Social Network: verso un nuovo paradigma per la valorizzazione della domanda culturale LUDOVICO SOLIMA*
Abstract Le organizzazioni culturali si trovano esposte, più che in passato, ai rilevanti cambiamenti indotti dalle evoluzioni tecnologiche sulla collettività; tra esse, un ruolo di grande importanza è attribuibile alla recente evoluzione di internet e alla dirompente affermazione dei siti di Social Network, resa possibile da specifiche determinanti sociali e da fenomeni multipli di convergenza tecnologica. Per un’organizzazione culturale, questo scenario in divenire, ma dai tratti strutturali inequivocabili, porta con sé l’esigenza di un profondo ripensamento nel modo in cui articolare il rapporto con la domanda, che deve appropriarsi delle opportunità relazionali offerte dalla rete ed interiorizzare - valorizzandolo - il contributo di conoscenza offerto dal singolo attraverso le comunità on-line. Il rischio, altrimenti, è la perdita di legittimazione collettiva ed il depotenziamento del loro fondamentale ruolo di generazione ed intermediazione del sapere. Parole chiave: Social Network, internet, organizzazioni culturali, domanda culturale, musei Cultural organizations are exposed, more than in past, to the relevant changes induced by technological developments on society; among them, a very important role is attributable to the recent evolution of the internet and the shattering affirmation of Social Network websites, made possible by specific social determinants and multiple phenomena of technological convergence. For cultural organizations, this scenario in the making, but made of unequivocal structural strokes, brings with it the need for a deep reflection on how to articulate the relationship with the demand, which must catch the relational opportunities offered by the net and interiorize - valuing it - the contribution of knowledge offered by the single through online communities. Otherwise, the risk is the loss of collective legitimacy and the contraction of their fundamental role of generation and brokering of knowledge. Key words: Social Network, internet, cultural organizations, cultural demand, museums
1. Introduzione Nel corso degli ultimi mesi, il fenomeno dei c.d. “Social Network” (SN), cioè dei siti nati e strutturati con l’intento primario di favorire la produzione di contenuti da *
Associato di Economia e Gestione degli Enti Culturali - Seconda Università di Napoli e-mail:
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parte degli utenti e la loro reciproca interazione, ha assunto anche nel nostro Paese una rilevanza straordinaria, malgrado il tasso di diffusione di internet permanga ancora molto distante dai livelli di penetrazione raggiunti in altri contesti nazionali1. Nati solo da pochi anni2, l’affermazione dirompente di siti di SN quali MySpace, Facebook, YouTube o Twitter ha contribuito ad alterare profondamente la geografia della rete, modificando in modo sensibile la stessa concezione di internet. Essi infatti prefigurano l’avvento di un nuovo paradigma di funzionamento della rete, sintetizzato efficacemente con la denominazione “Web 2.0” (O’Reilly, 2005), o con l’ancor più recente “Web2” (O’Reilly e Battelle, 2009), termini utilizzati proprio per enfatizzare la discontinuità che, rispetto al recente passato, si è andata affermando nell’utilizzo dei siti da parte dei visitatori nonché, in prospettiva, nella relazione attivabile tra mondo reale e mondo digitale. Come si avrà modo di spiegare con maggior grado di dettaglio nel prosieguo del lavoro, il cambiamento più rilevante di internet è infatti attualmente rappresentato dalla centralità dell’utente, non più solo destinatario passivo - ed in certa misura inerme - nei confronti di un flusso informativo integralmente controllato dal gestore di un sito web, ma esso stesso protagonista nella creazione dei contenuti veicolati attraverso la rete (Solima, 2008a). I siti di SN, in altri termini, tendono sempre più a configurarsi come degli “aggregatori” di informazioni, accogliendo al loro interno secondo metodiche e regole diverse da caso a caso, in funzione della differente vocazione di ciascun sito di SN - i contributi testuali, grafici o audio-video resi liberamente disponibili dagli utenti. I siti di SN non aggregano solo informazioni, ma anche utenti, che tendono infatti a creare delle “comunità”, sulla base di interessi e passioni comuni, che amplificano le possibilità relazionali del singolo individuo ed alimentano la formazione di piattaforme di conoscenze condivise, in grado di agevolare e potenziare una delle principali funzioni della rete: la ricerca di informazioni. Appare pertanto ragionevole affermare che internet, in certo qual modo, abbia trovato in sé l’antidoto contro il proprio maggior rischio, cioè che la ridondanza informativa - legata al moltiplicarsi in maniera esponenziale di siti contenenti dati e notizie liberamente disponibili - possa rendere sempre più difficile la selezione e l’accesso alle informazioni realmente utili e pertinenti per il navigatore. Al fondamentale contributo dei motori di ricerca, dunque, si è affiancato il contributo degli utenti, i quali - anche attraverso il sistema di relazioni attivato grazie ai siti di SN, che amplificano su basi planetarie la forza del “passa parola” 1
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Secondo una recente indagine realizzata dalla Nielsen (it.nielsen.com/news/ Osservatorio.shtml), nel 2009 gli utenti internet in Italia sono quasi 28 milioni, pari a circa il 48% della popolazione di età superiore ai 14 anni. Boyd e Eleison (2007) affermano che il precursore degli attuali siti di SN è stato SixDegrees.com, in vita dal 1997 al 2001, arrivato a contare fino ad un milione di utenti; i siti di SN attualmente di maggiore successo sono tutti nati negli ultimi sei anni: MySpace (nato del 2003), FaceBook (creato l’anno successivo), YouTube (del 2005) e l’ancor più recente Tweeter (del marzo 2006).
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(Smith, Coyle, Lightfoot e Scott, 2007; Dwyer, 2007) - riescono ad ottimizzare il trade-off tra lo sforzo sostenuto per la ricerca di un’informazione ed il risultato concretamente ottenuto. Ciò che sembra di rilevante interesse è che questo diverso modo di intendere il connotato della dinamicità nella produzione dei contenuti di un sito internet - un tempo misurata unicamente dalla frequenza dei loro aggiornamenti, ed ora sempre più valutata in termini di multi-direzionalità dei flussi informativi - stia investendo in modo indiscriminato tutti i settori di attività presenti sulla rete, ivi compreso quello culturale. In particolare, a livello internazionale sono state avviate interessanti sperimentazioni da parte di numerose organizzazioni culturali, che stanno compiendo molteplici sforzi per appropriarsi dei potenziali benefici connessi alla diffusione pervasiva dei siti di SN. Ed è sul versante del rapporto con la domanda che risultano sempre più frequenti i tentativi di stabilire nuove modalità di contatto con gli utenti, in grado di superare i tradizionali modelli di relazione e di consentire a tali organizzazioni di interiorizzare il contributo potenziale che gli individui apportano in termini di creazione di nuova conoscenza. Obiettivo di questo lavoro è pertanto quello di dar conto, seppur in maniera sintetica, della complessa evoluzione in atto sulla rete internet nonché dei riflessi che tali mutamenti stanno producendo - e produrranno in futuro - in termini strategici, con specifico riferimento ai processi di valorizzazione della domanda culturale. 2. Caratteri dominati e motivi del successo dei Social Network La partecipazione attiva degli utenti in rete non è, come si potrebbe ipotizzare in prima approssimazione, un fenomeno nuovo. Esso ha anzi caratterizzato il mondo del web sin dalla sua nascita, anche se ciò è avvenuto in modo circoscritto ad una platea di individui relativamente ristretta. Nei primi anni di vita, internet si è infatti caratterizzata per la netta prevalenza di siti interpretati alla stregua di una piattaforma alternativa di comunicazione istituzionale e, conseguentemente, per un utente che si proponeva unicamente quale semplice (ed isolato) ricettore del flusso informativo veicolato in rete (Solima, 2007). Si è poi assistito alla progressiva diffusione di modelli di utilizzi di internet maggiormente coinvolgenti, come accaduto - ad esempio - per le c.d. comunità virtuali (Rheingold, 1993), basate su chat, newsgroup e forum, che hanno rappresentato il primo tentativo volto a favorire processi di socializzazione on-line. Le comunità virtuali nascono infatti come spazi virtuali di discussione, luoghi “nonluoghi” per un verso aperti, in quanto progettati con lo scopo di accogliere i contributi di soggetti interessati a scambiarsi informazioni rispetto a tematiche specifiche, ma per altro verso relativamente chiusi, in quanto tendenzialmente autoreferenziali (Maldonado, 1997: 20), confinati cioè in netta prevalenza all’apporto
