L'analisi del pensiero di Merleau-Ponty è stata limitata alla Fenomenologia della
percezione, date le numerose e differenti riflessioni attuate in merito ai suddetti ...
INTRODUZIONE
Il presente elaborato, dal titolo Tempo, parola, stile. Merleau-Ponty lettore di Proust, vuole essere un percorso in grado di toccare le tematiche che avvicinano il pensiero fenomenologico di Merleau-Ponty alla Recherche di Proust. Tempo, parola e stile vengono presentate, quindi, come tappe successive di un cammino che porta alla scoperta della funzione, non solo espressiva, ma esistenziale, dell’arte. Si vuole sottolineare la continuità che caratterizza il passaggio tra i tre concetti citati e, quindi, la loro relazione essenziale. In che modo sono legate tra loro le nozioni di tempo, parola e stile? Occupa una posizione centrale nella trattazione della temporalità il ruolo del corpo. Merleau-Ponty in numerosi scritti riguardanti il concetto di temporalità fa riferimento a Proust, sembra rispecchiarsi in esso, scoprendo nella sua opera un tempo fenomenologico, espresso con mezzi differenti da quelli tradizionalmente usati dalla filosofia. Un tempo non lineare, ma piuttosto incarnato, sia nel corpo che nella parola. Il tempo narrato da Proust è un tempo vissuto dal corpo, il quale è chiamato a testimoniare riguardo al rapporto che intrattiene col mondo e con gli altri, nello spazio e nel tempo (come confermano gli episodi del risveglio nel letto, della madeleine e del selciato mal squadrato di palazzo Guermantes). Il corpo è il soggetto di ogni percezione e le sensazioni sensibili rivestono in Proust un ruolo decisivo. Il concetto di corpo è stato ampiamente trattato da MerleauPonty e l’importanza che esso riveste caratterizza la sua visione fenomenologica del rapporto io-mondo. Attraverso la nozione di corpo il filosofo francese sconvolge la concezione cartesiana di coscienza. Essa non è più definibile come pensiero puro,
1
poiché non sussisterebbe alcun pensiero senza un corpo che, non solo lo contiene, ma ne è la condizione d’esistenza. Per tale motivo il pensiero di Merleau-Ponty nella sua relazione con l’opera di Proust è stato trattato a partire dai due concetti fondamentali di temporalità e di corpo. L’analisi del pensiero di Merleau-Ponty è stata limitata alla Fenomenologia della percezione, date le numerose e differenti riflessioni attuate in merito ai suddetti concetti. All’interno del capitolo dedicato alla Temporalità vengono riprese alcune nozioni husserliane quali il tempo come rete d’intenzionalità e la sintesi passiva come caratteristica dell’intenzionalità fungente, distinta dall’intenzionalità d’atto. Tali concezioni vengono adottate da Merleau-Ponty per mostrare la dinamica delle dimensioni temporali nel loro reciproco implicarsi, contro l’idea di un tempo oggettivo. In seguito ad un’analisi del concetto di tempo in Fenomenologia della percezione, in linea con la Fenomenologia della coscienza interna del tempo di Husserl, è stato anzitutto sviluppato il nesso tra il filosofo francese e Proust sull’idea di tempo incarnato e, successivamente, il legame tra tempo e verità nella lettura che fa Deleuze della Recherche. Merleau-Ponty rilegge la sintesi passiva di Husserl sottolineando il ruolo che ricopre il corpo in tale procedimento e ne mette in risalto il parallelo che intercorre con il ricordo involontario proustiano. Questa operazione di rimemorazione1 [AnDenken] è contraddistinta da una certa corporeità: in essa più che nel ricordo volontario sembrerebbe essere il corpo stesso colui che ricorda. Gli episodi della madeleine o del lastricato della corte del palazzo dei Guermantes nella Recherche sono episodi di memoria involontaria, di cui Proust sottolinea le sensazioni sensibili (corporee) connesse. Per il legame che intrattengono con il corpo tali episodi paiono rivelare qualcosa di essenziale nei riguardi del soggetto e del tempo. Attraverso di essi si riesce a 1
E. Husserl, Zur Phnomenologie des Inneren Zeitbewusstseins: 1893-1917, M. Nijhoff, Den Haag 1966, tr. it. di A. Marini, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, FrancoAngeli, Milano 1998.
