento, comporta una situazione di rischio tanto più elevato quanto maggiore è il valore, sia in termini economici che di vite umane, del tipo di opera. Per fornire un contributo utile alla definizione del rischio geomorfologico lungo il tratto costiero di Roca,

è stata determina la

distanza delle opere antropiche, senza differenziare la tipologia dell'opera (strada, casa unifamiliare, condominio a più piani, etc.), dal ciglio della falesia (Fig. 7.13). L'analisi dei dati evidenzia una distanza media di circa 38 m. Nel dettaglio, si nota una limitata estensione di tratti costieri (circa 80 m) contraddistinti da opere urbane a ridosso del ciglio della falesia (distanza minore di 10 m), mentre molto più estesi (circa 2300 m, complessivamente) sono i tratti posti da 10 a 50 m. Decisamente più limitata (460 m) è l'estensione dei tratti posti oltre 50 m dal ciglio della falesia. 174

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L'analisi della distribuzione spaziale di questo parametro, evidenzia come la distanza tra il ciglio della falesia e la prima opera antropica (generalmente rappresentata dalla strada litoranea) sia particolarmente piccola in corrispondenza dei centri abitati di Roca e Torre dell'Orso.

Fig. 7.11: Distribuzione spaziale dell’area blocchi (%) (da Sansò et al., 2003).

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Fig. 7.12: Distribuzione spaziale dei tratti difesi (da Sansò et al., 2003).

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Fig. 7.13: Distribuzione spaziale delle opere antropiche dal ciglio della falesia (da Sansò et al., 2003).

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7.3 INDAGINI GEOFISICHE 2D Obiettivo di questa prima indagine è stato quello di verificare le potenzialità delle

metodologie

elettrica,

sismica

tomografica

a

rifrazione

ed

elettromagnetica impulsiva nelle particolari condizioni geologiche e geomorfologiche del sito sotto studio. Per questo motivo sono stati realizzati, lungo due linee, una parallela e l’altra trasversale alla costa, una serie di profili con l’utilizzo delle metodologie geofisiche sopra indicate (Fig. 7.14).

R1=E1=S1 Grotta della Poesia

N

E2=S2 Mare Adriatico

Profilo elettrico Profilo sismico Profilo radar Fig. 7.14: Area indacata con la geofisica: ubicazione dei profili test.

7.3.1 INDAGINE ELETTRICA Per ciascuno dei profili indicati in Fig. 7.14 sono stati scelti il numero di elettrodi, la spaziatura elettrodica, e il dispositivo più adatti da utilizzare a seconda della profondità di indagine e delle caratteristiche geologiche proprie della zona. Sono stati effettuati profili con 48 elettrodi e distanza interelettrodica pari a 2 m in quanto l’interesse era rivolto ad una zona di indagine non molto grande e ad una profondità di investigazione inferiore ai 10 m. I dispositivi utilizzati nelle misure sono stati il dipolo-dipolo e il Wenner. Il dispositivo dipolo-dipolo è stato scelto in quanto da letteratura sappiamo che è il metodo che meglio riesce a

mettere

178

in

evidenza

variazioni

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laterali di resistività, mentre il Wenner dovrebbe mettere in evidenza le variazioni orizzontali di resistività. Obiettivo delle nostre misure, era quello di testare la metodologia e mettere in evidenza la presenza di carsificazione nel sottosuolo e quindi ci è sembrato più opportuno utilizzare questi due dispositivi rispetto ad altri. L’inversione dei dati viene fatta secondo un processo iterativo che minimizza la differenza fra la resistività apparente misurata e quella calcolata basata sul modello. Questo modello viene aggiornato dopo ogni iterazione, fino al raggiungimento di un accettabile accordo fra dati misurati e calcolati o fino a che non è possibile un ulteriore miglioramento. Per l’inversione dei dati non si è andato oltre le sei iterazioni. L’errore quadratico medio percentuale (RMS) tra i valori di resistività apparente calcolati e misurati, diminuisce all’aumentare del numero di iterazioni fino ad assestarsi su un valore non riducibile anche aumentando il numero di iterazioni, questo valore coincide con il valore di errore percentuale presente nei dati (Olayinka e Yaramanci, 1999 – 2000). Inoltre, se i contrasti di resistività all’interno di una sezione sono molto elevati, l’errore quadratico medio percentuale tra i valori di resistività del modello e i valori di resistività invertiti cresce con l’aumentare del numero di iterazioni. Per questo motivo fermarsi alla sesta iterazione costituisce un buon compromesso per ottenere valori accettabili sia per l’errore quadratico medio tra i valori di resistività apparente calcolati e misurati (che vengono calcolati), sia per l’errore quadratico medio percentuale sul modello (che non siamo in grado di calcolare perché non si hanno i valori di resistività vera del sottosuolo). Le sezioni di resistività ottenute per uno stesso profilo con differenti dispositivi, sono state confrontate tenendo in considerazione le conoscenze geologiche sull’area in studio. Si sono potute così trarre delle conclusioni sull’applicazione di questo metodo in ambienti carsici. I due profili eseguiti in quest’area hanno entrambi lunghezza pari a 92 m. Il profilo E1 incontra il profilo E2 intorno al suo 30-mo metro, mentre il profilo E2 si interseca con E1 intorno ai 35 m.

