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4) Il contesto: il Novecento (p. 4). Jack London, Il Silenzio Bianco. 5. Dorothy M. Johnson, Un uomo chiamato Cavallo. 17. Isabel Allende, La città delle bestie. 33.
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Indice

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L’avventura

L’avventura, ovvero la vita (p. 2) Le prove per crescere (p. 2) Affrontare l’ignoto (p. 3) La narrativa avventurosa moderna (p. 3) Il contesto: l’Ottocento (p. 4) Il contesto: il Novecento (p. 4) Jack London, Il Silenzio Bianco

LETTURA LIBERA INVITO ALLA

LETTURA

Dorothy M. Johnson, Un uomo chiamato Cavallo Isabel Allende, La città delle bestie Wilbur Smith, Come il mare RICORDATI

2

Sintesi degli strumenti attivati nell’unità 1

Il giallo e il noir

INVITO ALLA

LETTURA

Giorgio Scerbanenco, Stazione centrale ammazzare subito Chester Himes, Rabbia ad Harlem Patricia Highsmith, L’amico americano RICORDATI

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5 17 33 35 37

38

L’inventore del genere: Edgar Allan Poe (p. 38) Il giallo diventa di massa: Conan Doyle (p. 38) Sherlock Holmes e Londra (p. 39) Gli anni Trenta: il superamento del giallo a enigma (p. 40) Il modello Maigret (p. 40) Il recupero colto del genere (p. 41) Gilbert K. Chesterton, Il martello di Dio Dashiell Hammett, Notturno

LETTURA LIBERA

2

Sintesi degli strumenti attivati nell’unità 2

La fantascienza

42 61 67 83 85 87

88

Fantasia e scienza (p. 88) La fase avventurosa (p. 88) La fantascienza psicologica… (p. 89) … e quella sociologica (p. 89) Dagli anni Sessanta a oggi (p. 90)

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Pagina V

Indice

Arthur C. Clarke, I nove miliardi di nomi di Dio Frederic Brown, Un uomo esemplare

91 100

LETTURA LIBERA

Primo Levi, La grande mutazione

110

LETTURA

Ray Bradbury, Fahrenheit 451 Stefano Benni, Terra!

115 117

INVITO ALLA

RICORDATI

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LETTURA LIBERA INVITO ALLA

LETTURA

L’horror

120

Edgar Allan Poe, La caduta della casa Usher Howard Phillips Lovecraft, La deposizione

124

di Randolph Carter

147

Stephen King, Tigri! Patrick Süskind, Il profumo Stephen King, Misery Sintesi degli strumenti attivati nell’unità 4

L’umorismo

INVITO ALLA

LETTURA

156 161 163 165

166

Umorismo e letteratura umoristica (p. 166) L’umorismo situazionale (p. 166) L’umorismo linguistico (p. 167) La satira (p. 167) Umorismo e comicità: Bergson e Pirandello (p. 168) Freud e i surrealisti (p. 168) Bachtin e la carnevalizzazione (p. 169) Stefano Benni, La cotta del ragionier Nizzi Leonardo Sciascia, Giufà

LETTURA LIBERA

119

Il romanzo gotico (p. 120) Dal gotico all’horror (p. 121) Il tema del mostro che soffre (p. 121) Poe e l’horror psicologico (p. 122) La contaminazione dell’horror nel Novecento (p. 123)

RICORDATI

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Sintesi degli strumenti attivati nell’unità 3

Woody Allen, La minaccia degli UFO Gerald Durrell, La mia famiglia e altri animali Daniel Pennac, Il paradiso degli orchi RICORDATI

Sintesi degli strumenti attivati nell’unità 5

170 175 183 190 192 195

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Unità 5 L’umorismo Unità

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L’avventura

L’avventura, ovvero la vita Fin dall’antichità l’avventura ha costituito il motivo conduttore di molte opere letterarie, in cui hanno trovato spazio la curiosità, la ricerca, la sfida, e ancor oggi sembra non conoscere “crisi di consenso” né tra gli scrittori né tra i lettori. Alle origini della nostra tradizione letteraria, per esempio, si trova un grande libro di avventure come l’Odissea di Omero; e tra i libri recenti che hanno avuto un successo mondiale ci sono storie ricche di elementi avventurosi, come quelle di Wilbur Smith o di Joanne K. Rowling. Il fascino della narrativa d’avventura si spiega facilmente: l’avventura (alla lettera: ciò che avverrà, i casi che capiteranno) è infatti una chiara metafora della vita stessa, le lotte e le prove di fronte a cui si trovano gli eroi protagonisti simboleggiano i conflitti e le difficoltà che tutti dobbiamo affrontare nel corso della nostra esistenza.

Le prove per crescere Lancillotto in un fotogramma tratto dal film King Arthur, 2004.

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Questa dimensione simbolica è stata esplicitamente teorizzata, nel Medioevo, da alcuni autori di romanzi cavallereschi: i loro cavalieri erranti - come Ivano, Perceval, Lancillotto - partivano in cerca di avventure, cioè di prove, di difficoltà da superare, lasciando la vita comoda e sicura della corte o del castello. La parola “avventura” ha acquistato in quel periodo (tra il 1100 e il 1400 circa) il suo significato più pregnante: attraverso le loro avventure, infatti, i cavalieri potevano provare le loro virtù cavalleresche (la forza, ma anche la cortesia ecc.) e soprattutto imparavano a migliorarsi spiritualmente. I protagonisti dell’avventura, nelle opere medievali (ma molto spesso ancora in quelle di oggi), sono infatti giovani che attraverso l’avventura stessa cercano di definire la propria identità, si mettono in gioco e compiono le scelte fondamentali che li definiscono.

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Unità 1 L’avventura

Affrontare l’ignoto

La narrativa avventurosa moderna Quanto abbiamo detto finora, però, può valere genericamente per ciò che noi intendiamo per avventura in senso lato, più che per il genere letterario legato all’avventura in senso stretto. Ecco dunque nello specifico le caratteristiche del racconto e del romanzo d’avventura moderni. Una prima caratteristica è l’ambientazione realistica delle vicende: i moderni scrittori d’avventura abbandonano le ambientazioni fantastiche e le imprese mirabolanti degli eroi antichi (Ulisse) e dei cavalieri medievali (Sigfrido). L’avventura moderna esclude per esempio la presenza di animali fantastici e di elementi magici, soprannaturali e simili, ma esclude anche l’ambientazione nel futuro, nel qual caso è meglio parlare di fantascienza avventurosa. Una seconda caratteristica è la presenza di un ritmo narrativo molto vivace, ricco di avvenimenti, di suspense, di colpi di scena; l’analisi psicologica non è assente, ma ha un ruolo nettamente secondario rispetto all’azione. Ciò non vuol dire che i temi profondi siano assenti, ma che il lettore deve andare a cercarli con un po’ di attenzione, senza fermarsi al livello di analisi più superficiale.