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fornito da utenti “specialisti”, dotati di particolari conoscenze informatiche sull’utilizzo degli ambienti di comunicazione (Mandelli, 2003: 62). Più recentemente, l’introduzione sulla rete di ulteriori strumenti di condivisione e collaborazione, quali blog e wiki, ha contribuito alla creazione di spazi digitali di confronto caratterizzati da una sempre minore complessità di accesso ed incentrati su temi sempre più ampi e variegati, aperti pertanto anche ai contributi di un’utenza “non specialista”. L’idea di una comunicazione a più voci sulla rete prende dunque definitivamente piede: non più meri monologhi, dunque, ma veri e propri dialoghi3; non più un privilegio riservato a pochi “eletti” ma una possibilità offerta a tutti. Il fenomeno dei SN può pertanto definirsi nuovo soprattutto nella sua dimensione quantitativa, in primo luogo osservando la straordinaria capacità di attrazione che tali siti stanno esprimendo nei confronti degli utenti internet; il solo FaceBook, leader della classifica mondiale dei siti di SN ed al secondo posto (dopo Google) tra i siti più visitati, ha registrato nel maggio 2009 quasi 150 milioni di visitatori unici e nel successivo mese di settembre ha dichiarato di aver raggiunto a livello mondiale oltre 300 milioni di utenti (quindi poco meno dell’intera popolazione degli Stati Uniti), un terzo dei quali iscritto negli ultimi cinque mesi. In Italia, gli utenti attivi sono circa 11,5 milioni (Beltrame, 2009). Analogamente, nel mese di maggio del medesimo anno, MySpace ha contato oltre 115 milioni di filmati visti e 12,2 milioni di visitatori unici. Tale dinamica, resa possibile anche grazie alla particolare semplicità di gestione dei contenuti nei siti di SN, che per l’utente “comune” ha determinato il sostanziale azzeramento delle barriere all’entrata legate alle necessità di possedere adeguate conoscenze informatiche, sembra dunque poter mettere seriamente in discussione l’idea che internet si caratterizzi per livelli di partecipazione fortemente asimmetrici. Tale concezione postula infatti l’esistenza della regola del “1-9-90” (Nielsen, 2006), secondo la quale in rete solo l’1% degli utenti potrebbe essere considerato composto da autori attivi, che si dedicano cioè in modo continuativo alla produzione di contenuti, mentre il 9% sarebbe rappresentato da autori occasionali ed il residuo 90% invece costituito da semplici osservatori (definiti “lurkers”, che cioè si nascondono) (Casali e Giacoma, 2008). Attualmente, proprio grazie al contributo dei siti di SN, questo assunto sembra invece perdere progressivamente pregnanza, anche tenuto conto del fatto che il segmento costituito dagli utenti più coinvolti nella generazione dei contenuti farà registrare, in futuro, tassi di incremento superiori rispetto a quello costituto dagli utenti meno attivi (Riegner, 2007). Sotto il profilo qualitativo, va invece rilevato come il fenomeno dei SN abbia assunto sempre più caratteristiche inter-generazionali: la platea dei loro utenti, inizialmente circoscritta ai più giovani, ha infatti modificato la sua composizione dal punto di vista demografico, essendo attualmente rappresentata in larga misura da utenti adulti, di età compresa tra i 35 ed i 49 anni (Nielsen, 2009b). 3
“I greci con il termine dia-logos intendevano un libero flusso di comunicazione in un gruppo, che consentiva di accedere a conoscenze non ottenibili individualmente” (Senge, 1992: 10).
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Da un punto di vista tipologico, sembra possibile distinguere i siti di SN in due grandi insiemi, a seconda che, nell’aggregazione spontanea degli utenti, prevalga la ricerca della dimensione informativa ovvero di quella partecipativa. Nel primo caso, si è in presenza di quelle che vengono definite comunità di interessi; per tale motivo, siti di SN quali YouTube (per i video) o Flickr (per le fotografie) vengono anche definiti “hobby focus”; nel secondo caso, si tratta invece di comunità di relazioni; siti quali MySpace, FaceBook o Twitter si caratterizzano infatti per la centralità delle persone e dei loro rapporti sociali (“people focus”). Malgrado tali differenze di fondo, è comunque possibile rinvenire nei siti di SN alcuni tratti caratterizzanti, che possono essere così sintetizzati: a) multi-direzionalità; la struttura distributiva delle informazioni in rete, inizialmente di tipo gerarchico - quindi in certa misura analoga a quella della televisione, con una sorgente che veicola una comunicazione di tipo monodirezionale verso una platea indifferenziata (one-to-many) - evolve verso una struttura eterogenea, nella quale ogni nodo della rete è al tempo stesso sorgente e contenitore (Negroponte, 1995: 187); in tale scenario, sfuma quindi la distinzione precisa tra mittenti e destinatari ed i flussi informativi diventano multipolari (many-to-many); b) auto-propulsione; larga parte dei contenuti disponibili viene generata direttamente dagli utenti (UGC - User Generated Content), sia attraverso apporti originali, in formato testuale o multimediale, sia mediante ricombinazione di contributi altrui4; c) aggregazione; è generalmente effettuata la messa in rete, su base volontaria, di profili individuali e viene al contempo stimolata la creazione di gruppi o comunità di utenti, tra i quali prevale il desiderio di conservare/sviluppare relazioni di tipo amicale5 nonché di condividere interessi e passioni comuni, in grado di soddisfare esigenze di affermazione individuale ovvero istanze di tipo sociale e solidale6; 4
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La ricombinazione delle informazioni è una pratica molto diffusa nei blog così come nei siti di SN, che includono spesso link a video presenti su YouTube piuttosto che a notizie diffuse dagli operatori dell’informazione on-line, rese disponibili anche grazie all’affermazione del formato RSS. Essa agevola quindi la circolazione delle informazioni sulla rete e consente di arricchire enormemente i contenuti dei singoli siti. Un recente studio (Raacke e Bonds-Raacke, 2008) ha messo in evidenza come il fattore dell’amicizia sia centrale nella gratificazione degli utenti che frequentano i siti di SN; l’obiettivo ricercato è infatti quello di mantenere un contatto con gli amici attuali, recuperare il contatto con amici vecchi ed acquisire nuovi amici. Non è un caso che anche quei siti di SN nati essenzialmente come contenitori, cioè hobbyfocus, stiano progressivamente incorporando funzionalità in grado di stimolare proprio lo sviluppo della dimensione relazionale. YouTube, ad esempio, non si limita a consentire l’inserimento di un video da parte di un utente, ma offre la possibilità di commentarlo, di rispondere ad un commento altrui, di attribuirgli un voto, di condividerlo attraverso altri siti di SN, di segnalarlo via mail, di pubblicare un video di risposta (Di Bari, 2007: 14). Nel mese di settembre 2009, il sito ha peraltro annunciato che sarà implementata la
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d) condivisione; risulta molto diffuso lo scambio di opinioni, esperienze e conoscenze personali, finalizzato alla creazione di una base di saperi collettiva, alla quale ciascuno può attingere e/o fornire un proprio contributo. L’esito finale derivante all’intersezione di queste diverse traiettorie evolutive è dunque il mutamento di uno dei tratti genetici di internet, che si sta infatti progressivamente trasformando da una rete di computer ad una rete di persone. L’emergere spontaneo di questa direttrice di cambiamento non sembra però sufficiente a spiegare i motivi del successo dei siti di SN. Esso, infatti, è anche da mettere in relazione alla presenza di due diverse determinanti: quelle di tipo sociale e quelle di tipo tecnologico. 3. Determinanti sociali e generazione periferica della conoscenza Sotto il profilo sociale, va segnalato che, come in un nuovo “Umanesimo”, i siti di SN favoriscono e facilitano il processo di emersione della soggettività individuale; essi infatti consentono a ciascun individuo che lo desideri - grazie alla riduzione, sotto il profilo spaziale e temporale, delle barriere alla comunicazione inter-personale - di compiere su internet molteplici attività, dirette all’ampliamento e/o al rafforzamento dei propri network sociali7 nonché alla condivisione delle proprie esperienze con altre persone (Huang e Behara, 2007). In una società come quella attuale, largamente orientata alla compressione delle individualità, nella logica della produzione di massa di stampo fordista e della tendenziale omogeneizzazione dei consumi su scala mondiale, i siti di SN sembrano dunque rappresentare un viatico per un potenziale riscatto dell’io. Attraverso di essi, la spontanea ricerca dell’affermazione personale, attivata proprio in opposizione alla globalizzazione dei sistemi economici, può sublimarsi in un’istanza di condivisione e partecipazione, restituendo spessore e dignità a ciascun soggetto ed al contributo che esso può apportare allo sviluppo delle conoscenze collettive (Gangadharbatla, 2008). L’apporto individuale alla formazione di nuova conoscenza non si esaurisce, peraltro, nella produzione individuale di contenuti messi a disposizione della variegata platea di navigatori della rete, ma si sostanzia anche in una forma di apporto “indiretto”, attraverso la formulazione di valutazioni, commenti e giudizi rispetto a ciò che viene immesso in rete da altri soggetti. Tale modalità di partecipazione risulta molto diffusa su internet, in quanto per l’utente risulta evidentemente molto meno impegnativa rispetto all’immissione
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funzione “trova amici”, tipica di FaceBook, in grado di semplificare ed accelerare la formazione di comunità di utenti. Un “network sociale” è costituito da una molteplicità di relazioni che il singolo individuo può attivare sulla base di una pluralità di legami, di tipo: familiare, religioso e/o etnico, amicale, ubicazionale (ad es., il proprio domicilio), professionale, scolastico, sportivo, etc. (Gummesson, 2006: 146).