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Profilo E1 Il profilo E1 è parallelo alla linea di costa e dovrebbe attraversare una serie di cavità carsiche, quindi ci si aspetta che il modello di resistività risultante dai dati risenta della loro presenza. Una prima inversione dei dati ha mostrato valori dell’errore quadratico medio percentuale abbastanza alti (intorno al 18% alla quinta iterazione). Poiché i dati non risultavano affetti da errore (la loro deviazione standard percentuale era quasi sempre nulla o comunque inferiore al 4%), attraverso l’opzione “RMS error statistics” (prevista dal software Res2DINV utilizzato per l’inversione dei dati) sono stati eliminati quei punti per i quali lo scarto percentuale tra valore di resistività misurato e calcolato era alto (superiore al 18%). In tutto sono state eliminate 15 misure su 215. Si è eseguita, quindi, una nuova inversione dei dati e si sono trovati valori dell’errore molto più bassi (dell’ordine del 3%). In Fig. 7.15 è rappresentato il modello di resistività ottenuto per il sottosuolo. SSW

NNE

A

A

A

B

B

B

A

a Unit electrode spacing 2 m

A

B

A

B M

A A

B b

Unit electrode spacing 2 m

Fig. 7.15: Modello di resistività del sottosuolo relativo al profilo E1: a) dipolodipolo; b) Wenner.

Dalla Fig. 7.15a si nota che sulla sezione di resistività invertita sono presenti delle anomalie di resistività che non supera i 50 Ω·m (indicate con A) e anomalie di resistività (indicate con B) inferiore ai 10 Ω·m. I valori relativamente alti di resistività (50

Ω·m) potrebbero essere dovuti alla

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presenza di cavità. Il basso contrasto nei valori di resistività con il materiale inglobante, potrebbe essere dovuto al fatto che le cavità possono essere riempite con materiale residuale argilloso o residuale di acqua salata. I valori bassi di resistività (< 10 Ω·m) potrebbero essere attribuiti a materiale fortemente imbevuto di acqua salata. Il modello di resistività ottenuto con il dispositivo Wenner (Fig. 7.15b), conferma i risultati del dipolo-dipolo e mette in evidenza il probabile livello del mare (indicato con M).

Profilo E2 Il profilo E2 è stato eseguito trasversalmente alla linea di costa e nella sua parte iniziale incrocia parte della Grotta della Poesia (Fig. 7.14). Dopo aver effettuato l’analisi dei dati misurati, che non sono risultati affetti da deviazioni standard percentuali superiori al 4%, si è proceduto all’inversione e i risultati sono stati riportati in Fig. 7.16. WSW

ENE

Depth Iteration 6 RMS error = 3.0 %

G

A

A

F a

Unit electrode spacing is 2 m Depth Iteration 6 RMS error = 2.9 %

F

G

b

Unit electrode spacing is 2 m

Fig. 7.16: Modello di resistività del sottosuolo relativo al profilo E2: a) dipolodipolo; b) Wenner.

Dallo studio dei risultati dell’inversione si nota la presenza dell’anomalia (indicata con G) di alta resistività (> 100 Ω·m). Essa è sicuramente dovuta alla presenza della Grotta della Poesia che in quel punto interseca il profilo E2. Nel modello ottenuto dal dispositivo dipolo-dipolo (Fig. 7.16a) si notano altre anomalie (indicate con A) di alta resistività che si sviluppano 181

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alla profondità di circa 4 m per un’estensione di circa 4 m ciascuna. Tali anomalie potrebbero essere dovute alla presenza di cavità. La zona anomala (indicata con F), maggiormente evidente nel modello ottenuto con il dispositivo Wenner (Fig. 7.16b), sembra essere dovuta ad una probabile situazione di distacco della falesia. Nel modello ottenuto con il dispositivo Wenner (Fig. 7.16b) non ritroviamo le anomalie indicate con A nella Fig. 7.16a. La differenza tra i due dispositivi consiste nel fatto che il dispositivo dipolodipolo tende a mettere in evidenza variazioni laterali di resistività e sente le anomalie dovute alla presenza di corpi anomali più piccoli, mentre il dispositivo Wenner tende ad allargare le anomalie nella direzione orizzontale, perdendo talvolta anche le anomalie di intensità maggiore.

7.3.2 INDAGINE ELETTROMAGNETICA IMPULSIVA E’ stato realizzato un profilo radar (R1 in Fig. 7.14), con l’utilizzo dell’antenna da 100 MHz in configurazione monostatica. L’acquisizione dati è stata fatta lungo la stessa linea del profilo elettrico E1, trascinando la antenna da 100 MHz in modo continuo lungo la superficie del terreno con velocità pressoché costante. Il profilo è stato acquisito impostando i seguenti parametri: −

Fondo scala dei tempi (Time window): 150 ns;

-

Numero di campioni per traccia (samples per scan): 512;

-

Funzione di Gain: manuale

La qualità dei dati acquisiti in campagna è risultata essere scarsa (Fig. 7.17a), probabilmente a causa degli alti valori di conducibilità (bassi valori di resistività) associati ai materiali presenti nel sottosuolo del sito sotto studio. Nel tentativo di migliorare la visualizzazione della sezione radar è stato approcciato un processing, i cui passi sono di seguito elencati: 1.