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L’avventura consiste quasi sempre nel confronto con qualcosa di ignoto, di misterioso - e perciò stesso di minaccioso. La lotta con i mostri (Ulisse contro Polifemo nell’Odissea, Frodo contro gli orchetti nel Signore degli Anelli) è infatti uno degli elementi ricorrenti nella narrativa d’avventura. Naturalmente l’ignoto può assumere forme diverse;molti libri d’avventura sono ambientati in paesi esotici: l’Africa nera, l’India misteriosa, i lontanissimi Mari del Sud; ma anche i bassifondi di Londra o di Parigi, nell’Ottocento, quelli di Los Angeles o di Rio de Janeiro oggi, possono costituire uno sfondo inquietante e pericoloso. L’elemento esotico può essere legato alla distanza temporale, anziché allo spazio: e il romanziere potrà allora trasferire le avventure dei suoi personaggi in un passato lontano (per esempio il Medioevo dell’Inquisizione e dei roghi di eretici, o il Seicento dei moschettieri e delle guerre di religione) o in un futuro più o meno lontano (come in alcuni romanzi di fantascienza). E non dobbiamo dimenticare che spesso il mistero più grande può essere nascosto nella nostra mente: anche la vita quotidiana ci mette alla prova, soprattutto se suscita in noi emozioni profonde, che ci pongono sfide importanti, ci spingono a cambiare, a riflettere.

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Unità 1 L’avventura

Infine l’avventura si caratterizza per il modo in cui viene trattato il contesto storico: molti racconti e romanzi d’avventura sono infatti collocati su uno scenario storico preciso, moderno o antico; ma questo scenario (il Medioevo di Follett, il Seicento di Dumas, la Malesia di Salgari) è un semplice sfondo, che l’autore non approfondisce, come invece accade per esempio nel romanzo storico.

Il contesto: l’Ottocento La narrativa d’avventura moderna nasce intorno alla metà dell’Ottocento, nello stesso periodo in cui i paesi europei si accingono a completare la conquista del mondo, esplorando gli ultimi angoli di terra ancora sconosciuti (il cuore dell’Africa, i poli ecc.). Lo spirito coloniale è spesso presente nei romanzi d’avventura dell’epoca, e l’eroe incarna i valori tipici della civiltà a cui lo scrittore appartiene - lo spirito di intraprendenza, la visione laica e scientifica della realtà, l’individualismo, la pace, la libertà... Sono i valori che troviamo nelle opere del francese Jules Verne, autore di romanzi come Il giro del mondo in ottanta giorni o Ventimila leghe sotto i mari, o in quelli dell’anglo-indiano Rudyard Kipling, l’autore dei Libri della giungla e di Capitani coraggiosi. Altri autori offrono però una visione più complessa, o almeno più sfaccettata: per esempio, nell’Isola del tesoro dello scozzese Robert Louis Stevenson benché il bene e il male siano nettamente divisi, come in tutti i libri d’avventura, il personaggio di Long John Silver, furbo marinaio con una gamba di legno, è nello stesso tempo “cattivo” (è uno spietato assassino) e affascinante. Così nei romanzi di Salgari che hanno come protagonista Sandokan, per la prima volta l’eroe “buono” è un nativo, un principe orientale, e i “cattivi” sono i colonizzatori bianchi europei.

Il contesto: il Novecento L’avventura contemporanea vive ovviamente in una dimensione diversa: le esplorazioni geografiche sono terminate, il mondo è diventato apparentemente più piccolo (in poche ore si può raggiungere qualsiasi località) e meno misterioso; l’epoca del colonialismo è alle spalle, insieme all’ingenua convinzione che l’Europa sia culturalmente superiore a tutte le altre civiltà. La narrativa d’avventura è quindi cambiata: si è fatta più attenta ai problemi ambientali, ai rapporti tra i popoli, alle culture in via di estinzione, proponendo fra le righe, una riflessione che rispecchia la consapevolezza della nostra epoca e i problemi che siamo chiamati ad affrontare.

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Unità 1 L’avventura

Jack London

Il Silenzio Bianco Jack London (1876-1916) è uno scrittore statunitense ricordato soprattutto per due libri, Il richiamo della foresta e Zanna Bianca,oggi considerati lettura per bambini o per ragazzi. In realtà, si tratta di uno scrittore che affronta nelle sue opere uno dei grandi temi della sua epoca – il conflitto sociale. London rappresenta la lotta delle classi lavoratrici per conquistare libertà e dignità all’interno di un contesto più ampio, che per lui è costituito dalle leggi della natura. Questo scrittore ha una visione della natura (e conseguentemente della società) basata sulla lotta: tutti i suoi personaggi lot-

tano per affermarsi e vincono solo se sono abbastanza forti e spietati per farlo, mentre soccombono nel caso contrario. Il racconto che ti proponiamo, del 1899, è legato all’esperienza personale dell’autore, che in gioventù era andato in Alaska come cercatore d’oro. Protagonisti della vicenda sono infatti due cacciatori, Malemute Kid (eroe di molti racconti di London) e il suo amico Mason, con la moglie indiana Ruth, che tornano alla civiltà con tre slitte cariche di pelli,trainate da cani.Il loro viaggio è reso drammatico dalla neve, dalla scarsità di cibo e da un incidente improvviso, ma non imprevedibile, dato il contesto.

«Carmen non dura più di un paio di giorni.» Mason sputò un pezzo di ghiaccio guardando con tristezza la povera bestia, poi mise la zampa in bocca e riprese a mordicchiare il ghiaccio incastrato crudelmente tra le dita. «Non ho mai visto un cane con un nome altisonante che valesse un fico secco», disse terminando l’operazione e spingendo la bestia da un lato. «Si sfanno e muoiono sotto il peso della responsabilità. Ti è mai capitato di avere grane da uno con un nome decente come Cassiar, Siwash o Husky? Nossignore! Guarda Shookum, qua, è...» Oplà! Lo sparuto animale fece un balzo, e i suoi denti bianchi mancarono per un pelo la gola di Mason. «Ah sì, eh?» Un violento colpo assestato in mezzo alle orecchie con l’estremità della frusta mandò l’animale disteso sulla neve, tutto tremolante, una bava gialla alla bocca.

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Unità 1 L’avventura

1. Epworth: città del-

lo Iowa. 2. Tennessee: uno

degli Stati Uniti,caratterizzato da un’agricoltura molto fiorente. 3. Acqua Salata: il mare, naturalmente. 4. sonni: giorni.

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«Dicevo, guarda Shookum, qua, lui sì che è duro. Scommetto che si mangia Carmen nel giro di una settimana.» «Io invece scommetto un’altra cosa», replicò Malemute Kid rivoltando il pane ghiacciato, posato davanti al fuoco a scongelarsi. «Ci mangeremo Shookum prima della fine del viaggio. Che ne dici Ruth?» La giovane indiana sistemò la caffettiera sopra un pezzo di ghiaccio, volse lo sguardo da Malemute Kid a suo marito, poi ai cani, ma preferì non rispondere. Era talmente ovvio, che una risposta non era necessaria: trecento chilometri di terreno vergine davanti, con sei giorni scarsi di provviste per loro e niente per i cani, non lasciavano alternative. I due uomini e la donna si strinsero intorno al fuoco e dettero inizio al magro pasto. I cani erano rimasti attaccati alla slitta, poiché si trattava di una sosta nel corso della giornata, e guardavano con invidia ogni boccone. «Non avremo più pranzi dopo quello di oggi», disse Malemute Kid. «E dobbiamo sorvegliare bene i cani, stanno diventando cattivi. Non ci mettono molto, se gli capita l’occasione, a fare fuori uno di noi.» «E dire che sono stato presidente a Epworth1 e ho insegnato a una scuola domenicale.» Pronunciata questa frase del tutto irrilevante, Mason cadde in sognante contemplazione dei suoi mocassini fumanti, ma fu risvegliato da Ruth che gli stava riempiendo la tazza. «Grazie a Dio abbiamo tonnellate di tè! L’ho visto crescere, giù in Tennessee2! Che cosa non darei per avere adesso una bella torta calda di granturco! Non ti preoccupare, Ruth: non digiunerai ancora per molto, né porterai a lungo i mocassini.» A queste parole il volto della donna si rischiarò e gli occhi le brillarono di amore per il suo signore bianco, il primo uomo bianco che avesse conosciuto e il primo uomo che avesse visto trattare una donna come qualcosa di meglio di un semplice animale o di una bestia da soma. «Sì, Ruth», proseguì il marito, ricorrendo allo speciale linguaggio approssimativo che usava con lei; «aspetta che arriviamo al Fuori. Prenderemo la canoa dell’Uomo Bianco e andremo all’Acqua Salata3. Sì, l’acqua cattiva, acqua agitata, grandi montagne ballano su e giù tutto il tempo. E tanto grandi, lontane lontane: si viaggia dieci sonni4, venti sonni, quaranta sonni», enumerò i giorni sulle dita, «tutto il tempo acqua, acqua cattiva.