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diretta di contenuti; anch’essa contribuisce quindi a stemperare il citato timore di una partecipazione asimmetrica nella rete. Le parole chiave che rimandano a tale approccio risultano, sotto questo profilo, molteplici: review (recensisci), rate (valuta), comment (commenta), tag (etichetta). L’insieme di queste attività prende il nome di social advisoring8 e produce il suo impatto sulla stessa ricerca di informazioni sulla rete. In presenza, infatti, di una sovrabbondanza di contenuti, la ricerca e la selezione delle informazioni rilevanti non è più di esclusiva pertinenza dei motori di ricerca - affidata quindi ad algoritmi più o meno complessi in grado di restituire un elenco di siti che corrispondono ai criteri specificati dall’utente - ma diventa dominio degli stessi navigatori, i quali sono così chiamati a svolgere la funzione di collaborative filtering. Come affermato in modo volutamente paradossale da Negroponte (1994) con straordinaria lungimiranza, data l’incontrollata proliferazione di dati e notizie presenti in rete9, su internet assume rilevanza l’affermazione “less is more”, nel senso che un individuo, in presenza di fenomeni di ridondanza informativa, è fatalmente interessato ad individuare delle soluzioni in grado di massimizzare il livello di personalizzazione delle informazioni con le quali entra in contatto. Egli, in altri termini, sarebbe ad esempio disposto a pagare al New York Times un prezzo di 10 dollari per una edizione di 10 pagine, contenente solo ciò a cui lui è effettivamente interessato, piuttosto che 1 dollaro per un giornale di 100 pagine. La condivisibile ed importante conclusione cui giunge l’autore è che il valore delle “informazioni sulle informazioni” può pertanto risultare superiore a quello delle informazioni in sé. Sotto questo profilo, i siti di SN giocano - come detto - un ruolo molto importante, contribuendo alla selezione delle informazioni rilevanti presenti sulla rete10 nonché alla creazione di forme di “intelligenza condivisa”, attraverso le quali il singolo individuo è messo in condizione di accedere alle conoscenze possedute da altri soggetti - esempio paradigmatico, sotto questo profilo, è il sito Wikipedia.org - stimolando lo sviluppo di forme di divisione del lavoro cognitivo (Rullani e Romano, 1998; Rullani, 2004). 8
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Uno dei primi siti che ha iniziato ad utilizzare in modo continuativo e strutturato le opinioni degli utenti, al fine di accrescere il proprio potenziale informativo, è stato Amazon.com, che lo ha inizialmente applicato al proprio originario core-business, cioè alla vendita di libri, offrendo ai propri utenti la possibilità di scrivere una recensione di un volume e di condividerla in rete, a complemento delle informazioni editoriali fornite dall’editore, nella (fondata) convinzione che i propri clienti attribuissero rilevante affidabilità anche alle raccomandazioni degli altri lettori. Si stima che nel corso del 2009 la quantità di informazioni generate sul web dagli individui risulterà superiore a quella complessivamente creata nella storia dell’umanità (Weigend, 2009). Digg.com è un sito di SN di grande successo e si caratterizza proprio per la sua vocazione a sollecitare l’intervento degli utenti nello stabilire la gerarchia - e, quindi, l’importanza delle informazioni che essi stessi hanno reso disponibili sul sito. Nella medesima direzione si muovono i siti di social bookmarking, ad esempio Delicious.com, basati sulla condivisione da parte degli utenti dei propri siti preferiti (i c.d. “bookmark”).
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La generazione periferica della conoscenza è un fenomeno noto nella letteratura manageriale, grazie agli studi seminali sulla user innovation di Von Hippel (1982), che per primo ha enfatizzato il contributo che l’utilizzatore di un bene o di un servizio, adattandolo alle proprie esigenze, può apportare in termini di innovazione di processo o di prodotto. Più recentemente, lo stesso autore ha messo in evidenza come internet consenta anche la creazione di “network orizzontali di innovazione” (Von Hippel, 2002), nei quali il processo innovativo è in grado di svilupparsi anche solo attraverso il contributo della rete, come accade per i progetti di software opensource, il cui codice sorgente è liberamente accessibile agli utenti, i quali possono quindi apportare e condividere i miglioramenti realizzati. Un differente modello di “innovazione partecipata” sembra invece scaturire dalla recente decisione di Apple di rendere liberamente disponibili agli sviluppatori i software di sviluppo (SDK - software development kit) per la realizzazione di applicazioni destinate all’IPhone, da veicolare attraverso ITunes. In questo caso, infatti, si tratta di un processo parzialmente controllato dal produttore, considerando che una molteplicità di apporti individuali si innesta su una piattaforma software proprietaria, contribuendo alla creazione di applicativi che aumentano in modo corrispondente il valore d’uso del dispositivo11. Infine, va anche considerato che la generazione periferica di nuova conoscenza può esprimere la sua influenza anche sui processi decisionali individuali: secondo una recente ricerca (Market Tools, 2008), il 68% della popolazione statunitense visita blog, community o siti di SN, il 47% afferma che tali siti esprimono un qualche tipo di influenza sui loro processi di acquisto e poco più di un quarto dichiara di aver modificato le proprie intenzioni di acquisto dopo aver avuto accesso ad informazioni specifiche contenute in questi siti. 4. Determinanti tecnologie ed affermazione del Mobile Social Network Oltre ai driver sociali, per comprendere le ragioni del successo dei siti di SN è necessario considerare anche la presenza di determinanti di tipo tecnologico. Più in particolare, sembra possibile evidenziare l’esistenza di uno specifico fenomeno di “doppia convergenza”. La prima tipologia di convergenza può essere definita convergenza tra connessioni. Si consideri, ad esempio, un dispositivo portatile quale un personal computer: esso può attualmente essere dotato di una pluralità di soluzioni tecniche che lo mettono in grado di attivare connessioni con la rete internet: dal cavo telefonico al collegamento in ADSL, dal satellite alle reti di comunicazione mobile di terza generazione (UMTS)12. Le più recenti generazioni di portatili (i c.d. 11
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Questo approccio si è rivelato di straordinario successo, considerando che a fine settembre 2009, cioè in poco più di un anno, sono state scaricate oltre due miliardi di “apps”. Le opzioni di connessione attualmente disponibili per la connessione in rete di un dispositivo portatile sono le seguenti: doppino telefonico, telefonia digitale via linea
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netbook) risultano caratterizzate proprio da questa vocazione alla connessione in rete, anche in previsione della prossima affermazione del c.d. WebWare, cioè della possibilità di utilizzare, gratuitamente ovvero dietro pagamento di un canone di noleggio, programmi non caricati preventivamente sul sistema operativo della macchina ma disponibili direttamente su internet. Prende dunque sempre più forma uno scenario nel quale, come ipotizzato da Rifkin (2001), l’utente potrà scegliere tra uso e possesso, nel senso che sarà messo in condizione di scegliere se privilegiare la proprietà di un bene ovvero orientarsi verso il suo mero utilizzo. Peraltro, va osservato che tale pluralità di opzioni incide anche sulla qualità delle prestazioni del processo di interscambio informativo, considerando che è possibile passare da soluzioni tradizionali, quali il modem collegato al doppino telefonico (narrow-band), a soluzioni molto più performanti (broad-band) che hanno evidentemente consentito anche di modificare la natura dei contenuti veicolati, inizialmente di tipo testuale - e, quindi, “leggeri” in termini di quantità di byte trasferiti - per arrivare, anche grazie alla contestuale messa a punto di algoritmi di compressione sempre più efficaci, ad immagini, audio e video sempre più “pesanti”. Ulteriore e non secondario risultato determinato dalla presenza di questa molteplicità di opzioni di connessione è la possibilità offerta ai dispositivi elettronici portatili di essere Always-On, cioè sempre connessi, con un evidente ampliamento non solo della possibilità di accedere alla rete per ottenere informazioni ma anche, come si è visto, di utilizzare tale opportunità per veicolare propri contributi. E questa connessione permanente è - e diventerà - sempre più di tipo wireless, senza cioè la necessità di attivare un qualche tipo di collegamento fisico di accesso alla rete. L’accesso alle risorse informative diventa quindi ubiquitario ed il loro utilizzo diventa sempre più semplice, anche grazie a nuove funzioni di contestualizzazione delle informazioni dal punto di vista spaziale e territoriale, rese possibili dalla diffusione di sensori Gps nei dispositivi portatili, i quali consentono l’identificazione dell’utente nonché dei punti di suo interesse (una farmacia, un ristorante, un museo etc.) esistenti nello spazio fisico che lo circonda. Questo ulteriore fenomeno, denominato geo-tagging, è destinato ad essere uno dei principali elementi della nuova frontiera della rete, il c.d. “Web2” (WebSquared), nuovo termine di recentissima proposizione (O’Reilly e Battelle, 2009)13