Normalizzazione della scala orizzontale;

2. Background removal filter; 3. Filtro FK (per la rimozione delle bande orizzontali presenti sulla sezione radar). 182

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NNE

SSW

a

I

A

b Fig. 7.17: Sezione radar relativa al profilo R1: a) di campagna; b) elaborata.

Da un’analisi della sezione radar (Fig. 7.17b), si è osservato: ¾ che il segnale non si propaga oltre i 40 ns circa (che corrispondono ad una profondità di circa 1.2 m se la velocità media di propagazione dell’onda EM è compresa tra 0.06 e 0.07 m/ns). Questo tipo di risposta era attesa visto i bassi valori di resistività, legati ai tipi di materiali presenti nel sottosuolo del sito indagato, messi in evidenza con l’indagine elettrica; ¾ la presenza di un interfaccia (indicata con I) quasi orizzontale compresa tra 20 e 40 ns. L’interfaccia è quasi interrotta da una forte riflessione (indicata con A) nella zona compresa tra le ascisse 30 e 40 m. Tale riflessione potrebbe essere associata alla probabile presenza di fratture. A causa della presenza di una fitta vegetazione e di una serie di ostacoli, non è stato possibile realizzare il profilo radar R2 trasversale alla linea di costa e coincidente con i profili E2 ed S2.

7.3.3 INDAGINE SISMICA TOMOGRAFICA A RIFRAZIONE Nel capitolo 3 di questo lavoro di tesi si è ampiamente parlato della tomografia sismica a rifrazione, pertanto in questo paragrafo verranno evidenziati solo i risultati ottenuti dall’indagine sismica tomografica a rifrazione. 183

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

I dati sismici sono stati raccolti con un sismografo Geometrics Strataview (modello Ninbus 1220) con 48 canali attivi per il profilo S1 e soli 12 canali attivi per il profilo S2. Sono stati usati geofoni verticali a frequenza propria pari 14 Hz. La sorgente di energia usata è stata un martello da 5 Kg che colpiva una piastra metallica. La spaziatura tra i geofoni era di 2 m per il profilo S1 e di 6 m per il profilo S2. Le misure sono state effettuate realizzando uno scoppio per ogni posizione geofonica. Sono state eseguite tre energizzazioni per ogni punto di scoppio ed è stato effettuato uno stacking delle tre energizzazioni nel tentativo di eliminare il rumore casuale. La Fig. 7.18 mostra un esempio di dati di campagna, profilo S1 a) profilo S2 b). SSW

NNE

a

ENE

WSW

Fig. 7.18: Esempio di sismogrammi relativi ai profili a) S1 e b) S2.

184

b

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Il primo passo nell’indagine tomografica, consiste nel misurare i tempi dei primi arrivi tra sorgenti e ricevitori posizionati lungo il profilo: il picking dei tempi dei primi arrivi è stato effettuato manualmente. Le dromocrone relative alle onde dirette e rifratte sono riportate in Fig. 7.19. NNE

SSW

a ENE

WSW

b Fig. 7.19: Dromocrone relative alle onde dirette e rifratte; a) profilo S1; b) profilo S2.

185

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

I risultati dell’inversione tomografica sono mostrati nelle Fig. 7.20a e b. SSW

NNE

B A

A

B C C

a WSW

ENE

G F

E

D

b

Fig. 7.20: Modello di variazione della velocità di propagazione dell’onda P; a) profilo E1; b) profilo E2

Il modello generato dalla tomografia sismica

a rifrazione, mostra una

variazione della velocità di propagazione delle onde P nella roccia stessa. Per il profilo S1 eseguito parallelamente alla linea di costa (Fig. 7.20a) si nota: ¾ l’esistenza di un interfaccia, con velocità di propagazione dell’onda P pari a circa 1200 m/s, inclinata verso SSW con profondità compresa tra circa 11 e 14 m. Tale interfaccia è collocata al di sotto del livello del mare; ¾ la presenza di due anomalie, indicate con A, con valori della velocità di propagazione dell’onda P compresi tra 400 e 500 m/s. Tali anomalie, considerati i bassi valori della 186

velocità

di

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propagazione dell’onda P, potrebbero essere correlate con la presenza di cavità; ¾ la presenza di zone anomale, indicate con B, con velocità di propagazione dell’onda P compresa tra 600 e 700 m/s. Tali anomalie potrebbero essere correlate alla presenza di un elevato grado di fratturazione delle calcareniti; ¾ la presenza di zone, indicate con C, con velocità di propagazione dell’onda P compresa tra 750 e 890 m/s. Tali zone potrebbero essere correlate alla presenza di calcareniti con alti valori di permeabilità. Per il profilo S2 eseguito trasversalmente alla linea di costa (Fig. 7.20b) si nota l’esistenza di quattro zone distinte indicate rispettivamente con D, E, F e G. I valori di velocità di propagazione dell’onda P diminuiscono man mano che ci si sposta dal mare verso l’entroterra. Infatti si notano valori di velocità compresi: ¾ tra 650 e 700 m/s nella zona D; ¾ tra 600 e 650 m/s nella zona E; ¾ tra 550 e 600 m/s nella zona F; ¾ tra 450 e 500 m/s nella zona G. Nella zona G il profilo S1 attraversa la Grotta della Poesia e questo giustifica i bassi valori della velocità di propagazione dell’onda P. La diminuzione dei valori di velocità man mano che ci si sposta verso l’entroterra può essere dovuta alle variazioni del contenuto volumetrico in acqua presente nelle calcareniti.