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Unità 1 L’avventura

5. grande villaggio:

città. 6. Wigwams: capan-

ne degli indiani della regione dei Grandi Laghi (N.d.T.). 7. Hiyu-Shookum:

esclamazione nella lingua degli indiani Chinook che si potrebbe tradurre: «Ah, fantastico!» (N.d.T.). 8. condiscendenza:

gentilezza nei confronti di una persona di rango inferiore. 9. una scatola: l’ascensore. 10. grandi stregoni:

scienziati. 11. Fort Yukon, Arctic City: località del-

l’Alaska. 12. grande filo: cavo

del telefono.

Poi si arriva al grande villaggio5, tanta gente quante le zanzare dell’estate prossima. Wigwams6 alte, oh! dieci, venti pini, HiyuShookum7». Gli mancarono le parole, lanciò un’occhiata implorante a Malemute Kid, poi, faticosamente, col linguaggio dei segni pose uno sull’altro i venti pini. Malemute Kid sorrise con gaio cinismo; ma gli occhi di Ruth erano spalancati di meraviglia e di piacere; credeva quasi che stesse scherzando, e una tale condiscendenza8 rallegrava il cuore della povera donna. «E poi si entra in una... in una scatola9, e op! si sale»; lanciò in aria una tazza vuota per illustrare il concetto e, riafferrandola con destrezza, continuò: «E poi, paf, giù di nuovo. Oh, i grandi stregoni10! Tu vai a Fort Yukon, io vado ad Arctic City11 – venticinque sonni – grande filo12, tutto il tempo – io prendo il filo – dico “pronto, Ruth, come stai?” e tu dici, “sei tu il mio buon marito?” e io dico “sì”, e tu dici, “non posso fare buon pane, non c’è più lievito” e allora io dico “guarda nella dispensa, sotto il pavimento; ciao”.Tu guardi e trovi un mucchio di lievito. Tutto il tempo tu Fort Yukon, io Arctic City. Oh, i grandi stregoni!». Ruth sorrise così ingenuamente alla storia fiabesca che i due uomini scoppiarono a ridere. Una lite fra i cani pose fine alle meraviglie del Fuori, e quando i combattenti ringhiosi furono separati lei aveva già legato le slitte e tutto era pronto per il viaggio. «Forza! Baldy! Dài! Avanti, Mush!» Mason lavorava abilmente di frusta e, mentre i cani mugolavano a testa bassa nei finimenti, mise in moto con una spinta la slitta di testa. Ruth seguiva con la seconda muta lasciando alla retroguardia Malemute Kid che l’aveva aiutata a partire. Era un omone robusto, capace di far stramazzare un bue con un sol colpo, ma non aveva il coraggio di frustare i poveri cani ed era indulgente con essi come raramente è un guidatore di slitte; quasi piangeva assieme a loro la loro misera situazione. «Andiamo, forza, mie povere bestie dalle zampe dolenti!», mormorò, dopo moltissimi tentativi di avviare il carico. Ma la sua pazienza fu alla fine ricompensata, e, pur guaendo di dolore, i cani si affrettarono verso i loro compagni. Non più conversazione; la durezza della pista non permetteva un tale diversivo. E di tutte le fatiche più estenuanti, quella del-

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Unità 1 L’avventura

13. rullio dell’artiglieria: rombo dei

tuoni (paragonati a colpi di artiglieria). 14. Inusitati: stranissimi, imprevedibili. 15. l’anelito: il desiderio, l’aspirazione.

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le piste nelle Terre del Nord è la peggiore. Beato colui che può superare una giornata di viaggio, sia pure su una pista già battuta, al solo prezzo del silenzio. E tra le fatiche che spezzano le forze di un uomo, quella di aprirsi una pista è la peggiore. A ogni passo la grande racchetta sprofonda finché la neve è al livello delle ginocchia. La racchetta va poi tirata su, ancora più su, dritta; la deviazione di un paio di centimetri può causare un disastro; la racchetta va tirata su fino a sfiorare la superficie, poi portata in avanti e affondata di nuovo, dopodiché l’altro piede può avanzare di mezzo metro. Chi prova questo esercizio per la prima volta, seppure riesce a non accavallare le racchette e a non cadere disteso sulla pista, rinuncerà esausto dopo cento metri. Uno che riesce a non intralciare l’avanzata dei cani per una giornata intera ha ben diritto di infilarsi nel suo sacco a pelo con la coscienza a posto e un orgoglio difficilmente immaginabile; e chi viaggia per venti sonni sulla Lunga Pista è un uomo che gli dèi possono invidiare. Il pomeriggio passava e sotto l’incubo del Silenzio Bianco i taciti viaggiatori si piegavano alla loro fatica. La Natura ha molti espedienti per convincere l’uomo dei suoi limiti – l’incessante scorrere delle correnti, la furia dei temporali, il sussulto del terremoto, il lungo rullio dell’artiglieria13 del cielo – ma il più tremendo, il più sconvolgente è la passività del Silenzio Bianco. Ogni movimento cessa: il cielo è limpido, l’aria tersa, il più lieve bisbiglio sembra sacrilegio, e l’uomo diventa timido, terrorizzato al suono della propria voce. Unica particella di vita in movimento attraverso le spettrali distese di un mondo morto, egli trema di fronte alla sua audacia, capisce di essere un verme, e nulla più. Inusitati14 pensieri si affacciano alla mente non chiamati, e il mistero di tutto il creato lotta per esprimersi. La paura della morte, di Dio, dell’universo lo assale – la speranza della Resurrezione e della Vita, l’anelito15 dell’immortalità, il vano sforzo dell’essere imprigionata – è allora, se mai, che l’uomo cammina solo con Dio.

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Unità 1 L’avventura

16. ansa: curva del

fiume.