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ISDN, tecnologia ADSL, fibra ottica, satellite, Wi-Fi e Wi-Max, connessione a banda larga mobile UMTS (3G), che rappresenta l’evoluzione rispetto a GSM e GPRS. Gli Autori hanno proposto questa nuova sigla in sostituzione del termine “Web 2.0”, sottolineando con forza la futura affermazione di servizi in grado di “potenziare la realtà” (augmented reality), proprio grazie alla sovrapposizione tra una pluralità di dati e notizie presenti in rete (information shadows) e ciò che è presente nello spazio fisico che circonda l’individuo. Un applicativo interessante, in questo senso, è ad esempio reso disponibile dal sito Wikitude.org; esso, una volta installato sul telefonino, non solo consente l’identificazione in tempo reale di un monumento o di un altro punto di interesse che si sta osservando attraverso la video-camera, ma fornisce sullo schermo, contestualmente, anche alcune informazioni significative disponibili su di esso in rete. Il passo ancora successivo
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con il quale si intende porre l’accento sulla progressiva integrazione tra mondo reale e mondo digitale, grazie ai sensori di movimento, orientamento e localizzazione sempre più diffusi sui telefoni di nuova generazione. Tale evoluzione consentirà infatti l’erogazione di servizi location aware, ad alto valore aggiunto sotto il profilo informativo, destinati sia ad attività commerciali (l’acquisto di un bene o di un servizio) che ad attività relazionali. Non è un caso che numerosi siti di SN stiano infatti incorporando funzioni di geo-tagging, in modo da consentire anche la localizzazione di quegli utenti, aderenti alla comunità, che decidono di rendere “visibile” la loro posizione. In questo modo, è possibile ad esempio sapere in tempo reale dove si trovano i propri amici14. La seconda tipologia di convergenza tecnologica è quella “tra funzioni”: già diversi anni or sono fu associato al termine “convergenza” il processo di progressiva integrazione tra dispositivi di largo consumo nati essenzialmente per svolgere funzioni d’uso primarie molto diverse tra loro: il telefono, la televisione ed il computer (Commissione Europea, 1997)15. Tale processo di convergenza sta avvenendo in tre stadi (Fig. 1), il primo dei quali ha visto l’iniziale attivazione di relazioni biunivoche tra tali dispositivi, ciascuno dei quali ha integrato in modo dicotomico le funzioni di almeno un altro dispositivo. L’introduzione di capacità computazionali all’interno dei primi telefoni cellulari ha infatti portato alla creazione dei c.d. “palmari”, in grado di svolgere alcune attività proprie dei computer. Per altro verso, gli stessi telefoni hanno iniziato a ricevere direttamente i segnali televisivi, grazie all’avvento della rete UMTS ed al conseguente aumento della capacità di ricezione di segnali in banda larga; infine, i computer, sfruttando il collegamento internet, hanno consentito l’accesso ai segnali televisivi trasmessi in streaming, quindi anche in tempo reale, grazie all’attivazione dei servizi di IPTV (Internet Protocol Television)16.
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si avrà con la definitiva affermazione della tecnologia R-Fid, attraverso la quale si realizzerà la c.d. Internet of Things (Siorpaes et al., 2006; Commissione Europea, 2009). Tra i tanti esempi, è possibile richiamare il servizio “Latitude” di Google. Si parla anche di “media convergence” per evidenziare la circostanza che i tre più importanti strumenti di comunicazione - televisione, radio e carta stampata - sono ormai accessibili attraverso un unico medium, rappresentato da internet. Non è solo la televisione che è approdata su internet, ma varrà presto anche la proposizione inversa: entro la fine del 2009 è infatti prevista l’introduzione sul mercato di televisori in grado di connettersi direttamente alla rete, in modo da poter navigare, sfogliare l’edizione on-line di un quotidiano, visualizzare filmati di YouTube ovvero scaricare film in risoluzione HD, di qualità paragonabile a quelli visionabili sui supporti Blu-Ray. Questo ulteriore sviluppo tecnologico è destinato a modificare il modo con il quale un individuo guarda la televisione, spostando ulteriormente verso forme on-demand l’accesso ai contenuti video desiderati.
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Fig. 1: I tre stadi della convergenza tra funzioni GPS
IPTV
palmari
UMTS
NFC
RFID
I stadio
II stadio
III stadio
Fonte: ns. elaborazione
Il secondo stadio si è avviato - di fatto - nell’estate del 2007, con il lancio sul mercato dell’IPhone, che è stato tra i primi dispositivi di nuova generazione in grado di assommare le caratteristiche proprie del telefono, del computer e della televisione, nonché ulteriori funzioni d’uso, quali la lettura di file mp3 ovvero la possibilità di scattare foto e/o registrare filmati. Il terzo stadio del processo di convergenza tra funzioni sarà portato a compimento nel momento in cui la generalità di tali dispositivi sarà equipaggiata con: a) sensori Gps, attraverso cui - come in precedenza accennato - svolgere funzioni di navigatore e di motore di ricerca geo-localizzato; b) con reader Rfid, con i quali dialogare con prodotti dotati delle c.d. “etichette intelligenti” (Solima, 2009); c) con tecnologia Nfc (Near Field Communication), in grado di supportare in modo automatizzato sistemi di pagamento elettronico. L’elemento caratterizzante della nuova generazione di telefoni cellulari attualmente disponibili in commercio è comunque il fatto di essere stati concepiti proprio per accedere ad internet e, in particolare, ai siti di SN, anche grazie alla presenza di display tattili (touch-screen) facili da usare e sufficientemente ampi da consentire una navigazione in rete in modo confortevole ed efficace. L’introduzione
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sul mercato della telefonia mobile di tali dispositivi ha peraltro portato alla corrispondente offerta di connessioni ad internet di tipo “flat”, che ha sancito per l’utente la definitiva affermazione del concetto di connessione permanente alla rete. Le due tipologie di convergenza individuate stanno producendo, dunque, un enorme impatto in termini relazionali, considerando che, date le caratteristiche appena richiamate, i dispositivi di nuova generazione hanno portato all’affermazione del Mobile Social Network17¸ moltiplicando in modo esponenziale i momenti ed i luoghi, fisici o virtuali, nei quali sviluppare forme di socializzazione. Va peraltro osservato che questa traslazione si sta sviluppando in modo del tutto naturale, anche perché le persone sono già abituate ad utilizzare il telefonino per entrare in contatto vocale o testuale con altri individui. L’accesso in mobilità ai siti di SN aggiunge quindi ulteriori possibilità di sviluppo a questo processo relazionale, amplificandone ulteriormente la portata. 5. Organizzazioni culturali e creazione di nuova conoscenza Per comprendere i riflessi che tale evoluzione sta producendo sul settore culturale è necessario richiamare preliminarmente le finalità primarie delle organizzazioni in esso operanti, riconducibili - in estrema sintesi - al contributo che queste sono chiamate ad apportare in termini di formazione del capitale intellettuale della collettività. Una delle specificità del settore culturale è infatti rappresentata dal ruolo attribuito agli operatori del settore ed alle attività pedagogiche ed educative che essi pongono in essere, attraverso le quali si assume che questi risultino in grado di contribuire in modo pregnante allo sviluppo ed alla crescita sociale e culturale della società. Un’organizzazione culturale, attraverso lo svolgimento di azioni di conservazione, creazione e diffusione della conoscenza, svolge infatti una fondamentale attività di intermediazione del sapere nei confronti della domanda, o quanto meno di quelle porzioni di essa con le quali riesce ad entrare in contatto. La prospettiva interpretativa adottata in questa sede è dunque basata sull’idea che anche un’organizzazione culturale vada inquadrata alla stregua di un sistema integrato di conoscenze18, potenzialmente articolato su quattro livelli, i primi due interni ai confini aziendali, gli altri due esterni ad essi (Fig. 2): 17
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Secondo Nielsen (2009c), ad aprile 2009 sono stati circa 50 milioni gli utenti statunitensi che, su base mensile, hanno avuto accesso ad internet tramite dispositivi mobili. Di questi, circa 12 milioni accedono regolarmente ai siti di SN. In Italia, nel primo trimestre del 2009 oltre 6,5 milioni di utenti hanno fatto ricorso a servizi internet attraverso dispositivi mobili e, di questi, il 14% avuto accesso a siti di SN (Rusconi, 2009). L’idea della conoscenza come asset strategico all’interno delle imprese è stata ampiamente sviluppata all’interno della letteratura manageriale, in particolare nel filone noto come “Resource Based Theory” (Wernerfelt, 1984; Rumelt, 1984; Barney, 1991) e, successivamente, nella “Knowledge-Based Theory” (Grant, 1996).