187

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7.3.4

CONFRONTO

TRA

I

RISULTATI

OTTENUTI

CON

L’INDAGINE GEOFISICA 2D L’indagine geofisica 2D, inizialmente realizzata con lo scopo di verificare le potenzialità delle metodologie elettrica, sismica tomografica a rifrazione ed elettromagnetica impulsiva nelle particolari condizioni geologiche e geomorfologiche del sito sotto studio, ha fornito informazioni interessanti sulle condizioni di stabilità della falesia. E’ stata quindi effettuata un’interpretazione integrata dei risultati ottenuti utilizzando i tre diversi metodi d’indagine. In Fig. 7.21 vengono messi a confronto i risultati ottenuti dall’applicazione delle tre metodologie lungo il profilo eseguito parallelamente alla linea di costa: a) foto della falesia; b) modello di variazione della resistività nel sottosuolo; c) modello di variazione della velocità di propagazione dell’onda P nel sottosuolo; d) sezione radar. I diversi risultati ottenuti hanno correlazioni ragionevoli. Si possono di fatto osservare corrispondenze dirette tra zone di bassa velocità sismica, zone di alta resistività e la presenza di cavità a vista sulla foto. Da queste osservazioni, si può concludere che, probabilmente le cavità non sono completamente vuote e possono quindi essere parzialmente riempite con materiale residuale argilloso o con acqua salata. Inoltre il materiale calcarenitico costituente la falesia potrebbe essere o altamente fratturato o molto permeabile.

188

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SSW 0

NNE 50 m

25

a A

A

A

A b

Unit electrode spacing 2 m

A

A

c

A

I

d Fig. 7.21: Confronto dei risultati relativi al profilo parallelo alla linea di costa: a) foto della falesia; b) modello di variazione della resistività; c) campo di variazione della velocità di propagazione delle onde P; d) sezione radar elaborata.

In Fig. 7.22 vengono messi a confronto i risultati ottenuti dall’applicazione delle metodologie elettrica e sismica tomografica lungo il profilo eseguito trasversalmente alla linea di costa: a) modello di variazione della resistività nel sottosuolo; b) modello di variazione della velocità di propagazione dell’onda P nel sottosuolo. A causa della presenza di una fitta vegetazione e di numerosi ostacoli il profilo radar non è stato realizzato. Anche in questo caso si possono notare delle interessanti correlazioni tra i risultati ottenuti con le due diverse metodologie. Su entrambi i modelli ottenuti, elettrico (Fig. 7.22a) e sismico tomografico (Fig. 7.22b) si possono nettamente distinguere tre zone con valori di resistività che aumentano e valori di

velocità

189

dell’onda

P

che

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diminuiscono man mano che ci si sposta verso l’entroterra (W). Questo può confermare l’ipotesi di contenuto volumetrico in acqua che diminuisce verso l’entroterra. In corrispondenza dell’anomalia indicata con G, il profilo interseca la Grotta della Poesia. Inoltre c’è una possibile zona (indicata con F) di distacco della falesia. WSW

ENE

Depth Iteration 6 RMS error = 2.9 %

G

F a

Unit electrode spacing is 2 m

G F

b Fig. 7.22: Confronto dei risultati relativi al profilo trasversale alla linea di costa: a) modello di variazione della resistività; b) campo di variazione della velocità di propagazione delle onde P.

7.3.5 MISURE ELETTRICHE 2D RIPETUTE NEL TEMPO PER L’INDIDUAZIONE DELLE ZONE DI POSSIBILE DISTACCO DELLA FALESIA. Con lo scopo di mappare il flusso dell’acqua dalla superficie del terreno nel sottosuolo sono state realizzate misure elettriche ripetute nel tempo. E’ stato preso in considerazione il profilo E2 (Fig. 7.14) trasversale alla linea di costa. Sono stati utilizzati 48 elettrodi con distanza interelettrodica di 2 m e disposizione elettrodica tipo Wenner-Schlumberger (capitolo 2, paragrafo 2.6). Le misure sono state realizzate dopo un violento acquazzone e ripetute ad intervalli regolari di 30 minuti. In questo modo i cambi, con il tempo, di 190

Giovanni Leucci: I metodi elettromagnetico impulsivo, elettrico e sismico tomografico a rifrazione per la risoluzione di problematiche ambientali: sviluppi metodologici e applicazioni