Così trascorse il giorno. Il fiume si piegava in una larga ansa16, e Mason diresse la sua muta verso la scorciatoia attraverso la stretta lingua di terra. Ma i cani si arrestarono di fronte al ripido argine. A più riprese scivolarono indietro, nonostante che Ruth e Malemute Kid spingessero la slitta. Poi si concentrarono in un ultimo sforzo. Le povere bestie, deboli per la fame, ce la misero tutta. Più in alto – più in alto – la slitta era già in bilico sul bordo della sponda, ma il cane di testa tirò sulla destra la fila di cani che lo seguivano, inciampando nella racchetta di Mason. Il risultato fu disastroso. Mason finì per terra; uno dei cani cadde impigliato nei finimenti; e la slitta rotolò indietro trascinandosi tutto appresso. Splash! La frusta si abbatté selvaggiamente sui cani, e con maggior forza su quello che era caduto. «Lascia perdere, Mason», implorò Malemute Kid; «la povera bestia non sta in piedi. Aspetta che attacchiamo la mia muta». Mason trattenne ostentatamente la frusta fintanto che l’amico ebbe pronunciato l’ultima parola, e poi la sferza sibilò un’altra volta, arrotolandosi completamente intorno al corpo del colpevole. Carmen – perché di Carmen si trattava – si accucciò terrorizzata e tremante sulla neve, guaì pietosamente, poi rotolò su un fianco. Fu un momento tragico, un penoso incidente della traversata: un cane morente, due compagni infuriati l’uno contro l’altro. Ruth guardò preoccupata dall’uno all’altro. Ma Malemute Kid si trattenne, e, gli occhi carichi di rimprovero, piegandosi sul cane, tagliò i finimenti. Non fu pronunciata parola. Le mute vennero accoppiate e la difficoltà superata; le slitte ripresero ad andare, mentre il cane morente si trascinava dietro a fatica. Finché un animale è in grado di camminare, non gli si dà il colpo di grazia, e gli si concede quest’ultima possibilità: trascinarsi fino all’accampamento, se ci riesce, nella speranza che intanto venga ucciso un alce. Già pentito del suo gesto d’ira, ma troppo orgoglioso per scusarsi, Mason faticava alla testa della processione, lungi dall’immaginare il pericolo che incombeva su di lui. Gli alberi erano fitti nel riparato fondovalle, attraverso il quale stavano aprendosi una strada. A una quindicina di metri dalla pista si ergeva un pino maestoso. Stava lì da secoli, e da secoli il destino lo teneva pronto per quest’ora; lo stesso destino che aveva decretato la fine di Mason.

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Unità 1 L’avventura

17. avvisaglia: il pri-

mo avviso. 18. repentina: im-

provvisa. 19. dal vero: non sui libri, a livello teorico, ma nella realtà, sperimentando i fenomeni sulla propria pelle.

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Egli si chinò per legarsi un laccio del mocassino. Le slitte si fermarono e i cani si lasciarono andare nella neve senza un gemito. La quiete immobile sembrava quasi soprannaturale; non un respiro percorreva la foresta incrostata di ghiaccio: il freddo e il silenzio dello spazio esterno avevano gelato il cuore e percosso le tremule labbra della natura. Un sospiro vibrò nell’aria; più che udirlo essi lo percepirono, come premonizione di movimento in un vuoto immobile. Poi il grande albero, affaticato dal suo peso di anni e di neve, recitò la sua ultima parte nella tragedia della vita. Mason udì l’avvisaglia17 dello scricchiolio, tentò di porsi in salvo fuggendo, ma ancora non si era rimesso in piedi che fu colpito in pieno, su una spalla. Il pericolo imprevisto, la morte repentina18, quante volte Malemute Kid aveva dovuto affrontarli! Gli aghi di pino non avevano ancora finito di vibrare che già era entrato in azione e dava ordini. Né dal canto suo la giovane indiana svenne o cominciò a lamentarsi, come avrebbero fatto molte sue sorelle bianche. Al suo ordine, si appoggiò con tutte le forze all’estremità di una leva improvvisata, alleggerendo la pressione dell’albero; poteva udire il gemiti del marito, mentre Malemute Kid attaccava l’albero con l’accetta. L’acciaio cantava gaio penetrando nel tronco gelato; ogni colpo era accompagnato da un profondo respiro e dallo «Huh!», «Huh!» del boscaiolo. Alla fine Kid adagiò sulla neve il penoso oggetto che una volta era stato un uomo. Ma più penosa della sofferenza del suo compagno era la muta angoscia dipinta sul volto della donna, l’espressione incredula, in cui si mescolavano speranza e disperazione. Si scambiarono poche parole: quelli del Nord imparano presto la futilità delle parole, l’inestimabile valore dei fatti.A 50° sotto zero un uomo non può giacere per molti minuti nella neve e sopravvivere. Furono quindi tagliati i finimenti della slitta, e il ferito, avvolto nelle pelli, venne adagiato su un giaciglio di rami. Davanti a lui crepitava un fuoco, fatto con lo stesso legno che aveva provocato l’incidente. Dietro e in parte al di sopra gli venne steso un riparo primitivo – un pezzo di tela, che tratteneva e gli rimandava il calore radiante – un trucco che imparano a conoscere quelli che studiano la fisica dal vero19. E gli uomini che hanno condiviso il letto con la morte sanno quando l’ora è suonata. Mason era fracassato: bastava un’occhiata a capirlo. Rotti il braccio e la gamba destra e la schiena; la parte inferiore del corpo paralizzata dalla vita in giù: e con

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Unità 1 L’avventura

Guida all’analisi La vicenda narrata incomincia in medias res e si svolge nell’arco di tre giornate: > nel primo giorno i tre personaggi riprendono il viaggio dopo una pausa; si chiarisce la loro situazione; > nel secondo giorno, Mason entra in agonia, dopo aver parlato a lungo con Malemute Kid, che cerca invano della selvaggina; > nel terzo giorno, Malemute Kid organizza la “sepoltura” dell’amico e si allontana dopo la sua morte.

Il tempo della narrazione

Individua nel testo le parole e le frasi che scandiscono il passaggio delle tre giornate e suddividi il racconto in tre parti. Quali sono gli avvenimenti fondamentali che segnano la prima giornata? Indicane almeno due, completando le nostre indicazioni. > I due uomini ...................................................................................................................................................................................... > Un albero ...................................................................................................................................................................................... In che modo Malemute Kid “seppellisce” l’amico e perché? Come muore Mason? Per le conseguenze delle ferite riportate. Per il freddo, dopo che gli altri due se ne sono andati. Ucciso da Malemute per non farlo soffrire inutilmente.

I tre personaggi che agiscono nel racconto sono due uomini e una donna. Le informazioni su di loro ci vengono fornite dall’autore a poco a poco, per lo più attraverso i dialoghi: il lettore deve quindi ricostruire i tratti dei personaggi man mano che il racconto procede e che alle informazioni oggettive si unisce l’approfondimento del loro carattere.

Presentazione dei personaggi

Ripercorri il testo cercando la risposta alle seguenti domande. > Dove veniamo a sapere che Malemute e Mason sono amici? > Dove ci viene spiegato perché i tre si trovano in mezzo all’Alaska innevata? > Dove veniamo a sapere che Ruth è incinta di Mason? > Dove veniamo a sapere che Ruth non è legalmente sposata con Mason? I due uomini hanno un carattere molto diverso fra loro. Costituisci una tabella, mettendo in luce e a confronto i loro tratti psicologici.

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Unità 1 L’avventura

Lo scenario in cui si svolge il racconto è quello indicato dal titolo: il “Silenzio Bianco”, l’Alaska innevata e deserta, dove la natura è inospitale e ostile; contro di essa lottano i personaggi – da un lato per strappare alla natura di che vivere, dall’altro per impedire che la natura stessa li annienti.