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a) il primo livello è costituito dalla dotazione patrimoniale di cui dispone l’organizzazione culturale, cioè la collezione permanente di quadri, reperti, oggetti, fotografie, testi, spartiti etc., nella quale il sapere è “incorporato” in ciascuno dei beni che la compone; b) il secondo, di tipo intangibile, è rappresentato dal sistema di conoscenze posseduto dal capitale umano interno all’organizzazione, cioè dal suo personale a tutti i livelli della struttura organizzativa, ivi compreso quello sedimentato nel sistema delle procedure interne; c) il terzo, anch’esso di tipo immateriale, è costituito dalla comunità scientifica di riferimento con la quale il personale interno intesse rapporti di collaborazione e di confronto, favorendo la creazione di un sistema di saperi, spesso multidisciplinare, che costituisce la primaria base di conoscenza sui cui sviluppare i processi di valorizzazione della collezione permanente; d) l’ultimo livello, il più “evanescente”, è riconducibile al patrimonio cognitivo proprio di ciascuno degli utenti con i quali l’istituzione entra in contatto. Come si avrà modo di spiegare, l’esistenza di tale quarto livello - o, meglio, la concreta possibilità di mobilitare i saperi individuali a servizio del sistema di conoscenze sviluppato dal personale interno di un’organizzazione culturale e messo a disposizione della collettività - appare strettamente connesso ai recenti sviluppi della rete internet, e dei siti di SN in particolare. Fig. 2: Il sistema integrato di conoscenze di un’organizzazione culturale
dotazione patrimoniale
capitale umano comunità scientifica domanda culturale Fonte: ns. elaborazione
In prima battuta, il processo di produzione di nuova conoscenza di un’organizzazione culturale trae dunque la sua origine dai saperi sviluppati dal proprio personale, attraverso le relazioni con la comunità scientifica di riferimento, in merito ai beni che ne compongono il patrimonio. L’esito finale di tale processo è poi legato al trasferimento delle conoscenze verso il pubblico, realizzato attraverso le attività di valorizzazione delle collezioni.
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Negli approcci più tradizionali, tale trasferimento segue un andamento unidirezionale, nel senso che il flusso informativo alla base dei processi di valorizzazione promana rigorosamente dall’interno verso l’esterno. Larga parte delle organizzazioni culturali ancora oggi privilegia infatti un orientamento di tipo conservativo, improntato cioè a criteri fortemente auto-referenziali. Tale approccio ha reso la comunicazione rivolta al pubblico spesso poco comprensibile e soprattutto il sistema poco permeabile alle sollecitazioni esterne, risolvendosi nella generalità dei casi in un dialogo tra addetti ai lavori, svolto sempre all’interno dei circuiti consolidati e collaudati della comunità scientifica di riferimento. Ad esempio, nel caso dei musei, le informazioni in vario modo veicolate risultano spesso ermetiche o comunque poco intelligibili, a causa del ricorrente utilizzo di linguaggi specialistici e complessi, ovvero di rimandi ad elementi storici, artistici o tecnici che presupporrebbero un livello di conoscenze che il destinatario potrebbe non possedere. Sebbene, infatti, un tratto comune delle ricerche condotte a livello internazionale sui visitatori dei musei metta in evidenza la prevalenza di un pubblico “colto”, cioè in possesso di titoli di studio elevati (laurea e post-laurea), va comunque considerato, da un lato, che una porzione non residuale della domanda effettiva non ha invece tale profilo e, dall’altro, che larga parte della domanda potenziale rimane inespressa proprio a causa del senso di “inadeguatezza intellettuale” che i visitatori potenziali provano di fronte all’offerta culturale dei musei, che ne scoraggia quindi la frequentazione (Solima, 2008b). Il paradosso che viene a prodursi è quindi che numerose organizzazioni culturali non risultano in grado di attrarre proprio coloro che maggiormente potrebbero beneficiare delle attività da esse poste in essere, acuendo il già grave problema dell’inclusione sociale: larghe porzioni di domanda permangono, quindi, allo stato latente e coloro che comunque entrano in contatto con attività e progetti culturali non necessariamente riescono ad attivare dei processi di apprendimento in grado di migliorare il proprio personale livello di conoscenze. Nel corso degli ultimi anni, in particolar modo a livello internazionale, tale atteggiamento si è tuttavia iniziato ad incrinare, determinando delle fratture nel “diaframma protettivo” che le organizzazioni culturali avevano eretto nei confronti del mondo esterno. In altri termini, il processo generativo della conoscenza si è arricchito di una dimensione verticale (Fig. 3), prevedendo forme di apertura nei confronti non solo di altri ambiti disciplinari - tra i quali, in periodi recenti, quello manageriale - ma anche e soprattutto nei confronti degli utenti, ritenuti essi stessi in grado di offrire un contributo non secondario alla creazione del sapere. Come si avrà modo di spiegare più avanti, l’attivazione di relazioni multidirezionali con le comunità di utenti on-line, anche grazie al contributo offerto in questo senso dai siti di SN, costituisce uno dei principali fattori in grado di attivare e mobilitare l’intelligenza che ciascun individuo che compone la domanda culturale è potenzialmente in grado di apportare, integrando (e completando) con tale quarto livello il sistema di saperi di un’organizzazione culturale.
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Fig. 3: Le dimensioni del processo di produzione di conoscenza nelle organizzazioni culturali
UTENTI
personale interno
outpu
input
comunità scientifica
UTENTI IN RETE produzione di conoscenza Fonte: ns. elaborazione
Ne consegue che l’attività di valorizzazione non deve riguardare unicamente ciò che è presente all’interno dei confini dell’organizzazione culturale (dunque, il proprio patrimonio, tangibile ed intangibile) ma deve arrivare ad includere anche la domanda che, per il contributo che è in grado di apportare, deve essere essa stessa destinataria di specifiche attività tese alla sua valorizzazione. L’importanza di questa messa a sistema assume ancor maggiore rilevanza se si considera che, come in precedenza accennato, grazie alla presenza di una pluralità di piattaforme tecnologiche di comunicazione, la platea di tali organizzazioni si è almeno potenzialmente - ampliata, affiancando alla domanda reale (cioè agli utenti che fruiscono del servizio culturale offerto, recandosi in prima persona presso la struttura fisica dell’organizzazione) anche la c.d. “domanda virtuale”19. 19
Si consideri, in proposito, il caso di un concerto di musica classica. Accanto alla tradizionale forma di accesso al servizio, rappresentata dalla fruizione diretta, il progresso
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Peraltro, grazie a tutte quelle soluzioni tecnologiche che prevedono la multidirezionalità della comunicazione, l’organizzazione culturale diventa in grado di integrare nei propri processi generativi della conoscenza anche quei contributi individuali provenienti “dal basso”, agevolando peraltro la formazione e lo sviluppo di comunità di utenti e favorendo, in ultima analisi, il conseguimento delle proprie finalità istituzionali. Con ogni probabilità, larga parte delle riflessioni appena svolte non troverebbe grande consenso da parte degli operatori del settore culturale italiano. Ancora oggi, infatti, molti addetti ai lavori concepiscono internet alla stregua di una minaccia, limitandosi a cogliere solo i rischi potenziali che lo sviluppo della rete potrebbe generare nei confronti delle loro attività. La metafora dei vasi comunicanti è, a tal proposito, un modo efficace per rappresentare l’ancora piuttosto diffuso timore che l’incremento degli utenti in rete possa avvenire a detrimento dell’utenza reale, quasi che fosse possibile immaginare un automatico travaso tra tali due bacini di utenza. I rischi di una “cannibalizzazione” tra queste due platee appaiono invece estremamente contenuti. Anzi, anche per effetto del fenomeno della cultural addiction (Pennella e Trimarchi, 1993) - secondo il quale l’aumento del consumo culturale, reso anche possibile dalle forme alternative di fruizione indiretta, determina un corrispondente incremento nei consumi culturali - i riflessi connessi allo sviluppo tecnologico ed all’evoluzione di internet risultano largamente favorevoli, contribuendo a modificare la relazione tra offerta e domanda non solo sotto il profilo quantitativo, in termini di ampliamento del numero degli utenti raggiunti, ma anche e soprattutto sotto il profilo qualitativo, in termini di modifica della natura della relazione con essi attivata, che si trasforma in vera e propria interazione. Questo percorso evolutivo diventa dunque tanto più virtuoso e foriero di effetti positivi quanto più l’organizzazione culturale acquisisce la consapevolezza che va profondamente messa in discussione la modalità attraverso cui si attivano i flussi di comunicazione nei confronti della domanda. In altri termini, non sembra più sostenibile adottare un approccio indistinto ed indifferenziato nei confronti del proprio pubblico, per il semplice motivo che ogni organizzazione culturale si confronta invece con una pluralità di pubblici, aventi profili culturali, sistemi di preferenze e processi di consumo altamente differenziati. Con ogni probabilità, non è neanche più sufficiente, per i pochi istituti che si sono mossi in questa direzione, segmentare sulla base di parametri di tipo sociodemografico la domanda attuale e declinare in modo corrispondente i propri codici linguistici e stilistici. Occorre invece essere consapevoli dei profondi cambiamenti che stanno investendo la società contemporanea, non trascurando il desiderio delle persone - reso evidente anche attraverso il successo dei siti di SN - di fare ricorso a forme di aggregazione e di condivisione di interessi e passioni comuni. scientifico ha infatti reso disponibili una molteplicità di canali di comunicazione e, quindi, di forme di fruizione indiretta (radio, televisione, computer, cellulare etc.), ampliando infinitamente l’utenza potenziale del servizio stesso (Solima, 2004).