resistività nel sottosuolo, dovuti al passaggio dell’acqua, possono dare utili informazioni circa il grado di fratturazione e la permeabilità del materiale attraversato. Le misure ripetute dopo l’acquazzone sono state confrontate con le misure eseguite prima dell’acquazzone. La distribuzione dell’acqua nel sottosuolo è facilmente determinabile attraverso la stima dei cambi in percentuale dei valori di resistività dei modelli riferiti ai dati raccolti a tempi diversi. Tutti i modelli di variazione di resistività nel sottosuolo ottenuti nelle misure realizzate dopo l’acquazzone, vengono confrontate con il modello di resistività ottenuto con la misura prima dell’acquazzone. I risultati sono riportati in Fig. 7.23. Il modello di variazione di resistività nel tempo mostra zone preferenziali di percorrenza dell’acqua. In queste zone la resistività aumenta. Questo è chiaramente dovuto al fatto che l’acqua piovana (pura) man mano che si infiltra nella calcarenite, provoca una diminuzione nel contenuto di sale (depositato dall’acqua di mare). In particolare notiamo uno scorrimento dell’acqua nella zona indicata con F. In tale zona sembra esserci una corsia preferenziale in cui l’acqua (in maggiore quantità) arriva fino in fondo in un tempo relativamente basso (2 ore e mezzo circa). Qui infatti troviamo la percentuale di variazione di resistività più alta, compresa tra il 5% e il 6%, che indica un maggiore flusso di acqua. Questo mette in evidenza un avanzato stato di fratturazione e conferma una possibile zona di distacco della falesia. Con questo tipo di studio viene anche meglio definito il contorno della Grotta della Poesia (G). Un’altra zona, indicata con C, mostra variazioni di resistività simili a quelli ottenuti nella zona in cui il profilo interseca la grotta (G) (-2% circa). Questo potrebbe indicare la presenza di una cavità.

191

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ENE WSW

F

C

G a

F

G

C

b

F

G

C

c

F C

G c

F

G

C

d

F C F

G d

G

C

e

F F

C C

G e

G f

Fig. 7.23: Modello di variazione in percentuale della resistività nel sottosuolo a) prima dell’acquazzone; b) 30 minuti dopo l’acquazzone; c) 60 minuti dopo l’acquazzone; d) 90 minuti dopo l’acquazzone; e) 120 minuti dopo l’acquazzone; f) 150 minuti dopo l’acquazzone. 192

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7.4 INDAGINI GEOFISICHE 3D E’ stata selezionata un area di (38 x 22) m2 (Fig. 7.24) in cui sono state realizzate una serie di misure con l’utilizzo delle metodologie elettrica, sismica tomografica a rifrazione ed elettromagnetica impulsiva.

N

Area indagata Mare adriatico

Fig. 7.24: Pianta della zona di Roca con indicazione dell’area indagata.

7.4.1 TOMOGRAFIA ELETTRICA 3D Per le misure 3D di resistività apparente è stata arrangiata una griglia di dimensioni 38 m x 22 m. La griglia era costituita da 836 elettrodi disposti in 22 file da 38 elettrodi ciascuna, ad una distanza interelettrodica di 1 m e disosizione elettrodica tipo Dipolo-Dipolo. Le misure sono state eseguite in un unica direzione, ovvero per linee parallele nella direzione Sud. Di seguito (Fig. 7.25)

vengono riportate le mappe di resistività che

descrivono le variazioni di resistività nel sottosuolo a vari livelli di profondità.

193

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N A C

C

A B

A B

A

B

B

A

A

B

B

A

A

B

B

X Unit Electrode Spacing 1 m, Y Unit Electrode Spacing 1 m Iteration 5 – RMS Error 13.0 %

Fig. 7.25: Modello 3D di variazione della resistività nel sottosuolo a varie profondità.

Nelle mappe di resistività risulta evidente una divisione dell’area in due zone (indicate rispettivamente con A e B), con valori di resistività compresi tra 4 e 8 Ω m nella zona A e tra 12 e 30 Ω m nella zona B. Tale divisione diventa più netta

man mano che si scende in profondità. La zona A

potrebbe essere la parte di falesia che tende a staccarsi. Nelle slices da 4 a 8 m di profondità la zona A si sposta verso ovest in direzione della Grotta della Poesia. Un anomalia di alta resistività (> 200 Ω m) indicata con C, nelle sezioni che partono dalla superficie e arrivano alla profondità di 1.2 m circa, indica la probabile presenza di strutture di interesse archeologico. Un ulteriore metodo di visualizzazione 3D dei dati elettrici prevede il calcolo delle superfici di equi-resistività (De Domenico et al., 2003). In Fig.7.26 il set di dati elettrici è stato rappresentato mediante superfici di equi-resistività.

194

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A

a N

B

b Fig. 7.26: Visualizzazione 3D delle anomalie di resistività; a) isoresistive con valori di resistività comprese tra 3 e 7 Ωm; b) isorestive con valori di resistività compresi tra 15 e 17 Ωm.

Si nota come si riesce a seguire bene la distribuzione tridimensionale delle resistività e la distinzione netta tra le zone A e B. La scelta della soglia è un fatto soggettivo ed è legato all’esperienza dell’interpretatore.

195

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7.4.2 TOMOGRAFIA SISMICA A RIFRAZIONE ORIZZONTALE 2D Lo scopo di tale indagine è stato quello di indagare il sottosuolo (a profondità relativamente basse), in modo tale da mettere in evidenza eventuali variazioni del campo di velocità dell’onda sismica che possono significare la presenza di zone di frattura e consentire di meglio comprendere le condizioni della falesia sotto studio. L’area indagata è quella rappresentata in Fig. 7.24 (già indagata con la tomografia elettrica 3D). Per tentare di descrivere la distribuzione della velocità delle onde P su una sezione orizzontale posta ad una determinata profondità, è stata utilizzata una tecnica di acquisizione tomografica che, facendo uso di una opportuna disposizione in superficie di n geofoni ed m sorgenti, consente di determinare la velocità media di propagazione in ognuna delle N (N≤nxm) aree elementari che ricoprono la superficie indagata. La geometria di acquisizione usata è stata quella mostrata in Fig. 7.27, con punti di energizzazione e di registrazione disposti sui lati opposti del rettangolo che costituisce la griglia e tra loro equispaziati. Per la progettazione di un rilievo di questo tipo, e il conseguente esatto posizionamento di sorgenti e ricevitori, occorre fare alcuni rilievi preliminari che consentano di stabilire la profondità di eventuali rifrattori e quindi di ottimizzare la distanza tra la linea dei geofoni e quella delle sorgenti. Per