Le descrizioni

Cerca ed evidenzia nel testo le descrizioni del paesaggio. Si tratta a tuo avviso di descrizioni: oggettive. soggettive. Motiva la tua risposta. L’autore ci spinge a riflettere sul tema della lotta tra l’uomo e la natura.A tuo avviso, questa riflessione: resta implicita, il lettore deve comprenderla fra le righe. è esplicitata, l’autore interviene direttamente a proporcela. Motiva la tua risposta.

Nella sua opera Jack London esprime una visione conflittuale della vita, della società e della natura. Richiamando le teorie di Charles Darwin, egli rappresenta una lotta per la vita (struggle for life) che si conclude con la sopravvivenza del più adatto (survival of the fittest). Nell’affrontare questa lotta, al contrario degli animali, l’uomo si pone problemi morali e spesso esita e soffre per le scelte che è costretto a compiere.

I temi

Il destino di Carmen e quello di Mason sembrano in qualche modo “paralleli”. Individua nel testo somiglianze e differenze tra le due figure. Di fronte alla necessità di sacrificare una vita (quella di Mason, comunque condannato) per salvare le altre due (la propria e quella di Ruth), Malemute Kid esita. A tuo avviso, questo fatto è un segno: di debolezza, che rischia di provocare la morte di tutti e tre. di sensibilità, che testimonia la profonda amicizia fra i due uomini. di eroismo, perché Malemute Kid lotta fino all’ultimo contro la natura. Gli esseri umani appaiono piccoli, impotenti, di fronte all’immensità indifferente della natura. Che cosa li rende speciali, in questo racconto? Perché Malemute e Ruth non si comportano con Mason come i cani con Carmen? Esponi le tue riflessioni in un breve testo scritto.

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LETTURA LIBER A Dorothy M. Johnson

Un uomo chiamato Cavallo Il genere western è uno dei sottogeneri più importanti della narrativa d’avventura. Oggi poco frequentato, anche al cinema, ha avuto nel Novecento una grande importanza, rispecchiando meglio di ogni altro genere letterario l’evoluzione dell’atteggiamento diffuso nei confronti delle popolazioni native americane, sterminate dagli Europei nel corso dell’Ottocento durante la colonizzazione dei territori genericamente definiti “West”, cioè Ovest (essendo allora gli Stati Uniti limitati alla fascia orientale del continente nordamericano). Inizialmente rappresentati come selvaggi crudeli e disumani, i “pel-

1. New England: la regione degli Stati Uniti al confine col Canada, affacciata sull’Oceano Atlantico; comprende sei piccoli stati: Maine,New Hampshire, Massachusetts, Vermont, Connecticut e Rhode Island. 2. Boston: la capitale del Massachusetts.

lerossa” sono stati progressivamente riconosciuti come vittime di un vero e proprio genocidio. Il racconto di Dorothy Johnson è ambientato intorno alla metà dell’Ottocento e ha per protagonista un giovane aristocratico dell’Est che, insoddisfatto della propria esistenza comoda e inutile, parte alla ricerca di avventure e viene catturato da una banda di indiani selvaggi.Trascorrerà con loro parecchi anni, prima come prigioniero schiavo e umiliato, poi come guerriero e cacciatore. Da questo racconto nel 1970 è stato tratto (piuttosto liberamente, per la verità) un film molto famoso.

Era un giovane di buona famiglia, come si diceva nella New England1 un centinaio di anni fa, o giù di lì, e la ragione del suo malcontento non era chiara nemmeno a lui. Crebbe affidato alle cure della nonna, perché sua madre era morta nel darlo alla luce nella graziosa casa della vecchia Boston2, e la sua vita conobbe tutti gli agi e i privilegi che la ricchezza di suo padre poteva offrirgli. Fin da allora, v’era in lui quel malcontento che lo tormentava, perché non lo poteva definire. Desiderava vivere fra i suoi eguali, persone non migliori, e nemmeno peggiori di lui. Di più non poteva dire per definire il fondamento della sua infelicità a Boston e il suo inquieto desiderio di andare altrove. Nell’anno 1845, lasciò la casa e se ne andò nel West, lontano oltre la paurosa frontiera del paese, dove sperava incontrare i suoi eguali. Aveva l’idea che nel paese degli Indiani, dove era il pericolo, tutti gli uomini bianchi fossero re, e voleva essere uno di

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3. senza condizione:

completamente privo di una posizione sociale. 4. Crows: “corvi”, una popolazione nativa che viveva al confine tra gli attuali Wyoming e Montana.

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loro. Ma nel West, come a Boston, gli uomini che rispettava gli erano superiori, anche se non sapevano leggere, e con quelli che non rispettava non valeva neppure la pena di parlare. Tuttavia aveva del denaro e poté stipendiare uomini che rispettava. Ne assunse quattro, per cucinare, cacciare, essere di guida e essere suoi compagni, ma non gli dimostrarono nessuna amicizia. Erano staccati da lui e lui era ancora solo, e seguitava a riflettere sulle condizioni del mondo, desideroso di trovarsi fra eguali. Un giorno di giugno, imparò che cosa significa trovarsi senza condizione3 al mondo.Venne fatto prigioniero da un piccolo gruppo di Indiani Crows4 durante un’incursione. Udì la fucileria e i brevi colpi sparati dai suoi compagni intorno al letto del ruscello, prima che morissero, ma non vide i loro corpi. Non ebbe occasione di combattere, era nudo, disarmato, nel ruscello dove prendeva il bagno, quando un guerriero Crow lo afferrò e lo tenne. Alla fine, l’Indiano che lo aveva catturato, lo lasciò andare, lasciò che corresse, poi, un mucchio degli altri lo inseguì, per gioco; lo picchiarono coi loro bastoni. Portavano i sanguinanti scalpi dei suoi compagni e uno aveva scuoiato anche la nera barba di Battista come trofeo. Praticamente lo presero e lo mandarono avanti come i cavalli catturati. Egli era scalzo e nudo come i cavalli e come loro aveva una cinghia di cuoio grezzo intorno al collo. Finché non cadde, i Crows lo ignorarono. Il secondo giorno, gli diedero un paio di brache. Aveva i piedi troppo gonfi per calzare gli stivali, ma uno degli Indiani gli gettò un paio di mocassini che erano appartenuti al meticcio Henry, morto nel ruscello. Il prigioniero calzò i mocassini con gratitudine. Il terzo giorno, gli lasciarono montare uno dei cavalli in più, così il gruppo procedette più rapidamente, e poterono, arrivare in quel giorno stesso in vista dell’accampamento. Egli pensò di fuggire, sperando che lo uccidessero in fuga, piuttosto che con una lenta tortura nel campo, ma non gli se ne presentò l’occasione. Essi erano più pratici delle fughe di lui, e sapendo che cosa v’era da aspettarsi, le prevenivano. I Crows che avevano compiuto l’incursione non si prendevano il fastidio di parlare. Quando egli aveva lasciato la sua casa di Boston, suo padre era andato in collera e sua nonna aveva pianto; ma non riuscirono a distoglierlo dalla sua idea.

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5. tepee: le tipiche

tende di pelli dei nativi americani. 6. inebetito: stordito, istupidito. 7. stridula: urlante, con la voce acuta. 8. accanita: tenace.