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Sembra quindi possibile affermare che, anche per una organizzazione culturale, si rende necessario agevolare la nascita e lo sviluppo di comunità di utenti, in quanto è l’individuo appartenente ad una comunità che rappresenterà, con ogni probabilità, una delle primarie unità sociali di riferimento con la quale confrontarsi nel prossimo futuro. Sotto questo profilo, va infatti osservato che la relazione con una comunità di individui si pone idealmente tra i due estremi rappresentati, da un lato, dalla ricerca di una relazione a livello di singolo utente (“iper-segmentazione”), in tutta evidenza tanto più difficile da realizzare al crescere del loro numero e, dall’altro, da soluzioni di tipo massificato (“standardizzazione”). La via intermedia tradizionalmente seguita, rappresentata dall’identificazione di segmenti di mercato, sulla base dei quali porre in essere strategie di marketing differenziato, potrebbe in altri termini essere integrata - se non, prospetticamente, sostituita - dallo sviluppo di azioni indirizzate verso nuclei di persone aggregate in comunità. Queste, rispetto ai segmenti, possono infatti caratterizzarsi per una maggiore stabilità relativa e per una più marcata inclinazione dei suoi componenti a stabilire relazioni interne al gruppo di appartenenza, che ne rafforzano la coesione. In ambito museale, questo approccio è ad esempio già portato avanti, ancorché in forme relativamente semplificate, attraverso la creazione di gruppi trasversali di utenti - generalmente denominati “Amici del museo” - che si dimostrano particolarmente attenti alle problematiche connesse alla vita di una specifica istituzione e risultano spesso attivi nello sviluppo di progetti piuttosto che nella ricerca di risorse per assicurarne lo svolgimento. Alternativamente, una comunità può essere identificata sulla base delle caratteristiche specifiche dei suoi componenti: ad esempio, è possibile creare relazioni specifiche con individui appartenenti a minoranze linguistiche e/o etniche, perseguendo indirettamente finalità di integrazione sociale, ovvero riporre specifica attenzione alle esigenze di utenti diversamente abili. In questa direzione si muove ad esempio il “Community and Access Advisory Panel” creato dal Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow, che prevede la realizzazione di una serie di incontri con diverse comunità di persone che vivono e lavorano in quella città, al fine di realizzare un confronto sui principali progetti che il museo intende realizzare. L’affermazione dei siti di SN induce però a considerare anche forme di relazione meno tradizionali, basate quindi sull’uso delle variegate soluzioni tecnologiche attualmente disponibili. La relazione con una comunità on-line, infatti, è relativamente semplice da realizzarsi, anche in considerazione del fatto che in essa sono presenti sia meccanismi di auto-regolazione che ne rendono il funzionamento più trasparente sia, per tematiche di minore complessità, capacità di autogenerazione delle risposte alle sollecitazioni provenienti dagli utenti20. 20
Nel settore dell’elettronica di consumo, ad esempio, sono molto diffuse le c.d. “consumption-related online communities” (Brown, Broderick e Lee, 2007), quali gli Official Thread, cioè forum nei quali vengono approfondite le problematiche di funzionamento dei dispositivi attualmente in commercio e dove il singolo utente può
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Questa traslazione di prospettiva verso le comunità di utenti impone un rilevante cambiamento strategico da parte degli operatori del settore culturale, che appare però indispensabile per salvaguardare la possibilità di conseguire i propri fini istituzionali, i quali, essendo in ultima analisi riconducibili alla formazione di capitale intellettuale nella collettività, non possono essere realizzati senza strutturare relazioni con la domanda adeguate all’evoluzione stessa della società. 6. Dalle relazioni con la domanda di tipo statico allo sviluppo di processi partecipativi attraverso le comunità di utenti Una delle tipologie di organizzazioni culturali maggiormente attive, a livello internazionale, nella sperimentazione di nuovi modelli di relazione con il proprio pubblico è quella dei musei. Infatti, anche una sommaria ricognizione sulle modalità con le quali alcuni di essi hanno inteso utilizzare le possibilità offerte dai cambiamenti in atto sulla rete, consente di trarre indicazioni estremamente interessanti in merito alla possibilità di realizzare lo slittamento di prospettiva appena evocato. Un primo elemento di interesse deriva dalla considerazione dell’utilizzo che alcuni musei stranieri stanno facendo dei siti di SN. Il Museum of Modern Art di New York, ad esempio, ha immediatamente colto la possibilità offerta da FaceBook di accogliere, oltre alle persone fisiche, anche enti ed organizzazioni, realizzando sul sito di SN un proprio profilo molto ricco ed articolato. Al di là del dato quantitativo, pur consistente, rappresentato dal numero di “fan” che costituiscono la comunità con la quale il MoMa si relaziona via FaceBook21 che a settembre del 2009 risultavano pari a circa 170.000 individui, aumentati di quasi cinque volte rispetto al mese di novembre dell’anno precedente - appare interessante sviluppare una riflessione sulle modalità di utilizzo di tale strumento da parte di questo museo. Accedendo al canale del MoMa su FaceBook, infatti, è possibile - tra l’altro visualizzare direttamente i contenuti di Flickr, con le oltre 3.700 fotografie realizzate nel MoMa dai circa 700 individui che hanno deciso di condividere i propri scatti attraverso questo strumento; seguire le informazioni veicolate dal museo verso la
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segnalare una propria specifica esigenza di conoscenza - ad esempio, la messa a punto di una particolare funzione - e ricevere indicazioni da altri utenti che hanno già affrontato, e risolto, il medesimo problema. Dalla lettura dei topic contenuti nel forum, per altro verso, l’acquirente potenziale può farsi un’idea abbastanza precisa delle caratteristiche del prodotto di cui sta valutando l’acquisto. Infine, una volta acquistato il prodotto, potrà mettere a disposizione degli altri utenti le proprie valutazioni ed esperienze d’uso. Ne deriva che l’influenza dei siti di SN sul processo di acquisto può estendersi dall’iniziale fase di individuazione del problema e ricerca delle informazioni sino a quella del postacquisto (de Valck, van Bruggen e Wierenga, 2009). Facebook.com/MuseumofModernArt, novembre 2008.
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comunità formata dai circa 40.000 “followers” di Twitter ovvero accedere ai circa 180 video messi in rete dal museo attraverso il proprio canale in YouTube. Il MoMa, quindi, ha definito la propria presenza sui siti di SN in modo: - trasversale, assicurando cioè la propria presenza su siti di SN di tipo diverso (“hobby focus” e “people focus”), in modo da intercettare comunità di utenti interessate a relazionarsi in modo differente con il museo; - integrato, sposando una logica di stretta relazione non solo tra i siti di SN ed il sito ufficiale, ma anche rendendo direttamente disponibili all’interno di FaceBook i contenuti informativi o multimediali presenti in ciascuna delle sezioni istituzionali sviluppate dal museo sugli altri siti di SN (YouTube, Flickr, Twitter etc.) sui quali ha deciso di essere presente; - incrementale, dal momento che il museo dichiara esplicitamente la possibilità di far propri i contenuti informativi sviluppati dagli utenti; ad esempio, al fine di stimolare la produzione di immagini da parte dei propri visitatori, viene specificato che le foto immesse sul canale Flickr del MoMa potranno anche essere utilizzate dal museo per arricchire il proprio sito internet ufficiale. Un diverso ma altrettanto interessante esempio di coinvolgimento attivo degli utenti, in questo caso ancor più specificamente finalizzato alla produzione di conoscenza attraverso la rete, è riconducibile al progetto pilota denominato “The Commons”, avviato da Flickr in partnership con la Biblioteca del Congresso americana nel febbraio del 2008 e successivamente esteso ad altre istituzioni in possesso di collezioni fotografiche (Oates, 2008). I due obiettivi prioritari del progetto sono stati i seguenti: a) incrementare l’accesso alle collezioni fotografiche pubbliche; b) fornire all’utenza comune un modo per contribuire alla creazione di informazione e nuova conoscenza (Springer et al., 2008). Gli utenti della rete sono infatti sollecitati non solo ad aggiungere commenti alle fotografie veicolate in rete ma anche ad “etichettare” (aggiungere cioè dei “tag”) le fotografie stesse, rendendo quindi più facile la ricerca di informazioni da parte di altri utenti. Attraverso i tag è infatti possibile aggiungere elementi descrittivi (in questo caso, a ciascuna fotografia) che non sono necessariamente esplicitati nelle didascalie che l’accompagnano. Ad esempio, in una delle foto rese disponibili grazie al progetto The Commons, denominata semplicemente “L’eclisse, aprile 1912”22, i tag aggiunti dagli utenti hanno consentito di specificare che la foto in questione è stata fatta a Parigi, il giorno 17, presso Piazza della Bastiglia e che l’eclissi in questione - come risulta da un commento di un visitatore, che aggiunge anche il link al sito della Nasa che tratta di quella specifica eclisse - era di tipo parziale ed è stata talvolta denominata “eclisse del Titanic”, in quanto avvenne due giorni dopo il tragico affondamento. I tag aggiunti dagli utenti possono essere rappresentati graficamente sotto forma di “nuvola” (Fig. 4), attraverso la quale è immediatamente possibile individuare non solo i tag maggiormente ricorrenti ma anche quelli più importanti, cui corrispondono 22
flickr.com/photos/george_eastman_house/3702068776/, novembre 2008.