questo

motivo,

all’interno

della

zona

investigata,

è

stato

precedentemente realizzato un profilo di sismica a rifrazione. Dallo studio delle dromocrone ottenute, si evince che gli arrivi registrati tra i 42 e i 45 metri dalla sorgente possono essere relativi a raggi che hanno attraversato interamente lo strato di sedimenti posto al di sopra del livello del mare. Alla luce dei risultati ottenuti dal rilievo di sismica a rifrazione, si è definita la geometria del rilievo disponendo 12 punti di energizzazione e 12 geofoni su due linee parallele distanti 24 metri. La distanza tra i sensori, così come quella tra i punti di scoppio, è di 3 metri (Fig. 7.27).

196

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G1

G2

G12

3m 33 m

24 m

3m S1

S2

S12

Fig. 7.27: Geometria di acquisizione del rilievo sismico tomografico a rifrazione orizzontale: con G1, G2,......,G12 vengono indicati i geofoni; con S1, S2,......, S12 vengono indicati i punti sorgente.

Come già ampiamente descritto nel capitolo 3, la lettura dei tempi di primo arrivo (picking dei dati), è un’operazione che viene effettuata manualmente e consiste nel segnare sul sismogramma l’istante di arrivo al ricevitore del primo picco di energia per ogni traccia. Il programma Reflexw (Sendmaier, 2002) consente anche l’operazione di picking automatico, ma ciò non è consigliato, in quanto è affidata alla sensibilità di chi effettua la misura, la capacità di individuare il reale primo picco di energia distinguendolo dal normale rumore che caratterizza l’onda sismica. Si può utilizzare il programma per amplificare quelle tracce caratterizzate da una scarsa intensità della registrazione, dovuta ad un cattivo accoppiamento dei geofoni con il terreno (presenza di pietre o terreno particolarmente compatto). Si è ripetuta l’operazione di picking (Fig. 7.28) per tutti i 12 sismogrammi, creando altrettanti file di estensione .TOM, che costituiscono i file di input per l’operazione di inversione e calcolo delle velocità eseguita sempre utilizzando il software Reflexw.

197

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a

b Fig. 7.28: a) Esempio di picking dei tempi di primo arrivo delle onde P. Il sismogramma è relativo al punto di scoppio S5; b) Travel time relative ai 12 picking effettuati sui 12 sismogrammi relativi all’indagine sismica.

Come visto nel capitolo 3, per il calcolo delle velocità è necessario invertire il sistema t = Au (3.14), dove t è il vettore dei tempi, A la matrice tomografica i cui elementi rappresentano i percorsi delle onde sismiche all’interno delle singole celle, e u è il vettore incognito delle lentezze (o inversi delle velocità). Per procedere con l’inversione, è necessario stabilire le dimensioni della griglia tomografica rispettando alcuni criteri fondamentali, di cui si è già trattato nel capitolo 3: -

garantire una buona copertura angolare della zona investigata;

-

le celle devono essere attraversate da un numero sufficiente di raggi;

-

le dimensioni delle celle devono essere compatibili con la risoluzione.

Alla luce di quanto detto, si è progettato un rilievo con una griglia regolare costituita da 80 celle, di dimensioni 3 x 3 metri (Fig. 7.29).

198

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N

Fig. 7.29: Percorso dei raggi sismici.

I raggi a disposizione sono 144, pertanto il sistema si presenta sovradeterminato, avendo un numero di informazioni superiore al numero di incognite. L’inversione viene effettuata mediante la funzione di Reflex MODELLING → TOMO, che utilizza il metodo iterativo SIRT per raggi curvilinei per il calcolo delle velocità (Capitolo 3). Il programma Reflexw permette di usare la tecnica di inversione tomografica (tomografia a rifrazione), basata sull’algoritmo SIRT attivando il Tomography Group Box.

Prima di procedere con l’inversione

tomografica, è necessario definire un modello di partenza che deve prendere in considerazione le reciproche posizioni dei punti di scoppio e dei geofoni con ben definiti parametri fisici (velocità dell’onda P). Il modello più semplice, utilizzato in questo studio, è quello di sottosuolo omogeneo. Vengono poi calcolati i tempi di viaggio relativi al modello e cofrontati con quelli sperimentali. I tempi residui definiscono il cambiamento dal modello. 199