Prima di arrivare al campo, gli Indiani si fermarono e rivestirono le insegne del loro grado e, in parte, le vesti delle vittime; poi tinsero la faccia di nero. Quindi, conducendo l’uomo bianco per la cinghia di cuoio che gli avevano passata intorno al collo, come se fosse un cavallo, entrarono cavalcando nel cerchio delle tepee5 gridando e cantando e brandendo le armi. Quando vi giunsero, egli aveva smarrito i sensi, cadde e fu trascinato. Giacque inebetito6 e contuso presso una tepee, mentre la rumorosa affaccendata vita del campo gli ronzava intorno e gli Indiani venivano a guardarlo. La sete lo bruciava; piovve ed egli lambì la pioggia dal terreno come un cane. Una vecchia magra, stridula7, eternamente affaccendata, coi capelli grigi, arruffati, gettò un pezzo di carne sull’erba, ed egli per averlo lo contese ai cani. Quando la mente gli si schiarì, era furioso, sebbene la collera fosse un sentimento, e lo sapeva, che egli non poteva permettersi. «Andava meglio quando ero un cavallo e mi conducevano con una cinghia di cuoio grezzo passata intorno al collo. Non voglio essere un cane, non importa.» La vecchia gli diede del grasso rancido e puzzolente, senza dirgli a che cosa doveva servire. Egli se lo applicò cautamente sulle ferite e sul corpo piagato dal sole. Ora, pensò, puzzo come tutti gli altri. Mentre a poco a poco guariva, rifletteva sui vantaggi dell’essere cavallo. Un uomo si sarebbe sentito umiliato e prima o poi si sarebbe ribellato e sarebbe stata la fine per lui. Un cavallo doveva soltanto essere docile. Benissimo, egli avrebbe imparato a fare a meno dell’orgoglio. Capì di essere proprietà della stridula vecchia, un bel dono di suo figlio, che a lei piaceva sfoggiare. Quindi ella strillava più con lui che con chiunque altro, probabilmente per impressionare i vicini, che non dimenticassero quale grande e generoso uomo era suo figlio. Ella era autoritaria e orgogliosa, uno spaventoso sacco di pelle e d’ossa, e una diabolicamente accanita8 lavoratrice. L’uomo bianco che ora si considerava un cavallo dimenticò qualche volta di pensare al pericolo. Mentalmente prendeva appunti delle cose da raccontare alla gente in Boston, su quella spaventevole avventura. Sarebbe tornato come un eroe e avrebbe detto: «Nonna, lascia che vada a prenderti lo scialle, sono stato abituato a rendere piccoli servigi a un’altra signora su per giù della tua età».

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9. prosperi: ricchi,

benestanti. 10. stravagante: stra-

no, incomprensibile. 11. fardelli: pesi. 12. tregge: slitte. 13. salmodiavano:

cantavano.

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Due ragazze vivevano nella tepee con la vecchia strega e col guerriero suo figlio. Una di loro, concluse l’uomo bianco, era la moglie di colui che lo aveva catturato, e l’altra la sua sorellina minore. La nuora era soddisfatta, viziata; essendo la prediletta, non aveva bisogno di rendersi utile. La ragazza più giovane aveva occhi brillanti e indagatori. Abbastanza spesso si posavano sull’uomo bianco che pretendeva di essere un cavallo. Le due ragazze lavoravano quando la vecchia le metteva al lavoro, ma correvano sempre fuori a fare qualcosa che le divertiva di più. Giochi, contese rumorose e grandi risate. Ma l’uomo bianco ne era escluso. Egli imparò che cosa fosse la solitudine. Quella fu un’estate ricca, con grande abbondanza di bisonti che fornivano carni, tende e vestiti. I Crows erano ricchi di cavalli, prosperi9 e soddisfatti. Se gli uomini non fossero stati tanto avidi di gloria, pensava l’uomo bianco, sarebbero stati parecchi di più. Ma essi si allontanavano dalla propria strada per corteggiare la morte, e quando uno di loro moriva, il campo intero celebrava uno stravagante10 lutto e gridava chiedendo vendetta al suo dio. Il prigioniero fu cavallo per tutta l’estate, portò docilmente fardelli11, attento e paziente. Egli teneva in mente di dovere avere un carattere migliore degli altri cavalli, perché non poteva servirsi degli zoccoli e dei denti, né sferrare calci né mordere. Nell’aiutare la vecchia a caricare i cavalli, diede uno strappo al fagotto e disse: «Fratello, va meglio se non lotti». Il cavallo gli diede uno sguardo coi suoi grossi occhi come se avesse capito, consolante pensiero, poiché nessun altro lo capiva. Ma anche tra i cavalli si sentiva diverso. Loro potevano bastare a se stessi, se fossero fuggiti. Egli semplicemente sarebbe morto di fame. Era ancora invidioso, perfino fra cavalli. Umilmente andava a prendere e trasportava carichi. Qualche volta si era perfino offerto di aiutare le donne, ma non aveva la loro abilità per il loro interminabile lavoro; e non si fidavano abbastanza di lui per lasciarlo andare a caccia con gli altri uomini. Quando il campo si trasferiva, egli trasportava un fardello camminando faticosamente con le donne. Perfino i cani, allora, lavoravano, trascinando bagagli più piccoli su tregge12 di bastoni. L’Indiano che lo aveva catturato viveva da signore, come era suo diritto. Andava a caccia coi suoi eguali, partecipava ai lunghi incontri rituali dove salmodiavano13 a lungo, danzava, amoreggiava con la moglie nell’ombra. Aveva soltanto due compi-

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ti: uccidere il bisonte e guadagnare gloria. L’uomo bianco era in condizione talmente al di sotto della sua, che l’Indiano non avrebbe mai pensato di invidiarlo. Un giorno accaddero diverse cose le quali fecero pensare al prigioniero che una volta o l’altra poteva tornare a essere uomo. Fu il giorno in cui cominciò a capire il linguaggio degli Indiani. Lo aveva udito per quattro mesi, giorno e notte, nella gioia e nel lutto, nei riti salmodiati e nel canto delle preghiere, nelle liti e nelle risoluzioni. E nulla aveva avuto un significato per lui. Ma in quell’importante giorno, ai primi dell’autunno, le due giovani donne uscirono per andare al fiume e una di loro, volgendosi, avvertì la vecchia. L’uomo bianco rimase di sasso. Ella aveva detto che andava a fare il bagno. Egli l’aveva capito, improvvisamente, come se le orecchie gli si fossero stappate. Nell’ascoltare il chiacchierio del campo, udì frammenti di significati invece di suoni senza senso. In quello stesso giorno importante, la vecchia gli portò un paio di mocassini nuovi, fuori della tepee e glieli gettò davanti sull’erba. Egli non poteva credere che ella volesse fargli una cortesia, ma dare i mocassini a lui era un modo come un altro di avere cura della sua proprietà. Nel ringraziarla egli si arrischiò fortemente. Raccolse un mazzolino di sbiaditi fiori autunnali e glieli portò, mentre ella accovacciata sulla soglia della tepee raschiava la pelle di bisonte con un arnese composto di un pezzo di ferro legato a un osso. Le sue mani erano spaventevoli, molte dita avevano perduto la prima falange. Egli si inchinò solennemente e le offrì i fiori. Ella lo sbirciò da sotto la breve e arruffata sterpaglia dei suoi capelli. Fissò i fiori, glieli tolse di mano e se ne andò correndo alla tepee vicina, schiamazzando. Egli udì lei e le altre donne prorompere in risate stridule. L’uomo bianco si impettì e se ne andò baldanzoso a osservare tre ragazzini che lanciavano frecce contro un bersaglio. Disse in inglese: «Volete mostrarmi come si fa?». Essi si incupirono, ma egli tese la mano come se non potesse esservi dubbio. Uno di loro gli diede l’arco e un altro la freccia, e ghignarono quando lui fallì il colpo. Erano gente facile a divertire, eccetto quando erano in collera. Si divertivano nel vederlo giocare coi ragazzini. Pochi giorni dopo, egli chiese alla vecchia strega, a cenni, un arco che suo figlio aveva allora gettato via, un arco a misura d’uomo, e fru-