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scritte più grandi. Ciò agevola il processo di ricerca delle informazioni, che può quindi avvenire sulla base di una ricerca effettuata per parola chiave o anche in modo visuale, attraverso la consultazione della “tag cloud”. Fig. 4: Nuvola di tag nel sito The Commons
Fonte: flickr.com/commons/tags, novembre 2008
Ancor più interessante, però, è il bilancio tratto a distanza di solo un mese dall’avvio del progetto (Finnis, 2008): oltre ai 5 milioni di pagine viste ed ai 60.000 tag e circa 5.000 commenti aggiunti, sono stati effettuati 12 aggiornamenti al catalogo della Biblioteca del Congresso basati sulle segnalazioni ricevute dagli utenti, i quali, evidentemente, grazie a questo strumento, hanno direttamente contribuito alla generazione di nuove conoscenze per la stessa organizzazione culturale. Questi due esempi mettono in evidenza come il processo partecipativo possa assumere forme e significati diversi, a seconda del livello di coinvolgimento degli
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utenti stabilito in fase progettuale. In questo senso, è possibile riconoscere un continuum di soluzioni differenti, che vanno dal semplice “contatto”, attraverso il quale un’organizzazione culturale come un museo stabilisce una relazione di tipo basico con i propri utenti, fino ad arrivare alla co-progettazione di attività aventi un contenuto di tipo scientifico23. L’adozione di strumenti partecipativi basati sulle valutazioni espresse da parte dei destinatari dell’offerta non è, in realtà, una pratica sconosciuta. In ambito museale, ad esempio, si distingue fra valutazione preventiva (Borun, 1999), per anticipare le reazioni del pubblico di fronte alle idee ed ai temi di un progetto espositivo; valutazione formativa (Screven, 1993), da attuare in sede di progettazione esecutiva, attraverso la valutazione dei singoli elementi espositivi (didascalie, pannelli, audioguide, etc.) e di eventuali interventi correttivi o migliorativi; valutazione finale (Korenic e Young, 1991), che si concentra sulle reazioni ed i possibili contributi per la messa a punto di nuovi progetti da parte degli utenti in sede di fruizione vera e propria. In termini generali, riprendendo l’approccio recentemente sviluppato dal Center for Advancement of Informal Science Education (2008), sembra possibile individuare tre diversi orientamenti alla cooperazione: - nel modello contributivo, il coinvolgimento degli utenti è limitato a specifiche azioni o idee, all’interno di un processo di creazione e/o diffusione di conoscenza interamente controllato dall’istituzione; nel caso, ad esempio, di una mostra, il visitatore può essere chiamato non solo ad esprimere una valutazione complessiva su quanto ha osservato ma essere anche incoraggiato a fornire consigli e suggerimenti; - nel modello collaborativo, gli utenti sono invitati a svolgere un ruolo attivo anche nella messa a punto di un progetto culturale, che rimane comunque ideato e controllato dall’istituzione; sempre prendendo a riferimento il caso di una mostra, la platea di soggetti con cui il museo si relaziona può ad esempio essere chiamata a fornire un contributo nella realizzazione dei supporti informativi posti a corredo dei materiali esposti; - nel modello di co-creazione, l’apporto degli utenti si sviluppa invece sin dalla fase iniziale di progettazione dell’attività culturale, a partire dalla definizione degli obiettivi di conoscenza che si intendono perseguire. In questo caso, può realizzarsi un modello “ibrido”, che preveda un doppio livello di partecipazione, con un gruppo più ristretto di soggetti in grado di assicurare un più elevato livello di coinvolgimento, ed un gruppo più ampio, chiamato a fornire il proprio contributo attraverso forme di partecipazione meno intensa (Simone, 2009). Questo approccio può essere utilmente rivisitato alla luce della possibilità offerta dai siti di SN di attivare relazioni di tipo evoluto con le comunità di utenti con le 23
In ambito scientifico, risultano ad esempio piuttosto diffusi i c.d. progetti di citizen science, proprio basati sul contributo che gruppi più o meno estesi di volontari possono offrire per lo svolgimento di progetti di natura scientifica, svolgendo attività di osservazione, misurazione e calcolo.
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quali un’organizzazione culturale, quale un museo, entra in contatto. Così, nel primo caso, essi possono ad esempio essere sollecitati - come visto per il MoMa - a realizzare fotografie all’interno del museo, destinate ad incrementare il patrimonio di risorse digitali al quale l’istituto potrà attingere per le proprie attività di comunicazione, on-line ed off-line. Negli altri due casi, con il crescere del livello di coinvolgimento degli utenti, l’importanza dei siti di SN risulta potenzialmente ancora maggiore, in quanto essi forniscono degli spazi di discussione e degli strumenti di condivisione attraverso i quali può prodursi non solo l’interazione tra museo e visitatori ma anche tra tutti gli appartenenti alla medesima comunità. Peraltro, non vanno sottovalutate le positive ricadute che possono derivare dallo svolgimento di progetti di tipo partecipato in termini di fidelizzazione dell’utente con l’organizzazione culturale e, più in generale, in termini di rapporto che questi può sviluppare con il mondo dell’arte e della cultura, considerando - come in precedenza accennato - che uno degli elementi in grado di condizionare in misura anche significativa i comportamenti personali è proprio legato al desiderio di apprezzamento che gli individui esprimono nei confronti della comunità di appartenenza; e tale desiderio, per quanto detto, potrebbe risultare adeguatamente soddisfatto proprio attraverso l’utilizzo dei siti di SN. 7. Conclusioni Come si è avuto modo di osservare, una pluralità di fattori - sociali e tecnologici - ha contribuito a decretare il successo dei siti di SN. L’esito conclusivo di questo processo, destinato peraltro ad evolvere ulteriormente, ha sancito l’affermazione di una nuova centralità dell’utente della rete, che assurge così al ruolo di protagonista nel delicato rapporto tra domanda ed offerta. L’individuo non si confronta più “da solo” con i sistemi di offerta messi a punto dalle imprese produttrici di beni o erogatrici di servizi, ma ha la possibilità di accedere, attraverso la rete, a forme di intelligenza condivisa, in grado di supportarlo nello sviluppo del proprio processo decisionale (di acquisto ovvero di utilizzo del proprio tempo libero), che diventa quindi sempre più attento e consapevole. Ma la partecipazione a tali network relazionali consente anche all’individuo di esprimere al meglio la propria soggettività e, conseguentemente, di specificare in modo sempre più preciso il proprio sistema di bisogni, attraverso la ricerca di un’offerta personalizzata in grado di soddisfare pienamente le proprie aspettative. Gli operatori, dal lato dell’offerta, devono quindi - molto più che in passato interpretare il contesto esterno come un reticolo di attività sistemiche (Golinelli, 2000: 184) e, in particolare, dedicare sforzi sempre più consistenti all’ascolto della domanda24, in modo da poter intercettare i segnali deboli provenienti dal mercato 24
Un recente rapporto Nielsen (2008, p. 2) afferma, in proposito, quanto segue: «Consumers have come to expect that companies can and should listen to their ideas, requests and questions, and that companies will react to this input. (...) Consumers who feel they are not being heard will turn to other channels to share opinions and express frustration».