2
intuire la complessità che caratterizza le dimensioni temporali, la relazione continua che intrattiene il presente con il passato ed il futuro. Tale verità riguardo al “senso del mondo o della storia (del tempo) allo stato nascente”2, ovvero riguardo al rapporto temporale originario che intrattiene il soggetto col mondo, si rivela gradualmente – scrive Deleuze – attraverso un percorso d’interpretazione di segni3. La verità è in stretto rapporto col tempo per il fatto che viene scoperta nel tempo e che è essenzialmente verità sul tempo, in quanto esso è una dimensione del nostro essere e non qualcosa che ci prescinde. In “Il corpo come espressione e la parola”4 il filosofo francese sottolinea la continuità espressiva tra corpo e parola, sostenendo, contro gli empiristi e gli intellettualisti, che il pensiero sia incarnato nella parola. Dal problema del tempo si passa al problema della parola, in quanto il tempo descritto da Merleau-Ponty sembra incarnarsi perfettamente nel racconto proustiano. Il tempo raccontato è il tempo ripreso dalla parola. Su questo meccanismo di ripresa del vissuto da parte della parola è centrata la prima parte del secondo capitolo. La vita vissuta inizia a presentarsi come materia dell’opera d’arte, unica capace di modellarla con lo stile e donarle senso. L’arte della parola ha degli aspetti peculiari che paiono conferirle, ad una prima lettura, una certa superiorità. Infatti, scrive Merleau-Ponty, “meglio che nella musica o nella pittura, nella parola il pensiero sembra potersi staccare dai suoi strumenti materiali e valere eternamente”5. Sia Merleau-Ponty che Proust si soffermano sul ruolo dell’arte in generale e, pur citando diversi mezzi espressivi quali la musica, la pittura e la scrittura, propendono per una concezione secondo la quale nessun mezzo espressivo è superiore 2
M. Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception, Librairie Gallimard, Paris 1945, tr. it. di A. Bonomi, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2003, p. 31, parentesi mia. 3 G. Deleuze, Marcel Proust et les signes, Presses Universitaires de France, 1964, tr. it. di C. Lusignoli e D. De Agostini, Marcel Proust e i segni, Einaudi, Torino 1967, p. 6. 4 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 244. 5 M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 502. Traduzione modificata, cfr. M. Carbone, Ai confini dell’esprimibile, Merleau-Ponty tra Cezanne e Proust, cit. p. 66.
3
ad un altro: “l’espressione è ovunque creatrice e l’espresso è sempre inseparabile da essa”6. La seconda parte del capitolo è dedicata al linguaggio proustiano, caratterizzato dall’uso della metafora, figura retorica (che sembra ben rappresentare il parallelo letterario del ricordo involontario) secondo la quale due elementi differenti vengono associati per una certa somiglianza. Tale meccanismo d’associazione di oggetti diversi è rintracciabile anche nel riconoscimento, come sostiene Ricoeur7, e di cui la Recerche porta numerosi episodi, poiché “riconoscere qualcuno significa pensare sotto un’unica denominazione due cose contraddittorie” (TR, p. 630). Per questa ragione la metafora, nel suo meccanismo estetico-temporale, sembra caratterizzare lo stile di Proust. Dalla trattazione del problema del tempo si è giunti al problema della parola e, di conseguenza, dello stile. Per Merleau-Ponty esso è la particolare maniera d’essere che ha ciascuno: di parlare, di muoversi e di interagire col mondo. Nell’artista lo stile ha una funzione centrale: nasce individuale e nello stesso tempo ha una funzione universale, nella misura in cui solo attraverso di esso è possibile la comunicazione tra individui. Gli individui, scrive Proust, sono differenti mondi, che resterebbero chiusi in sé stessi, come monadi leibniziane, se non vi fosse l’arte, unica in grado di aprire tale comunicazione: “non esiste intersoggettività se non artistica”8. Il ruolo dell’arte è essenziale, poiché solo attraverso l’arte si coglie l’essenza, l’idea, la verità riguardo la relazione che il soggetto intrattiene col mondo, la loro dipendenza. L’arte di Proust, la letteratura, è un’arte che prende come materia la vita stessa, ovvero la soggettività e la sua relazione continua col mondo, da cui essa stessa dipende, e per questo riveste un ruolo esistenziale. Solo attraverso l’arte è possibile ritrovare il tempo perduto, la vita passata, nel senso che esso viene ripreso dall’arte e modellato con lo stile, per renderlo universale. L’opera di Proust termina, infatti, con la presa di coscienza definitiva del Narratore 6
M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 502. Tale argomento è trattato nell’ultima parte del capitolo dedicato allo stile. 8 G. Deleuze, Marcel Proust e i segni, cit., p. 41. 7
4
della propria vocazione artistica. Tutto il passato (il tempo vissuto) gli sembra finalmente avere senso, in quanto materia del suo libro e materia dell’arte in generale:
La grandezza dell’arte vera […], era di ritrovare, di riafferrare, di farci conoscere quella realtà lontani dalla quale viviamo, rispetto alla quale deviamo sempre più a mano a mano che prende spessore e impermeabilità la conoscenza convenzionale con cui la sostituiamo – quella realtà che rischieremmo di morire senza aver conosciuta e che è, molto semplicemente, la nostra vita (TR, p. 577).
5