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Domattina, decise l’uomo bianco, me ne vado. La bocca sdentata della suocera gemeva qualcosa. Ella aveva detto una parola in tono interrogativo. Ella diceva: «Eerooshay?». Ella diceva: «Figlio?». Egli batté le palpebre e si ricordò. Alla morte della moglie un marito è libero. Ma la madre che lo aveva dignitosamente ignorato, poteva, se lo desiderava, chiedergli di restare. Ella lo invita chiamandolo Figlio e lui accetta rispondendo, Madre. Mano Unta stava davanti a lui curva per gli anni, logorata da un incessante lavoro, senza amore, senza figli, segnata dalle cicatrici di dolore. Ma nonostante tutti i suoi dolori ella amava la vita, tanto da chiederla a lui, alla sola persona cui avesse diritto di chiederla. Ella aveva strappato da sé ciò che le era rimasto: il suo orgoglio. Egli guardò a est verso la prateria: duemila miglia da casa. La vecchia non sarebbe vissuta sempre. Egli si poteva permettere di aspettare, era giovane. Poteva permettersi di essere magnanimo, perché sapeva di essere uomo. Le diede la risposta: «Eegya», disse, Madre. Tornò a casa tre anni dopo. Non spiegò più di quanto disse: «Sono vissuto un po’ col Crows. È passato un po’ di tempo prima che potessi venire via. Loro mi chiamavano Cavallo». Non giudicò necessario né scusarsi, né vantarsi, perché era eguale a ogni altro uomo sulla terra. da D. M. Johnson, Tomahawk, trad. it. di O. Nemi, Longanesi

Spunti per l’analisi Perché, a tuo avviso, il protagonista del racconto non dice mai il suo nome originale, ma solo quello acquisito presso i Crows? Nel testo sono spesso ripetute le parole “eguale a ogni altro uomo”: perché sono importanti, secondo te? Che cosa cerca, in realtà, il protagonista? Durante la sua lunga avventura, il protagonista pensa spesso a ciò che racconterà, una volta tornato all’Est; ma quando finalmente ritorna il suo racconto si riduce a poche parole. Che cosa provoca in lui questo cambiamento di progetto? Perché non racconta quello che gli è successo? Il protagonista del racconto rinuncia più volte a fuggire, pur potendolo fare. Perché? Secondo te, si intravede in queste scelte successive una maturazione interiore, spirituale? Se sì, di che tipo?

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INVITO ALLA

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LETTURA

Isabel Allende

La città delle bestie L’autrice e l’opera Isabel Allende è nata nel 1942 e cresciuta in Cile, dove è rimasta fino alla morte dello zio Salvador Allende, il presidente socialista assassinato durante il colpo di stato di Pinochet, nel 1973. Fuggita con la famiglia negli Stati Uniti, ha esordito nel 1982 con il romanzo autobiografico La casa degli spiriti, in cui narra la storia della propria famiglia sullo sfondo delle vicende politiche del Cile. Sono seguite molte altre opere (romanzi e racconti), che hanno reso Isabel Allende una delle scrittrici più popolari del nostro tempo. Nel 2002, la Allende ha pubblicato il suo primo romanzo di avventure, esplicitamente dedicato a un pubblico giovanile: si tratta della Città delle bestie, prima parte di una trilogia con gli stessi protagonisti Alexander

e Nadia, comprendente anche Il regno del drago d’oro e La foresta dei pigmei. La storia della Città delle bestie si svolge ai nostri tempi, in California, a New York e in Italia, ma soprattutto in Brasile, nel cuore della foresta amazzonica. Alex è un ragazzo di 15 anni la cui madre all’improvviso si ammala gravemente; egli viene affidato alla nonna paterna Kate, una famosa giornalista che è in partenza per l’Amazzonia alla ricerca di una strana creatura, una bestia terrificante, dalle dimensioni mostruose, in grado di paralizzare tutti con il suo odore. Del gruppo incaricato di cercare questo essere misterioso fanno parte tredici adulti e due ragazzi: oltre ad Alexander, infatti, partecipa al viaggio anche Nadia, tredicenne, figlia della guida brasiliana. La giovane insegnerà al “cittadino” Alex a muoversi nella foresta e insieme i due impareranno a capire la cultura degli indios e a salvare gli indigeni, che qualcuno vuole sterminare.

> Una pagina di assaggio ll’alba Alexander Cold fu svegliato di soprassalto da un incubo. Aveva sognato un enorme uccello nero che si schiantava contro la finestra con un fragore di vetri infranti, penetrava in casa e si portava via la mamma. Immobile osservava il gigantesco avvoltoio ghermire la madre per i vestiti con i suoi artigli gialli, volare dalla finestra rotta e perdersi in un cielo carico di densi nuvoloni. Il rumore del vento che sferzava gli alberi, la pioggia sul tetto, lampi e tuoni gli tolsero definitivamente il sonno. Accese la luce con la sensazione di trovarsi su una barca alla deriva e si avvinghiò alla sagoma del cagnone che gli dormiva di fianco. Sapeva che a pochi isolati da casa sua l’Oceano Pacifico mugghiava, infrangendo le sue onde furiose contro la scogliera. Rimase ad ascoltare la tempesta e a pensare all’uccello nero e alla mamma, in attesa che si placassero i rulli di tamburo che sentiva nel petto. Era ancora impigliato nelle immagini di quel brutto sogno.

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Guardò l’orologio: le sei e mezzo, ora di alzarsi. Fuori iniziava appena a schiarire. Decise che quella sarebbe stata una giornata orribile, una di quelle giornate in cui era meglio starsene a letto, visto che tanto sarebbe andato tutto storto. A volte, da quando la mamma si era ammalata, l’atmosfera in casa era pesante, come essere in fondo al mare. Allora l’unico sollievo era fuggire, andare a correre sulla spiaggia con Poncho fino a restare senza fiato. Ma non faceva altro che piovere da una settimana, un vero diluvio, e per giunta Poncho era stato morso da un cervo e non voleva saperne di muoversi. Alex era convinto che il suo fosse il cane più tonto del mondo, l’unico labrador di quaranta chili morso da un cervo. In quattro anni di vita, lo avevano attaccato orsetti lavatori, il gatto del vicino e adesso un cervo, per non contare tutte le volte in cui era stato spruzzato dalle moffette e si era dovuto fargli il bagno nella salsa di pomodoro per attenuare la puzza. da I. Allende, La città delle bestie, trad. it. di E. Liverani, Feltrinelli