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Questa procedura viene ripetuta fino a quando è raggiunto uno dei cinque criteri di stop: criteri non fisici: 1) massima iterazione: il programma permette di stabilire il numero massimo di iterazioni che l’algoritmo esegue (valore di default:10); 2) massimo tempo: il programma permette di stabilire il tempo massimo del CPU in secondi necessario per la tomografia (valore di default:1000); criteri fisici: 3) soglia: una volta stabilito un valore di soglia (thresold), se il rapporto tra la attuale e la precedente diminuzione del tempo residuo è più piccolo di questo valore, il processo di iterazione sarà fermato (valore di default: 0.001); 4) criterio statistico: relativo alla deviazione standard dei tempi di viaggio residui; 5) ricerca della convergenza: se l’algoritmo SIRT non converge viene controllato il massimo numero di cambiamenti dal modello prima di fermare il processo (valore di default: 5). Non sempre, infatti, l’algoritmo converge, cioè non riesce a trovare un modello migliore ad ogni nuovo passo di iterazione. Il passo che non permette la convergenza viene scartato e sarà ripetuto quello precedente usando cambiamenti, restrizione o estensione, del modello, controllati dall’opzione model change B, che è un fattore di divisione per il cambiamento del modello. L’input deve essere più grande di zero: più piccolo è l’input, più grandi sono i possibili cambiamenti del modello. Se l’iterazione non converge con questo nuovo modello di partenza, la procedura viene ripetuta con cambiamenti decrescenti o crescenti, a seconda del numero stabilito nell’opzione di ricerca di convergenza. Il processo si interrompe se è stato raggiunto il massimo numero di cambiamenti del modello o anche se è soddisfatto un altro criterio di stop. Può anche essere utile restringere o estendere il cambiamento di modello nel caso di convergenza per assicurarsi che l’iterazione porti al risultato migliore; in questo caso si usa model change A che è ancora un fattore di divisione. La restrizione a piccoli cambiamenti può essere utile per un modello finale 200

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migliore, ma il numero di iterazioni aumenta con il diminire dei cambiamenti. L’opzione max. def. change(%) definisce il cambiamento massimo di default in % dei valori del modello, con una iterazione. Attivando l’opzione check no ray area viene considerata la parte di area che non è coperta dai raggi; i cambiamenti del modello in quest’area sono calcolati dai dati delle celle adiacenti. Attivando l’opzione beam i cambiamenti del modello basati sui tempi di viaggio residui non sono ristretti ai singoli raggi, ma ad un certo range di valori intorno al raggio; la dimensione del range è determinata dai tempi attuali e dalla deviazione standard dei tempi di viaggio (def. data-variance permette di definire la varianza di default dei dati). Attivando l’opzione weighted beam viene usato un fattore di peso, basato su una distribuzione normale del raggio, per costruire un valore medio di cambiamenti del modello nell’intorno del raggio . L’opzione load data permette di definire il set di dati di travel time di input, che dovrebbero essere immagazinati nella directory ASCII del project directory corrente con estensione .TOM. Dopo avere inserito il nome del file finale (final model), questo modello viene automaticamente convertito nel formato REFLEX e messo nella directory ROHDATA con estensione .DAT; inoltre verrà creato un file ASCII con estensione .CON contenente la somma delle lunghezze del raggio in ciascuna cella della griglia, dando un’idea del grado di confidenza delle velocità calcolate in essa. Durante il calcolo è mostrato in una finestra lo stato del processo (Processing Status), mentre in un’altra finestra è mostrata la velocità 2D risultante dal passo di iterazione precedente. Quando l’algoritmo si ferma, in questa finestra, viene visualizzata la velocità finale, il criterio di stop e il numero di iterazioni. Nella figura seguente vengono mostrati i parametri utilizzati per l’inversione tomografica.

201

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Fig. 7.30: Tmography Group Box del software Reflex, con i parametri di input utilizzati nell’inversione tomografica.

Il buon esito dell’inversione sarà confermato esclusivamente dall’esperienza dell’operatore, dalle informazioni a priori note sul luogo di indagine che inducono a doversi aspettare un determinato risultato delle misure, oltre che dal confronto con i risultati di misure eseguite sullo stesso sito, utilizzando differenti tipi di indagine geofisica, quali la prospezione elettrica o elettromagnetica. Il software restituisce un file di output in cui viene visualizzato l’andamento del campo delle velocità all’interno 202

di

una

sezione

bidimensionale

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rappresentante l’area di indagine, oltre a fornire i limiti di variazione della velocità (Vmax e Vmin). Il risultato finale dello studio è rappresentato di seguito ( Fig. 7.31). N

A

B

A B

A

B

B

A

B

Fig. 7.31: Modello di variazione della velocità di propagazione dell’onda P nell’area indagata.

Come si può vedere in figura i valori di velocità delle onde sismiche variano dai 600 m/s sino ai 1200 m/s. I valori di velocità intorno ai 600-800 m/s, zone indicate con A, sono tipici di onde che attraversano uno strato di calcarenite che è o altamente fratturata (esistenza di una orientazione azimutale

preferenziale

delle

microfratture

sub-verticali)

o

molto

permeabile. Risultano evidenti zone, indicate con B, a velocità maggiore (900-1200 m/s). Tali zone potrebbero essere associate a calcareniti più compatte o a calcareniti con alto contenuto volumetrico in acqua.