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(Day e Schoemaker, 2005) e calibrare delle risposte adeguate (Poynter, 2008). E ciò è vero ancor più per le organizzazioni culturali, le quali sono dunque chiamate a rispondere alle istanze di una domanda sempre più sofisticata e sempre meno disponibile a rifluire passivamente verso forme di offerta standardizzate. Si afferma, dunque, un nuovo paradigma della domanda, riequilibrando i rapporti di forza esistenti sul mercato che, grazie all’esistenza di quelle che sino a pochi anni fa erano ritenute delle incolmabili asimmetrie informative - legate all’opacità dei mercati, alla vischiosità nella circolazione delle informazioni ed alla limitata capacità computazionale dei singoli - avevano sempre visto il dominio assoluto ed incontrastato dell’offerta. Le implicazioni gestionali sottese a questo scenario in divenire, ma dai tratti strutturali inequivocabili, sono molteplici e vanno quindi attentamente valutate. Focalizzando, in particolare, l’attenzione sui riflessi strategici innescati dalle dinamiche in atto sulle organizzazioni culturali, l’attenzione va posta - per quanto sin qui detto - su alcune criticità emergenti. In primo luogo, va considerato come l’evoluzione più recente della domanda metta in evidenza l’importanza della formazione spontanea di comunità di utenti; essa è dunque sempre meno controllabile ed acquista un sempre maggiore “spessore”: utilizzando le note categorie di Hirschman (1970), potrebbe dirsi che rispetto alle scelte di voice e loyalty, la domanda ricorre sempre più spesso all’opzione della voice, perché la sua non è più una voce isolata, (anche) grazie alle community, ai siti di SN e ad ogni altra soluzione in rete che renda possibile l’interazione tra consumatori: il c.d. “C2C” (Gummesson, 2006: 14). Se infatti, fino a qualche anno fa, il produttore di un bene o di un servizio poteva utilizzare la rete per affermare perentoriamente, grazie alla propria autorevolezza (cioè alla forza del proprio brand), le caratteristiche di qualità e/o unicità di quanto offerto, attualmente ciò non appare più possibile, pena il rischio di una pericolosa e visibile smentita da parte degli utilizzatori. Essi, infatti, attraverso community e siti di SN sono portatori di esperienze dirette di fruizione e, collettivamente, rappresentano una “voce” alternativa ed egualmente (se non più) autorevole di quella del produttore, che risulta molto spesso in grado di orientare in modo significativo le decisioni di consumo di altri soggetti (Chun-Yao et al., 2007; Smith, Coyle, Lightfoot e Scott, 2007; Shu-Chuan e Sara 2008). Il settore culturale, come detto, non è immune da tali sollecitazioni ma sono ancora poco numerosi gli operatori che hanno deciso di cogliere le opportunità offerte da questa discontinuità, al fine di ripensare il modo di strutturare il proprio rapporto con la domanda e cercare di individuare nuove soluzioni in grado di garantire una sua piena valorizzazione. L’individuo a cui si rivolge un’organizzazione culturale, infatti, non si configura più solo come un utente-spettatore, ma diventa anche attore della relazione (Solima, 2008c); non si accontenta più unicamente del godimento estetico legato alla visita ad un museo o alla frequentazione di un teatro ma ricerca anche forme più profonde di coinvolgimento intellettuale, che tramutino la fruizione (passiva) in un’esperienza, possibilmente unica ed irripetibile (Pine e Gilmore, 2000), anche da condividere
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all’interno delle proprie reti sociali. L’utente, peraltro, non è più solo la persona fisica che si reca al museo o al teatro ma è anche il navigatore che, attraverso gli strumenti ed i siti di SN, interagisce con l’istituzione, definendo con essa un rapporto bi-direzionale e, con gli altri individui, un rapporto relazionale basato sull’interscambio informativo e sulla condivisione di conoscenze ed interessi comuni. La relazione con la domanda culturale deve dunque cambiare, perché è la domanda stessa che evolve, nei suoi tratti socio-demografici così come nelle sue inclinazioni relazionali. È una domanda fluida, perennemente in movimento, aperta al cambiamento e sensibile in particolar modo a quelle sollecitazioni che ritiene utili, coerenti con il proprio sistema di conoscenze e di valori ed adeguate al proprio modo di essere e di rappresentarsi. Specchiarsi negli altri per ricercare se stessi è un percorso che diviene sempre più semplice, anche grazie, come sin qui argomentato, all’affermazione dei siti di SN ed alle possibilità di aggregazione che essi attualmente offrono (e che, in una forma solo vagamente ipotizzabile al momento, potranno offrire in futuro). In secondo luogo va considerato che il minor potere di influenza sulla domanda e l’affermazione di un rapporto tendenzialmente simmetrico con l’offerta impone, anche in ambito culturale, la ricerca di nuovi modelli di relazione con il pubblico, basati sulla cooperazione ed il coinvolgimento dell’utente, tanto nella fase relativa ai processi di fruizione tanto - come visto - in quelli di definizione del sistema di offerta. Ciò vuol dire che l’offerta culturale non può essere più unicamente di tipo topdown, calata quindi dall’alto in modo aprioristico e talvolta finanche arrogante, ma deve essere in grado di aprirsi a percorsi di co-progettazione, ricercando ed interiorizzando in modo sistematico il contributo di conoscenza proveniente dal basso. Questo approccio va naturalmente sviluppato in modo progressivo, realizzando una graduale transizione dal modello contributivo a quello della co-creazione, da compiersi attraverso un’attività di continua sperimentazione di nuovi approcci relazionali ed il coinvolgimento di un numero crescente di comunità di utenti, sia con riferimento a quelle frutto di processi di aggregazione spontanea, che rispetto a specifici gruppi di individui con i quali l’organizzazione culturale intende entrare in contatto. Anche sotto questo profilo, il contributo offerto dai siti di SN può rivelarsi estremamente prezioso. Infine, va sviluppata un’adeguata capacità di appropriazione dei benefici offerti dallo sviluppo scientifico, in particolare con riferimento alle più recenti evoluzioni che hanno interessato le tecnologie di comunicazione. Lo stesso “Web 2.0”, sui cui si è soffermata l’attenzione in questo lavoro, a solo un lustro dalla sua identificazione si sta già trasformando in “Web2”, grazie all’introduzione di una pluralità di applicazioni in grado di incidere profondamente sul collegamento tra il mondo reale e quello digitale. Ancora troppo spesso, però, l’endemica scarsità di risorse, che oggettivamente limita il raggio di azione delle organizzazioni culturali, viene addotta quale
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plausibile giustificazione per spiegare l’impossibilità di implementare soluzioni innovative nelle relazioni con la platea di utenti, sia essa reale ovvero on-line. Ma i costi legati all’uso della tecnologia, peraltro decrescenti, in una prospettiva strategica possono rivelarsi molto inferiori a quelli derivanti da un suo ridotto o nullo utilizzo. Occorre quindi seriamente interrogarsi anche sulla gerarchia adottata nelle scelte di allocazione delle ancorché contenute risorse disponibili. È peraltro evidente che ciascuna delle criticità strategiche individuate imponga corrispondenti approfondimenti sotto il profilo gestionale - sui quali potranno utilmente essere sviluppate, dalla comunità accademica, adeguate riflessioni in futuro - connessi all’individuazione ed alla valutazione delle diverse modalità attraverso cui tali nuovi obiettivi possono essere conseguiti. Di tutto ciò, le organizzazioni culturali - siano esse musei, parchi archeologici, teatri, archivi o biblioteche - devono essere consapevoli. Il rischio, altrimenti, è quello di una loro progressiva marginalizzazione, non solo nelle scelte individuali di utilizzo del tempo libero, che può facilmente incanalarsi verso forme alternative ritenute maggiormente gratificanti, finanche dal punto di vista intellettuale, ma anche nella percezione comune della loro utilità sociale. In assenza di essa, in definitiva, verrebbe meno la loro stessa legittimazione collettiva e rischierebbe di essere al contempo erosa l’autorevolezza che gli viene ancora oggi riconosciuta quali primari intermediari del sapere e generatori di nuove conoscenze, compromettendo in modo forse irreparabile quel fondamentale ruolo di costruttori del capitale culturale della collettività di cui, invece, si continua ad avvertire prepotentemente il bisogno. Bibliografia BARNEY J.B., “Firm resources and sustained competitive advantage”, Journal of Management, vol. 17, n. 1, 1991. BELTRAME G., “Facebook cresce ancora: 300 milioni di utenti”, ilsole24ore.com, 16/09/2009. BORUN M., “Front-end evaluation: what do visitors know and how do they feel about your exhibition or program topic”, in Borun M., Korn R., (a cura di), Introduction to museum evaluation, American Association of Museums, Washington, 1999. BOYD D.M., ELEISON N.B., “Social Network Sites: Definition, History, and Scholarship”, Journal of Computer-Mediated Communication, vol. 13, n. 1, 2007. BROWN J., BRODERICK A.J., LEE N., “Word of Mouth Communication within Online Communities: Conceptualizing the Online Social Network”, Journal of Interactive Marketing, vol. 21, n. 2, 2007. CASALI D., GIACOMA G., “Elementi teorici per la progettazione dei social network”, usermatter.com, 28/05/2008. CENTER FOR ADVANCEMENT OF INFORMAL SCIENCE EDUCATION, “Beyond the Silos of the LAMs. Collaboration Among Libraries, Archives and Museums”, 2008, oclc.org/programs/publications/reports/2008-05.pdf. CHUN-YAO H., YONG-ZHENG S., HONG-XIANG L., SHIN-SHIN C., “Bloggers’ Motivations and Behaviors: A Model”, Journal of Advertising Research, dicembre 2007.
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