PISTE DI LETTURA L’amicizia Nadia e Alex vengono da esperienze molto diverse, ma quando si trovano a essere gli unici ragazzi in un gruppo di adulti diventano inevitabilmente grandi amici. In che modo nasce fra loro l’amicizia? Che cosa caratterizza questo sentimento – complicità, stima, affetto? Che cosa impedisce all’amicizia di trasformarsi in amore? I temi civili e il senso dell’avventura Le vicende di cui sono protagonisti Alex e Nadia hanno un carattere avventuroso, sono ricche di azione e di colpi di scena, ma si collocano in un contesto ben preciso e affrontano temi che potremmo definire civili. Che cosa rende i due ragazzi “eroi del bene”? A quali valori si ispirano le loro azioni? Perché l’autrice denuncia, nel suo libro, i tentativi di sterminio degli indios? Il “normale” e il soprannaturale Nel romanzo della Allende l’elemento fantastico (solitamente escluso dall’avventura moderna) ha grande importanza: Nadia e Alex frequentano stregoni con poteri eccezionali, assistono a imprese apparentemente soprannaturali ecc. Come si spiega la presenza di questi motivi fantastici in un romanzo d’avventura? Perché queste esperienze e questi incontri contribuiscono al processo di crescita e di maturazione dei protagonisti?

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INVITO ALLA

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LETTURA

Wilbur Smith

Come il mare L’autore e l’opera Wilbur Smith è nato nel 1933 in Zambia, vive attualmente a Londra, ma si considera uno scrittore sudafricano, poiché in Sud Africa ha trascorso la maggior parte della propria vita. La sua vastissima produzione narrativa, iniziata nel 1964 con Il destino del leone, l’ha reso lo scrittore più letto al mondo, con 110 milioni di copie vendute, prima dell’avvento di Harry Potter. Come il mare è un romanzo del 1978. Il protagonista è il quarantenne Nick Berg, che all’ini-

zio del libro si trova a bordo della sua nave, l’incrociatore oceanico Warlock – unica ricchezza rimastagli, dopo che un concorrente sleale, Duncan Alexander, l’ha portato sull’orlo della disperazione. Con il Warlock, Nick intende correre in soccorso delle navi in difficoltà nell’oceano Antartico, per incassare i ricchi premi delle assicurazioni. L’azione di salvataggio porta a bordo del Warlock la bella Samantha, raccolta alla deriva tra i ghiacci, e dà l’avvio alla sfida conclusiva con Duncan – una sfida tanto più drammatica in quanto le attività di quest’ultimo rischiano di scatenare una catastrofe ecologica.

> Una pagina di assaggio i svegliò pieno di rabbia. Erano quindici giorni che non si sentiva in collera, ciò che dava la misura del suo stato di prostrazione. Ma quando si fu sbarbato, lo specchio gli rimandò l’immagine di un estraneo pallido e smunto. Le rughe che gli contornavano la bocca erano troppo profonde. La luce che penetrava dall’oblò gli cadde sulla tempia, e vide le striature argentee fra i capelli neri. Si avvicinò allo specchio. Era la prima volta che le notava; forse non aveva mai guardato bene, o forse erano nuove. «Quaranta», pensò. «In giugno avrò quarant’anni.» Aveva sempre pensato che un uomo deve fare il colpo grosso prima dei quaranta, altrimenti non lo fa più. Era la sua regola. E lui era salito sulla cresta dell’onda prima dei trent’anni, l’aveva cavalcata con spavalda sicurezza fino a toccare il cielo, ma era scivolato prima dei quaranta per ritrovarsi in un calderone ribollente di spuma bianca. Era un uomo finito, dunque? Mentre si guardava allo specchio, Nick sentì la rabbia che lo pervadeva cambiar forma, divenire motivata e funzionale. Andò nello sgabuzzino della doccia e lasciò che gli aghi di acqua bollente gli pungessero il torace. Sotto la stanchezza e lo sconfor-

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to sentì, per la prima volta da varie settimane, la forza latente che temeva di avere perso. La sentì affiorare e pensò nuovamente di essere un vero figlio del mare: gli bastava calcare un ponte e respirare il salino. Uscì dalla doccia e si asciugò in fretta. Finalmente si trovava nel luogo giusto. Soltanto lì poteva riprendersi; aveva fatto bene a non mandare un altro comandante al posto di Mac. Doveva sostituirlo lui stesso. Aveva sempre saputo che, per cavalcare la cresta dell’onda, bisogna prima trovarsi nel luogo dove l’onda comincia a incresparsi. E adesso si trovava in quel luogo, ne era sicuro. Insieme con le forze, sentì rinascere in sé l’eccitazione di un tempo, l’antico spirito ribelle. Si vestì in fretta e salì sul ponte superiore, passando per la scaletta privata del comandante. Subito lo investì il vento, scompigliandogli i capelli, buttandoglieli sul viso. Soffiava a forza cinque da sudest, veniva dalla gran montagna con la cima piatta che dominava la città e il porto. Nick alzò lo sguardo e vide la nube bianca che i locali chiamano «tovaglia» avvilupparne la cima, turbinando lungo i contrafforti di roccia grigia. «Il Capo delle Tempeste», mormorò. da W. Smith, Come il mare, trad. it. di J. Boraschi, Longanesi

PISTE DI LETTURA L’eroe in crisi Nick è il protagonista del romanzo, l’eroe – ma nel momento in cui ci viene presentato è un uomo sull’orlo del fallimento: Duncan gli ha portato via non solo la ricchezza, ma anche la moglie e il figlio, e Nick appare invecchiato fisicamente, in difficoltà nella gestione dei suoi uomini. In che cosa consiste dunque il suo eroismo? Possiamo considerare eroica anche la figura di Samantha? Perché? E in che cosa si distingue il suo eroismo da quello di Nick? II problemi ambientali Come spesso avviene nei romanzi di Wilbur Smith, l’avventura si svolge in un contesto reso drammatico da una grave minaccia ecologica, che rischia di compromettere irrimediabilmente l’ambiente naturale e le sue forme di vita. Di quale minaccia si tratta, in questo caso? Quali sono le ragioni che spingono Nick a farsi paladino dell’ambiente? Quali sono invece i motivi profondi alla base delle azioni di Duncan?

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RICORDATI Colpo di scena

Sintesi degli strumenti attivati nell’unità 1 È un avvenimento imprevisto che cambia una determinata situazione o il modo di vedere la vicenda narrata.

In medias res In un testo narrativo si parla di un inizio in medias res (in latino, letteralmente “nel mezzo della vicenda”) quando la situazione iniziale non è presentata e il racconto comincia senza preamboli, proprio dall’evento che costituisce l’esordio; si entra quindi subito nel vivo della vicenda narrata. Personaggio È chi vive le vicende raccontate, è dunque qualcuno che agisce all’interno della storia narrata. Protagonista È il personaggio principale di un’opera narrativa.

Voce narrante o narratore

È la voce che racconta la storia. Non va confusa con l’autore, che è la persona che immagina e crea la storia, e che quindi decide sia come presentare le vicende e i personaggi, sia a chi affidare la funzione di narratore e quali caratteristiche attribuirgli (il narratore può avere una conoscenza parziale o totale degli eventi, può essere coinvolto emotivamente nella vicenda o esserne del tutto estraneo, può esprimere giudizi critici su azioni e personaggi o tenere, al contrario, un atteggiamento di assoluta imparzialità ecc.).

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