7.4.3 INDAGINE ELETTROMAGNETICA IMPULSIVA 3D Nell’area indagata sono stati eseguiti 25 profili

per uno sviluppo

complessivo di 950 m circa, utilizzando il georadar Sir System2 (GSSI) e l'antenna da 100 MHz in configurazione monostatica. I dati georadar sono stati acquisiti lungo profili paralleli con spaziatura di 1 m. Da un’analisi delle sezioni radar, di cui un esempio è riportato in Fig. 7.32, si è osservato una bassa penetrazione del segnale, circa 70 ns, dovuta ai valori di conducibilità relativamente alti dei materiali presenti nel sottosuolo 203

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dell’area indagata. Si nota anche la presenza di una serie di anomalie di forma iperbolica (indicate con A) di piccola estensione, la cui parte superiore è compresa in un intervallo tra 40 ns e 50 ns, caratterizzate da una ampiezza del segnale non molto alta. Esse presentano estensione sulla sezione radar dell’ordine dei 0.5-1 m; per tale motivo sono state interpretate come probabili fratture delle calcareniti costituenti il sottosuolo dell’area indagata. S

N

A

Fig. 7.32: Esempio di sezione radar elaborata acquisita lungo uno dei profili reallizzati nell’area di indagine.

Nel caso specifico la velocità dell'onda elettromagnetica nel sottosuolo, è stata stimata con il metodo che utilizza le iperboli di diffrazione presenti nelle sezioni radar; tale stima ha fornito per la velocità il valore medio di circa 0.065 m/ns.

Time slice La posizione planimetrica dei profili ha consentito di correlare spazialmente le anomalie presenti su ciascuna sezione, utilizzando l’analisi dell'ampiezza degli eventi riflessi entro assegnati intervalli di tempo (time slice) (capitolo 4, paragrafo 4.6). Sono state calcolate time slices ad intervalli temporali di 20 ns, con interpolazione dei punti dei profili 2D pesata secondo il quadrato della distanza usando la somma delle ampiezze assolute; utilizzando i valori di velocità precedentemente calcolati lo spessore di terreno corrispondente ad 204

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ogni slice è di circa 0.65 m. Nella Fig. 7.33 sono riportate le time slices più significative.

Slice 20 – 40 ns

A

A A

Slice 40 – 60 ns Fig. 7.33: Time slices

Risultano evidenti una serie di anomalie di grande ampiezza, indicate con A, nella slice 40-60 ns (1,30-1,95 m in profondità). Tale anomalie potrebbero indicare l’esistenza di zone fortemente fratturate, visto gli alti valori di energia scatterata.

Superfici di equi_ampiezza Un ulteriore metodo di visualizzazione 3D dei dati radar prevede il calcolo delle superfici di equi-ampiezza, proposto da Zanzi e Valle (1999, 2000) e discusso nel paragrafo 4.6. Un appropriato processing dei dati, ha portato ad una rappresentazione 3D delle

riflessioni o diffrazioni degli oggetti

205

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cercati. In Fig. 7.34 il set di dati radar è stato rappresentato mediante superfici di equi-ampiezza, considerando soltanto valori di ampiezza

dell’energia

esterni all’intervallo [0-500]. Ovviamente, scegliendo un intervallo di energia più piccolo aumenta la visibilità delle anomalie provocate da oggetti più piccoli, ma anche il rumore provocato dalle eterogeneità.

N

A

Fig. 7.34: Superficie di equi-ampiezza 3D con soglia pari al 38%

Si riesce a seguire bene la distribuzione tridimensionale delle ampiezze esterne agli intervalli selezionati. L’immagine 3D mette meglio in evidenza la zona, indicata con A, di maggiore scattering dell’energia EM. Viene anche evidenziato un sistema di microfratture nella direzione nord-sud (linea nera tratteggiata) che divide l’area in due.

7.5 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Le indagini geofisiche hanno interessato la zona di Roca (Melendugno, Lecce), e si sono concentrate prevalentemente sulla parte di falesia antistante la Grotta della Poesia. I risultati di sintesi dei dati di campagna sono mostrati nelle Fig. 7.35a, b e c. Si può ipotizzare una buona correlazione tra i dati ottenuti con metodologie diverse.

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N

C

C

a

X Unit Electrode Spacing 1 m, Y Unit Electrode Spacing 1 m Iteration 5 – RMS Error 13.0

N A

B

A

B

B

A

B A

B b

A A c

A Slice 40 – 60

Fig. 7.35: Riassunto dei risultati ottenuti dall’indagine geofisica 3D: a) tomografia elettrica; b) tomografia sismica a rifrazione orizzontale; c) slice radar.

Analizzando i risultati dei rilievi eseguiti con le tre diverse metodologie, si nota come loro confermino lo stesso 207

trend specialmente i risultati relativi

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alla metodologia elettrica e a quella sismica. La sezione sismica orizzontale, mostra bassi valori della velocità di propagazione dell’onda P (600-800 m/s) nelle stesse zone in cui la tomografia elettrica mostra bassi valori di resistività (4 - 8 Ω m). Le zone di maggiore ampiezza dell’energia elettromagnetica (indicate con A in Fig. 7.35c), fanno pensare ad un elevato scattering dell’energia stessa e quindi alla probabile presenza di un sistema di microfratture che divide di fatto l’area indagata in due parti. La visualizzazione 3D dei dati (Fig. 7.26 e Fig. 7.34), ha meglio messo in evidenza le condizioni della falesia. Inoltre utilizzando le relazioni (4.7), (4.8) e (4.9) ed i range di valori trovati per le velocità Vp, troviamo i seguenti parametri di frattura: densità di frattura C: 0,26-0,35 m/m2 densità lineare di frattura Γ: 7.7 - 9,9 1/m indice di discontinuità Id: 2,9-3,8 indice di qualità RDQ: